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(Adnkronos) - "Sono consapevole che la mia presenza abbia creato indignazione. Non mi sono mai sottratto al confronto con persone che hanno idee diverse dalle mie". Così Fedez sul palco del Congresso Nazionale dei Giovani di Forza Italia, al Palazzo dei Congressi a Roma. Il rapper è salito sul palco accolto dagli applausi. "Negli anni ho constatato che ogni volta che invito al podcast persone con posizioni di destra e la controparte di sinistra si rifiutano sempre di sedersi sul tavolo a dibattere. Questo è oggettivo". "Oggi io non voterei nessuno", dice Fedez, che parla anche del sindaco di Milano. "La cosa buona è che a Milano mancano due anni per cambiare sindaco e Beppe Sala non si può ricandidare, quindi questa è un'ottima notizia. Un sindaco influencer anche no", afferma il rapper. Poi un riferimento a Michele Santoro e Marco Travaglio. "Io ho sentito Santoro dare l'onore delle armi a Berlusconi" dopo che è morto. "Quando io purtroppo vedo Marco Travaglio fare un libro su Berlusconi postumo e fare la promozione pulendo la sedia, ecco, quello mi sembra totalmente inutile, se non utile alle tasche di Marco Travaglio per racimolare qualche soldino in più - dichiara Fedez - E lo trovo veramente spiacevole". Dal palco il rapper racconta anche un episodio avvenuto durante il Covid: "Siccome io e la mia ex moglie avevamo contribuito a costruire un reparto della terapia intensiva del San Raffaele, veniamo contattati dalla famiglia di Elon Musk, e mi dicono che lui vuole donare dei respiratori, ma vuole capire quali sono le esigenze di ogni Paese europeo. Mi ha mandato dei questionari. Ho fatto dieci giorni di lavoro incessante, a un certo punto ho chiamato Di Maio e gli ho detto: 'Smazzatela tu perché io non ce la faccio'". "Ho chiamato la moglie del fratello di Elon Musk e le ho chiesto come mai non avesse chiamato il ministro degli Esteri, mi ha risposto: 'Perché ci fidiamo più di te che di loro'".
(Adnkronos) - In un’economia globale sempre più segnata da instabilità e tensioni commerciali, il ruolo dell’export manager ha subito una trasformazione profonda e irreversibile. Quello che fino a pochi anni fa poteva essere considerato un presidio operativo legato alle vendite internazionali è oggi un nodo strategico fondamentale per la sopravvivenza e la crescita delle imprese. Le dinamiche protezionistiche, l’irrigidimento dei regimi doganali, l’adozione di dazi straordinari e misure di controllo all’esportazione ancora più rigide rendono l’accesso ai mercati esteri più complesso. Le imprese italiane che vogliono competere nei mercati internazionali non possono più affidarsi a modelli statici. Serve una nuova visione, in cui competenze doganali, capacità strategiche, aggiornamento normativo e soft skills siano integrate in modo coerente. L’export del futuro sarà sempre più sfidante, ma anche ricco di opportunità per chi saprà affrontarlo con strumenti nuovi. La trasformazione è già in atto e riguarda tutti, come confermano esperti e operatori. “Gli export manager e i responsabili doganali delle aziende attive nel commercio internazionale - evidenzia Sara Armella, direttore scientifico di ARcom Formazione e presidente Commissione Dogane & Trade Facilitation-Icc Italia - si trovano oggi a operare in un contesto fortemente instabile, in cui misure protezionistiche, dazi straordinari, clausole contrattuali gravose e barriere non tariffarie rappresentano fattori di rischio quotidiano. A ciò si aggiunge la nuova riforma del diritto doganale che richiede un ulteriore salto qualitativo nella gestione dell’import-export poiché introduce rilevanti novità in materia di contrabbando, rendendo indispensabile per le imprese che operano a livello globale l’aggiornamento dei propri modelli di business e l’adozione di procedure di mitigazione dei rischi". "In questo scenario, è fondamentale dotarsi di competenze specialistiche in materia di diritto doganale, trade compliance e