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(Adnkronos) - Anche la Regione Sardegna, dopo la Toscana, ha una legge sul fine vita. "Siamo grati alle consigliere e ai consiglieri della Regione Sardegna per avere approvato la nostra legge 'Liberi Subito', che definisce tempi e procedure per l'aiuto medico alla morte volontaria" hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato, rispettivamente segretaria nazionale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. "La Sardegna è così la seconda Regione, dopo la Toscana, a dotarsi di questa legge di civiltà, volta a impedire il ripetersi di casi di persone che hanno dovuto attendere una risposta per mesi, o addirittura per anni, in una condizione di sofferenza insopportabile e irreversibile". "Le regole, approvate in Sardegna, consentono la piena attuazione della sentenza della Corte costituzionale 'Cappato-Antoniani', che ha legalizzato in Italia il cosiddetto 'aiuto al suicidio' a determinate condizioni. Il nostro obiettivo è ora quello dell'approvazione della legge 'Liberi Subito' in tutte le Regioni italiane, dove il 'suicidio assistito' è, comunque, già legale (in forza delle sentenze della Consulta), ma senza che ci siano garanzie su tempi e sulle procedure per le persone malate e i medici. Continueremo anche ad aiutare le persone a fare luce sui diritti alla fine della vita attraverso il nostro 'Numero Bianco' 06/99313409, attraverso il quale diamo informazioni anche sul testamento biologico e sulle cure palliative. Proprio sul potenziamento delle cure palliative, sul quale siamo da sempre impegnati, siamo pronti ad allearci anche con chi si è battuto contro la nostra legge, perché il diritto all’autodeterminazione non è in alcun modo in contrasto col diritto alle cure". Come funziona 'Liberi Subito' Perché Liberi Subito? La sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato/Antoniani, garantisce l'accesso all'aiuto alla morte volontaria, il cosiddetto "suicidio assistito" nel nostro Paese, individuando determinate condizioni per la persona malata che ne faccia richiesta che devono essere verificate dal Ssn (Servizio Sanitario Nazionale). Il servizio sanitario però non garantisce tempi certi per effettuare le verifiche e rispondere alle persone malate che hanno diritto di porre fine alla propria vita. Per questo motivo, nel rispetto delle competenze regionali, l'associazione Luca Coscioni ha promosso a livello nazionale la campagna 'Liberi Subito' con raccolta firme per proposte di legge regionali che garantiscano il percorso di richiesta di suicidio medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti. La proposta di legge, promossa dall’Associazione Luca Coscioni in tutte le Regioni, si fonda sulla sentenza 'Cappato – DJ Fabo' della Corte costituzionale, che ha depenalizzato l'aiuto al suicidio in casi ben determinati. Il testo prevede che il paziente venga preso in carico da una commissione multidisciplinare permanente che entro venti giorni dovrà verificare la presenza dei requisiti stabiliti dalla Corte attraverso una valutazione clinica e il parere del Comitato Etico. Una volta completata la verifica, la Regione dovrà garantire, entro sette giorni, il supporto tecnico e farmacologico necessario. L’intero percorso dovrà essere concluso entro un massimo di trenta giorni dalla richiesta. Inoltre, è garantita la gratuità delle prestazioni sanitarie collegate, senza costi aggiuntivi per il richiedente e senza nuovi oneri per il bilancio regionale. La situazione in Italia Le regioni coinvolte dalla proposta di legge promossa dall'associazione sul fine vita: ad oggi Toscana e Sardegna hanno approvato la legge. E' in corso una raccolta firme in Trentino. Sono in attesa di convalida le firme, depositate in Umbria. E' in corso di definizione l'iter nel Lazio, Campania, Sicilia, Liguria, Puglia e Molise. Rinvio in commissione per otto regioni: Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Abruzzo, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Alto Adige e Valle d’Aosta. Proposte similari sono state presentate nelle Marche e in Campania. Da depositare nuovamente in Basilicata. In Emilia Romagna e Piemonte la proposta di legge è stata rinviata in commissione. A seguito del cambio di legislatura, entrambe le Regioni potrebbero tornare a discuterne.
