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(Adnkronos) - Le Forze della difesa israeliana "devono essere pronte a occupare il territorio oltre la Linea Gialla" nella Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato oggi, domenica 16 novembre, il capo di Stato Maggiore delle Idf, il generale Eyal Zamir, spiegando che l'esercito israeliano deve "stabilire rapidamente il controllo operativo" delle aree di Gaza "oltre la Linea Gialla". Parlando alle truppe a Rafah, nel sud dell'enclave palestinese, Zamir ha affermato che le Idf "continueranno a operare per impedire la rinascita di Hamas, controllando le aree chiave e gli ingressi di Gaza". L'obiettivo, ha aggiunto, è ''insistere per far sì che il regime di Hamas non esista dall'altra parte del confine. Anche se ciò richiederà tempo". Benjamin Netanyahu insiste sul disarmo di Hamas e sul 'no' a uno stato palestinese. "La nostra opposizione a uno stato palestinese ovunque sia a ovest del Giordano sussiste, è ferma e non è cambiata", ha detto il premier israeliano aprendo la riunione del governo, come riporta il Times of Israel. "Da decenni respingo questi tentativi e faccio lo stesso con le pressioni dall'esterno e a livello interno - ha incalzato - Non ho bisogno di rinforzi, post, prediche di nessuno". "Nel piano in venti punti - ha proseguito in riferimento al piano di Donald Trump per la Striscia di Gaza su cui domani voterà il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - (Gaza) sarà smilitarizzata, ci sarà il disarmo di Hamas o nel modo più facile o in quello più difficile. E' quello che ho detto ed è anche quello che ha detto Trump". Poco prima era stato il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa'ar ha ribadire che "Israele non accetterà la creazione di uno stato del terrore palestinese nel cuore della terra di Israele, a una distanza infinitesimale dai suoi centri abitati". "La politica di Israele è chiara: non ci sarà uno stato palestinese", ha insistito via X anche il ministro della Difesa, Israel Katz, aggiungendo che le forze israeliane (Idf) resteranno nelle zone considerate strategiche. "Le Idf resteranno sul Monte Hermon e nella 'zona di sicurezza'", ha aggiunto, ripetendo che "Gaza sarà smilitarizzata fino all'ultimo tunnel" e insistendo sul disarmo di Hamas. "Stamani le forze israeliane (Idf) hanno aperto il fuoco contro peacekeeper di Unifil da un tank Merkava nei pressi di una postazione allestita da Israele in territorio libanese". E' quanto denuncia Unifil, precisando che "i colpi" sono "arrivati a circa cinque metri dai peacekeeper, che erano a piedi" e sono stati costretti a mettersi al riparo. "I caschi blu hanno chiesto alle Idf di cessare il fuoco tramite i canali di collegamento di Unifil - aggiunge una nota - Sono riusciti ad allontanarsi in sicurezza circa trenta minuti dopo, quando il carro armato Merkava si è ritirato all'interno della postazione delle Idf". "Fortunatamente - precisa Unifil - nessuno è rimasto ferito". L'esercito israeliano ha ammesso in una nota di aver aperto il fuoco, ma di averlo fatto erroneamente, dopo averli identificati come una minaccia a causa delle cattive condizioni meteorologiche. Nella nota, l'Idf ha spiegato di aver sparato ''colpi di avvertimento'' contro i soldati dell'Onu a nord di Metula dopo averli classificati come sospetti, prima di confermarne l'identità. "Dopo un'analisi, è stato stabilito che i sospettati erano soldati delle Nazioni Unite che stavano effettuando un pattugliamento nella zona e che erano stati classificati come sospetti a causa delle cattive condizioni meteorologiche", afferma l'Idf, aggiungendo che l'incidente è in fase di ulteriore esame. "Le Idf sottolineano che non hanno sparato deliberatamente contro i soldati Unifil e che la questione viene gestita attraverso i canali ufficiali militari", aggiunge l'esercito israeliano. Le forze israeliane (Idf) confermano di aver ucciso un "terrorista" accusato di aver lanciato un ordigno contro i militari israeliani durante un'operazione nella zona di Nablus, in Cisgiordania. Fonti mediche palestinesi citate dall'agenzia palestinese Wafa denunciano l'uccisione di un 19enne palestinese e il ferimento di un altro giovane in un blitz prima dell'alba nel campo profughi di Askar, a est di Nablus. "Nella notte durante un'operazione - rendono noto via X le Idf - nell'area di Nablus, un terrorista ha lanciato un ordigno contro le truppe. Le forze hanno risposto col fuoco e hanno eliminato il terrorista". Le Idf precisano che non ci sono feriti tra i militari. Secondo il responsabile del servizio ambulanze e dei soccorsi della Mezzaluna Rossa palestinese a Nablus, Ameer Hassan, citato dalla Wafa, il 19enne Hasan Ahmed Mousa è stato raggiunto da proiettili al petto ed è morto per le ferite, mentre l'altro ragazzo è stato colpito alla schiena ed è stato trasportato in ospedale.
