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(Adnkronos) - “James era un eroe. Un eroe vero, perché è riuscito a superare tutto attraverso la musica”. Comincia così il ricordo di Tony Esposito, compagno di palco e amico di James Senese per oltre quarant’anni. Intervistato dall'Adnkronos, Esposito non parla con dolore, ma con una dolcezza piena di gratitudine. Perché, dice, “James non era solo un grande musicista: era una persona perbene, delicata, affettuosa, dolcissima, piena di umanità. Quando stava con noi era quello che si preoccupava per tutti, che arrivava con i pasticcini se mancava da qualche giorno. Cercava affetto, e lo capivi”. Per Esposito, la storia di Senese è prima di tutto "una storia di riscatto: lui ha trasformato la diversità in forza. È riuscito, con il sax, a dare voce a un’intera città”. Come vorresti che fosse ricordato James Senese? “Come un eroe. Un eroe perché è riuscito a superare la difficoltà di essere un ragazzo di colore, cresciuto nell’hinterland napoletano degli anni Quaranta e Cinquanta. In quegli anni non era facile: o prendevi strade sbagliate, o dovevi lottare contro pregiudizi fortissimi. Lui, attraverso la musica, ha trovato il riscatto. È riuscito a diventare un maestro, riconosciuto in tutto il mondo. E il mondo lo ha chiamato ‘Maestro’". Ti ricordi il vostro primo incontro? “Sì, risale alla metà degli anni Settanta. James aveva da poco fondato i Napoli Centrale, dopo l’esperienza con gli Showmen. In quel periodo portavano avanti una musica nuova: il funk napoletano, il jazz mescolato al ritmo della nostra città. Io l’ho incontrato perché avevamo lo stesso produttore, Willy David, che poi fu anche il produttore di Pino Daniele. Fu proprio James a dirmi: ‘Ti voglio far conoscere Willy, è molto bravo, può fare qualcosa per te’. Grazie a lui conobbi Willy, che poi divenne il mio produttore di sempre e anche quello di Pino. Quella fu la nostra prima vera occasione di incontro”. Negli anni com'è rimasto il tuo rapporto con James? “Quello di una bella e grande amicizia. James è sempre rimasto un ragazzo. Emotivamente era un bambino, aveva slanci, entusiasmo, bisogno d’affetto. Quando era felice voleva offrire la cena, regalare pizze, portare qualcosa a tutti. Era capace di grandi gesti, spontanei, sinceri. Questo suo bisogno di amore era evidente, ma anche bellissimo: era la sua umanità. Nonostante il successo, è rimasto sempre quello che era, con lo stesso cuore di ragazzo”. Quale fu la magia che fece nascere il leggendario Supergruppo di Pino Daniele (con Te, James Senese, Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo e Joe Amoruso)? “Fu un caso fortunato, e molto merito va a Willy DeVille. Pino, agli inizi, aveva collaborato proprio con James: faceva il tecnico, montava gli amplificatori, poi suonava il basso. Quando Pino iniziò ad affermarsi, Willy gli suggerì di creare un supergruppo per i suoi concerti. Così nacque la band: io, Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo, Joe Amoruso, James Senese. Tutti musicisti napoletani che avevano già una storia alle spalle. James era la seconda voce di Pino, il suo sax era la voce di Napul’è. Quel suono particolare, partenopeo, ha legato per sempre le nostre carriere. Era il suono del riscatto, della verità. A Napoli oggi il suo volto è sui muri insieme a Maradona: è uno dei grandi simboli di questa città”. La magia di allora sarebbe ancora possibile oggi? “Oggi manca la cultura dello strumento. James rappresentava proprio questo: il suono, la luce, la materia viva della musica. Con l’avvento del computer è cambiato tutto. La tecnologia ha reso le cose più piatte, ha tolto la ricerca, l’errore, l’imperfezione che rendeva vera la musica. Negli anni Settanta c’era studio, sperimentazione. Un pezzo poteva durare dieci minuti, perché c’era improvvisazione, dialogo, scambio con il pubblico. Oggi i giovani non conoscono neanche più il senso di ‘improvvisare’. Si è perso lo spirito della musica”. Pensi che fenomeni come i Måneskin abbiano riavvicinato i giovani alla musica suonata? “No. I Måneskin sono stati un fenomeno troppo veloce, troppo costruito, troppo impacchettato. Non hanno avuto il tempo di crescere. Certo, hanno riportato un po’ di attenzione sul rock e sugli strumenti suonati sul palco, ma è stato tutto troppo etichettato, troppo superficiale. La musica vera nasce nei gruppi che provano, sbagliano, e continuano a provare, insieme. Non mi pare che per loro sia andata così. Troppo marketing e poco feeling”. Speri che Napoli possa ricordare James Senese con un grande live in Piazza del Plebiscito? “Sì, credo che sia dovuto. Domani saremo tutti a Miano, il suo quartiere, dove sarà celebrato il funerale. Era il suo posto, la sua casa: lì si sentiva protetto, non ha mai voluto lasciarlo. Ma Napoli dovrà omaggiarlo come merita. Ne sto già parlando con Tullio De Piscopo, Clementino, Rocco Hunt. James va ricordato con la musica, nella piazza più bella della città.” Tony Esposito si ferma, poi conclude piano: “James era l’eroe del sax, il suono del riscatto. Se oggi Napoli ha una voce nel mondo, è anche grazie a lui.” (di Antonella Nesi)
