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(Adnkronos) - Potrebbe essere stata strappata via da Prato nel cuore della notte, vittima di un'ossessione. Denisa Maria Adas, la 30enne romena scomparsa da un residence di via Ferrucci, sarebbe stata rapita da un gruppo di connazionali su mandato di un avvocato del Sud Italia "ossessionato da lei e disposto a tutto pur di averla per sé". A indicarlo è stata l'amica più vicina alla giovane residente a Roma, giunta a Prato lunedì 12 maggio, la cui testimonianza ha acceso una nuova pista nelle indagini e ha portato all'iscrizione nel registro degli indagati della madre della donna, accusata di aver coperto l'uomo con cui aveva avuto contatti telefonici anche dopo la sparizione della figlia. Un nuovo vertice, giovedì 22 maggio, nella Procura pratese ha riunito investigatori e magistrati sotto la guida del procuratore Luca Tescaroli: la speranza è che Denisa sia ancora viva, ma il tempo stringe. Maria Cristina Paun, 49 anni, madre di Denisa, è stata iscritta nel registro degli indagati per aver ostacolato le indagini, sospettata di aver reso false informazioni al pubblico ministero. Avrebbe nascosto un elemento chiave: una telefonata intercorsa con l'avvocato nei giorni successivi alla scomparsa della figlia. Il cellulare, un Samsung sequestrato nella sua abitazione romana, nel quartiere di Tor Pignattara, ha parlato chiaro. La Procura è convinta che la donna sapesse più di quanto ha dichiarato e abbia cercato di proteggere l'uomo, già noto alla famiglia. Secondo la difesa, la madre avrebbe nascosto il rapporto con l'avvocato solo per non intralciare le ricerche, confidando che l'uomo potesse fornire aiuto o informazioni. Ma la Procura non ci crede e sottolinea che proprio da lei sarebbe arrivato - seppur indirettamente - il racconto dell'agghiacciante destino della figlia: "L'hanno seviziata, le hanno rotto tutti i denti", avrebbe detto all'amica. Il presunto mandante del rapimento sarebbe un avvocato del Mezzogiorno, mai formalmente indagato ma da giorni sotto i riflettori degli inquirenti. Sarebbe stato respinto da Denisa e, secondo quanto riferito dall'amica, avrebbe reagito in modo ossessivo, fino a pianificare un rapimento. Non si sa ancora se abbia agito da solo o con l'aiuto di una rete criminale: è questo uno dei punti ancora oscuri dell’inchiesta. Quello che emerge con sempre maggiore forza, però, è che il gesto potrebbe non essere collegato al racket della prostituzione, bensì a una vendetta personale, alimentata da un delirio di possesso. Denisa è scomparsa nel nulla una settimana fa, ma le prime ricerche sono scattate solo diversi giorni dopo. Un ritardo che potrebbe aver fatto la differenza. Le telecamere di sorveglianza della zona non hanno registrato movimenti anomali, né si segnalano testimoni oculari del presunto rapimento. Nessun grido, nessun segno di colluttazione. Solo una stanza lasciata in ordine e un cellulare spento. Gli inquirenti ritengono possibile che la ragazza sia stata portata fuori regione, forse anche all'estero. Le indagini si sono estese a livello nazionale e non si esclude l'intervento di strutture investigative europee. A coordinare le ricerche, insieme ai carabinieri di Prato e Firenze, anche il Ros. In Procura a Prato si è tenuto un vertice operativo tra magistrati e forze dell'ordine. Al centro della riunione, l'analisi dei dati estratti dal cellulare della madre, la mappa dei contatti dell'avvocato e la possibilità di procedere con intercettazioni ambientali. Intanto, l'avvocata della madre, Marianna De Simone, continua a difendere la sua assistita: "Non c'è nessun rapimento, nessuna banda. Il contatto con l'avvocato era finalizzato solo a chiedere aiuto. La madre è devastata, non ha colpe".
