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(Adnkronos) - Il tumore al seno metastatico è una malattia complessa che richiede un approccio terapeutico altamente personalizzato. Le terapie a bersaglio molecolare, basate sulla presenza di specifiche mutazioni genetiche, stanno cambiando le prospettive di cura, offrendo miglioramenti significativi in termini di sopravvivenza e qualità di vita. Per rendere possibile l'impiego di queste terapie innovative, è fondamentale una caratterizzazione molecolare accurata della malattia. In questo contesto, accanto alle indagini sul tessuto tumorale, si inserisce l'utilizzo della biopsia liquida, un esame del sangue non invasivo che consente di analizzare frammenti di Dna tumorale circolante (ctDna) per identificare mutazioni rilevanti, come quelle del gene Esr1, del pathway PI3K/AKT o ancora le alterazioni di Brca1/2. Queste informazioni genetiche guidano le scelte terapeutiche, permettendo l'applicazione concreta della medicina di precisione, con trattamenti più mirati e tollerabili, costruiti su misura per ogni singola paziente. E' quanto emerso oggi a Bergamo, presso l'ospedale Papa Giovanni XXIII, durante il convegno regionale organizzato da Fondazione Aiom (Associazione italiana oncologia medica) con al centro il tema della diagnostica molecolare e delle nuove terapie a bersaglio per il carcinoma mammario metastatico. "La diagnostica avanzata e la profilazione molecolare rappresentano oggi uno snodo cruciale nel trattamento del tumore mammario in fase avanzata - ha detto Alberto Zambelli, direttore dell'Oncologia medica dell'ospedale Papa Giovanni XXIII e professore associato di Oncologia all'università di Milano-Bicocca - Qui a Bergamo, come centro Hub regionale, intendiamo lavorare in sinergia con tutte le unità oncologiche provinciali per garantire l'accesso alla diagnostica di precisione a tutte le pazienti che ne hanno indicazione". Oltre all'identificazione di mutazioni note, la diagnostica genomica consente di approfondire la presenza di varianti genetiche rare, potenzialmente rilevanti in studi clinici sperimentali o in trattamenti non convenzionali (uso terapeutico individuale). Questo tipo di approccio è particolarmente utile per i casi clinici più complessi, che necessitano di strategie terapeutiche su misura. A coordinare questi percorsi è il Molecular tumor board (Mtb), un'unità multidisciplinare costituita da oncologi, biologi molecolari, genetisti, farmacologi e altri specialisti, che analizza i singoli casi per garantire l'accesso alla diagnostica avanzata e alle terapie personalizzate, anche sperimentali quando indicato. In Regione Lombardia il Mtb opera secondo un modello organizzativo Hub & Spoke, articolato in 11 unità clinico-assistenziali territoriali collegate al coordinamento centrale regionale. Questa struttura assicura una copertura capillare e omogenea, permettendo ai pazienti di tutta la regione, indipendentemente dalla provincia di residenza, di accedere in modo equo e tempestivo alla diagnosi di precisione e alle terapie più avanzate. Il convegno ha evidenziato come l'integrazione tra innovazione diagnostica, organizzazione del sistema sanitario e collaborazione multidisciplinare sia oggi la chiave per una reale trasformazione dell’oncologia: più vicina, più efficace, più personalizzata.
(Adnkronos) - La Calabria, e il suo patrimonio olivicolo, non possono più considerarsi 'zona franca' dalla xylella. E' l'allarme che lancia Cia Calabria sottolineando che "47 ulivi infetti individuati a Cagnano Varano, nel Gargano, rappresentano un punto di svolta negativo nella diffusione della Xylella fastidiosa. La malattia, che ha colpito duramente il Salento dal 2013, dimostra di non arrestarsi: le condizioni climatiche favorevoli e la mobilità degli insetti vettori suggeriscono che la Calabria non può più considerarsi 'zona franca'. Anche la Basilicata, con la presenza di sottospecie del batterio in prossimità dei confini pugliesi, mostra come l’infezione possa penetrare da settori contigui, aumentando il rischio per i territori olivicoli calabresi", sottolinea l'organizzazione agricola. E per Cia Calabria non c'è più tempo da perdere: "il mondo agricolo calabrese, le istituzioni regionali e centrali e le strutture tecniche devono stabilire un programma di prevenzione attiva che anticipi l’epidemia, anziché rincorrerla. Serve nomina di un Commissario straordinario nazionale dotato di poteri semplificati e risorse dedicate, capace di coordinare le misure su scala nazionale e regionale. È imprescindibile che la Regione Calabria, attraverso gli assessorati competenti, istituisca un piano regionale d’emergenza, con protocolli sanitari aggiornabili e tempestivi. Occorre inoltre che il Governo centrale riconosca alla Calabria lo status di regione 'a rischio elevato' e attivi fondi straordinari di sorveglianza, ricerca e compensazione in caso di danni. Il dialogo con l’Unione Europea deve tradursi in finanziamenti aggiuntivi per la regione che sarà bersaglio imminente del batterio", continua Cia. La Calabria, ricorda Cia, vanta una delle più antiche e raffinate tradizioni olivicole italiane, dove cultivar come la Carolea, la Roggianella o la Ciciarello costituiscono non solo una risorsa economica, ma anche culturale e paesaggistica. "Questa eredità la rende essenziale e al tempo stesso vulnerabile. Le mappe di rischio agronomico mostrano che molte