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(Adnkronos) - Nicola Di Matteo, fratello del piccolo Giuseppe, il bambino strangolato e poi sciolto nell'acido su ordine, tra gli altri, di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato, fa fatica a parlare. "Il fine pena mai è stato per mio fratello, per i giudici Falcone e Borsellino, per gli agenti di scorta, per tutti quelli che ha ammazzato. Sono stati loro a essere condannati per sempre - dice all'Adnkronos -. Lui, invece, è libero". Ci sono volute 24 ore per metabolizzare la notizia della liberazione del boia di Cosa nostra, tornato un uomo libero dopo aver scontato il suo debito con la giustizia. "Da fratello penso che sia un attentato allo Stato - aggiunge -, perché è inaccettabile vedere una persona responsabile di oltre 150 omicidi in mezzo a noi, tra la gente perbene. Certo, rispetto la legge, una legge che ha aiutato la lotta alla mafia, ma provo amarezza e dolore, gli stessi da 29 anni e che, penso, mi porterò dentro per sempre". E' diviso Nicola Di Matteo. "Da familiare di una vittima innocente dico che lo Stato ha fallito per l'ennesima volta. Da cittadino che quella legge sui collaboratori di giustizia ha consentito di scoprire tanto e ha dato frutti. Penso, però, che si potrebbe modificare e sono fiducioso che avvenga". Ieri, quando i messaggi sui social e sul cellulare si moltiplicavano con il passare delle ore, ha pensato a un errore. "Mi scrivevano 'ti sono vicino', 'un abbraccio' e io avevo creduto a un errore, un fraintendimento. Poi ho letto e sono rimasto senza parole", ammette. Lui e Giuseppe avevano un anno d'età di differenza. "Eravamo complici, giocavamo, litigavamo e poi di nuovo inseparabili. Insieme come due gemelli". Prova rabbia Nicola. "Una rabbia enorme verso questa persona", dice senza nominare Brusca. "Come si può uccidere un bambino, strangolarlo e poi scioglierlo nell'acido? Un bambino che lui conosceva bene, che gli portava da mangiare. E' il delitto più orrendo. E poi tutti quei giorni di prigionia, lo hanno annientato, ammazzato psicologicamente prima di farlo fisicamente. A volte, ancora oggi, mi fermo a pensare all'orrore vissuto da Giuseppe, è un dolore grande". Troppo anche per poter pensare al perdono. "Forse qualche familiare potrà perdonare questa persona, ma io no - dice -. Non lo farò mai. Mai. Quello che ha fatto per me è imperdonabile. Ho visto mia madre soffrire, portare dentro di sé un dolore immenso e darmi forza ogni giorno per andare avanti. Eppure, ancora oggi basta nominarlo, Giuseppe, per farle venire le lacrime agli occhi e Brusca per farla impazzire. E' una ferita aperta che non può rimarginarsi". Brusca dice di aver fatto un 'percorso' nei lunghi anni di detenzione. "Non posso saperlo, ma se è così stia lontano da questa terra bellissima e maledetta. Qui oggi ha più nemici che amici". Il suo auspicio è di non vederlo mai. "Mi auguro di non incontrarlo mai nella mia vita, ma se mai dovesse accadere lo guarderò negli occhi e chi chiederò come ha potuto ammazzare un bambino, come ha potuto fare una simile mostruosità, perché neanche gli animali ne sono capaci". (di Rossana Lo Castro)
(Adnkronos) - In un mondo del lavoro che evolve qual è il ruolo del sindacato dei manager? Quale il futuro della managerialità del Paese e in che modo favorire benessere delle persone e una maggiore produttività e competitività delle aziende? Sono questi alcuni dei temi discussi nelle giornate di venerdì 6 e sabato 7 giugno dagli oltre 200 manager delegati intervenuti da tutta Italia a Milano, negli spazi del Quark Hotel, per la 105° assemblea nazionale di Manageritalia, Federazione nazionale dirigenti, quadri ed executive professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato. Manageritalia quest’anno celebra i suoi 80 anni: il 9 aprile 1945 a Roma vide la luce la prima associazione rappresentativa di manager e dirigenti italiani. Da quel passato oggi si disegna il futuro. L’assemblea si è aperta con l’intervento di Marco Ballarè, presidente di Manageritalia: “Quest’anno abbiamo affermato con chiarezza la nostra visione: serve un nuovo patto sociale che riconosca il valore del merito, del lavoro responsabile, del contributo determinante dei manager alla coesione e allo sviluppo del Paese, chiediamo al Governo quindi una maggiore equità fiscale, rispetto per le pensioni e attenzione per la classe media. Come sindacato -ha proseguito Ballarè – siamo chiamati ad accompagnare una nuova generazione di dirigenti. A dare strumenti, servizi, rappresentanza a quadri e alte professionalità che vogliono essere parte attiva del futuro. Rivolgendoci a tutti loro con una proposta concreta: riportando fiducia, costruendo una governance più ampia e dando un senso alla loro rappresentanza, rafforzando il ruolo del sindacato, e rilanciando il nostro ruolo istituzionale”. Nella sua parte pubblica, di questa mattina, l’Assemblea di Manageritalia ha ospitato la tavola rotonda 'Sindacato dei manager e nuovo lavoro', che ha messo a confronto Marco Bentivogli, esperto politiche di innovazione industriale e lavoro; Chiara Bisconti, consulente aziendale