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(Adnkronos) - Gennaro Gattuso ha diramato la lista dei 27 convocati per i prossimi impegni dell'Italia. Oggi, venerdì 7 novembre, il ct azzurro ha scelto i giocatori che affronteranno le ultime due partite valide per le qualificazioni ai Mondiali 2026, che andranno in scena la prossima estate in Stati Uniti, Canada e Messico, contro Moldavia e Norvegia, che al momento guida il girone I a +3 sull'Italia ma con una differenza reti nettamente maggiore. Qualche novità nelle chiamate di Gattuso, con la prima convocazione per Elia Caprile, portiere del Cagliari, e il ritorno di Gianluca Scamacca, attaccante dell'Atalanta, oltre a quello del giovane Pio Esposito, centravanti dell'Inter. L'elenco completo: Portieri: Elia Caprile (Cagliari), Marco Carnesecchi (Atalanta), Gianluigi Donnarumma (Manchester City), Guglielmo Vicario (Tottenham); Difensori: Alessandro Bastoni (Inter), Raoul Bellanova (Atalanta), Alessandro Buongiorno (Napoli), Riccardo Calafiori (Arsenal), Andrea Cambiaso (Juventus), Giovanni Di Lorenzo (Napoli), Federico Dimarco (Inter), Matteo Gabbia (Milan), Gianluca Mancini (Roma); Centrocampisti: Nicolò Barella (Inter), Bryan Cristante (Roma), Davide Frattesi (Inter), Manuel Locatelli (Juventus), Samuele Ricci (Milan), Sandro Tonali (Newcastle); Attaccanti: Francesco Pio Esposito (Inter), Moise Kean (Fiorentina), Riccardo Orsolini (Bologna), Matteo Politano (Napoli), Giacomo Raspadori (Atletico Madrid), Mateo Retegui (Al-Qadsiah), Gianluca Scamacca (Atalanta), Mattia Zaccagni (Lazio).
(Adnkronos) - Un provvedimento che "tiene la barra dritta" sulla strada della sostenibilità dei conti pubblici, ma alla quale manca "la visione" per sostenere la crescita e gli investimenti. E' in sintesi il giudizio di Marco Granelli, presidente di Confartigianato Imprese, intervistato da Adnkronos/Labitalia, sulla manovra economica del governo. Manovra, che ricorda Granelli, arriva in un periodo non semplice per le pmi artigiane, strette tra caro energia, ricambio generazionale e il 'peso' degli effetti dei dazi Usa sull'export. Confartigianato è la maggiore Confederazione italiana dell’artigianato e delle piccole imprese che associa 700.000 imprenditori organizzati in 103 associazioni territoriali (con 1.201 sedi in tutta Italia), e 21 federazioni regionali. Presidente Granelli, come giudicate la manovra economica del governo? Ci sono gli interventi necessari per le imprese che rappresentate? Quali gli aspetti positivi e quali quelli da migliorare? Cosa avete chiesto al Governo? "La nostra valutazione sulla manovra economica è articolata, con luci e ombre. Riconosciamo al Governo la volontà di mantenere la barra dritta sulla sostenibilità dei conti pubblici, perseguendo in modo coerente gli obiettivi di riduzione del deficit e del debito. In un contesto internazionale segnato da incertezza e instabilità, la prudenza in finanza pubblica è certamente un valore, perché serve a fronteggiare eventuali nuove turbolenze. Tuttavia, ciò che manca è una visione più efficace sull’impiego delle risorse per sostenere la crescita e gli investimenti, in particolare quelli delle micro e piccole imprese che rappresentano l’ossatura del nostro sistema produttivo. Apprezziamo l’intervento sull’Irpef, gli incentivi alle assunzioni e le misure di detassazione del lavoro. Tuttavia, abbiamo espresso perplessità sull’imposta al 5% per gli incrementi retributivi dei rinnovi contrattuali del 2025 e 2026: una misura che rischia di introdurre disparità di trattamento, oltre a essere di entità piuttosto limitata". Giudicate positivamente quanto messo in campo a sostegno degli investimenti delle aziende? "Sui sostegni agli investimenti, la manovra cerca di razionalizzare