(Adnkronos) - Il contesto geopolitico complesso, tra guerre e allarme dazi, non frena le imprese industriali italiane. Che sono resilienti, pronte a innovare, investire e aprirsi a nuovi mercati, cercando soluzioni alla produzione industriale in calo. E' il messaggio che lancia, in un'ampia intervista ad Adnkronos/Labitalia, Maria Anghileri, da novembre 2024 presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, alla vigilia dell'assemblea dell'associazione, in programma il prossimo 27 maggio a Bologna. Presidente Anghileri, quale il messaggio che lancerete come Confindustria in occasione dell'evento? "Si avvicina un appuntamento molto importante. Il presidente di Confindustria, Orsini, presenterà le richieste degli industriali italiani di fronte al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e alla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Noi giovani saremo presenti con una delegazione numerosa, saremo al fianco del presidente Orsini. Noi vogliamo sottolineare che la voglia di fare impresa in Italia c'è, gli imprenditori giovani hanno entusiasmo, hanno passione, hanno bisogno però di essere maggiormente supportati". Quale è oggi lo 'stato di salute' dell'industria italiana? "Noi stiamo vivendo sicuramente un momento complesso dato dal contesto geopolitico, da questa guerra mondiale a pezzi e anche dalla situazione economica creatasi, con primo fra tutti il problema energetico che incide particolarmente sulle nostre aziende. Questo ha portato ad avere 24 mesi di calo della produzione industriale. Le aziende nonostante questo contesto hanno però dimostrato la propria forza e la propria resilienza e questo lo vediamo in un dato positivo che è quello del Pil del primo trimestre, che seppur di 0,3% è comunque un dato positivo, soprattutto se confrontato con i nostri principali competitor, Francia, in linea, e Germania che ha fatto peggio di noi". (Video) A una situazione internazionale già difficile si è aggiunta la questione dazi Usa, con l'avvio dell'amministrazione Trump. Come ha influito finora sulle imprese italiane e come potrebbe influire se non si troveranno accordi? "L'incertezza è sicuramente negativa per tutte le imprese, non solo per quelle che esportano molto negli Stati Uniti. L'Italia è un grande Paese esportatore, 626 miliardi nel 2024 e gli Stati Uniti sono il nostro primo paese extraeuropeo per quanto concerne l'export. Quindi questi dazi prima annunciati, poi imposti e poi sospesi non hanno certamente fatto bene alle nostre imprese. E' fondamentale che l'Unione Europea unita tratti con gli Stati Uniti. Sicuramente la diversificazione" nell'export "è la strada da seguire. I nostri associati, tante imprese e anche come Confindustria siamo impegnati per promuovere nuovi mercati, il Mercosur, l'India. Non dobbiamo chiuderci, dobbiamo stare più aperti possibile". E all'interno dell'Ue "dobbiamo fare sinergia perché se anche i Paesi a noi vicini vanno bene si genera un effetto positivo per tutti". (Video) Nonostante la crisi della produzione industriale, l'occupazione cresce, anche se da parte dei sindacati si denunciano i bassi salari. Confindustria condivide questa tesi? "Prima di tutto il fatto che l'occupazione cresca è un fatto positivo. Poi dobbiamo dire che il problema dei bassi salari c'è, ma non possiamo generalizzare. E' infatti presente principalmente in alcuni settori, soprattutto nei servizi a basso valore aggiunto, nella pubblica amministrazione. Per quanto riguarda l'industria, noi abbiamo dimostrato che nei contratti maggiormente rappresentativi il salario è sopra la soglia del salario minimo dei 9 euro. Invitiamo i sindacati a lavorare insieme su questo". Venendo al tema delle competenze, vi soddisfano le misure messe in campo dal governo sulla formazione? "Sicuramente il Fondo Nuove Competenze l'abbiamo salutato con favore, sono più di 700 milioni dedicati a formare i collaboratori in digitalizzazione