(Adnkronos) - Nel parterre politico dell’80esimo anniversario di Federmanager c’è anche la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. “Ci siamo incontrati” prima dell’inizio dell’assemblea e “sono sicuro che tutto l’arco parlamentare è molto sensibile ai temi dell’industria che noi portiamo avanti”. Lo ha detto il presidente della federazione, Valter Quercioli, a margine dell’inizio dei lavori. “Abbiamo parlato della visione che ci deve accomunare: il bilancio europeo 2028-2034 stanzia 500 miliardi e noi, come Italia, ci dobbiamo ‘appropriare’ di una buona parte perché possiamo fare un grande di lavoro nell’industria italiana e farla crescere”, ha spiegato. "Noi vogliamo un’Italia che determini il proprio futuro industriale e sociale seduta al tavolo da protagonista. I venti del mondo soffiano incessantemente, a Est come a Ovest, a Nord come a Sud. E noi dobbiamo saper tenere ben saldo il timone delle nostre aziende. Non possiamo affidarci alla corrente: dobbiamo tracciare la rotta. Noi vogliamo che l’Italia sia un Paese che produce, che investe, che innova". "Un Paese in cui l’industria non sia un reperto del Novecento, ma il cuore del benessere e della democrazia del futuro". La crisi demografica - ho sottolineato- non è un destino ineluttabile. Si deve intervenire, con determinazione e coraggio, attraverso un ripensamento delle politiche per la famiglia, nuovi strumenti legali e di welfare aziendale che agevolino ancor di più i genitori a conciliare il complesso equilibrio tra vita e lavoro. Solo per questa via si possono incentivare le persone a non rinunciare al proprio futuro". Secondo Quercioli "un altro punto su cui occorre essere lucidi e lungimiranti sono le politiche di inclusione, che non sono un vezzo ideologico ma un principio di grande valore strategico: abbiamo il dovere di valorizzare ancor di più la parità di genere nei luoghi di lavoro. Gli ambienti organizzativi più aperti alla diversità sono anche i più produttivi, i più innovativi e i più sostenibili". "In altre parole, oltre a rispondere ad una profonda esigenza etica, la parità di genere crea maggior competitività industriale, come evidenziato anche dalle tante ricerche e attività qualificate promosse dal nostro Gruppo Donne - Minerva che riunisce le nostre donne manager". "E' arrivato il momento - ha continuato- di dare una casa comune al management industriale, che include sia i dirigenti che i quadri apicali. Le aziende faticano a gestire il loro management applicando contratti diversi, di categoria per i dirigenti, settoriale per i quadri apicali. Questa complessità è figlia di un’epoca che non esiste più da tempo e in fabbrica c’è bisogno di più semplicità, non di rimanere fedeli a un’ideologia sorpassata dal tempo! Le aziende devono avere la possibilità di gestire i propri manager con un unico contratto collettivo nazionale di lavoro: il contratto del management industriale. Lavoriamoci insieme". "Chiediamo al Governo un Piano straordinario per managerializzare 20mila pmi nei prossimi dieci anni, così da raddoppiare il numero di imprese italiane capaci di competere con successo nel mondo e di trainare tutte le filiere nazionali. Per farlo, serve un programma di politica industriale di 10 miliardi, 1 miliardo all’anno”.Secondo Federmanager, figure manageriali innovative e qualificate potranno rappresentare infatti quegli agenti del cambiamento necessari per mantenere il nostro sistema industriale competitivo sui mercati internazionali. "Nonostante crisi, recessioni e impatti avversi della globalizzazione e della post-globalizzazione, il nostro rimane un Paese il cui sistema industriale crea valore 'vero' per l’economia reale, per il lavoro, per le comunità locali. Tutto ciò è stato ed è ancora reso possibile dal lavoro quotidiano di manager industriali, protagonisti silenziosi di una storia di responsabilità, competenza e visione, insieme ai nostri compagni d’avventura: gli imprenditori e i loro amministratori, ai quali va il nostro sentito grazie! per condividere con noi questa appassionante sfida quotidiana. Un patto tra impresa e management che va rafforzato e innovato perché le sfide che abbiamo davanti sono significative e le vogliamo affrontare insieme, con successo. Noi manager siamo da sempre una parte essenziale della soluzione ai problemi del Paese e siamo figure trainanti di un processo di crescita e sviluppo industriale che sa coniugare produttività, sostenibilità e competitività". "Non dobbiamo dimenticarci delle imprese che hanno bisogno d’aiuto in una transizione durissima, come ad esempio Acciaierie d’Italia di Taranto. Le grandi competenze tecnologiche e industriali che vi si trovano meritano ben altri sbocchi che lo 'spezzatino' o la chiusura. E qui lo dico chiaramente: dobbiamo ragionare a mente fredda e strategicamente in ottica