(Adnkronos) - Portare una 'cultivar' di riso 'made in Calabria' in Cina, dalla Piana di Sibari alla provincia di Jiangsu, per arrivare poi a realizzare la prima risotteria italiana in Cina. E' la sfida imprenditoriale delle tre giovani sorelle Praino, Maria, Giusi e Sara, titolari del marchio di riso 'Magisa', con il quale dal 2020 producono riso in 400 ettari di risaie a Villapiana, in provincia di Cosenza, con una produzione media di 240mila tonnellate. E ora puntano verso la Cina, come racconta ad Adnkronos/Labitalia, Sara, una delle tre sorelle. "Il nostro progetto è un ponte comunicativo verso Oriente per arrivare a sperimentare una 'cultivar' in un terreno diverso dal nostro per portare il 'made in Calabria' e il 'made in Italy' a livello culinario in Cina. Loro sono grandi consumatori di riso però hanno una cultura totalmente diversa perché usano il riso pilaf, un chicco diverso molto amidoso. Noi vogliamo portare proprio il format di una 'cultivar' da risotto in Cina, sperimentarla con la coltivazione lì e poi trasformarla formando una prima risotteria italiana in Cina. Quindi creare una filiera corta, dalla terra alla tavola, portando il made in Italy della cucina mediterranea in Cina. Una delegazione cinese del dipartimento di Jurong avente sede in Jurong, Provinca di Jiangsu, è stata qui in Calabria, abbiamo firmato un memorandum d'intesa, e ha potuto visitare la nostra realtà con le nostre risaie", spiega Sara che con le sorelle rappresenta la quarta generazione familiare di agricoltori. Ma come nasce la storia di Magisa e della coltivazione del riso in Calabria? "Magisa è l'acronimo dei nomi di noi tre sorelle Maria, Giusi e Sara. La coltivazione del riso nella nostra regione -spiega Sara Praino- risale all'epoca della Magna Grecia. E poi nel corso del Regno delle Due Sicilie si coltivava il risone, che era considerato un cereale povero. Noi nel 2020 -continua- abbiamo deciso di riprendere le antiche coltivazioni della Piana di Sibari e avviare la produzione, grazie soprattutto ai terreni delle risaie che sono di natura salina. Quindi il ph del sale conferisce delle qualità organolettiche al riso che poi lo rende particolare, diverso da altre qualità. La piana di Sibari in passato era paludosa, è stata poi bonificata ma i suoi terreni hanno un medio impasto di natura salina e soprattutto godono della vicinanza al mare", sottolinea Sara. Ma non solo, c'è altro. "Le nostre risaie 'godono' delle acque del torrente Raganello, acqua potabile. Noi facciamo una semina ad inondazione corrente, scorrevole, non di raccolta di acqua, di ristagno come si fa in altre coltivazioni al Nord Italia. E questo ci permette di non usiamo né anti-crittogamici né pesticidi, non facciamo né concimazioni chimiche. Proprio perché godendo di quest'acqua potabile riusciamo anche a gestire le malattie fungine e tutto quello che è di infestante per il riso", sottolinea ancora l'imprenditrice. Acqua e terreno, dono di madre Natura, che insieme all'iniziativa imprenditoriale delle sorelle Praino fanno sì che oggi, come sottolinea Sara, "l'azienda agricola Msg della famiglia Praino, con il suo brand Magisa è l'unica filiera corta, l'unica riseria del Centro-Sud Italia. Da Ferrara a Lampedusa siamo gli unici a coltivare e trasformare fino a portare un prodotto finito sulle tavole dei consumatori e di chi apprezza questo prodotto che oggi è definito un'eccellenza calabrese", sottolinea orgogliosa Sara. Ma come avviene la coltivazione del riso nella Piana di Sibari? "Noi gestiamo 400 ettari di risaie. Il ciclo della cultura risicola è di 120-150 giorni, si semina ad aprile-maggio e si raccoglie in questi periodi, novembre-dicembre proprio perché ha bisogno di tanta acqua, di tanto sole e di questa temperatura mite", sottolinea Sara Praino dal 2015 inserita in azienda insieme alle sorelle da papà Giancarlo. E diverse sono le qualità di riso prodotte nelle risaie di Magisa che si affacciano sul mare della Piana di Sibari. "Carnaroli, Arborio, Originario, Grandi Chicchi, il Gange che è un similare del Basmati quindi è una cultivar aromatica molto profumata, il Carnaroli integrale, il Rosso solitario e poi lo Jemma che è una cultivar autoctona nera, che è stata brevettata proprio da noi grazie allo studio di dieci anni di mio padre e di GianDomenico Polenghi riconosciuta dall'ente nazionale Risi. Inoltre facciamo anche le seconde elaborazioni quindi facciamo una linea di risotti già conditi con prodotti di alta qualità disidratati, le gallette di riso e la farina di riso", sottolinea E il riso di Magisa ha varcato da tempo i confini regionali e nazionali. "Il grosso della nostra attività è regionale e nazionale, ma abbiamo dei contratti con la Germania, la Francia, gli