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(Adnkronos) - Non servono parole altisonanti per raccontare certe storie. Bastano i gesti, quelli silenziosi e potenti, capaci di cambiare il corso delle cose. E' successo a Castelnuovo, in provincia di Trento, dentro i cancelli di una fabbrica di legno lamellare: la X-Lam Dolomiti Spa. Qui, i lavoratori e le lavoratrici hanno scelto di rinunciare a qualcosa di proprio per restituire tempo e dignità a Gezim, un collega colpito dalla Sla, sclerosi laterale amiotrofica. Hanno donato le loro ferie, i permessi, le ore accumulate. Per lui. Per la sua famiglia. Per accompagnarlo in un cammino difficile, sostenendolo non solo economicamente, ma soprattutto umanamente. Un patto silenzioso, reso possibile grazie alla disponibilità dell'azienda e al sostegno della Feneal UIL Trentino Alto-Adige. E' la concreta applicazione di uno strumento ancora poco conosciuto, ma straordinariamente potente: la banca ore solidale. Un modello in cui il tempo si fa dono e la solidarietà esce dalle parole per entrare nei turni di lavoro, nei badge da timbrare, nella carne viva dei rapporti umani. Aisla, Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, racconta questa storia e vuole esprimere pubblicamente la propria gratitudine a tutti i protagonisti: "Avete scelto di restare accanto, quando la malattia tende a isolare - scrive in una lettera aperta la presidente Fulvia Massimelli - e avete dimostrato che il lavoro può essere anche luogo di cura e di comunità". Oggi Gezim si trova al Centro clinico Nemo di Trento, dove sta affrontando un periodo di ricovero. E' lui stesso a spiegare cosa significhi davvero ricevere questo tipo di sostegno: "Posso affrontare questo momento con serenità grazie alla generosità dei miei colleghi e dell'azienda. Se sono qui, è merito loro: mi hanno concesso il tempo necessario per concentrarmi su questo nuovo percorso che la malattia impone a me e alla mia famiglia". "La Sla porta via tanto - continua Gezim - ma mi ha anche permesso di riscoprire il valore profondo delle relazioni umane. Non solo attraverso il supporto dell'azienda, ma anche grazie agli operatori sanitari che ho incontrato al Centro Nemo: non sono semplicemente professionisti, sono persone che mettono il cuore in ogni gesto, che vanno oltre il loro ruolo con una straordinaria umanità. Non mi sarei mai aspettato che così tante persone avessero un pensiero per me. Sentire il loro interesse sinceromi dà coraggio e forza. Ǫui al Nemo mi sento protetto, accolto,a casa. Ogni giorno riceviamo sostegno, sempre accompagnato da un sorriso. E questo, credetemi, fa tutta la differenza del mondo". In un tempo spesso segnato dall'indifferenza - commenta Aisla - questa storia risuona come un richiamo. E' una storia che merita di essere raccontata, ricordata, forse replicata. Perché a volte il poco diventa molto, il male diventa amore. Anche solo per un'ora del proprio tempo. E quale occasione migliore della Pasqua per raccontarla?
(Adnkronos) - Sfaldaballe, cannellino, indiamento, uragano. No, non è una poesia dadaista, ma un assaggio di quel patrimonio linguistico nascosto tra le officine, i capannoni e le linee produttive d’Italia. Parole che pulsano di sapere pratico, tradizione, innovazione e anche un po’ di poesia operaia. Ed è proprio da qui che parte 'Inventario - Il linguaggio della manifattura', il nuovo libro firmato da Confimi Industria con il contributo di Treccani, presentato in occasione della Giornata nazionale del made in Italy. Un volume che non è solo un libro: è un viaggio lessicale dentro l’identità industriale del nostro Paese. Un modo per rendere omaggio al cuore pulsante dell’economia italiana - quella manifattura fatta di famiglie, imprese, sudore e creatività - riscoprendone il linguaggio, spesso dato per scontato, ma denso di significato. Con una prefazione d’eccezione del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, il libro si struttura come un alfabeto industriale: 26 lettere, 26 capitoli, e una miriade di termini che raccontano la fabbrica, le persone, le materie, i gesti quotidiani del fare. “Questo libro è un viaggio attraverso le parole che hanno plasmato la nostra identità industriale”, scrive Urso. “Un omaggio alla passione e all’ingegno che rendono unico il Made in Italy”. Ed è proprio nel linguaggio, spesso tecnico ma anche vivo, concreto e ironico, che si riconosce il Dna dell’impresa italiana. Lo sottolinea anche lo scrittore Raffaele Alberto Ventura nel suo contributo, definendo il libro come un 'primo inventario' della moltitudine di lavori e significati che popolano il nostro tessuto produttivo. Dalle parole più note a quelle quasi misteriose, ogni termine ha una storia da raccontare. Prendiamo 'mano': può significare la sensazione tattile in un tessuto, lo spessore di un materiale edile, la facciata di un foglio cartaceo o la direzione di un componente meccanico. Oppure 'denari': niente a che vedere con i soldi, ma piuttosto un’unità di misura usata nel tessile. E ancora 'invasatura', che nel campo dei dispositivi medici indica una parte di protesi. C’è spazio anche per i neologismi e le reinterpretazioni regionali. Da 'coworking' a 'H24', passando per 'jit' (just in time), fino a 'ceo' che, da sigla manageriale, a Padova può diventare 'ragazzino' e a Cremona addirittura 'zio'. Ma il cuore del libro batte soprattutto per la fabbrica come comunità. Ogni lemma è un frammento di quel grande racconto collettivo che è l’impresa familiare, la bottega che si fa azienda, lo stabilimento che diventa famiglia allargata. In fondo, custodire queste parole significa salvare la memoria viva del lavoro italiano. “Non è solo una raccolta di definizioni -sottolinea Paolo Agnelli, presidente di Confimi Industria- ma un tributo alla forza e alla vitalità della manifattura. Conservarne le parole significa tramandare la nostra identità alle generazioni future”. 'Inventario – Il linguaggio della manifattura' è quindi più di un dizionario: è una mappa emotiva e culturale, un gesto d’amore verso un mondo spesso dietro le quinte ma fondamentale per ciò che l’Italia è e rappresenta nel mondo. Un libro da leggere, sfogliare, riscoprire. Magari con le mani un po’ sporche di lavoro, ma il cuore pieno d’orgoglio.