e intelligenza artificiale. Bisogna sicuramente fare di più, quello che noi chiediamo in particolare è una revisione dell'industria 5.0, della misura 5.0. Ci ci sono i fondi, 6,3 miliardi, purtroppo utilizzati solo il 10%. Penso che è un'occasione che non possiamo perdere. Le imprese non possono farlo da sole, abbiamo bisogno anche di un supporto delle istituzioni, soprattutto per agganciare la nuova rivoluzione industriale che stiamo vivendo, quella dell'intelligenza artificiale che richiede investimenti enormi che le aziende non possono sostenere da sole". Si avvicinano le date per i referendum su lavoro e cittadinanza, in programma l'8 e 9 giugno prossimi. Qual è la vostra posizione sui quesiti in merito al lavoro? "Noi, come ha ricordato anche il presidente Orsini, vediamo questo referendum sul Job Act come un tuffo nel passato, perché si parla di una riforma di più di dieci anni fa, e i dati dimostrano che quella paura sull'ondata di licenziamenti immotivati non c'è stata, ed anzi si è dimostrata che la flessibilità ha portato a un incremento dei contratti a tempo indeterminato". (Video) Gli ultimi dati parlano di bollette sempre più care per le imprese italiane. Come agire a vostro parere? "Noi parliamo spesso di competitività, ma come facciamo a essere competitivi quando paghiamo la bolletta energetica più alta d'Europa. Noi paghiamo più del 30% in più della Germania, quasi l'80% in più della Francia e il 70% in più della Spagna. E quindi quando guardiamo i dati positivi del Pil di questo trimestre, ricordiamoci che oltretutto sono fatti in un contesto dove siamo fortemente penalizzati a livello di bolletta energetica. Bisogna intervenire, bisogna intervenire subito anche perché sono quelle imprese che generano 626 miliardi di euro di export e che consentono alla nostra economia di sopravvivere. Come farlo? Sicuramente investendo di più su un mix energetico, quindi anche sul nucleare di nuova generazione, sicuro, che consenta la continuità energetica nelle nostre aziende, con il graduale disaccoppiamento gas e puntando anche sulle energie rinnovabili". (Video) Come l'intelligenza artificiale sta agendo sul mondo del lavoro e delle imprese? "L'intelligenza artificiale è la nuova rivoluzione industriale che stiamo vivendo e che viviamo tutti i giorni come cittadini e come imprese. Non possiamo fermarla, ma dobbiamo governarla. Non nasceranno imprese a guida autonoma, ma sicuramente le nostre imprese sono già fortemente impattate. Il treno dell'applicazione dell'intelligenza artificiale nelle nostre aziende non può e non deve essere perso". (Video) L'Istat ha certificato la 'fuga' all'estero di quasi 100mila giovani laureati all'estero negli ultimi dieci anni. Cosa fare per frenarla? "97.000 giovani laureati persi negli ultimi 10 anni non è più accettabile. Noi vogliamo riaffermare la libertà di restare o di tornare. Per far questo dobbiamo attrarre questi talenti investendo sicuramente sulla produttività. E per farlo è centrale l'innovazione". Cosa serve oggi alle giovani imprese per crescere e innovare? "Il primo problema per un'impresa giovane è l'accesso al credito, in un Paese dove il venture capital non è presente in modo significativo e dove il sistema bancario non supporta adeguatamente le imprese giovani. Bisogna ripensare a nuove forme di finanziamento magari incentivate per le imprese under 35 con meno burocrazia. Bisogna incentivare il venture capital, soprattutto a livello europeo. Bisogna superare la frammentazione. Una proposta concreta che c'è nella bussola di competitività europea è quella del 28° Stato". "Come negli Stati Uniti una pmi può operare con le stesse regole in tutti gli Stati Uniti, così anche in Europa noi vorremmo che fosse possibile per un'azienda operare con le stesse regole di diritto commerciale in tutti i 27 