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(Adnkronos) - L'Inter è a un passo dalla qualificazione agli ottavi di finale di Champions League. I nerazzurri, reduci dalla netta vittoria di Lecce in campionato e da quella europea contro lo Sparta Praga, affronteranno oggi, mercoledì 29 gennaio, il Monaco, nell'ultima giornata della prima fase del torneo. Fin qui Inzaghi ha raccolto 13 punti, bottino che gli dà la certezza matematica dei playoff, ma con l'obiettivo, visto il quarto posto in classifica, di centrare gli ottavi di finale. All'Inter, nella partita di oggi contro il Monaco, basterà un punto per festeggiare la qualificazione agli ottavi di finale di Champions League. Con una vittoria o un pareggio a San Siro i nerazzurri sarebbero quindi certi di finire tra le prime otto, ma potrebbero mantenere una speranza anche in caso di sconfitta. Qualora il Monaco dovesse battere l'Inter infatti, Inzaghi dovrebbe guardare ai risultati delle altre e sperare di avere una migliore differenza reti (al momento rassicurante con un saldo +7), criterio fondamentale per stabilire l'ordine di classifica in caso di arrivo a pari punti.
(Adnkronos) - La possibile acquisizione del marchio Bialetti da parte di una proprietà cinese solleva interrogativi sul futuro per uno dei simboli più iconici del Made in Italy: la moka. Non si tratta solo di un cambio di proprietà, ma di una potenziale perdita di identità culturale e manifatturiera per l’Italia. Creata nel 1933 da Alfonso Bialetti, la moka è molto più di un oggetto di uso quotidiano. È un emblema di tradizione, innovazione e cultura italiana che ha conquistato il mondo. La sua forma, il suo suono e il suo aroma raccontano una storia che parte dalle radici artigianali italiane e arriva nelle case di milioni di persone. Tuttavia, oggi il futuro di questo simbolo è incerto. La cessione di marchi storici rischia di allontanare ulteriormente la produzione dal suo contesto originario, mettendo in crisi un settore già colpito da profonde trasformazioni. Per questo Mokavit, azienda piemontese specializzata nella produzione artigianale di moke di alta qualità interamente realizzate in Italia lancia così un appello per la difesa del Made in Italy e della filiera corta. "Con un profondo senso di responsabilità e amarezza, apprendiamo della possibile acquisizione del rinomato marchio Bialetti da parte di una proprietà cinese. Questa notizia, che sta scuotendo il panorama nazionale, non rappresenta solo un ulteriore capitolo di una storia che rischia di spezzarsi, ma anche una grande sfida per il nostro paese, che rischia di perdere uno dei suoi simboli più riconosciuti nel mondo: la moka. È un altro duro colpo per la manifattura italiana, che da tempo sta affrontando crescenti difficoltà nel mantenere il controllo sui suoi marchi storici", afferma Gianni Vittoni, fondatore di Mokavit. Vittoni ha guidato Mokavit nello sviluppo di una moka innovativa, adatta a tutti i tipi di piani cottura, inclusi quelli a induzione, senza la necessità di adattatori. Questo impegno riflette la missione dell'azienda di mantenere autentica l'esperienza del caffè italiano. Con una produzione locale che coinvolge fornitori e artigiani entro un raggio di 15 chilometri, Mokavit intende rilanciare l’industria manifatturiera italiana, creare nuovi posti di lavoro e preservare un’eredità culturale che rischia di scomparire. "La moka non è solo uno strumento per preparare il caffè, ma un pezzo della nostra storia e identità. Riteniamo fondamentale che questo simbolo rimanga legato alle sue radici italiane, espressione di qualità, autenticità e tradizione. La nostra missione è chiara e incrollabile: difendere la moka, difendere il Made in Italy e tutti i valori che abbiamo ereditato dai grandi maestri artigiani e che continueranno a essere il nostro faro, guidandoci verso il futuro", continua Vittoni. Mokavit ha scelto la fenice come proprio emblema, a rappresentare la resilienza e la capacità di rinascere. Con questa filosofia, Mokavit si propone non solo di preservare il patrimonio della moka, ma anche di trasformarlo in un elemento chiave per il futuro del Made in Italy. L’obiettivo non è solo salvaguardare un prodotto, ma riaffermare l’importanza della qualità artigianale italiana in un mondo sempre più dominato dalla produzione di massa e dalla standardizzazione. Mokavit vuole essere ambasciatrice di una cultura del caffè autentica, restituendo alla moka il prestigio che merita.
