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(Adnkronos) - Il Papa ha aperto e varcato la Porta Santa. Comincia, così, il Giubileo dedicato alla speranza. Dopo di lui hanno varcato la porta i concelebranti e una cinquantina di fedeli in rappresentanza del mondo. Alla cerimonia ha partecipato anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni seduta accanto al ‘ministro degli Esteri’ vaticano Paul Richard Gallagher. Le immagini, trasmesse in tutto il mondo, hanno composto una sequenza che verrà impressa nella storia. Sono i momenti in cui Papa Francesco si è avvicinato alla Porta Santa in sedia a rotelle, aprendo la Porta in silenzio e pregando. Dopo Francesco, hanno attraversato la Porta Santa i cardinali, i vescovi e alcuni rappresentanti del popolo di Dio provenienti dai cinque Continenti. In questo Giubileo della Speranza, il passaggio del popolo di Dio attraverso la soglia della Porta Santa lancia un messaggio di pace e rinnovamento per tutta l'umanità. Il Pontefice ha celebrato la messa della vigilia di Natale. Al di fuori della Basilica, migliaia di fedeli hanno seguito la celebrazione dai maxi-schermi di piazza San Pietro. "Questa è la notte in cui la porta della speranza si è spalancata sul mondo. Questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno: c'è speranza anche per te!" ha detto Papa Francesco nella messa di Natale. "Tra lo stupore dei poveri e il canto degli angeli - osserva il Pontefice - il cielo si apre sulla terra: Dio si è fatto uno di noi per farci diventare come Lui, è disceso in mezzo a noi per rialzarci e riportarci nell’abbraccio del Padre. Questa è la nostra speranza. L’infinitamente grande si è fatto piccolo; la luce divina è brillata fra le tenebre del mondo; la gloria del cielo si è affacciata sulla terra, nella piccolezza di un Bambino. E se Dio viene, anche quando il nostro cuore somiglia a una povera mangiatoia, allora possiamo dire: la speranza non è morta, la speranza è viva, e avvolge la nostra vita per sempre!". Bergoglio ha invitato a non perdersi d’animo: "Per accogliere questo dono, siamo chiamati a metterci in cammino con lo stupore dei pastori di Betlemme. Il Vangelo dice che essi, ricevuto l’annuncio dell'Angelo, ‘andarono, senza indugio’. Questa è l’indicazione per ritrovare la speranza perduta, rinnovarla dentro di noi, seminarla nelle desolazioni del nostro tempo e del nostro mondo: senza indugio. Non indugiare, non rallentare il passo, ma lasciarsi attirare dalla bella notizia. Senza indugio, andiamo a vedere il Signore che è nato per noi, con il cuore leggero e sveglio, pronto all’incontro, per essere capaci di tradurre la speranza nelle situazioni della nostra vita". "La speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente: è la promessa del Signore da accogliere qui e ora, in questa terra che soffre e che geme" ammonisce il Pontefice. "Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia", ha scandito Francesco. Il Pontefica ha chiesto di portare speranza nei luoghi profanati da guerra e violenza. Bergoglio ha riflettuto sulle condizioni umane nelle quali si è smarrita la speranza. Il suo dolore per le popolazioni profanate dalle guerre. "A noi, tutti, - ha detto Francesco - il dono e l’impegno di portare speranza là dove è stata perduta: dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano il cuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nella sofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde dei poveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza”. “Il Giubileo si apre perché a tutti sia donata la speranza del Vangelo, la speranza dell’amore, la speranza del perdono. E guardando al presepe, - ha detto Francesco citando l’omelia del Natale 1980 del cardinal Martini - alla tenerezza di Dio che si manifesta nel volto del Bambino Gesù, ci chiediamo: 'C’è nel nostro cuore questa attesa? C’è nel nostro cuore questa speranza? Contemplando l’amabilità di Dio che vince le nostre diffidenze e le nostre paure, contempliamo anche la grandezza della speranza che ci attende. Che questa visione di speranza illumini il nostro cammino di ogni giorno’”. Bergoglio si rivolge a ciascun fedele: “Sorella, fratello, in questa notte è per te che si apre la “porta santa” del cuore di Dio. Gesù, Dio-con-noi, nasce per te, per noi, per ogni uomo e ogni donna. E con Lui fiorisce la gioia, con Lui la vita cambia, con Lui la speranza non delude”. Il Pontefice ha chiesto di alzare la voce contro il male e le ingiustizie sui poveri. "Impariamo dall'esempio dei pastori: la speranza che nasce in questa notte - non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità; non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri. Al