(Adnkronos) - Un'ondata di colore, solidarietà e partecipazione sta attraversando la scuola primaria Leonardo Da Vinci di Milano grazie a 'Il bosco invisibile', un progetto promosso dall'associazione dei genitori 'Amici della Leonardo' e realizzato in collaborazione con l'associazione 'We Are Urban! Milano', che lo ha già portato a termine in quattordici scuole. L'obiettivo è semplice, ma potentissimo: migliorare la qualità dell’aria e degli ambienti scolastici ridipingendo tutte le 36 classi in uso nell’istituto con Airlite, una speciale pittura che purifica l’aria, elimina in modo permanente muffe e batterie migliora la vivibilità quotidiana. L’impresa sta coinvolgendo oltre 200 genitori e volontari, decisi a regalare, nei primi due weekend di aprile, tempo, energie, braccia e buona volontà per dipingere la scuola di oltre 700 bambini, che è anche un punto di riferimento per tutta la zona Città Studi con i suoi oltre 90 anni di storia. Il risultato atteso? Classi più sane, pulite e accoglienti per alunni e insegnanti: "Il bosco invisibile è un progetto che trasforma la scuola, ma anche la comunità che la abita -spiega il preside della scuola Leonardo Da Vinci, Antonio Re-. Non solo muri ridipinti, ma relazioni che si rafforzano, alleanze educative che crescono e un esempio concreto di cittadinanza attiva". "Vogliamo che sia prima di tutto un momento di aggregazione -spiega l'associazione genitori Amici della Leonardo, che ha coordinato il progetto e lo ha finanziato per la maggior parte-. Abbiamo messo a frutto le competenze di ognuno nell’organizzazione e abbiamo scommesso sulla volontà di reinventarsi pittori per qualche ora per la realizzazione. Abbiamo scoperto un forte senso di comunità che aspettava il progetto giusto per emergere". L’iniziativa viene realizzata con il supporto di Wau! Milano, associazione che promuove la cura del bene comune, comprendendo anche la risorsa 'aria', attraverso la partecipazione diretta dei cittadini. "Siamo felici di aver incontrato tutti gli studenti della scuola per un momento didattico che promuove la cultura del bene comune a partire dall’importanza di un elemento vitale che non vediamo e che non dovremmo sentire -commenta Andrea Amato, presidente di Wau! Milano-. Un progetto che deve essere spiegato per meglio comprendere il valore un gesto di volontariato che presenta molteplici aspetti positivi". Tra i sostenitori del progetto, anche YesMilano, l’agenzia di promozione del Comune, che ha abbracciato Il Bosco Invisibile come esempio virtuoso di integrazione e attivazione territoriale: "Abbiamo coinvolto la nostra rete di studenti internazionali, oltre 11.000 a Milano, per mostrare come i progetti di comunità siano uno straordinario ponte di integrazione -afferma la direttrice generale di YesMilano, Fiorenza Lipparini-. Il bosco invisibile è un modello da raccontare e replicare". Innamorata del progetto anche l’associazione Officine Rousseau (realtà educativa storicamente riconosciuta fra Milano e provincia come ex cooperativa Centri Rousseau dal 1968) che ha deciso di dare supporto al progetto Bosco invisibile degli Amici della Leonardo regalando due ore di attività nel parco della scuola per i figli dei volontari. Fondamentale anche il contributo degli sponsor e dei partner locali. Vittoria Pirovano di Leonardo Frontero-Frontero Case, ha scelto di sostenere con un contributo economico l’iniziativa: "Abbiamo creduto da subito nella forza di questo progetto. E' raro vedere così tanto entusiasmo, concretezza e impatto positivo in un’unica iniziativa. Era naturale volerla supportare". Anche i fornai di zona, da Viale Romagna a Piazza Piola, hanno voluto partecipare, donando teglie di pizza e focaccia per le giornate di pittura, mentre il Carrefour di via Spinoza ha offerto le bevande e gli snack per chi ha esigenze alimentari particolari, dimostrando la sua consolidata affinità elettiva con gli studenti di tutte le età che popolano Città Studi. Il progetto, realizzato nei primi due weekend di aprile,trasforma la scuola Leonardo Da Vinci in un esempio concreto di collaborazione tra famiglie, istituzioni, associazioni e attività del territorio. Un bosco invisibile che ha reso visibile la forza di una comunità unita.