Paese e non in ottica prettamente localistica. Federmanager è pronta ad aprire il dibattito sul possibile ruolo dello Stato nella governance e nella proprietà di questa azienda, l’unica in Italia che 'produce' acciaio e non che, più semplicemente, lo trasforma". E Quercioli ha ricordato che "anche gli Stati Uniti, patria di quella concezione minimalista del ruolo dello Stato nell’economia oggi dominante in Occidente, stanno assumendo una nuova e diversa postura, con l’idea di uno Stato molto più interven-tista nei settori e nelle aziende ritenute strategiche per l’economia e la sicurezza nazionali". "Non dobbiamo perciò vergognarci, perché non è lo status giuridico della proprietà a definire le sorti di un’azienda, ma la qualità del suo management. E da questo punto di vista, l’Italia certo non difetta di talento o di competenze". "La precondizione per potenziare il Paese, e questa è una delle principali richieste che avanziamo al Governo, è una fiscalità più equa, che valorizzi il merito e non penalizzi chi crea valore per tutti. La progressività fiscale è un principio giusto, lo afferma la nostra Costituzione e, prima ancora, l’etica sociale, ma non può trasformarsi in esponenzialità irragionevole. Quando il 5% dei contribuenti paga il 43% dell’Irpef, non siamo più in un sistema progressivo, ma in un sistema sbilanciato. Comprendiamo che la 'coperta sia corta', ma non possono restare scoperti sempre gli stessi. Serve una lotta seria all’evasione e all’elusione e serve anche premiare la fedeltà fiscale. Chi lavora, chi produce, chi paga le tasse non chiede privilegi: chiede rispetto. Perché chi crea valore per il Paese deve avere gli strumenti per costruire il futuro. Il Ddl di Bilancio 2026 mostra i primi tenui passi nella direzione da noi auspicata. Lo riconosciamo al Governo e di questo lo ringraziamo, ma è necessario fare molto di più". "Chiediamo perequazione equa e nessuna penalizzazione per i nostri pensionati perché, lo dico con fermezza e convinzione: i pensionati non hanno difese contrattuali. È quindi compito delle istituzioni proteggerne il reddito e la dignità sociale. Le istituzioni non devono considerare le pensioni dei nostri manager in quiescenza come una sorta di bancomat a cui attingere! Queste pensioni infatti sono il risultato di un copioso gettito contributivo che i manager hanno versato alle casse previdenziali, nel corso della loro intera vita lavorativa. Su questi temi, per noi molto importanti, abbiamo dato mandato alla nostra Confederazione, Cida, di portare avanti gli studi e le iniziative mediatiche necessarie per rendere edotta l’opinione pubblica delle palesi iniquità perpetrate a danno delle nostre pensionate e pensionati". "Serve anche una nuova prospettiva per il Mezzogiorno. Su questo punto voglio essere chiaro: non è un problema da risolvere, è un potenziale da liberare. Nel Sud vi sono giovani talenti, università di eccellenza, imprese che innovano e resistono. Ma servono infrastrutture moderne, digitalizzazione e soprattutto più managerialità. Solo così potremo attrarre investimenti, frenare la fuga dei talenti e creare lavoro stabile sul territorio. Il futuro dello sviluppo industriale dell’Italia passa anche - e forse soprattutto - dal Sud che deve diventarne il motore". Ha concluso
(Adnkronos) - Dopo una stagione ricca di appuntamenti musicali ed eventi in tutta Italia, il progetto 'Ogni Lattina Vale', l’iniziativa di sensibilizzazione promossa in Italia da Cial (Consorzio Nazionale Imballaggi Alluminio) e parte del network internazionale Every Can Counts, approda al Lucca Comics&Games 2025, con un’attività speciale realizzata in collaborazione con Red Bull e Sistema Ambiente, l’azienda che gestisce i servizi di igiene urbana del territorio lucchese. Per questa edizione, l’iniziativa assume una veste altamente scenografica con quattro grandi installazioni metalliche ('Can Drop Zone') ispirate agli iconici elementi del Tetris, a un cuore e a una stella, che fungeranno da punti di raccolta per le lattine consumate durante il festival, trasformando il riciclo in un gesto collettivo e creativo. Le strutture, posizionate vicino ad alcuni bar lungo le mura di Lucca, saranno affiancate da un voting bin all’interno della Red Bull Energy Zone, dove i visitatori potranno riciclare e votare il proprio tetramino preferito. Le installazioni si riempiranno progressivamente delle lattine in alluminio utilizzate dai visitatori, diventando vere e proprie opere d’arte a cielo aperto, colorate e simboliche, capaci di unire intrattenimento e responsabilità ambientale. “Ogni Lattina Vale è un progetto che rappresenta al meglio lo spirito con cui Cial porta avanti il proprio impegno per la sostenibilità: unendo creatività, partecipazione e senso civico - afferma Stefano Stellini, direttore generale di Cial - Iniziative come quella di Lucca mostrano come il riciclo possa trasformarsi in un’esperienza positiva, condivisa e capace di generare valore ambientale e culturale”.