Stati". (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Trentino Alto Adige primo con distacco, Marche e Toscana, a seguire, sul podio. Questo l’ordine di arrivo della tappa 2024 di avvicinamento agli obiettivi che l’Europa si è data per il 2030: target di riduzione delle emissioni di gas serra, crescita delle energie rinnovabili e miglioramento dell’efficienza energetica legati alla transizione ecologica insieme all’impegno per fronteggiare la crisi climatica. Il 'ranking' è la sintesi conclusiva del secondo Rapporto su regioni italiane e transizione ecologica realizzato in occasione della decima edizione di Circonomia, in programma ad Alba dal 22 al 24 maggio. Il Rapporto, curato da Duccio Bianchi, fondatore dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia, è elaborato sulla base di un set di 30 diversi indicatori green. Nell’indice sintetico riassuntivo si riconferma il primato del Trentino/Südtirol, primo già nel Rapporto dello scorso anno, seguito da Marche - seconde come nel 2024 - Toscana (era quinta lo scorso anno), Lombardia (terza lo scorso anno) e Veneto (quarta lo scorso anno). Toscana, Lombardia e Veneto hanno valori molto ravvicinati, ma ben distaccati dalle successive regioni. Due grandi regioni del nord, Piemonte ed Emilia Romagna, sono a metà del ranking. La coda della classifica è monopolizzata da regioni del sud. Le regioni che in più del 50% degli indicatori hanno prestazioni migliori della media nazionale sono Marche (nel 77% dei casi), Trentino Alto Adige (67%), Toscana (63%), Liguria e Lombardia (nel 57% dei casi), Veneto e Abruzzo (nel 53% dei casi). Le regioni prime in più indicatori sono il Trentino Alto Adige (8 indicatori) e il Lazio (6) mentre le regioni che si collocano all’ultimo posto in più indicatori sono la Calabria (7) e la Liguria (4). Le differenze sono significative soprattutto tra le macroregioni, benché con alcune eccezioni al loro interno: non tutte le regioni del Mezzogiorno o del Nord seguono un analogo trend, anche per specificità produttive o di storia socio-politica. In sintesi, le regioni del Mezzogiorno (ma non la Sardegna) hanno impatti pro capite inferiori alla media italiana, mentre sistematicamente più alti sono gli impatti relativi al Pil e quindi la produttività di uso delle risorse, così come generalmente sono inferiori le prestazioni sugli indicatori di risposta e di mitigazione. Le regioni del Nord hanno prestazioni opposte a quelle delle regioni del Mezzogiorno: un impatto pro capite generalmente superiore alla media nazionale, ma anche una produttività d’uso delle risorse superiore alla media nazionale e una elevata capacità di mitigazione e risposta soprattutto sugli indicatori di economia circolare, anche se con differenze regionali. Le regioni dell’Italia centrale hanno percorsi più diversificati, anche per la eterogeneità del sistema produttivo. Complessivamente si tratta di regioni che si collocano sopra la media nazionale per impatti procapite e produttività d’uso delle risorse (con l’eccezione dell’Umbria) e anche per capacità di risposta e mitigazione (con l'eccezione del Lazio). “Dalla nostra ricerca esce un’immagine dell’Italia della transizione ecologica a chiaroscuri, con regioni all’avanguardia della conversione green e altre che arrancano. Serve uno scatto in avanti che coinvolga tutti i territori, solo così potremo essere al centro del green deal che non solo è indispensabile per fronteggiare la crisi climatica ma è una grande occasione di innovazione tecnologica e competitività economica. Come mostrano tanti esempi concreti, ‘convertire’ all’ecologia produzioni e consumi non è soltanto necessario per l’ambiente: è anche utilissimo a rendere più moderna e competitiva l’economia, a creare lavoro, a migliorare la vita quotidiana delle persone”, dice Roberto Della Seta, direttore del Festival.