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(Adnkronos) - L’Intelligenza Artificiale sta cambiando il mondo dell’industria e delle professioni e anche i settori dell’edilizia e dell’architettura sono a una svolta. La sfida per architetti e ingegneri è oggi, infatti, quella di coniugare le interessanti opportunità offerte dall’Ai - che vanno dalla progettazione all’elaborazione di dati sull’ambiente destinato ad ospitare una nuova costruzione, alla definizione delle caratteristiche degli edifici, fino alla presentazione finale dei progetti, - con le loro competenze e con il valore stesso del “fattore umano”, in un delicato equilibrio in evoluzione continua. È per questo che oggi, a Made expo, manifestazione dedicata al mondo dell’edilizia e dell’architettura organizzata da Made eventi Srl, società di Fiera Milano Spa e Federlegno Arredo Eventi SpA, a Fiera Milano fino a sabato 22 novembre 2025, si è tenuto l’Inspirational Talk “AI Architectural Intelligence”, che ha visto il confronto diretto e partecipato tra Luca Sassi, Architetto e Content Creator, Neal Leach, Architetto e Professore Universitario, Matteo Pavanello, Associate, BIG – Bjarke Ingels Group e Cosimo Scotucci, Senior Project Leader, MVRDV, salutati da Paola Sarco, Amministratore Delegato di Made Eventi e Head of Building & Industrial Exhibitions di Fiera Milano. Durante l’incontro, Neal Leach ha offerto la sua importante e vasta esperienza accademica nell’analisi dell’applicazione dell’Intelligenza Artificiale in architettura, ricordando come le implicazioni dell’AI nei sempre più vari ambiti professionali siano, allo stato attuale, talmente ampie e controverse da non essere facilmente catalogabili. Il compito di chi la utilizza nel campo della progettazione architettonica, è quindi quello di essere consapevole delle grandi opportunità, che si manifestano in termini creazione ed elaborazione di big data, nel risparmio del tempo di ideazione del progetto e nella valorizzazione della creatività verso proposte sempre più originali e interessanti, nonché nella possibilità offerta anche a studi di progettazione di piccole dimensioni di raggiungere performance, tempistiche e precisione di realtà più ampie e strutturate. Accanto ai vantaggi, però, occorre tener conto anche di importanti criticità: tra queste, la svalutazione della figura del progettista, che, nel lungo periodo, potrebbe essere parzialmente sostituibile, la complessa gestione della formazione dei giovani designer, costretti a rincorrere un mercato in rapidissimo e imprevedibile mutamento a causa dell’AI, e, per finire, la pervasività stessa dell’Intelligenza Artificiale, capace, in un futuro sempre più prossimo, di sostituirsi sempre più efficacemente alle “soft skills” umane in ogni ambito della conoscenza e delle relazioni sociali. Le esperienze degli esponenti di importanti studi architettonici a livello europeo e mondiale hanno offerto un punto di vista diretto sull’importanza degli strumenti basati sull’AI e sulle sue opportunità applicative. Così, Matteo Pavanello ha presentato la propria attività, soffermandosi soprattutto sulle utilità “pratiche” dell’Intelligenza Artificiale, ormai trasversali a tutta la filiera della progettazione. Si passa così dalla ricerca di dati sui materiali all’elaborazione sempre più evoluta e precisa dei progetti, alla valutazione rigorosa del loro impatto sul paesaggio, fino alla loro presentazione attraverso rendering intelligenti, animati o ambientati con particolare realismo. Uno dei principali vantaggi offerti dall’AI, per Pavanello, si traduce nel risparmio e nell’ottimizzazione del tempo in ogni fase del processo progettuale, fondamentale per rendere produttivo ed efficace il lavoro del progettista. Allo stesso modo, Cosimo Scotucci ha offerto una visione della progressiva evoluzione degli strumenti AI, soprattutto nella previsione dell’impatto ambientale dei concept di edifici o di interi nuovi quartieri, ideati per armonizzarsi al paesaggio e agli standard abitativi del contesto. Gli strumenti di modellazione, in particolare, si integrano oggi a software intelligenti, in grado di incorporare elaborazioni sempre più complesse di informazioni e dare vita a progetti sempre più complessi e smart, capaci di rispondere con efficacia a esigenze concrete. La progressiva introduzione dell’elemento artificiale nella raccolta, gestione ed elaborazione dei dati, non ha avuto però, nell’esperienza di Scotucci, ripercussioni negative sulla funzione umana e culturale dell’architetto, chiamato a rispondere con creatività