contrario, la speranza cristiana, mentre ci invita alla paziente attesa del Regno che germoglia e cresce, esige da noi l’audacia di anticipare oggi questa promessa, attraverso la nostra responsabilità e la nostra compassione”. Bergoglio ha citato Alessandro Pronzato, il prete scrittore tra i più letti del 900 che spiegò il Vangelo a Fidel: "Guardando a come spesso ci sistemiamo in questo mondo, adattandoci alla sua mentalità, un bravo prete scrittore così pregava per il Santo Natale: 'Signore, Ti chiedo qualche tormento, qualche inquietudine, qualche rimorso. A Natale vorrei ritrovarmi insoddisfatto. Contento, ma anche insoddisfatto. Contento per quello che fai Tu, insoddisfatto per le mie mancate risposte. Toglici, per favore, le nostre paci fasulle e metti dentro alla nostra 'mangiatoia', sempre troppo piena, una brancata di spine. Mettici nell’animo la voglia di qualcos'altro'. Non dimentichiamo che l'acqua ferma è la prima a corrompersi". “La speranza cristiana - ha detto Bergoglio - è proprio il 'qualcos'altro' che ci chiede di muoverci 'senza indugio'. A noi discepoli del Signore, infatti, è chiesto di ritrovare in Lui la nostra speranza più grande, per poi portarla senza ritardi, come pellegrini di luce nelle tenebre del mondo. Fratelli e sorelle, questo è il Giubileo, questo è il tempo della speranza! Esso ci invita a riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama al rinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo, perché questo diventi davvero un tempo giubilare: lo diventi per la nostra madre Terra, deturpata dalla logica del profitto; lo diventi per i Paesi più poveri, gravati da debiti ingiusti; lo diventi per tutti coloro che sono prigionieri di vecchie e nuove schiavitù". Il Papa ha dato voce al dolore per le tante “desolazioni del mondo”. In un passaggio a braccio dell’omelia, Bergoglio ha chiesto di pensare “ai bambini mitragliati, alle bombe sulle scuole e gli ospedali”. In un altro passaggio a braccio, il Pontefice ha ricordato che “Dio perdona sempre. Questo è un modo di capire la speranza del Signore”. Al termine della messa di Natale, sulla sedia a rotelle, il Pontefice, affiancato da una delegazione di bambini di tutto il mondo, ha portato il Bambinello nel presepe di San Pietro. Nella giornata di Natale Bergoglio terrà l’Urbi et Orbi rilanciando l’appello per la pace nel mondo dilaniato dalle guerre. Bergoglio, durante l’omelia nella messa di Natale, ha dato voce a tutta la sua preoccupazione in un passaggio a braccio nel quale ha denunciato le "tante desolazioni in questo tempo. Pensiamo alle guerre, ai bambini mitragliati, alle bombe sulle scuole e sugli ospedali. Non indugiare, non rallentare il passo, ma lasciarsi attirare dalla bella notizia". "Senza indugio - ha osservato ancora -, andiamo a vedere il Signore che è nato per noi, con il cuore leggero e sveglio, pronto all'incontro, per essere capaci di tradurre la speranza nelle situazioni della nostra vita. E questo è il nostro compito: tradurre la speranza nelle diverse situazioni della vita. Perché la speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l'happy end di un film: è la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme”. “Sono stata in piazza San Pietro tutta la sera al freddo nella speranza di varcare la Porta Santa" ha raccontato delusa una turista sudamericana. "Non me lo hanno permesso, e io domani devo partire". Erano venticinquemila i fedeli in Piazza San Pietro per l’apertura ufficiale del Giubileo della speranza, fa sapere il Vaticano, mentre nella Basilica di San Pietro c'erano seimila fedeli. Dalle 8 di mattina di Natale la Porta Santa di San Pietro sarà aperta ai fedeli. "Essere qui oggi con mio figlio e mio marito è un sogno che si avvera" racconta Inga, giovane lettone, mentre porta in braccio il suo bambino. "Da tempo sognavo di riuscire a venire a vedere il Giubileo e l’apertura della Porta Santa a Roma - conclude - che è una città straordinaria". "L’emozione è grande per un evento unico. Sono venuta apposta per l’apertura della Porta Santa nella speranza di varcarla. L’unica paura è non riuscire a entrare in piazza San Pietro,", racconta Gaia, turista che per il Giubileo è venuta da Pisa. ‘’Sono una pellegrina romana" racconta un'altra fedele dal quartiere Centocelle nella Capitale. "Sono uscita alle 16 - racconta - ho parcheggiato a Trionfale e poi fino a qui a piedi. Non me la voglio perdere". Non solo da Roma. Arrivano dalla Francia, dall’Iraq, e un gruppo di una ventina di persone, con berretto di Babbo Natale per non perdersi, dal Venezuela. "Fa molto freddo ma credo che