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(Adnkronos) - Nonostante i recenti attacchi militari subiti da Israele e Stati Uniti, l'Iran intravede ancora margini concreti per rilanciare i negoziati con Washington sul proprio programma nucleare. Lo scrive il Washington Post citando analisti e osservatori, secondo i quali all'interno della complessa galassia politica iraniana sta emergendo un consenso sulla necessità di riprendere il dialogo con gli Usa, anche se la sfiducia resta alta e i rischi di nuove escalation non sono stati dissipati. Il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, e il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, nelle ultime settimane hanno intensificato gli sforzi diplomatici per tracciare una linea di separazione tra Stati Uniti e Israele, insistendo sul fatto che un accordo con Washington resta possibile, nonostante l'ostilità dichiarata del governo di Tel Aviv. In un'intervista rilasciata al commentatore conservatore americano Tucker Carlson, Pezeshkian ha puntato il dito contro il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, accusandolo di aver instillato nella politica americana l'idea che Teheran stia cercando di costruire un'arma nucleare. Il presidente iraniano ha però ribadito che le tensioni con gli Stati Uniti "potrebbero essere risolte facilmente attraverso il dialogo". Anche il capo della diplomazia Araghchi ha sottolineato, in un editoriale sul Financial Times, che Iran e Usa "erano a un passo da uno storico accordo" prima che gli attacchi israeliani facessero precipitare la situazione. Secondo vari analisti, la rinnovata apertura diplomatica riflette una lotta interna ai vertici della Repubblica Islamica, accentuatasi dopo i raid americani e israeliani dello scorso mese. In questo nuovo equilibrio, i sostenitori di un approccio più pragmatico e negoziale sembrano aver guadagnato spazio a discapito delle frange più oltranziste, storicamente vicine ai Guardiani della Rivoluzione. Tuttavia, le voci contrarie non mancano. Hadi Masoumi Zare, analista vicino in passato agli ambienti dei Pasdaran, ha accusato i sostenitori del dialogo di voler sfruttare le recenti sconfitte per rafforzare la propria influenza. In un podcast pubblicato la scorsa settimana, Zare ha denunciato un tentativo di "presentarsi come i salvatori del Paese proprio ora che la componente rivoluzionaria è stata indebolita dagli attacchi israeliani". Nonostante i bombardamenti americani su tre impianti nucleari e le operazioni israeliane senza precedenti sul territorio iraniano, Teheran non ha modificato ufficialmente la propria posizione: ribadisce il diritto a produrre combustibile nucleare a fini civili, escludendo però la volontà di sviluppare armi atomiche. Il dato più significativo, secondo gli osservatori, è che neppure le recenti escalation hanno spinto l'Iran a chiudere definitivamente la porta a un'intesa con Washington. Al contrario, la leadership iraniana sembra voler scommettere, almeno per ora, su una soluzione negoziale per uscire dall'isolamento e arginare nuove crisi.
(Adnkronos) - "Il Report sulla retribuzione 2024 di Coverflex ha rilevato come il 60% dei lavoratori percepisca poca chiarezza nei criteri per promozioni e aumenti salariali, mentre il 74% ritiene il proprio pacchetto retributivo inadeguato o poco competitivo rispetto ad altre aziende del settore. In un mercato del lavoro sempre più fluido e intergenerazionale, questi dati non sorprendono affatto: la trasparenza non è più un 'nice to have', ma un principio imprescindibile per costruire ambienti di lavoro equi, attrattivi e sostenibili". Lo dice all'Adnkronos/Labitalia Andrea Guffanti, general manager Coverflex Italia. "La direttiva europea 2023/970 - spiega - che dovrà essere recepita dai Paesi membri entro giugno 2026 rappresenta un passaggio cruciale, perché introduce l’obbligo di rendere espliciti criteri retributivi, scatti di livello e parametri salariali, assicurando che il divario retributivo tra generi non superi il 5%. Si tratta di un punto di svolta che rischia però di restare solo un atto formale se non accompagnato da un cambiamento culturale più ampio. I numeri italiani, del resto, parlano chiaro. Secondo un recente