(Adnkronos) - Scaduta nel dicembre 2021 la disciplina transitoria introdotta dalla legge numero 147/2013 (più volte rinnovata), è stato infatti ripristinato lo schema originariamente stabilito dalla normativa del 1996, che prevedeva una rivalutazione a scaglioni al 100% dell’inflazione per la quota di pensione di importo fino a 4 volte il trattamento minimo Inps (per il 2022 pari a circa 525 euro al mese); al 90% dell’inflazione per l’importo compreso tra 4 e 5 volte il trattamento minimo (tm); al 75% dell’inflazione oltre 5 volte il tm. E' questa la fotografia scattata da Itinerari Previdenziali e Cida in occasione della conferenza stampa di presentazione dell’Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate 'La svalutazione delle pensioni in Italia': studio che analizza gli effetti sulle rendite dei meccanismi di rivalutazione delle pensioni applicati negli ultimi trent’anni, concentrandosi soprattutto sulle novità introdotte dalle più recenti manovre finanziarie. Con l’occasione della successiva manovra finanziaria, il governo presieduto da Giorgia Meloni è però intervenuto sul biennio 2023-2024, prevedendo un meccanismo che, se da un lato rivalutava pienamente le pensioni sociali, gli assegni sociali e le pensioni al minimo (prevedendone addirittura un ulteriore incremento straordinario dell’1,5%, elevato al 6,4% per i pensionati di età pari o superiore ai 75 anni, per il 2023, e del 2,7% per il 2024), dall’altro peggiorava lo schema di rivalutazione delle prestazioni oltre 5 volte il tm. Nel dettaglio, le percentuali di rivalutazione previste sono state: del 100% per i beneficiari di prestazioni fino a 4 volte il tm, incrementato appunto di un punto e mezzo percentuale in più rispetto all’inflazione effettiva; dell’85% per le pensioni da 4 volte a 5 volte il tm; del 53% per gli assegni tra le 5 e le 6 volte il tm, al 47% tra le 6 e le 8 volte, al 37% tra le 8 e le 10 volte e al 32% per gli importi superiori. Valore, quest’ultimo, ulteriormente ridotto al 22% per l’anno successivo, quando le modifiche alla perequazione hanno in effetti riguardato i soli percettori di assegno superiore le 10 volte il trattamento minimo. "Cosa ancora più grave - puntualizza Brambilla - è che la perequazione sfavorevole è stata applicata sull’intero reddito pensionistico e non per scaglioni: giusto per fare un esempio riferito al 2023, un pensionato con una rendita pari tra 2.627 e 3.152 euro si è visto rivalutata l’intera pensione al 4,3% (a fronte di un tasso di inflazione definitivo dell’8,1%), e non la sola quota eccedente le 5 volte il tm". Solo per il 2025, di pari passo con l’attenuazione dell’impennata inflattiva, si è di fatto tornati all’applicazione a scaglioni su uno schema a 3 fasce: il tasso di inflazione provvisorio dello 0,8% sarà applicato al 100% fino a 4 volte il tm Inps, al 90% tra le 4 e le 5 volte e al 75% al di sopra delle 5 volte il trattamento minimo dell’Istituto. Il che, tuttavia, non rimedia a quanto accaduto nel biennio precedente: come puntualizza la pubblicazione, non si tratta di una perdita circoscritta a 2023 e 2024 ma di una sottrazione di reddito pensionistico permanente nel tempo e destinata anzi a trascinarsi anche negli anni successivi. Considerate le mancate indicizzazioni patite dal 2012 al 2022, i trattamenti pensionistici oltre le 10 volte il minimo hanno perso rispetto a un’inflazione totale dell’11,6% circa 9 punti percentuali. Svalutazione cui si aggiunge quella del triennio 2023-2025, ancora più ingente per l’effetto combinato del boom dell’inflazione e dei meccanismi di perequazione introdotti dall’esecutivo attualmente in carica: in questo caso, le perdite ammontano