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(Adnkronos) - Con l'apertura ufficiale del Grand Egyptian Museum (Gem) a Giza, avvenuta in forma solenne sabato 1 novembre, che segna una nuova era per la valorizzazione del patrimonio egiziano, sono tornate a sollevarsi le richieste di restituzione di importanti reperti archeologici sottratti durante il periodo coloniale. Tra questi, la Stele di Rosetta, fondamentale per la decifrazione dei geroglifici egiziani, che fu portato via dall'Egitto dalle forze militari britanniche nel 1801 e custodita al British Museum di Londra. La sua restituzione è da anni oggetto di discussione, ma la nuova ondata di richieste è stata alimentata dalle dichiarazioni di Zahi Hawass, ex ministro del Turismo e delle Antichità egizie, celebre archeologo, che ha sottolineato la necessità di un cambiamento nel comportamento dei musei europei. "È il momento che i musei occidentali restituiscano ciò che è stato preso durante il periodo coloniale. Voglio due cose: primo, che i musei smettano di acquistare artefatti rubati; secondo, che vengano restituiti tre oggetti fondamentali: la Stele di Rosetta dal British Museum, lo Zodiaco del Louvre e il Busto di Nefertiti da Berlino", ha dichiarato Hawass in un'intervista alla Bbc. Le parole di Hawass sono state supportate anche da altri esperti egittologi, tra cui Monica Hanna, che nel 2022 ha co-fondato una campagna per il ritorno della Stele di Rosetta. Hanna ha sottolineato che l'apertura del Gem rappresenta un segno tangibile del fatto che l'Egitto è pronto a chiedere ufficialmente la restituzione degli oggetti che sono stati illecitamente sottratti durante il periodo coloniale. "L'inaugurazione di questo museo invia un messaggio chiaro: l'Egitto ha fatto i compiti a casa e ora è pronto a chiedere ufficialmente la restituzione di queste opere", ha affermato Hanna. In risposta a queste richieste, il British Museum ha dichiarato di non aver ricevuto alcuna richiesta formale da parte del governo egiziano per la restituzione della Stele di Rosetta. Un portavoce del museo ha precisato che "la Stele di Rosetta è uno dei 29 decreti ufficiali della dinastia tolemaica, scritti in tre lingue, tra cui il greco antico, che ha giocato un ruolo cruciale nella decifrazione dei geroglifici". Il British Museum ha inoltre sottolineato che, secondo la legge britannica del 1963, non è possibile restituire oggetti dalla sua collezione, salvo eccezioni particolari. La Stele di Rosetta fu scoperta nel 1799 durante le campagne napoleoniche in Egitto, ma fu ceduta al Regno Unito nel 1801 con il Trattato di Alessandria dopo la sconfitta francese. Da allora è rimasta esposta al British Museum, diventando uno dei pezzi più iconici della sua collezione. La sua importanza storica è indiscutibile, ma la sua appartenenza a un museo europeo solleva ancora oggi forti polemiche, soprattutto alla luce della crescente consapevolezza riguardo ai beni culturali sottratti durante il periodo coloniale. L'inaugurazione del Gem, che si estende su un'area di 120 acri e ospita oltre 50.000 reperti, è stata un'opera monumentale durata più di vent'anni, segnata da difficoltà politiche interne, la pandemia e conflitti regionali. Con una spesa che ha superato il miliardo di dollari, il Gem non solo è destinato a diventare il nuovo cuore pulsante del turismo internazionale in Egitto, ma rappresenta anche una vetrina per la cultura e la storia millenaria del Paese. Tra i suoi tesori più celebri, oltre alla replica della Stele di Rosetta, ci sono i reperti provenienti dalla tomba di Tutankhamon, che vengono esposti in modo completamente nuovo. Nonostante le risposte del British Museum, la questione della restituzione delle opere culturali egiziane continua a dividere le opinioni. Mentre alcuni esperti e attivisti chiedono un risarcimento simbolico per il danno culturale subito, altri difendono il principio della conservazione universale in istituzioni museali che, secondo loro, offrono un contesto di ricerca e conservazione che altrimenti non sarebbe possibile. La discussione sul destino della Stele di Rosetta, e più in generale su quello dei beni culturali, rimane dunque un tema centrale nelle relazioni internazionali tra l'Egitto e le potenze europee. (di Paolo Martini)
