ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - Telefonata tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sul negoziato per la liberazione degli ostaggi. Nel corso del colloquio, riferisce l'ufficio del premier, "il primo ministro ha discusso con il presidente americano dei progressi nei negoziati per il rilascio dei nostri ostaggi e lo ha aggiornato sul mandato che ha affidato alla squadra di negoziatori a Doha, con l'obiettivo di far avanzare il rilascio degli ostaggi", si legge. Netanyahu ha anche espresso gratitudine a Biden e al presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump per gli sforzi compiuti per ottenere il rilascio degli ostaggi. Da parte sua, Biden ha "sottolineato la necessità immediata" di un cessate il fuoco e di un accordo per la liberazione degli ostaggi tra Israele e Hamas. Oltre 3mila detenuti palestinesi verrebbero rilasciati nel quadro della prima fase di un accordo sugli ostaggi tra Israele e Hamas, attualmente in discussione a Doha. Ad affermarlo - parlando con l'agenzia Maan, citata da Ynet - è stato il capo della Commissione palestinese sui detenuti Qadura Fares, precisando che tra i prigionieri che verranno rilasciati ci saranno oltre a 200 condannati all'ergastolo i "bambini, donne e malati detenuti". Le Forze di Difesa Israeliane hanno recentemente approvato diversi piani per il rapido ritiro delle truppe da vaste aree della Striscia di Gaza, in concomitanza con i progressi nei negoziati, riferisce intanto il quotidiano israeliano Ha'aretz. L'esercito ha esaminato diverse opzioni per il ritiro delle truppe da Gaza, compreso il corridoio di Netzarim, che divide la Striscia in due. L'esercito ha spiegato di avere la capacità di evacuare i soldati dall'area, nonostante le numerose infrastrutture e postazioni stabilite. Le Forze di Difesa, scrive ancora il giornale, si dicono pronte ad attuare qualsiasi accordo stipulato dal governo, compreso quello che prevede un rapido ritiro delle truppe da Gaza. Per la prima volta dopo molti mesi, sembrano esserci motivi di ottimismo: l'imminente ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca, il 20 gennaio, aumenta notevolmente le possibilità che Israele e Hamas firmino un accordo sugli ostaggi, scrive ancora Ha'aretz, che parla di notizie 'non infondate'. "I colloqui in Qatar sono in corso da diverse settimane e ora emergono segnali di progressi significativi. Il cambiamento principale deriva dalle dichiarazioni di Trump. La sua richiesta inequivocabile di risolvere la questione prima dell'inizio del suo nuovo mandato da Presidente degli Stati Uniti e le sue minacce se le sue richieste non saranno soddisfatte stanno apparentemente esercitando una certa pressione su entrambe le parti. Le mosse di Trump sono completamente coordinate con il team del presidente uscente Joe Biden", scrive il quotidiano israeliano. L'accordo - continua - sembrerebbe prevedere ancora il rilascio degli ostaggi in due fasi. I primi a essere liberati saranno le donne e gli uomini anziani o malati che rientrano nel gruppo degli ostaggi 'umanitari'. La prima fase dovrebbe aprirsi dopo la dichiarazione di un cessate il fuoco, che includerà un significativo ritiro delle truppe delle Forze di Difesa israeliane da alcune aree sequestrate nella Striscia di Gaza. "Un alto funzionario della Difesa ha dichiarato ad Ha'aretz che, nonostante l'ampio lavoro logistico realizzato nel Corridoio Netzarim, che attraversa la Striscia di Gaza da est a ovest, e nel Corridoio Philadelphi, che si trova lungo il confine dell'enclave con l'Egitto, tali operazioni sono state effettuate con l'approccio che 'tutto è temporaneo e può essere smontato in tempi relativamente brevi, se necessario', si legge ancora. Durante l'attuazione della prima fase, continueranno i negoziati per il rilascio del secondo gruppo, che comprende soldati e uomini più giovani. L'accordo includerà anche la restituzione dei corpi degli ostaggi, anche se si teme che i palestinesi affermino che alcuni di essi sono impossibili da localizzare, sottolinea Ha'aretz, precisando che attualmente nella Striscia di Gaza ci sono 98 ostaggi, sia israeliani che cittadini stranieri. Secondo le stime, circa la metà di loro è ancora viva. A quanto si sa, l'amministrazione Trump sta cercando di raggiungere un accordo globale, che significa la fine della guerra a Gaza. Pertanto, anche se solo i dettagli della prima fase saranno finalizzati, si prevede uno sforzo americano per costringere entrambe le parti ad attuare la seconda fase, con il tentativo di porre fine ai combattimenti per un lungo periodo di tempo, scrive. La scorsa settimana, l'inviato del presidente eletto in Medio Oriente, Steve