a circa il 12% e, sommate alle precedenti, determinano una svalutazione delle pensioni di oltre il 21% nell’arco di 14 anni. Volendo fare un esempio concreto, ciò significa che in questo periodo di tempo una pensione da 10.000 euro lordi (circa 6.000 netti) ha perso quasi 178mila euro, mentre una pensione da 5.500 ero lordi mensili (circa 3.400 euro netti) ha subito una perdita pari a circa 96mila euro. "Tenuto conto - aggiunge Brambilla - dell’effetto trascinamento, questo significa che i cosiddetti pensionati del ceto medio, oltre a sobbarcarsi il grosso dei 56 miliardi di Irpef in arrivo dalle pensioni, si vedranno ingiustamente sottratti altri 45 miliardi circa". "Siamo di fronte a una contraddizione evidente - ha spiegato Stefano Cuzzilla, presidente di Cida - 1,8 milioni di pensionati con redditi da 35mila euro in su, poco meno del 14% del totale, garantiscono da soli il 46,33% dell’Irpef dell’intera categoria, eppure sono proprio loro i più colpiti dai tagli e dalla mancata rivalutazione. Al contrario, chi ha versato pochi o nessun contributo è stato pienamente tutelato dall’inflazione. È un autentico rovesciamento del principio di equità! Sostenere i più fragili è un dovere, e la classe dirigente non si è mai sottratta a questa responsabilità, ma diventa un’ingiustizia quando la solidarietà ricade sempre sugli stessi mentre l’evasione resta impunita. Ogni anno il fisco perde circa 90 miliardi di euro, con il 65% dell’Irpef che non arriva all’Erario: finché questa voragine non sarà chiusa, non potrà esserci un sistema previdenziale né giusto né sostenibile". Numeri che spiegano facilmente come mai Cassazione e Suprema Corte siano state spesso chiamate a esprimersi sulla legittimità dei meccanismi di perequazione che si sono succeduti negli ultimi 15 anni, così come accaduto lo scorso gennaio quando, con la sentenza n.19 del 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato legittimo il meccanismo di raffreddamento della rivalutazione per fasce di reddito, previsto dalla Legge di Bilancio 2023, e non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in merito all’art. 1, comma 309, della Legge di Bilancio n. 197 del dicembre 2022. "Si tratta - suggerisce il Brambilla - della terza volta in 11 anni che i giudici incaricati si esprimono in questi termini, e proprio questo dovrebbe far riflettere: in occasione delle sue precedenti pronunce, infatti, la stessa Corte aveva infatti raccomandato che il taglio subito dalle pensioni di importo medio-alto fosse di breve durata, proporzionato e non ripetitivo". Una condizione, soprattutto quella relativa alla non ripetitività, evidentemente non rispettata cui si aggiungono ulteriori questioni di natura tecnica ed etica da non sottovalutare. Nell’ultima pronuncia, in particolare, la Corte afferma che la mancata rivalutazione non è da considerarsi un prelievo forzoso, ma una misura economico-previdenziale che l’esecutivo può discrezionalmente decidere di mettere in campo, con il fine di favorire le pensioni più basse e al contempo portare avanti una progressiva riduzione del debito pubblico. E, se l’obiettivo di contenere la spesa resta in sé apprezzabile, severa è la condanna della pubblicazione nei confronti della scelta di farlo toccando ancora una volta la perequazione automatica, ormai utilizzata dallo Stato come leva contabile per fare Cassa, alla stregua di un prelievo forzoso: come possono i giovani fidarsi del sistema previdenziale se le regole del gioco sono destinate a cambiare continuamente, minando la certezza della correlazione tra versamenti contributivi e futuro importo degli assegni? "La fiducia del sistema previdenziale - osserva Cuzzilla - si regge sulla certezza del diritto e sulla stabilità delle regole. Colpire chi ha versato quarant’anni di contributi significa rompere il patto sociale e generazionale. Non è un caso che la Corte Costituzionale abbia richiamato l’attenzione del legislatore su questi squilibri, e che il Tribunale di Trento abbia