(Adnkronos) - "Le raccomandazioni attuali per la creazione di password sicure si sono evolute molto negli ultimi anni. Gli esperti di sicurezza ora concordano che la lunghezza è molto più importante della complessità: una password dovrebbe avere almeno 8 caratteri, ma idealmente 12-15 caratteri o più. Contrariamente a quello che si credeva in passato, i requisiti di complessità obbligatori (come dover includere maiuscole, numeri e simboli) sono stati abbandonati dalle principali organizzazioni di sicurezza. Il motivo è semplice: questi vincoli portano le persone a creare password prevedibili, come mettere la prima lettera maiuscola o aggiungere un '1' o un '!' alla fine". A dirlo all'Adnkronos/Labitalia Fulvio Duse, coo di Aton IT, società che si distingue per la pluralità di competenze approfondite in ambito digital transformation, cyber security, business intelligence, Ia, blockchain. "Un'altra importante novità - spiega - è l'abbandono dei cambi password periodici obbligatori. Costringere gli utenti a cambiare password ogni pochi mesi li porta a scegliere password più deboli e a incrementarle con schemi prevedibili. Le password dovrebbero essere cambiate solo quando c'è un sospetto di compromissione. E' fondamentale che ogni password sia unica per ogni servizio e che venga verificata contro database di password comuni e già compromesse in attacchi precedenti. Le password non devono contenere informazioni personali facilmente reperibili come nomi, date di nascita o nomi di familiari". "Un approccio consigliato - suggerisce - è l'uso di 'passphrase' composte da parole casuali, che sono sia più sicure che più facili da ricordare rispetto a stringhe brevi e complesse. L'autenticazione a più fattori è fortemente raccomandata come secondo livello di protezione, e l'uso di password manager è incoraggiato per gestire password lunghe e uniche per ogni servizio".
(Adnkronos) - Un’agenda ricca di eventi, talk, approfondimenti e dibattiti accompagna la partecipazione del Cib-Consorzio Italiano Biogas alla nuova edizione di Ecomondo, l’appuntamento di riferimento in Italia per l’economia circolare e i temi della transizione ecologica. L’Area Forum del Cib ospiterà diversi rappresentanti del settore biogas e biometano agricolo coinvolgendoli nel fitto programma di dialoghi che spazieranno dall’agroecologia all’innovazione sostenibile in agricoltura, alle nuove frontiere di sviluppo del settore post Pnrr. Il filo conduttore scelto dal Cib per le giornate di Ecomondo è 'Connessioni naturali. Coltiviamo contatti, raccogliamo progetti'. Un tema che ben rappresenta l’anima del Consorzio che ha l’obiettivo di attivare e rafforzare connessioni tra diverse realtà, valorizzare le esperienze dirette dei soci del Consorzio, condividere buone pratiche e costruire nuove sinergie per accelerare la transizione agroecologica del Paese. Dal 4 al 7 novembre l’Area Forum (Stand 314, Padiglione D5) ospiterà gli incontri dedicati alle principali sfide del settore del biogas e del biometano agricolo. Tra gli eventi di interesse: martedì 4 novembre, dalle 14.00 'La necessità di diffusione e le criticità di accesso alle tecnologie in agricoltura'; mercoledì 5 novembre, dalle 14.00 'Le nuove frontiere del biometano agricolo. Strategie di mercato e scenari di sviluppo'; giovedì 6 novembre, dalle 11.30 'Autorizzazioni e adempimenti per gli impianti biogas e biometano. Il nuovo quadro regolatorio e cosa cambia', in collaborazione con Cib Service; venerdì 7 novembre, dalle 10.00 'Il valore del digestato: utilizzi innovativi e nuovi approcci in ottica Farming for Future'.