fiscalità internazionale, per strutturare processi aziendali capaci di prevenire sanzioni, contenziosi e ritardi doganali, ma anche per cogliere le opportunità offerte dalla rete di accordi preferenziali stipulati dall’Unione europea. Una corretta pianificazione doganale e l’ottenimento dello status di Operatore economico autorizzato (Aeo), ad esempio, possono determinare un vantaggio competitivo significativo, in termini di affidabilità, semplificazioni e accesso agevolato ai mercati esteri", sottolinea. Investire oggi nella formazione - prosegue - è una scelta strategica per garantire la continuità operativa dell’impresa e tutelare i margini di profitto in un’economia globale sempre più frammentata e complessa. Per questo, con ARcom Formazione abbiamo scelto di lanciare la prima Masterclass ‘Trade War: come gestire l’Export’, per fornire alle imprese italiane un percorso formativo avanzato, interdisciplinare e immediatamente operativo, capace di integrare le funzioni aziendali coinvolte nell’export (legale, logistica, vendite e acquisti) attraverso un approccio strategico e conforme agli standard internazionali”. L’evoluzione dello scenario globale sta influenzando in modo significativo la professione legale, soprattutto in ambito internazionale. La crescente volatilità determinata da nuove politiche tariffarie, controlli all’export e riforme normative non è più un’eccezione, ma una condizione strutturale con cui aziende e consulenti devono imparare a convivere. In questo contesto, anche il ruolo dell’avvocato d’impresa deve mutare paradigma: non più solo interprete delle norme, ma parte attiva nella strategia di mitigazione del rischio, come osserva Valentino Durante, responsabile del dipartimento di diritto internazionale dello studio legale Casa & Associati: "L’incertezza è ormai una condizione strutturale e non più eventuale, complessa perché significa mutare il proprio paradigma di riferimento sia a livello professionale, che come elemento partecipativo delle scelte di mitigazione del rischio di impresa". "Sul piano professionale, la consapevolezza della volatilità del contesto - avverte - ci spinge a prediligere una struttura del contratto più flessibile e più cooperativa, contribuendo a mitigare le spinte all’azzardo o alle pressioni derivanti dalle posizioni di forza temporanee. A livello consulenziale, significa invece capire che la parte legal è ormai stabilmente legata alla comprensione dei mutamenti geopolitici globali e delle sue ricadute giuridiche, come nel caso delle norme transnazionali doganali e delle regole di export control, rispetto alle quali la logica del team multidisciplinare è ormai una necessità diffusa e non più una semplice opzione presente nel solo territorio delle grande imprese o dei grandi studi legali”. Ma l’evoluzione non è solo normativa. È soprattutto culturale e professionale. “L’export manager moderno deve dominare supply chain, automazione, strumenti digitali e contesto geopolitico, oltre a saper leggere i dati in chiave strategica. Il problema? Figure così complete sono rarissime. Il mercato chiede professionisti ibridi, ma il sistema formativo è ancora fermo a un export ‘da fiera’. Senza una rivoluzione culturale e formativa, continueremo a rincorrere le sfide globali con strumenti del passato”, fa notare Alberto Stecca, ceo di Silla Industries, azienda italiana dell’e-mobility. Questa dissonanza tra domanda e offerta di competenze è oggi uno degli ostacoli principali alla crescita dell’export Made in Italy. Alcuni settori, come il tessile e la moda, stanno vivendo in modo particolarmente accentuato l’impatto di questa trasformazione. “Nel fashion, il ruolo dell’Export Sales Manager sta vivendo una profonda evoluzione: è una figura che oggi si trova ad affrontare un panorama in rapida evoluzione, dove si intersecano una serie di fattori: pressioni ambientali, nuove normative doganali, tensioni geopolitiche, digitalizzazione e cambiamento delle abitudini di consumo. Oggi questa