rimarrò fino alla fine. Chissà quando mi ricapita" racconta in piazza San Pietro Kenzie, studentessa originaria di Minneapolis, negli Stati Uniti, in vacanza a Roma per Natale. "Non sono una molto religiosa e avrei voluto fare qualche altro regalo, ma credo - prosegue - che ormai sia troppo tardi, ci ho messo troppo a superare i controlli di sicurezza". Per quanto riguarda proprio la sicurezza "qualche paura la ho, soprattutto dopo quanto accaduto in Germania: stavo per rinunciare a passare qui, ma ora mi sento abbastanza al sicuro". " Vedere il Papa sulla sedia a rotelle mi dispiace tanto, sta bene?" si chiede Kelly, originaria di Guam ma che da anni vive in Colorado, in vacanza con la sua famiglia a Roma. "È la prima volta che veniamo in Italia - racconta - e non volevamo perderci la possibilità di vedere il Vaticano. L’unico neo, sono stati i controlli, molto lunghi: prima abbiamo dovuto lasciare le nostre borracce (a via della Conciliazione, al primo varco, ndr.) e, poi, un'altra fila per entrare nella piazza. Ma - conclude - ne è valsa la pena". "Non sono cattolica, ma capisco l’importanza dell’evento: ho prolungato la mia vacanza per rimanere e assistere al Giubileo. L’atmosfera è unica" dice Lao Zhen, cinese di Chengdu. Come lei, tanti hanno un cappello rosso da Babbo Natale in testa, per coprirsi dal freddo e per farsi riconoscere. "Peccato che la porta sia coperta da una tenda e non si possa vedere con i nostri occhi Papa Francesco", racconta. "Purtroppo non conosciamo il latino e non abbiamo seguito le parole della messa, ma abbiamo sentito la cerimonia dentro di noi", dicono Ricardo e Estrella, che sono venuti a Roma dal Perù per l’apertura della Porta Santa ed essere presenti a quello che loro stessi definiscono "un evento fortissimo". "La religione, mia e degli altri, qui e oggi è relativa. L’evento è invece qualcosa di universale. Magnifico" dice Ramesh, indiano di Mumbai, in piazza San Pietro. "L’atmosfera che si respira - dice - è qualcosa di unico, è indescrivibile". "Qualunque cosa mi faccia sentire più sicura è più che okay. Rispetto ad altre occasioni abbiamo passato rapidamente i metal detector", dice Carlie, turista americana in vacanza con il marito, dopo essersi scattata un selfie sotto l’albero di piazza San Pietro. "E anche il clima non è male: da noi in Florida è molto più umido, il freddo ti entra davvero nelle ossa. Qui - conclude - al massimo c’è un po di vento". Due le novità di quest'anno. Una webcam installata sulla Porta Santa di San Pietro permetterà a chi non potrà viaggiare di attraversarla quantomeno virtualmente. La seconda sarà che il 26 dicembre Bergoglio ne aprirà simbolicamente una per tutte nel carcere di Rebibbia. Si tratta di una prima volta nella storia degli Anni Santi. Il 29 dicembre il Vicario di Roma, cardinal Baldo Reina, su mandato del Papa, provvederà ad aprire la Porta Santa a San Giovanni in Laterano. Il 1 gennaio 2025 sarà aperta la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore. Il 5 gennaio toccherà a quella di San Paolo fuori le Mura.
(Adnkronos) - "Digitale e innovazione a supporto della fabbrica sono e saranno un elemento differenziante e di competitività per le aziende più in prima linea nella loro adozione". Lo dichiara all'Adnkronos/Labitalia Fabio De Felice, tra i principali esperti italiani di digitalizzazione delle imprese. “Se il 2023 - osserva - è stato l’anno dell’intelligenza artificiale generativa, con progressi sorprendenti che hanno colto di sorpresa in tanti e il 2024 è stato l’anno della Human Connection e degli agenti dell’intelligenza artificiale, il 2025 sarà l'anno in cui tutte le aziende dovranno cogliere le opportunità di queste rivoluzioni. Abbiamo oggi macchine che comprendono il 'nostro sistema operativo, il linguaggio' e che sono pertanto in grado d’interagire con noi, di farci programmare pur non conoscendo una linea di codice o di agire al posto nostro in diversi contesti ed in svariate operazioni". L'esperto - che insegna Impianti industriali presso la facoltà di Ingegneria dell’Università Parthenope di Napoli e presso la Luiss Business School di Roma - è Fondatore di Protom, e, negli ultimi 5 anni, ha partecipato alla task force Digitalization del B20 -il Business Forum del G20-contribuendo redazione delle raccomandazioni ai governi in materia di innovazione e digitalizzazione. Inoltre De Felice è tra gli italiani che parteciperanno a gennaio al Ces di Las Vegas, la più grande fiera tech negli Stati Uniti, nella quale si apre una sorta di finestra sul futuro, sulle innovazioni e soluzioni che entreranno a breve nel disegnare i nuovi confini delle nostre attività non solo