il sistema di agevolazioni ma non risolve il nodo cruciale dell’accesso per micro e piccole imprese. Il ritorno al super-ammortamento, in sostituzione del credito d’imposta, riduce di circa il 40% la platea delle imprese artigiane beneficiarie, differendo i vantaggi e aumentando la burocrazia. Giudichiamo positivamente il rifinanziamento della Zes Unica, anche se riteniamo incomprensibile l’esclusione degli investimenti inferiori a 200mila euro, e valutiamo favorevolmente anche il rifinanziamento della Nuova Sabatini. Invece, desta preoccupazione la restrizione al sistema delle compensazioni fiscali, che rischia di mettere in difficoltà le tante piccole imprese con crediti fiscali maturati grazie a investimenti o allo sconto in fattura. Bene la conferma della detrazione al 50% per la riqualificazione degli immobili, ma chiediamo che questa misura venga resa stabile per almeno un triennio. Accogliamo con favore anche il rinvio della sugar e plastic tax, mentre siamo contrari all’aumento dell’accisa sul gasolio, che penalizza soprattutto i veicoli sotto le 7,5 tonnellate, tipici del trasporto artigiano. Infine, chiediamo che la legge di bilancio istituisca un fondo per facilitare l’accesso al credito delle micro e piccole imprese, valorizzando il ruolo dei Confidi. Sottolineiamo anche la necessità di misure per fronteggiare il caro energia e sostenere il passaggio generazionale nelle aziende". Dal vostro Osservatorio qual è lo stato di salute delle imprese che state registrando? Quali le difficoltà maggiori? Quali i settori che stanno performando meglio e quelli che invece stanno incontrando più problemi? "Le nostre imprese stanno dimostrando una straordinaria capacità di resilienza, ma la situazione resta complessa. Negli ultimi anni, nonostante guerre, inflazione e caro energia, il Pil italiano è cresciuto in media del 2,1% tra il 2021 e il 2024, mezzo punto in più della media europea. Le micro e piccole imprese continuano a trainare l’economia con 64 miliardi di euro di export diretto nei settori chiave del made in Italy - alimentare, moda, legno-arredo, metalli, gioielleria e occhialeria - rappresentando l’8% del PIL nazionale. L’occupazione cresce: +329 mila posti nell’ultimo anno, +2,2% tra le micro e piccole imprese, e +8,9% quella giovanile dal 2021 al 2025, il doppio rispetto alla media europea. Anche la trasformazione digitale procede con convinzione: il 66,8% delle imprese con dipendenti ha investito in innovazione, e quasi 182mila aziende sono pioniere nell’uso dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, accanto a questi segnali positivi, emergono criticità strutturali. Il 42,9% di pressione fiscale, il 47,1% di cuneo sul lavoro, il costo dell’energia più alto del 22,5% rispetto alla media Ue e l’eccessiva burocrazia - che ostacola il 74% degli imprenditori - pesano fortemente sulla competitività. Il caro energia, in particolare, ha comportato per le nostre imprese un aggravio di oltre 1,6 miliardi di euro rispetto ai competitor europei. Preoccupa anche il ricambio generazionale: quasi un terzo delle imprese artigiane è in condizione di criticità perché guidata da imprenditori con un’età media di oltre 50 anni. Inoltre, la stretta sul credito e i costi finanziari in crescita rischiano di frenare ulteriormente gli investimenti". Alla luce di queste valutazioni cosa chiedete al governo? "L'artigianato e le piccole imprese stanno reagendo con forza, ma servono politiche più mirate per alleggerire il carico fiscale, ridurre i costi energetici, snellire la burocrazia e sostenere concretamente la nuova imprenditorialità giovanile. Le nostre imprese artigiane sono il motore dell’Italia reale. Chiediamo che la politica economica le metta davvero al centro, con misure