appena rinviato la questione per un nuovo esame. È un segnale che ci dà un cauto ottimismo: rimediare è possibile. Ma serve da un lato una scelta politica chiara: garantire la rivalutazione come avviene in tutti i principali Paesi europei e fare della prossima legge di bilancio una vera occasione di giustizia per quella parte del Paese che ha sempre lavorato, contribuito e pagato le tasse. Dall’altro lato serve una Corte coraggiosa, che oltre a tutelare giustamente il bilancio dello Stato, abbia il coraggio di analizzare nel dettaglio le tematiche previdenziali e faccia emergere storture che nelle ultime sentenze sono state illogicamente legittimate".
(Adnkronos) - L’offerta di servizi di trasporto pubblico locale nel nostro Paese stenta ancora a svilupparsi adeguatamente. Appare evidente il gap rispetto alle principali città europee. Al top delle classifiche Londra, Parigi, Madrid e Praga. In Italia bene solo Milano. Sono questi i principali dati emersi dallo studio anticipato da Clean Cities Campaign oggi nel corso della seconda giornata di Eco Festival della mobilità sostenibile e delle città intelligenti, l’evento che fa il punto sulla transizione ecologica della mobilità di persone e merci in Italia, in programma ieri e oggi a Roma, in coincidenza con l’inizio della 'Settimana europea della Mobilità 2025'. Il trasporto pubblico locale è stato al centro dell’intervento di Claudio Magliulo di Clean Cities Campaign che ha anticipato i risultati inediti di uno studio che propone su questo tema un raffronto tra venti città italiane e dieci europee. Questi i principali risultati, naturalmente rapportati al numero di abitanti per ogni città: in media, rispetto alle venti città italiane, quelle europee offrono il triplo dei posti-km (offerta complessiva dei mezzi pubblici), hanno quattro volte i passeggeri-km (utilizzo complessivo del Tpl), e presentano reti di Tpl su ferro sette volte più estese. L'unica città italiana con un'offerta di posti-km comparabile alla media europea è Milano, che ha però meno passeggeri-km di città simili per popolazione e densità. Considerando gli indicatori principali, le migliori performance tra le città europee sono quelle registrate da Londra, Parigi, Madrid e Praga. Magliulo ha osservato come, "le città italiane hanno bisogno di investimenti significativi per colmare il divario con le città europee per quanto riguarda l'offerta di trasporto pubblico. Queste risorse non possono che venire da un potenziamento del Fondo Nazionale Trasporti, che è al palo da anni e si è più che dimezzato in termini reali, e dall'introduzione di nuove risorse per continuare lo sviluppo delle infrastrutture di Tpl dopo la fine del Pnrr”. Marcello Di Caterina, vicepresidente Alis, è intervenuto a Eco sottolineando l’impegno dell’Associazione nel promuovere lo sviluppo dell’intermodalità e della logistica sostenibile: “Con il bando LogIn il governo ha stanziato 157 milioni di euro a supporto della trasformazione digitale delle imprese del settore logistico e trasporto merci. La digitalizzazione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale rendono il trasporto intermodale più competitivo, una spinta necessaria anche alla luce del fatto che il settore marittimo è ideologicamente bersagliato dalla tassazione europea Ets (l’Emission Trade System), che noi chiediamo possa essere almeno in parte restituita in forma di incentivo agli imprenditori del mare perché possano efficientare il processo di filiera più velocemente”. Sul tema energetico e sulle potenzialità di sviluppo dell’idrogeno si è concentrato l’intervento di Bruno Dalla Chiara, ordinario di Trasporti al Politecnico di Torino: “Nessuna alternativa al petrolio, a oggi, è vincente; occorre garantire economie di scala produttive, di competenza, di approvvigionamento, di ricambi. L’idrogeno è un vettore energetico con i suoi punti di forza e limiti. Solo attraverso il corretto completamento della delibera del Parlamento europeo del 2023 si può arrivare a una