sondaggio di Indeed, solo il 19,3% degli annunci di lavoro pubblicati online include una fascia di retribuzione, a fronte del 50,7% in Francia e del 69,7% nel Regno Unito. Anche all’interno delle imprese, la strada è lunga: meno della metà adotta politiche trasparenti, e appena il 40% si dichiara favorevole al fatto che i propri dipendenti possano discutere apertamente di salario". "Come manager - sottolinea - credo che la trasparenza non debba essere solo una risposta normativa, ma un valore fondante del modo in cui ripensiamo la retribuzione oggi. E' con questa convinzione che ogni giorno in Coverflex lavoriamo per costruire un sistema più equo, accessibile e consapevole e per ridurre l’asimmetria informativa tra dipendente e azienda. Credo anche che parlare di 'salario' non basti più. Dobbiamo iniziare a parlare di pacchetto retributivo: una combinazione di strumenti che include retribuzione, stock option, benefit, flessibilità e benessere individuale". "Sempre più persone- avverte - in particolare tra le nuove generazioni, chiedono coerenza, chiarezza e partecipazione nei processi retributivi. Non si tratta solo di sapere 'quanto si guadagna', ma come e perché quella cifra è stata definita, quali diritti e opportunità si accompagnano a quel ruolo, quali strumenti rendono realmente sostenibile la vita delle persone e quali possono essere i percorsi di crescita all’interno dell’azienda. In questo scenario, la trasparenza è un impegno che deve riguardare l’intera comunità del lavoro: imprese, manager, istituzioni, collaboratori". "Per essere parte attiva di questo cambiamento - suggerisce Andrea Guffanti - chi fa impresa deve contribuire a promuovere un approccio in cui il dialogo interno, la chiarezza dei criteri, la condivisione degli obiettivi diventino elementi di fiducia e non di conflitto. Perché la fiducia è il fondamento di ogni cultura aziendale sana". "Non basta allinearci a una direttiva europea - ammette - è il momento di abbracciare un nuovo approccio al lavoro, basato su responsabilità condivisa, inclusione e trasparenza piena. Un approccio in cui finalmente retribuire non significa solo pagare una persona, ma prendersene cura".
(Adnkronos) - “Noi, come Comuni, siamo stati i primi a mettere a terra le potenzialità del Pnrr. Abbiamo realizzato nuove infrastrutture, molte di queste opere sono in corso ma siamo stati tra i primi ad aver rispettato le tempistiche e gli obiettivi del Pnrr”. Lo ha detto Vito Parisi, vicepresidente Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) con delega al trasporto pubblico locale a alla mobilità sostenibile, partecipando alla presentazione della terza edizione di ‘Eco Festival della mobilità sostenibile e delle città intelligenti’, che Anci patrocina, in programma il 16 e 17 settembre 2025 nel Centro Congressi di Piazza di Spagna a Roma. “Ora bisogna parlare di governance, perché c’è l’infrastruttura, ma ci serve un processo di pianificazione seria, che vada oltre i Pums, i Piani urbani di mobilità sostenibile di cui si sono dotati diversi Comuni. Servono delle agenzie di trasporto - aggiunge - con dei manager che gestiscono il trasporto pubblico, e questo deve avvenire in sede locale e pubblica, come quella dei Comuni. Mi auguro che questo fondo venga rimpinguato, perché le risorse non sono soddisfacenti, e che ci sia un ripensamento”. Le agenzie di trasporto dei medi e piccoli Comuni, rispetto a quelli metropolitani, sembrano aver già individuato modelli virtuosi che, spiega Parisi, potrebbero essere applicati anche alle grandi città: “Mi auguro che quanto prima ci sia una condivisione dei dati al riguardo. Purtroppo, oggi la domanda di trasporto pubblico è basata su un dato storico e non si tiene conto delle evoluzioni che ci sono state, di quello che accade all’interno delle stazioni ferroviarie o con lo sharing dell’automobile piuttosto che delle biciclette. È un sistema che si sta evolvendo, però è importante che la sua governance ritorni in una sede pubblica. L’auspicio è che tutto ciò diventi molto concreto, perché date le tendenze ormai prossime, come la guida autonoma e l’intelligenza artificiale, noi non possiamo subire un processo che rischia di essere nelle mani del privato”.