semplici, accessibili e stabili nel tempo. Solo così potremo garantire sviluppo, occupazione e coesione sociale nei territori". Come stanno impattando i dazi Usa sulle imprese artigiane del made in Italy? Quali settori stanno registrando effetti più negativi sull’export? Le imprese stanno cercando già mercati alternativi? E quali? "I dazi statunitensi stanno producendo effetti significativi e preoccupanti sul nostro export. Le nostre stime indicano una perdita media dello 0,4% del pil nel biennio 2026-2027, con un crollo del 22% delle esportazioni verso gli Stati Uniti negli ultimi mesi. Parallelamente, assistiamo a un boom dell’import dalla Cina, +24,5% nei primi otto mesi del 2025, con picchi del +43,7% per gli autoveicoli. L’Italia, purtroppo, è l’epicentro della crisi europea dell’automotive, con una caduta della produzione del 15,2%, ben più marcata del -2,7% medio dell’Ue. Le nostre imprese stanno reagendo con pragmatismo, cercando di diversificare i mercati di sbocco. Stiamo osservando un aumento dell’export verso i 26 mercati più dinamici, per un valore di 19,7 miliardi di euro. Si rafforzano le relazioni commerciali con l’Asia orientale, il Medio Oriente, l’America Latina e alcuni Paesi dell’Africa subsahariana, dove cresce la domanda per prodotti di qualità e manifattura artigiana. Al Governo chiediamo di accompagnare questa diversificazione dei mercati, sostenere le imprese nell’internazionalizzazione e difendere il valore del made in Italy, che resta sinonimo di eccellenza, creatività e saper fare". (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - “Negli ultimi anni in Europa, con il Green deal e con la transizione energetica, abbiamo assistito a una deriva a causa di un processo di deindustrializzazione del continente. Nel settore dell'automotive, ad esempio, 13 milioni di occupati, tra diretti e indiretti, sono a rischio. Il tema del secolo è quello di coniugare il giusto fabbisogno di sostenibilità ambientale con la competitività. Un continente come l'Europa, con 400 milioni di abitanti, non può vivere di servizi, di intelligenza artificiale e di grandi tecnologie da sviluppare, ha bisogno di lavorare e produrre”. E' l’analisi di Giuseppe Ricci, industrial transformation chief operating officer Eni, durante la conferenza ‘Europa e industria unite per la competitività’, organizzata da Sdgs Leaders a Roma, per lanciare il Summit 2025 e presentare la ‘Dichiarazione competitività 2026’, in collaborazione con Storyfactory. Un documento che vede le principali imprese italiane e i rappresentanti delle istituzioni europee unite per tradurre in azione le linee indicate dal Rapporto Draghi sulla necessità di rilanciare la competitività dell’Europa. “L'industrializzazione sostenibile e il mantenimento della competitività delle imprese è fondamentale”, sottolinea Ricci che poi spiega la strategia di Eni per la transizione energetica e la decarbonizzazione: “Comprende un mix di soluzioni, coltivando la neutralità tecnologica per poter mantenere competitività durante il percorso di miglioramento della sostenibilità e decarbonizzazione fino al net-zero. Un compito difficilissimo - ammette - soprattutto in settori fortemente in trasformazione, ma l'abbiamo potuto fare cercando dei modelli che fossero in grado di coniugare continuamente la sostenibilità ambientale con quella economica”. “Non bisogna tralasciare la sostenibilità sociale”, avverte esprimendo ancora preoccupazione per il settore dell’automotive, un esempio di come lo scenario internazionale potrebbe cambiare se “migliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia o milioni di persone perdono il lavoro”. In quel caso, per Ricci “il green deal ‘va a farsi benedire’ insieme alla stabilità sociale del Paese”.