ed esperta di lavoro agile oltre ai vicepresidenti di Manageritalia Monica Nolo e Simone Pizzoglio moderati da Massimo Mascini, direttore del quotidiano online 'Il diario del lavoro'. “Il mondo del sindacato – spiega Marco Bentivogli, esperto politiche di innovazione industriale e lavoro - deve avere la capacità di cavalcare e orientare l’innovazione e ricostruire il senso di appartenenza e di comunità rinsaldando il patto intergenerazionale tra le persone che lavorano nelle stesse realtà aziendali” Oggi prosegue Bentivogli "abbiamo il dovere come manager di ridare il senso alle relazioni e alla qualità del lavoro in ogni ambito in cui si crea rappresentanza, in un mondo del lavoro che sta vivendo le profonde evoluzioni dovute alla transizione tecnologica”. “Oggi il mondo del lavoro è cambiato in maniera copernicana grazie all’introduzione del lavoro agile e dello smartworking e vede al centro di tutto il tempo delle persone", ha proseguito Bisconti. "Il sindacato, così come i manager, devono sempre più comprendere questa priorità e lavorare di conseguenza su rappresentanza e contratti di lavoro i primi e organizzazione del lavoro i secondi. Il sindacato ha l’opportunità di intercettare, orientare e ripensare questo cambiamento e facilitare l’introduzione di nuovi modelli organizzativi. Compito che spetta ai manager e che ritengo anche particolarmente stimolante”, ha aggiunto. “Il lavoro in Italia richiede salari e produttività più alti puntando sul rafforzamento delle pmi quale elemento essenziale del nostro sistema economico. Serve una visione strategica, innovazione e una gestione efficace. È fondamentale, per raggiungere tali obbiettivi, aumentare la presenza di manager qualificati e promuovere una cultura manageriale diffusa. Come sindacato proponiamo al Governo la creazione di un polo unico per le politiche attive, che favorisca l’incontro tra domanda e offerta di competenze manageriali”, ha detto Monica Nolo, vicepresidente di Manageritalia. “La nostra associazione -ha proseguito Simone Pizzoglio, vicepresidente di Manageritalia - deve anche sviluppare una comunicazione capace di accompagnare il cambiamento nella cultura del lavoro e della società, supportando e facilitando in questo modo il cambiamento che i manager devono gestione all’interno delle loro aziende nell’organizzazione e nel senso del lavoro. Anche per questo -ha concluso Pizzoglio- abbiamo sviluppato un piano operativo che mette al centro tutti i principali fattori di cambiamento nel lavoro e nell’economia. Ascolteremo i manager e lavoreremo insieme su tutti territori per cambiare la cultura e facilitare il loro ruolo di attori principali del cambiamento”. La mattinata di sabato 7 giugno sarà dedicata all’illustrazione e votazione del bilancio consuntivo 2024 nonché alla presentazione del piano operativo di Manageritalia sviluppato con l’obiettivo di definire l’identità, la direzione e le sfide prioritarie per i prossimi anni. Un vero e proprio programma strategico che coinvolge tutto il sistema Manageritalia: la Federazione e le sue 14 associazioni, le società e gli enti bilaterali per adeguare la proposta dei servizi e delle policy di Manageritalia con le transizioni sociali, tecnologiche e ambientali in atto nel Paese. Il piano ha obbiettivi chiari e concreti ed è volto a una maggiore valorizzazione dei territori; alla creazione di un nuovo patto sociale basato su lavoro, welfare ed equità oltre a favorire una crescita sostenibile grazie ad una più incisiva azione di rappresentanza e di governance sempre più condivisa.
(Adnkronos) - "Lo spreco del cibo va di pari passo con due parole: sostenibilità e salute". Così Hellas Cena, prorettore Terza Missione Università di Pavia, professore di Nutrizione Umana, medico specialista in Scienza dell'Alimentazione Ics Maugeri Irccs-Pavia, intervenendo alla conferenza stampa ‘Prevenire lo spreco alimentare: la rivoluzione digitale di Planeat’, presso la Sala Caduti di Nassirya del Senato. "Lo spreco alimentare ha due impatti importanti. In generale la filiera del cibo ha una produzione di CO2 estremamente più impattante di tutte le altre filiere, quindi troppo spreco ma anche troppa produzione fatta anche per sostenere questo spreco dovrebbe essere rivalutata - spiega - Ma c'è anche una questione di salute dell'uomo. E questo è il warning che ci ha dato Lancet che ci dice che stiamo vivendo un momento di sindemia. Vuol dire che tre pandemie contemporaneamente esistono in tutto il mondo: una è il climate change, la seconda è l'obesità che c'è dappertutto e la terza è l'undernutrition, intesa come carenza di nutrienti". "Quindi è vero che il cibo è salute, sia per l'ambiente che per noi, ed è vero che quindi lo spreco spesso denota due aspetti. Uno, un'incapacità di ragionare, qui arriviamo all'educazione, perché non sappiamo esattamente che cosa mangiare, quanto mangiare, quando mangiare. Certe volte purtroppo non sappiamo neanche perché stiamo mangiando, ma poi spesso, proprio in base a queste risposte che vengono a mancare, sprechiamo più cibo. Quindi è vero che spesso chi mangia peggio è anche colui che spreca di più", conclude.