risposta nel 2025”. È poi toccato a Manuel Marsilio, Industry&Road Safety Ambassador per Wbia all’Onu e Oms, richiamare, dati alla mano, il ruolo strategico della bicicletta per la mobilità del presente e del futuro: “In Europa circolano già oggi oltre 60 milioni di biciclette e cargo bike, che ogni anno evitano milioni di tonnellate di CO2. L’uso regolare della bici riduce del 30% il rischio di malattie cardiovascolari e si stima che grazie a essa vengano evitate oltre 30mila morti premature ogni anno. Senza contare che la bicicletta genera in Europa benefici esterni stimati in 119 miliardi di euro l’anno (studio 2024), considerando salute, riduzione emissioni, impatti ambientali positivi ed economia”. Il focus del dibattito si è poi spostato sul tema della forestazione urbana, divenuto centrale soprattutto negli ultimi anni che hanno dimostrato quanto le città necessitino di alberi e spazi verdi per essere sane, resilienti e accoglienti. Francesco Ferrini, Ordinario di Arboricoltura e Coltivazioni Arboree all’Università di Firenze, ha sottolineato come “forestazione urbana vuol dire progettare in modo intelligente, scegliendo specie adatte, garantendo diversità e accessibilità. Così il verde diventa davvero uno strumento contro il caldo, l’inquinamento e lo stress, migliorando la qualità della vita di tutti”. Per Carla Ancona, Past President Associazione Italiana di Epidemiologia, "gli inquinanti emessi dal traffico veicolare rappresentano un grave rischio per la salute pubblica, soprattutto per le fasce più vulnerabili. Per questo è fondamentale intervenire sulla mobilità urbana: nelle nostre città le auto devono essere meno numerose, di dimensioni ridotte e viaggiare a velocità più contenute”. Giovanni Fabi, presidente Terravision Electric Spa, ha illustrato l’esperienza di Terravision, da player di riferimento nel settore del transfer aeroportuale a fornitore di servizi integrati di micromobilità elettrica: “Copriamo tutta la gamma dei veicoli elettrici, dalla bici elettrica allo scooter per arrivare anche alla moto elettrica, con l’obiettivo di soddisfare l’esigenza di ingresso nei centri urbani in assoluta tranquillità e nel rispetto dell’ambiente”. Damiano Meola, direttore Marketing di The Data Appeal Company, ha illustrato come dati e intelligenza artificiale stiano rivoluzionando il turismo e la vita urbana: “L’Ai ha aperto nuove prospettive per città più accoglienti e sostenibili, dall’appeal delle destinazioni alla gestione dei flussi turistici, fino alla semplificazione dei viaggi tramite strumenti conversazionali. La reputazione digitale delle destinazioni e la qualità dei dati, sempre aggiornati, sono oggi diventati elementi chiave perché le città vengano scelte e valorizzate dagli assistenti intelligenti. In Italia 3 viaggiatori su 4 si dicono pronti a utilizzare Ai per pianificare un viaggio”. Spazio poi al confronto tra le esperienze di mobilità sostenibile di quattro Sindaci, Mario Conte, sindaco di Treviso, Antonio Nicoletti, sindaco di Matera e Mario Pardini, sindaco di Lucca, e Luca Salvetti, sindaco di Livorno, salutati da Maurizio Gasparri, presidente Senatori Forza Italia. Nel corso dell’evento sono stati conferiti i primi Eco Awards 2025 ad alcune realtà che si sono distinte nei diversi ambiti della mobilità e della sostenibilità. I vincitori hanno ricevuto in premio speciali composizioni cartobotaniche, realizzate a mano da Mariangela Tove. Gianluca Santilli, presidente Osservatorio Bike Economy, ha consegnato a Tiberio Timperi, giornalista e conduttore, l’Eco Award per la comunicazione. Intesa Sanpaolo ha premiato Daje de alberi, l'Associazione non profit di tutela ambientale per la città metropolitana di Roma Capitale, un progetto di riforestazione e rigenerazione urbana mirato a stimolare la socialità in diversi Municipi, coinvolgendo la cittadinanza. Alis ha premiato Enel per l’impegno costante nella transizione energetica e nella promozione di un modello efficiente di sviluppo sostenibile.