Witkoff, è arrivato a Doha, unendosi ai colloqui tra gli Stati mediatori e le due parti. Sabato, a sorpresa, Witkoff si è recato a Gerusalemme e ha incontrato il Primo Ministro Benjamin Netanyahu. "La decisione di Netanyahu, sabato sera, di inviare a Doha la squadra di cui fanno parte i capi del Mossad e del servizio di sicurezza Shin Bet, nonché il capo del Quartier Generale per gli ostaggi e le persone scomparse dell'IDF, è un altro indicatore positivo del fatto che un accordo si sta avvicinando", osserva ancora 'Ha'aretz', facendo presente che a quanto sembra "il Primo Ministro avrebbe concesso a questa squadra un più ampio margine di manovra nei negoziati rispetto al passato. Nelle tornate precedenti, era spesso evidente che Netanyahu faceva inciampare i negoziatori israeliani in anticipo, dando loro un mandato molto ristretto". Il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, ha intanto reso noto che 28 persone sono state uccise nella Striscia nelle ultime 24 ore, portando il bilancio complessivo a 46.565 morti. Il ministero ha poi precisato che almeno 109.660 persone sono rimaste ferite in oltre 15 mesi di guerra tra Israele e Hamas.
(Adnkronos) - “L’industria ceramica italiana, che esporta l’85% sui mercati esteri, è fortemente condizionata dalle crisi internazionali e dall’aumento nei costi dell’energia, che producono pesanti impatti sui budget e richiedono necessari ed urgenti interventi”. Così, con Adnkronos/Labitalia, il presidente di Confindustria Ceramica, Augusto Ciarrocchi, sull'impatto dell'aumento del costo del gas per le aziende associate. Per Ciarrocchi il momento per il settore della ceramica non è facile. “Stiamo affrontando una crisi da domanda -spiega- dovuta ad una contrazione nell’ordine del 5% degli investimenti in edilizia residenziale in Francia e Germania, nostri principali mercati esteri, mentre la congiuntura appare ancora positiva negli Stati Uniti e nei paesi del Golfo Arabico. Anche per il mercato italiano emergono preoccupazioni dovute al peggioramento nel segmento delle ristrutturazioni edilizie, dopo che si sono esauriti gli effetti ma anche le distorsioni del Superbonus”, sottolinea. Una situazione che non permette di fare previsioni a lungo termine. "Difficile fare previsioni sia su volumi che su fatturato per il 2025 perché per i primi l’imprevedibilità e la mutevolezza degli scenari potrebbe cambiare la situazione in modo repentino e consistente", spiega Ciarrocchi. E il presidente di Confindustria Ceramica vede di buon occhio un'intesa Italia-Germania per agire sul prezzo dell'energia, come ventilato dal ministro Pichetto Fratin. "Che le due maggiori manifatture europee -sottolinea- concordino sulla assoluta necessità di una politica energetica comune e razionale, che miri a salvaguardare la competitività delle imprese europee, è di per sé una buona notizia. I costi energetici più elevati sono da sempre un fattore di debolezza per le nostre imprese a cui oggi si aggiunge una elevata volatilità dei prezzi introdotta dalla scelta politica dell'abbandono del gas russo. In questo nuovo scenario, occorre che la politica europea si doti di strumenti idonei a controllare gli effetti sui prezzi delle possibili situazioni di crisi e le spinte speculative che abbiamo visto operare negli ultimi mesi", aggiunge. "Mi pare però che la creazione di una politica energetica europea richiederà tempo mentre già adesso bisogna adottare misure temporanee per ridare fiato alla competitività delle imprese italiane. Da quasi tre anni parliamo di una gas release che ancora non è partita; andrebbe invece attuata subito alimentandola con una quota del gas derivante dai nuovi flussi di approvvigionamento attivati grazie all’azione del Governo dopo la crisi del 2022", conclude. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - A livello mondiale, nel 2024 le catastrofi naturali hanno causato perdite per 320 miliardi di dollari, di cui circa 140 miliardi assicurate. Gli eventi meteorologici estremi sono stati responsabili del 93% delle perdite complessive e del 97% delle perdite assicurate. A fare il punto è Munich Re, fornitore di soluzioni di riassicurazione, assicurazione primaria e rischi assicurativi, in un report globale sui danni registrati lo scorso anno a causa dei disastri naturali. A livello mondiale, secondo i calcoli di Munich Re, nel 2024 le catastrofi naturali hanno causato perdite per 320 miliardi di dollari (268 miliardi nel 2023, rettificati per l’inflazione), di cui circa 140 miliardi (106 miliardi) assicurate. Le perdite complessive e, ancor più, quelle assicurate sono state notevolmente superiori alla media, aggiornate per l’inflazione, degli