ai bisogni dei futuri fruitori degli edifici coniugandole con la consapevolezza tecnica raggiunta grazie alle analisi dell’AI. Luca Sassi ha infine osservato come l’avvento dell’AI sia paragonabile all’introduzione del motore a scoppio alla fine dell’Ottocento, in un’epoca dominata dal trasporto con cavalli. Infatti, anche se l’introduzione dell’automobile ha progressivamente dimostrato le sue criticità, dai rischi di incidente all’inquinamento, l’uomo non è più tornato indietro, perché ormai evoluto sulla scia del progresso possibile grazie alle infinite opportunità offerte dal nuovo veicolo. Così, l’AI sta cambiando anche il mondo dell’architettura in modo ormai irreversibile. Tutti i relatori hanno, infatti, concordato sulla necessità di progettare i nuovi edifici guardando al mondo tra dieci anni e cercando di prevedere in anticipo i cambiamenti tecnici, estetici e sociali e sul ruolo che l’AI può avere in questa dimensione futuribile del costruito. Sassi ha poi concluso ricordando le possibilità di crescita anche per i professionisti del nostro Paese che siano in grado di sfruttare al meglio i vantaggi dell’Intelligenza Artificiale, come hanno dimostrato i due architetti italiani presenti, esponenti di spicco di grandi studi internazionali. Il Talk di oggi ha rappresentato solo una delle tante iniziative di confronto e formazione in programma a MADE expo che, con 625 aziende in quattro padiglioni, si conferma l’evento leader del settore in Italia. Anche in questa edizione, la manifestazione è parte di MIBA – Milan International Building Alliance, piattaforma internazionale che riunisce in un unico ecosistema quattro manifestazioni leader nei rispettivi ambiti: GEE – Global Elevator Exhibition, Made Expo, Smart Buinlding Expo e Sicurezza, rappresentando un’offerta completa di tecnologie, materiali e soluzioni capaci di guidare la transizione ecologica e digitale di edifici e città. Made expo si svolge a Fiera Milano fino a sabato 22 novembre 2025.
(Adnkronos) - E’ la patria della paella, il più internazionale dei piatti spagnoli, e la sua cucina esprime quanto di meglio ha da offrire la Dieta mediterranea. Con un’offerta culinaria che spazia dalle conviviali tapas al fine dining, dallo street food alle risotterie, Valencia è una vera meta per foodies. La terza città della Spagna riflette proprio nella tradizione gastronomica i suoi oltre duemila anni di storia, che hanno visto passare Romani, Visigoti, Musulmani e Cristiani. Che sia per un pellegrinaggio nella Cattedrale dove è custodito il Santo Calice o per una passeggiata tra le architetture avveniristiche dell’archistar Calatrava alla Città delle Arti e della Scienza, il turista in visita a Valencia, su tutte, ha un’esperienza d’obbligo, quella gourmet. E se tra gli edifici gotici e barocchi della Ciutat Vella la scelta non manca, a dare una mano ad orientarsi tra le infinite proposte torna in questi giorni una iniziativa imperdibile per gli amanti del buon mangiare: il Festival Cuina Oberta (https://valenciacuinaoberta.com/). Per dieci giorni, dal 20 al 30 novembre, si possono gustare i menu creati dagli chef di 68 ristoranti della città con prezzi fissi che rendono l'esperienza ancora più appetitosa: 28 euro per il pranzo, 36 per la cena e opzioni gourmet da 48 e 56 euro rispettivamente. Anche i ristoranti stellati Michelin partecipano con menù esclusivi a 80 e 100 euro. E Cuina Oberta non significa solo mettersi a tavola, ma anche partecipare a 16 esperienze originali come laboratori gastronomici, degustazioni e attività speciali per assaporare l'autentica gastronomia valenciana in mille modi. Piatti che combinano tradizioni secolari con le creazioni più innovative degli chef locali. “A Valencia abbiamo otto ristoranti stellati, di cui due con 2 Stelle Michelin e chissà che non ci sia qualche new entry nella Guida del nuovo anno che si presenta fra qualche giorno. Tra l’altro, lo chef Ricard Camarena ha anche la ‘stella verde’ ed è appena stato decretato come il 6° migliore ristorante di vegetali al mondo. Il Festival Cuina Oberta si tiene due volte l’anno, in primavera e in autunno, e propone menù speciali che attraggono anche molti turisti. E gli italiani a Valencia rappresentano il primo mercato come presenze”, sottolinea Leticia Colomer, International Pr & Markets Manager di Visit Valencia (per tutte le informazioni si può visitare il sito www.visitvalencia.com/it e la pagina dedicata del portale dell’Ente Spagnolo del Turismo www.spain.info). Nota come ‘Dispensa del Mediterraneo’, Valencia, che è stata nominata