aree della regione – in particolare le fasce collinari e le zone costiere con clima mite – sono compatibili con la sopravvivenza e la diffusione del batterio. È un dato che non lascia spazio all’improvvisazione: ogni azione deve partire ora, con decisione e coerenza", spiegano da Cia Calabria. Secondo gli esperti dell'organizzazione agricola "dal fronte sperimentale e dai territori pugliesi emergono indicazioni che in Calabria dovrebbero diventare prassi consolidate. Il monitoraggio continuo, con controlli mirati e analisi fitosanitarie su piante sospette, è la prima barriera efficace. Qualora si individuino piante infette, l’azione tempestiva di eradicazione e l’istituzione di zone tamponi circostanti possono impedire che il batterio si diffonda. Contemporaneamente, intervenire sui vettori, in particolare la Philaenus spumarius, la 'sputacchina', con interventi agronomici (lavorazioni leggere superficiali, diserbo programmato) e trattamenti mirati è fondamentale per ridurre la pressione infettiva". Secondo Cia Calabria "un altro pilastro è la gestione del verde spontaneo e delle piante ospiti. Terreni incolti, bordi di strade, fossi e aree non curate offrono habitat ideali per il vettore; mantenerli puliti e ben gestiti è un impegno che deve riguardare non solo gli agricoltori, ma anche le amministrazioni locali e gli enti territoriali. In questo senso, la prevenzione è una responsabilità collettiva", sottolinea ancora l'organizzazione. E per Cia in un contesto di rischio crescente, i vivai che operano con materiali certificati e sani diventano un presidio fondamentale. Abbiamo vivai anche in Calabria che storicamente rappresentano un punto di riferimento importante per gli agricoltori: producono piante certificate, garantiscono qualità genetica e fitosanitaria e sono impegnati da generazioni nell’evoluzione tecnica del vivaismo. Per Maria Grazia Milone, presidente di Cia Agricoltori Italiani Calabria Centro, “la qualità è lo strumento per superare le difficoltà e vincere le sfide insieme. Il vivaio è punto di partenza della filiera produttiva agroalimentare, per cui per ottenere produzioni di qualità è necessario partire da piante di qualità. Per piante di qualità intendo piante certificate, cioè sane e certe dal punto di vista genetico. Queste sono garanzie necessarie che un imprenditore agricolo deve avere per fare un impianto remunerativo, che duri nel tempo, che abbia bisogno di minori input e che produca di più e meglio", sottolinea. Ma per Cia Calabria "un ruolo strategico in questa sfida è affidato al servizio fitosanitario regionale, il quale con un attento e capillare monitoraggio potrebbe scongiurare la presenza del batterio e/o tempestivamente individuare ed eradicare un primo focolaio. Per fare questo, però, è necessario che al Servizio fitosanitario regionale, da anni sottodimensionato, venga riconosciuto il ruolo che ricopre e le diverse funzioni che svolge. È necessario che questo comparto venga potenziato: avere un numero maggiore di ispettori, maggiori risorse e un dirigente dedicato", sottolinea l'associazione. La lotta alla Xylella non può essere delegata solo agli agronomi e agli agricoltori: serve una mobilitazione istituzionale forte, secondo Cia per la quale "la Calabria ha oggi l’occasione, forse l’ultima, per mobilitarsi prima che l’infezione varchi i suoi confini, ammesso che non lo abbia già fatto, visto che finora non sono stati fatti controlli sufficienti per asserire questo con sicurezza. Il comparto olivicolo regionale, la cui crescita negli ultimi decenni è stata costante, rischia di subire danni irreparabili. L’avvento del batterio e il diffondersi della malattia impatterebbero sulla tradizione, la bellezza del panorama e sull’economia che si basa in modo consistente sull’olivicoltura", lancia l'allrme l'associazione. Per il presidente regionale di Cia Calabria Nicodemo Podella "se il meccanismo di difesa è messo in moto oggi, con responsabilità e visione collettiva, si può sperare di evitare che la Xylella tenga il destino della Calabria nelle sue spire. La chiamata è alle istituzioni, agli agricoltori, alle filiere, e alla stessa società civile affinché, insieme, costruiscano una barriera di prevenzione che salvi il nostro patrimonio verde dalle ombre di un batterio implacabile.
(Adnkronos) - "Se c'è un mercato che è fortemente in salute è proprio quello della second hand, il mercato dell'usato. Da 11 anni collaboriamo con Bva Doxa per un osservatorio sulla second hand che ogni anno ci fa scoprire un mondo che è in continua espansione ed evoluzione. Solo l'anno scorso, nel 2024, ben il 63% degli italiani si sono dati alla second hand per comprare o per vendere. Il settore ha rappresentato ben 27 miliardi di giro d'affari". Così Giuseppe Pasceri, Ceo Subito.it, intervenendo all’appuntamento Adnkronos Q&A, 'Sostenibilità al bivio', questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. Tra l'altro "questi 27 miliardi per la prima volta hanno visto l'online superare l'offline. Siamo passati dal 30% circa dell'online nel 2014 fino al 54% dell'online sull'offline". "Se poi pensiamo alle motivazioni che spingono gli italiani a fare questa scelta, sicuramente in primis c'è il risparmio ma è molto interessante vedere come la riduzione degli sprechi diventi un fattore motivante di primissimo piano e poi c'è il guadagno, che è comunque visto come un aspetto importante", aggiunge.