ultimi dieci e trent’anni (perdite totali: 236/181 miliardi di dollari; perdite assicurate: 94/61 miliardi di dollari). In termini di danni assicurati, il 2024 è stato il terzo anno più costoso; in termini di danni totali, si colloca al quinto posto nella scala dei costi dal 1980. Gli eventi meteorologici estremi sono stati responsabili del 93% delle perdite complessive e del 97% delle perdite assicurate. Nel 2024, circa 11mila persone hanno perso la vita a causa di catastrofi naturali, un numero significativamente inferiore rispetto alla media. Le perdite dovute a eventi non di picco, come inondazioni, incendi e forti temporali, sono state ancora una volta consistenti, per un totale di 136 miliardi di dollari, di cui circa 67 miliardi assicurati. Nel 2024, i cicloni tropicali hanno contribuito da soli con 135 miliardi di dollari alle perdite totali e con 52 miliardi di dollari alle perdite assicurate. La maggior parte di queste perdite è stata causata dai grandi uragani negli Stati Uniti (105 miliardi di dollari, di cui 47 miliardi assicurati). Gli uragani Helene e Milton, che hanno colpito gli Stati Uniti in rapida successione, rispettivamente a settembre e ottobre, sono stati i disastri più distruttivi del 2024. L’uragano Helene ha causato le maggiori perdite complessive dovute a catastrofi naturali nel 2024, pari a 56 miliardi di dollari, di cui 16 miliardi a carico degli assicuratori. L’uragano Milton ha prodotto i maggiori danni assicurati dell’anno, per un totale di 25 miliardi di dollari. Le perdite complessive sono state di 38 miliardi di dollari - calcola Muniche Re - La terza catastrofe naturale più costosa dell’anno in termini di perdite complessive è stata un terremoto in Giappone il giorno di Capodanno, che ha scosso la costa occidentale del Paese vicino alla penisola di Noto, scarsamente popolata, con una magnitudo di 7,5. Le perdite complessive sono state stimate in 15 miliardi di dollari, con danni assicurati per circa 2,5 miliardi di dollari. Il disastro naturale con il più alto numero di vittime è stato il tifone Yagi: circa 850 persone sono state uccise quando ha attraversato le Filippine, l’isola cinese di Hainan, la punta meridionale della provincia cinese di Guangdong, il Vietnam e il Myanmar a settembre. Con perdite totali di 14 miliardi di dollari, Yagi è stato anche uno dei disastri più costosi dell’anno, ma solo una piccola parte è stata assicurata, circa 1,6 miliardi di dollari. Il Nord America (compresi l’America Centrale e i Caraibi) ha registrato ancora una volta la quota più alta dei danni da catastrofi naturali a livello mondiale, e una percentuale più elevata del solito (circa il 60% dei danni totali, media decennale 54%). In totale, le perdite sono state pari a circa 190 miliardi di dollari, di cui circa 108 miliardi assicurati. Oltre agli uragani, anche i forti temporali hanno causato danni enormi: solo negli Stati Uniti hanno causato perdite per 57 miliardi di dollari, di cui 41 miliardi assicurati. In Europa, lo scorso anno le catastrofi naturali hanno distrutto beni per un valore di 31 miliardi di dollari, di cui 14 miliardi assicurati. La catastrofe più grave è stata l’inondazione in Spagna, vicino a Valencia. Almeno 200 persone hanno perso la vita, diventando così il disastro naturale più letale degli ultimi 50 anni in Spagna. I danni totali ammontano a circa 11 miliardi di dollari, di cui 4,2 miliardi assicurati. Anche le inondazioni in Germania e nei Paesi limitrofi a giugno e nell’Europa centro-orientale a settembre hanno causato danni per oltre 9 miliardi di dollari, di cui ben 4 miliardi assicurati. “Il 2024 è stato un anno che ha nuovamente messo in evidenza la crisi climatica in Italia. Gli eventi atmosferici estremi che abbiamo affrontato, dalle alluvioni alle grandinate, dalle ondate di calore alle raffiche di vento, sia pur non raggiungendo a livello di danni assicurati i valori del 2023, hanno avuto un impatto significativo sulle economie locali del nostro paese, ma anche sul panorama assicurativo globale come riportato nel nostro report globale. È necessario rafforzare l’impegno verso soluzioni innovative non solo per mitigare i rischi, ma anche per favorire uno sviluppo sostenibile che protegga le generazioni future”, ha dichiarato Thomas Wilde, Ceo Munich Re Italia. Nella regione Asia-Pacifico e in Africa, le perdite totali di circa 91 miliardi di dollari sono state superiori a quelle dell’anno precedente (66 miliardi di dollari) e alla media decennale (66 miliardi di dollari). Le perdite assicurate, pari a circa 16 miliardi di dollari, sono state significativamente superiori a quelle dell’anno precedente (10 miliardi di dollari).