lavorative. "Siamo in un momento cruciale - avverte - in cui la tecnologia non è solo uno strumento: è un ponte che ci collega gli uni agli altri come mai prima d’ora ed espande le nostre esperienze e capacità. Si parla spesso di rischi legati all’uso dell’intelligenza artificiale, ma come ogni tecnologia, ogni innovazione non è né buona né cattiva, ma siamo noi a darle una connotazione o uno specifico impiego; pertanto, se dobbiamo parlare di rischi, dobbiamo guardare molto di più alle persone che impiegano la tecnologia stessa più che la tecnologia in sé”. "La vera sfida - sottolinea - non è scegliere tra il mondo virtuale e quello reale, ma trovare il modo di farli convivere. Infatti, se da un lato possiamo affermare che gli algoritmi che governano i contenuti consumati dagli adolescenti e da tutti noi, rafforzano visioni omogenee e polarizzate della realtà dall’altro le stesse tecnologie che producono questa distorsione potrebbero invertire la loro azione se il loro utilizzo fosse orientato opportunamente nei vari percorsi formativi che accompagnano la vita non solo dei nostri giovani, ma dell’intera collettività. La formazione, infatti, rimane il 'luogo privilegiato' per affrontare questo malessere e con un ripensamento strutturale del sistema di apprendimento in cui la tecnologia viene integrata in modo funzionale alla maturazione individuale, potrebbe diventare lo strumento per sviluppare competenze sociali, critiche ed emotive. Non si tratta, pertanto, di demonizzare la tecnologia, ma di ripensarne l’uso”. "A valle della lettura dei risultati conseguiti dal Made - continua De Felice - possiamo affermare che i competence center, almeno quelli strutturati ed efficienti come il Made 4.0, rappresentano un anello strategico nel guidare le imprese italiane verso l’innovazione tecnologica e la competitività. Queste strutture agiscono da cerniera fondamentale tra le tecnologie avanzate e le esigenze delle aziende, in particolare delle pmi, accompagnandole in un percorso di trasformazione digitale mirato e sostenibile". "Made - precisa de Felice - rappresenta un esempio virtuoso di come i competence center possano fungere da piattaforme di connessione tra il mondo accademico, le imprese e i finanziamenti pubblici e privati. Grazie a dimostratori, isole tecnologiche e formazione, le aziende non solo adottano soluzioni innovative ma apprendono come integrarle nei propri processi. Questa azione di 'cerniera' consente di abbattere barriere tecnologiche e culturali, rendendo accessibile anche alle piccole realtà il potenziale delle tecnologie 4.0". "L’iniziativa - afferma - non si limita all’adozione tecnologica ma si estende alla costruzione di competenze, evidenziando l’utilità di un approccio integrato che coniughi formazione, sperimentazione e supporto strategico. Made dimostra che non si tratta solo di introdurre innovazione, ma di renderla un valore tangibile e duraturo per il sistema produttivo italiano, con ricadute positive sia sulla competitività delle imprese sia sulla capacità del Paese di affrontare le sfide del futuro".
(Adnkronos) - “Il prossimo passo sono i magazzini della Vignaccia, è il doppio della superficie dell'ingresso dei Musei ed è già in corso di lavorazione, terminerà nei primi mesi del 2025, produrrà il doppio di energia nell'arco dell'anno; poi ci sono anche la realizzazione delle colonnine di ricarica elettrica e altri progetti su parte dei tetti di alcune abitazioni che lo consentono, all'interno del territorio della città del Vaticano, Laudato Si'''. Così Salvatore Farina, direttore della Direzione Infrastrutture e Servizi, Governatorato Città del Vaticano, all'inaugurazione della nuova copertura vetrata fotovoltaica del Cortile delle Corazze nei Musei Vaticani. ''Tutto il Governatorato e la mia direzione in particolare stiamo svolgendo questi progetti che tendono al Net Zero come da impegni sviluppati in ambito internazionale''. ''Questo impianto ha una potenza di 135 kW in un anno e 274 kWh, l'altro impianto invece produrrà il doppio. Quindi ci avviamo, passo dopo passo, verso gli impegni del 2030 e poi 2050, ma siamo già in una buona posizione. La città del Vaticano è all'avanguardia, sta dando l'esempio e quindi è sulla strada giusta per rispettare l'ambiente, per risparmiare l'energia''. ''Abbiamo sviluppato in grande armonia insieme ai tecnici di Acea-Areti questi progetti che sono veramente complessi perché sono strutture molto particolari, delicate, che insistono su siti assai sensibili e quindi sono molto complessi da realizzare. Questo è stato realizzato veramente a tempo di record e devo dire è stato fatto un gioco di squadra”.