(Adnkronos) - A Ravenna il primo progetto CCS-Carbon Capture and Storage in Italia. Ovvero il processo che attraverso cattura, trasporto e stoccaggio della CO2 ha come obiettivo la decarbonizzazione delle industrie, in particolare dei settori cosiddetti ‘hard to abate’, evitando l’emissione in atmosfera di importanti quantità di anidride carbonica. Negli scenari Iea, la CCS e la Cdr-Carbon Dioxide Removal (processo di rimozione attiva dell’anidride carbonica dall’atmosfera che comprende soluzioni tecnologiche e basate sulla natura) contribuiranno a una riduzione dell’8% delle emissioni di CO2 globali tra il 2020 e il 2050. A sua volta, The European House-Ambrosetti stima che elettrificazione, efficienza energetica, bioenergie, idrogeno e variazione delle materie prime potranno, utilizzate insieme, contribuire a una riduzione non superiore al 52% di tali emissioni. Per poter decarbonizzare il restante 48%, pari a 30,8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sarà dunque necessario ricorrere a soluzioni CCS. (AUDIO) Ma in cosa consistono queste soluzioni? La prima fase è quella della cattura, durante la quale l’anidride carbonica viene separata dagli altri gas con i quali è mescolata, ad esempio in seguito ad un processo di combustione. Una volta separata dagli altri gas, la CO2 viene compressa per permetterne il trasporto, solitamente tramite condotte ma anche via mare (nave) o via terra (trasporto su gomma o ferroviario). A questo punto può essere utilizzata per usi industriali, come ad esempio nella produzione di materiale cementizio o di biomassa per l’industria alimentare, e si parla allora di CCU (Carbon Capture and Utilization), oppure stoccata all’interno di formazioni geologiche sotterranee, come per esempio i giacimenti di idrocarburi esauriti o acquiferi salini: in questo caso si parla quindi di CCS (Carbon Capture and Storage). “La fase 1 del progetto Ravenna CCS è stata avviata ad agosto 2024; è il primo progetto di questo tipo operativo in Italia e uno dei primi della nuova generazione in Europa. È un progetto articolato in più fasi ed entro il 2030 raggiungeremo la capacità di iniezione di 4 milioni di tonnellate all'anno. Ravenna CCS contribuirà in modo determinante alla decarbonizzazione dell'industria sia italiana che europea, candidandosi a diventare l'hub di riferimento per il sud Europa e per il Mediterraneo”, spiega Roberto Ferrario, responsabile Soluzioni Innovative di CCUS di Eni. Il progetto, nato da una Joint Venture paritetica Eni-Snam e operato da Eni, si esplica mediante la conversione dei giacimenti esausti di gas, operati da Eni, situati nell’alto Mar Adriatico. L’hub di Ravenna diventerà il sito di riferimento del Mediterraneo per lo stoccaggio permanente della CO2 con una capacità totale ad oggi valutata in oltre 500 milioni di tonnellate. La Fase 1 è partita nell’agosto del 2024 con l’iniezione ai fini dello stoccaggio permanente nel giacimento esausto di gas di Porto Corsini Mare Ovest, al largo di Ravenna, di circa 25mila tonnellate all'anno di CO2, catturate dalla centrale a gas Eni di Casal Borsetti. La successiva fase industriale permetterà alle industrie energivore interessate di catturare e stoccare la loro CO2: entro il 2030 sarà possibile raggiungere una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate all’anno; successivamente ulteriori espansioni potranno portare i volumi a più di 16 milioni di tonnellate di CO2, in