figura deve essere in grado di gestire una supply chain sostenibile e tracciabile, interpretare correttamente regolamenti in costante aggiornamento, trend di consumo, padroneggiare strumenti digitali e piattaforme e-commerce, e cogliere i segnali di trasformazione nei comportamenti dei consumatori globali", afferma Luigi Castellani, presidente di Suitex International, punto di riferimento da oltre 40 nella ricerca e selezione del personale nei settori del fashion, design e beauty. "In questo settore non basta più esportare un prodotto: occorre costruire una relazione di valore con il cliente, valorizzare l’identità del brand all’estero e saper presidiare i mercati con visione strategica. Ogni azienda ha peculiarità organizzative e obiettivi diversi: per questo è essenziale che l’Export Manager sia capace di inserirsi in modo coerente, flessibile, con un approccio su misura e una forte attitudine al cambiamento. Senza dimenticare poi la crescente importanza delle soft skills. Le conoscenze tecniche ed organizzative sono imprescindibili ma poi c’è tutto il resto che amplifica e rende vincente l’operatività dell’Export Sales Manager. In questo momento l’unicità di ogni selezione è ancora più importante ed evidente”, conclude.
(Adnkronos) - "L’indagine di Cittadinanzattiva e Engageminds Hub ha evidenziato con chiarezza che i cittadini chiedono informazioni più chiare e affidabili e che esiste una domanda forte e crescente di trasparenza. Solo una comunicazione basata su dati scientifici e verificabili potrà restituire al consumatore il ruolo attivo e consapevole che merita". Così Vincenzo Tapella, presidente dell’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile a margine dell’evento 'Nutrizione sostenibile e lotta agli sprechi' organizzato ieri a Roma da Cittadinanzattiva Aps. “Parlare di sostenibilità senza coinvolgere il cittadino in un percorso di consapevolezza significa perdere una parte fondamentale della sfida - ha proseguito Tapella - Troppo spesso assistiamo a campagne di disinformazione che generano allarmismi e decisioni sbagliate. L’esempio dell’olio di palma, demonizzato per anni, è emblematico. Il risultato? Scelte meno sostenibili e un’informazione sempre più confusa. Siamo grati a Cittadinanzattiva per averci coinvolto in questo progetto così rilevante. Promuovere la corretta informazione e sensibilizzare i cittadini su una nutrizione realmente sostenibile è un obiettivo comune che condividiamo pienamente. Il confronto aperto tra istituzioni, scienza, industria e cittadini è la strada giusta”. “La semplicistica demonizzazione dell’olio di palma non porta necessariamente vantaggi né nutrizionali né in termini di sicurezza o impatto ambientale. Inoltre, grazie alla sua stabilità, l’olio di palma consente di migliorare la shelf life degli alimenti, contribuendo così a diminuire lo spreco alimentare e riducendo la necessità di conservanti”, ha aggiunto. Sul piano ambientale, Tapella ha ricordato che "sostituire l’olio di palma può aumentare la pressione su altri ecosistemi. Un recente studio pubblicato dalla Fondazione EuroMediterranea per i Cambiamenti Climatici Cmcc ha confermato che sostituire l’olio di palma con oli alternativi potrebbe avere conseguenze ambientali non volute, tra cui un aumento della pressione sull’uso del suolo, della deforestazione e delle emissioni di gas serra. Serve un approccio olistico, scientifico e globale ed è cruciale garantire una produzione sostenibile per tutti gli oli vegetali e l’aderenza a standard di certificazione per catene di approvvigionamento sostenibili prive di deforestazione”. Tapella ha infine ribadito: “Circa il 95% dell'olio di palma che viene importato in Italia è un olio certificato Rspo, è importante che i cittadini ne siano ben consapevoli e comprendano perché è la migliore alternativa per il pianeta e per le persone. Per questo invitiamo le istituzioni e la società civile a lavorare insieme per promuovere una cultura del consumo consapevole”.