Capitale verde europea nel 2024, ha un modello di sostenibilità anche alimentare. Grazie all’abbondanza di prodotti freschi di stagione provenienti dalle acque del Mediterraneo e dalle coltivazioni che circondano la città, nei 20mila ettari della cosiddetta Huerta e nel parco naturale dell’Albufera, dove dai tempi degli arabi si coltivano diverse varietà locali di riso, ingrediente principe per la paella. E proprio il riso è un piatto centrale nella gastronomia locale (c’è persino il Museo del riso, in un mulino del XX secolo restaurato per mostrare il processo di lavorazione), che viene preparato in oltre 40 modi diversi. A cominciare dalla paella (dal nome della padellona a due manici in cui viene cucinata), che nella versione originale valenciana è a base di carne (pollo e coniglio) e verdure (fagioli garrofó e fagiolini piattoni), lumache e aggiunta di pomodoro grattugiato e un pizzico di paprika, oltre ovviamente al riso, cotto a fuoco vivo e tanto meglio se si attacca a formare uno sottostrato croccante, che ha tanto di nomignolo (socarrat). Ma ci sono tanti altri piatti a base di riso locale, grandi classici come l’arroz a banda, chiamato così perché tradizionalmente il pesce con cui era stato preparato il fumetto veniva servito a un lato (a banda, in valenciano); l’arroz del senyoret, con i gamberi già sgusciati in modo che il ‘cliente-signorino’ non si dovesse sporcare le mani; o l’arroz negro, fatto con il nero di seppia che dà l’inconfondibile colorazione scura; l’arroz al horno (riso al forno), con costine di maiale, pancetta fresca, morcilla (salsiccia di sanguinaccio), pomodoro, patate, ceci. Un’alternativa al riso è la fideuà, servita come la paella ma preparata con spaghettini cortissimi e condita con frutti di mare. A parte il riso, fra i piatti tradizionali valenciani ci sono stufati di pesce come il suquet de peix o all i pebre con le anguille. Dal mare provengono crostacei e molluschi, poi pesci sotto sale e baccalà. In pasticceria molto usati mandorle e miele, retaggio arabo. Il modo migliore per toccare con mano la ricca varietà di ortaggi e di pesce locali è visitare uno dei mercati della città, punto di osservazione privilegiato per immergersi nella vita dei locali e sempre più frequentati dai turisti a caccia di esperienze. Il più importante è sicuramente il Mercato centrale, che è il più grande di prodotti freschi d’Europa. Ospitato in un edificio modernista costruito tra il 1914 e il 1928, la sua facciata spicca al centro di una delle piazze principali della città. Una struttura costituita da colonne in ferro che ricordano la Torre Eiffel, piastrelle e vetrate, ricca di decorazioni ispirate ai prodotti del frutteto e ai giardini di Valencia. In oltre 8mila metri quadrati di superficie trovano posto più di 250 bancarelle, tutte rigorosamente riservate alla vendita dei prodotti perché in questo mercato il cibo si può solo comprare e non consumare come ormai è in voga in moltissimi mercati europei (unica eccezione il Bar Central gestito dallo chef Ricard Camarena). Questo è il regno del Km 0, dove si possono trovare tutti i prodotti freschi degli orti valenciani e tutto il gusto del Mediterraneo, tra cui spiccano frutta e verdura, con arance, pomodori e fagioli in primo piano, e poi carne, formaggi, pesce, prosciutto, spezie, frutta secca. Un’esperienza diversa la offre un altro mercato, quello di Colon, nell’elegante quartiere Ensanche, anch’esso ospitato in un edificio modernista diviso in tre navate, che terminano ai due estremi con due archi giganti di mattoni e pietra. Su due piani, ospita alcuni negozi rinomati come Carnes Varea o Frutería Fina, ma soprattutto una ventina tra bar e ristoranti dove sedersi ai tavoli negli spazi aperti e chiusi. Tra i più noti Habitual dello chef Ricard Camarena, e poi Las Cervezas del mercado, dove degustare le birre artigianali locali, e la horchateria Daniel, una delle tante rivendite di Horchata, bevanda tipica rinfrescante e ricca di vitamine, prodotta con la chufa, un tubero che si coltiva da questi parti per le condizioni particolari del terreno. C’è poi un’altra bevanda che chiunque passi in città deve provare: la Agua de Valencia, un cocktail preparato con succo di arancia, cava, vodka e gin. Si serve in caraffa e si beve in coppa, e a volte la sua dolcezza può ingannare sul grado alcolico. Luogo di nascita di questo leggendario cocktail, che ha tanto di Denominazione di origine, è considerato il Cafè de Madrid, epicentro della società bohemienne valenciana negli anni ‘40 e oggi incorporato nel boutique hotel Marques