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(Adnkronos) - Un ragazzino del 2008 vince il suo primo match di tennis in un torneo Atp, esulta per l'infortunio dell'avversario costretto al ritiro e festeggia mimando una crocifissione sul campo. Diego Dedura-Palomero oggi ha fatto di tutto a Monaco di Baviera. Ha scritto un pezzo di storia, diventando il primo del suo anno a giocare e vincere una partita del circuito Atp. E ha offerto al pubblico una performance 'extra'. Il giovane tennista tedesco ha superato il primo turno dell'Atp 500 vincendo contro il canadese Denis Shapovalov, numero 29 del mondo, ritiratosi per infortunio dopo aver perso il primo set 7-6. Il baby ha esultato in maniera plateale, con festeggiamenti eccessivi in presenza di un avversario infortunato. L'atteggiamento del ragazzino è stato ampiamente stigmatizzato sui social da osservatori e appassionati: fuori luogo urlare come un ossesso mentre Shapovalov se ne va acciaccato. Quindi, lo show è proseguito. Dedura-Palomero ha disegnato una croce sul campo e si è sdraiato a braccia aperte. Una scelta sobria per un debuttante. Ma chi è Dedura-Palomero? Diego Dedura-Palomero è un tennista tedesco di appena 17 anni, nato il 12 marzo del 2008 a Berlino. Ha iniziato a giocare a tennis da giovanissimo, spinto da una famiglia con la passione per il tennis. Il padre, Cesar Palomero, e la madre, Rita Dedura, hanno giocato in passato e hanno sempre seguito il figlio sul campo, tanto che, al momento, entrambi sono i suoi allenatori. Dedura-Palomero è cresciuto nel mito di Nadal e ha sempre indicato la terra rossa come superficie preferita. Nel tempo ha perfezionato i suoi colpi, adattandoli a un gioco rapido e che punta a non dare punti di riferimento all'avversario. Il dritto è il colpo che predilige, mentre sta lavorando per perfezionare servizio e rovescio. Fuori dal campo coltiva una passione per lo sport trasversale, Diego segue il calcio e tifa Real Madrid, seppur quello che definisce il suo "talento speciale" sia un altro. Dedura-Palomero parla quattro lingue: tedesco, inglese, spagnolo e lituano.
(Adnkronos) - Sfaldaballe, cannellino, indiamento, uragano. No, non è una poesia dadaista, ma un assaggio di quel patrimonio linguistico nascosto tra le officine, i capannoni e le linee produttive d’Italia. Parole che pulsano di sapere pratico, tradizione, innovazione e anche un po’ di poesia operaia. Ed è proprio da qui che parte 'Inventario - Il linguaggio della manifattura', il nuovo libro firmato da Confimi Industria con il contributo di Treccani, presentato in occasione della Giornata nazionale del made in Italy. Un volume che non è solo un libro: è un viaggio lessicale dentro l’identità industriale del nostro Paese. Un modo per rendere omaggio al cuore pulsante dell’economia italiana - quella manifattura fatta di famiglie, imprese, sudore e creatività - riscoprendone il linguaggio, spesso dato per scontato, ma denso di significato. Con una prefazione d’eccezione del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, il libro si struttura come un alfabeto industriale: 26 lettere, 26 capitoli, e una miriade di termini che raccontano la fabbrica, le persone, le materie, i gesti quotidiani del fare. “Questo libro è un viaggio attraverso le parole che hanno plasmato la nostra identità industriale”, scrive Urso. “Un omaggio alla passione e all’ingegno che rendono unico il Made in Italy”. Ed è proprio nel linguaggio, spesso tecnico ma anche vivo, concreto e ironico, che si riconosce il Dna dell’impresa italiana. Lo sottolinea anche lo scrittore Raffaele Alberto Ventura nel suo contributo, definendo il libro come un 'primo inventario' della moltitudine di lavori e significati che popolano il nostro tessuto produttivo. Dalle parole più note a quelle quasi misteriose, ogni termine ha una storia da raccontare. Prendiamo 'mano': può significare la sensazione tattile in un tessuto, lo spessore di un materiale edile, la facciata di un foglio cartaceo o la direzione di un componente meccanico. Oppure 'denari': niente a che vedere con i soldi, ma piuttosto un’unità di misura usata nel tessile. E ancora 'invasatura', che nel campo dei dispositivi medici indica una parte di protesi. C’è spazio anche per i neologismi e le reinterpretazioni regionali. Da 'coworking' a 'H24', passando per 'jit' (just in time), fino a 'ceo' che, da sigla manageriale, a Padova può diventare 'ragazzino' e a Cremona addirittura 'zio'. Ma il cuore del libro batte soprattutto per la fabbrica come comunità. Ogni lemma è un frammento di quel grande racconto collettivo che è l’impresa familiare, la bottega che si fa azienda, lo stabilimento che diventa famiglia allargata. In fondo, custodire queste parole significa salvare la memoria viva del lavoro italiano. “Non è solo una raccolta di definizioni -sottolinea Paolo Agnelli, presidente di Confimi Industria- ma un tributo alla forza e alla vitalità della manifattura. Conservarne le parole significa tramandare la nostra identità alle generazioni future”. 'Inventario – Il linguaggio della manifattura' è quindi più di un dizionario: è una mappa emotiva e culturale, un gesto d’amore verso un mondo spesso dietro le quinte ma fondamentale per ciò che l’Italia è e rappresenta nel mondo. Un libro da leggere, sfogliare, riscoprire. Magari con le mani un po’ sporche di lavoro, ma il cuore pieno d’orgoglio.
(Adnkronos) - “Venezia è una capitale del mondo dentro una laguna, un caso unico, in un ambiente transeunte e mutevole. È l’opera dell’intelligenza di una comunità di pescatori e commercianti che hanno prodotto resilienza, cultura e potere proiettando questa città nel mondo. Oggi Venezia è anche la città costiera più sicura rispetto al fenomeno globale dell’innalzamento del medio mare, grazie al Mose, opera eccezionale frutto dell’intelligenza e dei saperi emersi da questo territorio che ora si pone come esempio per tutto il mondo”. Così Renato Brunetta, presidente della Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità - Venice Sustainability Foundation (Vsf) intervenendo oggi a Ca’ Giustinian, sede veneziana della Biennale, nel corso della presentazione del progetto speciale 'Intelligent Venice: la più antica città del futuro' per la Biennale Architettura 2025. “Nella Biennale di Architettura quest’anno raccontiamo la storia di Venezia e dunque della più grande opera architettonica del mondo con un progetto espositivo costituito da ore e ore di filmati, centinaia di cartografie, simulazioni e prodotti interattivi. Tutto ospitato all’interno di cinque absidi nella Tesa dell’Isolotto sulla Darsena Grande dell’Arsenale e visitabile a partire dal prossimo 10 maggio”, spiega.