base alle richieste provenienti dal mercato. Snam ha promosso, in collaborazione con Eni e con Confindustria, un’indagine sul potenziale mercato della CCS, per individuare gli emettitori potenzialmente interessati al progetto e a conoscerne le esigenze: sono state raccolte manifestazioni di interesse non vincolante da parte di 61 aziende, per un totale di 172 siti industriali sul territorio italiano. I volumi di CO2 per cui è stato espresso interesse al trasporto e allo stoccaggio nel sito sono pari a 27 Mton/anno al 2030 e 34 Mton/anno al 2040. Un interesse che va anche oltre confine. ‘Ravenna CCS’ è parte, infatti, del progetto Callisto (Carbon LIquefaction transportation and STOrage) Mediterranean CO2 che mira a realizzare il più grande network nel Mediterraneo per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2 offrendo una soluzione di decarbonizzazione dei distretti industriali di Ravenna, Ferrara, Porto Marghera, oltre a Fos sur Mer (Marsiglia) e Valle del Rodano in Francia. Secondo lo Studio Strategico ‘Carbon Capture and Storage: una leva strategica per la decarbonizzazione e la competitività industriale’ realizzato nel 2023 da The European House - Ambrosetti, l’utilizzo della CCS contribuirà a preservare la competitività dei settori hard to abate in Italia (acciaierie, cementifici, chimica, carta, vetro, ecc...), che rappresentano 94 miliardi di euro di Valore Aggiunto (5% del Pil italiano, dato 2021) e 1,25 milioni di occupati (4,5% della forza lavoro nazionale, dato 2021) e che, al contempo, emettono 63,7 milioni di tonnellate di CO2, di cui il 22% connesse intrinsecamente al processo produttivo e che non sono, quindi, evitabili attraverso l’elettrificazione. Settori che sono fondamentali per le nostre economie e per la società in generale e che in Italia sono responsabili di oltre il 60% delle emissioni di gas serra dell’industria e del 13% circa del totale nazionale. La CCUS nel mondo. Ai due progetti di CCS già operativi da molti anni in Norvegia (Sleipner dal 1996 e Snohvit dal 2008) oggi se ne sono aggiunti molti altri in via di sviluppo. Tra questi, il progetto Northern Lights, sempre in Norvegia, che a partire dal 2025 stoccherà sotto il Mare del Nord progressivamente fino a circa 5 milioni di tonnellate di emissioni l’anno, provenienti da numerosi emettitori del Nord Europa. In Danimarca è in fase avanzata il progetto Greensand, con avvio previsto nello stesso anno, mentre in Olanda sono in via di sviluppo il Progetto Porthos nell’area del porto di Rotterdam ed il progetto Aramis. Il Regno Unito punta a sviluppare 4 hub di cattura entro il 2030 mentre numerosi altri progetti stanno nascendo in Europa anche grazie al sostegno dei fondi comunitari. La strategia di Eni verso la neutralità carbonica è articolata in un piano di trasformazione industriale che si basa su più soluzioni. La CCUS è una di queste, assieme a rinnovabili, biocarburanti, efficienza energetica, un mix energetico che privilegi le fonti meno emissive come il gas in sostituzione di carbone e petrolio, vettori ‘low-zero carbon’ e carbon offset per quelle emissioni residuali che non si riusciranno ad evitare. Eni è già partner del progetto Sleipner in Norvegia. In UK, Eni è partner del progetto HyNet North West che prevede la trasformazione del distretto industriale nell’area della Liverpool Bay sulla costa nord-occidentale nel primo cluster a basse emissioni di anidride carbonica al mondo.