Emirati Arabi e gli Stati Uniti. Ci stiamo allargando insomma piano piano verso l'estero. In Italia riusciamo ad agire anche nella grande distribuzione, nonostante il nostro sia un prodotto di alta qualità. E con il nostro shop on line raggiungiamo anche grossisti e privati", sottolinea Sara che in azienda si occupa di risorse umane e fornitori, mentre Maria, amministratore unico, gestisce la parte agricola e Giusi cura invece la parte commerciale. E mentre nel Nord Italia è sempre vivo l'allarme sul calo di produzione di riso per Magisa e le sorelle Praino le criticità sono altre. "Le annate per fortuna stanno andando bene -sottolinea Sara Praino- il problema è l'ingresso in Italia dall'estero di cultivar diverse dalle nostre ma vengono poi merceologicamente definite similari. Un riso 'tipo' carnaroli che poi passa come il nostro Carnaroli. Quindi quello che manca è la tutela delle cultivar made in Italy. E poi per noi in Calabria non è facile fare impresa soprattutto al femminile, anche se negli ultimi anni l'amministrazione regionale ci sta dando una mano a dare la giusta visibilità a quanto di buono si realizza nella nostra regione", conclude. (di Fa
(Adnkronos) - L’evento è organizzato da Ieg Middle East e V Group e si svolge con il Patrocinio del Ministero del Cambiamento Climatico e dell’Ambiente (Moccae) degli Emirati Arabi Uniti, con gli auspici dell’Ambasciata d’Italia negli Emirati Arabi Uniti, i patrocini del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e di Ita - Italian Trade Agency Dubai. Oltre 100 brand internazionali, suddivisi in settori chiave dell’industria verde, si riuniscono in questa vetrina senza precedenti per il Medio Oriente, testimoniano un impegno condiviso verso la sostenibilità e la biodiversità: coniugando l’expertise europea e la visione mediorientale, l’evento sottolinea il grande potenziale della cooperazione internazionale nella creazione di città più verdi, salutari e resilienti per le generazioni future. In fiera, aziende leader degli Emirati - Tanseeq Investment Group, Desert Group, Grand Grower Horticulture, Pheladelfia Agricultural, Planters Group e Gale Pacific — giocheranno un ruolo fondamentale nel plasmare il dialogo su paesaggio, florovivaismo e pianificazione urbana sostenibile. "Myplant & Garden Middle East 2025 rappresenta un’opportunità unica per riunire il meglio delle competenze internazionali in questi ambiti. Il nostro obiettivo è creare una piattaforma che ispiri nuove soluzioni per città più verdi e resilienti in tutto il Medio Oriente e non solo", sottolinea Valeria Randazzo, la direttrice della Fiera. Con numerose delegazioni di buyer provenienti da tutto il Gcc (Gulf Cooperation Council: Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar), Myplant & Garden Middle East 2025 sarà un hub commerciale strategico per lo sviluppo del settore a livello internazionale. Il mercato del paesaggio in Medio Oriente sta vivendo una crescita senza precedenti: si stima che entro il 2026 il suo valore supererà i 20 miliardi di dollari, con un incremento annuale compreso tra il 5 e il 7%. Le città del Golfo, in particolare, stanno integrando il verde nei grandi progetti di sviluppo come Neom e Diriyah Gate, utilizzandolo non solo come elemento estetico, ma come strumento di adattamento climatico in risposta a condizioni ambientali sempre più estreme. Spazi verdi ben progettati possono aumentare il valore delle proprietà fino al 15%, trasformando il paesaggio e la cura del verde in un vero e proprio investimento strategico per gli sviluppatori. Le politiche nazionali, come la Vision 2030 dell’Arabia Saudita e quella degli Emirati Arabi Uniti, pongono infatti il verde al centro delle strategie di sviluppo sostenibile. La Saudi Green Initiative, ad esempio, prevede la piantumazione di 10 miliardi di alberi e il recupero di oltre 74 milioni di ettari di terreno: uno sforzo che mira a ripristinare le funzioni ecologiche vitali, migliorare la qualità dell'aria, limitare le tempeste di sabbia, ridurre delle isole di calore, migliorare la gestione delle acque piovane e il rafforzamento della coesione sociale. Dal 2021, in Arabia Saudita sono già stati piantumati oltre 100 milioni di alberi e arbusti, che hanno risanato 120.000 ettari di territorio. Città come Dubai e Riyadh stanno guidando questa transizione con progetti ambiziosi: Green Riyadh, che mira a piantare 7,5 milioni di alberi e abbassare la temperatura della città di 2,2°C, e il Dubai 2040 Urban Masterplan, che pone parchi e spazi aperti al cuore degli sviluppi urbani. Parallelamente, cresce anche la domanda di prodotti per il giardinaggio, con un aumento medio delle vendite del 7% annuo, trainato dai nuovi programmi residenziali.