House. Ma si può degustare anche al Cafè de las Horas, locale-bomboniera curato in ogni dettaglio, dove si beve tra quadri, specchi e broccati: impossibile non passare di qui anche solo per una foto. Se si vuole vivere una mattina da vero ‘local’, però, non può mancare l’esperienza dell’esmorzaret. Conviviale quanto le tapas ma meno ‘globalizzato’, è una sorta di brunch alla spagnola, che è considerato un vero e proprio rito: si consuma tra le 9 e le 12 (lo offrono diversi bar e ristoranti) e prevede un primo giro di arachidi e sottaceti, seguito da un maxi panino con farcitura a scelta, accompagnato da birra o vino o, ancora meglio, vino con gassosa. A chiudere un caffè ‘corretto’, il cremaet, con rum, buccia di limone, aroma di cannella e chicchi di caffè sul fondo. Il Km 0, dunque, è il vero leit motiv della cucina valenciana e che si ritrova anche nei ristoranti innovativi. E gli estimatori del fine dining non rimarranno delusi a Valencia, che ospita nomi di spicco della gastronomia spagnola. Uno su tutti è Ricard Camarena, considerato un vero e proprio alchimista degli ortaggi; nel suo locale nell’ex fabbrica di Bomba Gens, due stelle Michelin e tre soli della Guida Repsol, propone sapientemente una cucina vegetale, con prodotti coltivati nel proprio orto, che gli è valsa anche la stella verde Michelin, che premia l'impegno per la sostenibilità in campo gastronomico. E poi, vicino alla piazza del Municipio, si trova uno dei ristoranti di Quique Dacosta, El Poblet, con due stelle Michelin e due soli Repsol. I prodotti del mare, del frutteto e dell’Albufera sono alla base della cucina dello chef Luis Valls, che interpreta ricette e sapori tradizionali in versione alta cucina. Un altro locale di Quique Dacosta che merita sicuramente una visita è Llisa Negra: propone carni e pesce alla griglia, forno a legna e paella cotta su legno d'arancio. Cucina di prodotto anche presso Entrevins, che vanta un’ampia carta di vini della zona da vitigni autoctoni. Mentre non lontano dal Mercato di Colon, un’esperienza culinaria dove i piatti tradizionali sono rivisitati in chiave innovativa si può fare da Noble, locale di design dall’atmosfera sofisticata. Spostandosi dal centro, una passeggiata sul lungomare offre l’opportunità di vedere le rinomate spiagge di El Cabanyal, Malvarrosa e Patacona, con la moderna Marina di Valencia, con affaccio sulle onde, e di pranzare in uno dei ristoranti fronte mare. Come Casa Carmela, proprio accanto alla Casa Museo dello scrittore valenciano Blasco Ibanez, vero e proprio tempio della paella sfornata a gettito continuo dalla cucina a vista con i fuochi sempre accessi. Fuori dal centro si può abbinare la gastronomia al design scegliendo di mangiare o anche solo bere un caffè in una delle spettacolari strutture progettate dall’architetto valenciano Santiago Calatrava, che formano la Città delle Arti e della Scienza, luogo diventato simbolo della città, dove non manca l’offerta culinaria. Per restare in tema green, ad esempio, nel Caixa Forum risorto nel 2022 come centro multidisciplinare all’interno dell’edificio azzurro dell’Agorà, il punto ristoro è un giardino di piante aromatiche. Per i camminatori provetti, ci si arriva percorrendo i Giardini del Turia, il parco creato negli anni Ottanta lungo il vecchio letto del fiume dopo le trasformazioni che hanno fatto seguito a una delle storiche alluvioni che si sono abbattute sulla città e i suoi dintorni. L’ultima, quella catastrofica di giusto un anno fa, è ormai un brutto ma lontano ricordo e i turisti sono tornati a godere della proverbiale convivialità di questa città e della sua gustosissima cucina.
(Adnkronos) - “Tra le forme di welfare più richieste c’è l’assicurazione sanitaria integrativa. I lavoratori richiedono alle aziende stabilità, continuità, certezza nei percorsi di cura. Fondamentalmente chiedono supporto”. Così la vicepresidente di Eikon Strategic Consulting Italia Paola Aragno, commentando i risultati della ricerca ‘Salute, benessere e sostenibilità’, presentata da Eikon in occasione dell’evento di apertura della Social Sustainability Week in corso oggi a Palazzo dell’Informazione a Roma. “Non si apre un conflitto tra pubblico e privato, ma un discorso sul tema della sostenibilità complessiva della tutela della salute” aggiunge Aragno sottolineando che “in questo le aziende possono fare la differenza”, favorendo “la costruzione di un welfare multi livello” dove “il servizio sanitario resta universale ma viene sostenuto dalle imprese, che diventano quasi parte di questa rete di protezione”.