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(Adnkronos) - Proprio pochi giorni fa, con l'ultimo spostamento delle lancette per il passaggio da ora legale a solare, si era riacceso il dibattito sulla necessità di non interferire nei bioritmi delle persone con un doppio cambio di orario annuale. In Ue capofila del fronte pro abolizione del sistema è il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez che ha rilanciato la questione a livello dell'Unione, e diversi esperti di salute del sonno e altri specialisti gli hanno dato ragione. Ma la difesa della salute circadiana non ha confini e anche Oltreoceano arriva una nuova presa di posizione. "L'orologio biologico è importante per la salute del cuore". A minacciarlo non sono solo i riallineamenti delle lancette 2 volte l'anno, ma la stessa quotidianità. Sono prima di tutto "gli stili di vita moderni a metterlo sempre di più alla prova", "fattori come turni di lavoro, orari irregolari del sonno e dei pasti o l'esposizione alla luce notturna". Le interruzioni del ritmo circadiano, cioè l'orologio interno dell'organismo, "possono aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e fattori di rischio per la salute, tra cui obesità, diabete di tipo 2 e ipertensione". L'appello a intervenire per tutelare un aspetto "spesso trascurato nella prevenzione salvacuore durante tutto l'anno" arriva dai cardiologi Usa. In una nuova dichiarazione scientifica dell'American Heart Association, pubblicata sulla rivista 'Circulation' si evidenziano le potenziali conseguenze per la salute delle regolari interruzioni dell'orologio biologico interno. "Compromettono la regolazione metabolica, il controllo della pressione sanguigna e l'equilibrio ormonale, contribuendo alla progressione della malattia", elencano gli esperti. Tutto questo "può essere particolarmente rilevante per la salute cardiovascolare-renale-metabolica, che è associata all'incidenza di malattie cardiovascolari e al rischio di mortalità". Ma come funziona quel 'tic tac' che scandisce le attività del nostro organismo? "I ritmi circadiani - spiega Kristen Knutson, del Comitato per la scienza del sonno dell'Associazione dei cardiologi Usa e professore associato di neurologia alla Feinberg School of Medicine della Northwestern University di Chicago - sono prodotti dall'orologio interno naturale del corpo, attivo 24 ore su 24, che regola una moltitudine di processi biologici come il sonno, la veglia, il rilascio di ormoni, la digestione e la temperatura corporea. Le interruzioni regolari dell'orologio biologico sono molto più di semplici inconvenienti come rimanere alzati fino a tardi o svegliarsi troppo presto. Queste interruzioni possono innescare effetti negativi sulla salute in diversi modi. Allineare i nostri comportamenti quotidiani, quando dormiamo, mangiamo e ci muoviamo, al nostro orologio interno è importante per supportare una salute cardiometabolica ottimale". I ritmi circadiani sono cicli di circa 24 ore nei processi fisiologici che regolano funzioni chiave come la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna, il metabolismo e la secrezione di ormoni come il cortisolo, importante per la risposta allo stress e il metabolismo. La salute circadiana viene definita come la funzione ottimale, il carattere ritmico e l'allineamento del sistema circadiano con il ciclo luce-buio. Come si sincronizza il sistema circadiano? Principalmente attraverso la luce rilevata dalla retina nell'occhio e trasmessa al nucleo soprachiasmatico (speciali neuroni nella regione dell'ipotalamo nel cervello). All'interno di questi neuroni e in tutto il corpo si trovano geni e proteine speciali (come Clock, Bmal1, Per e Cry) che contribuiscono a generare attività ritmica. Si attivano e disattivano a un ciclo regolare, creando il ritmo dell'orologio interno del corpo. Gli orari in cui un individuo va a dormire, mangia e svolge attività fisica sono tra i comportamenti che possono influenzare questo allineamento. Un'alterazione può verificarsi se l'orologio biologico interno di una persona non è allineato con il suo comportamento. Ad esempio, se una persona che dorme di sera deve svegliarsi prima del previsto, magari durante un viaggio all'estero o per un lavoro mattutino, sarà sveglia durante la sua notte biologica, il che potrebbe alterare i ritmi circadiani. Nonostante il loro "ruolo importante nel mantenerci in salute", osserva Knutson, i ritmi circadiani sono "spesso trascurati nella pratica medica quotidiana. È importante comprendere l'impatto che le alterazioni possono avere sul nostro corpo e come ridurlo". Gli specialisti identificano alcuni punti chiave. Il primo: la regolarità del sonno è importante quanto la sua durata. Orari irregolari possono portare alterazioni, il cosiddetto 'jet lag sociale', cioè le variazioni del ritmo sonno-veglia nei giorni di lavoro o di scuola rispetto ai giorni liberi, è stato collegato per esempio al rischio di obesità e sovrappeso. Anche i tempi e la regolarità del sonno giocano un ruolo nel diabete, con il jet lag sociale e una maggiore variabilità giornaliera nella durata e negli orari del sonno che emergono come fattori di rischio per la disregolazione glicemica e il diabete di tipo 2. Mantenere orari di sonno e veglia costanti aiuta a sincronizzare l'orologio interno del corpo e favorisce la salute metabolica. Il secondo punto è che "l'esposizione alla luce è uno strumento terapeutico - fanno notare gli esperti Usa .- La luce è il principale segnale o sincronizzatore dell'orologio circadiano centrale del cervello. L'esposizione mattutina alla luce naturale aiuta a rafforzare i ritmi sani, mentre l'esposizione alla luce artificiale di notte, in particolare la luce blu degli schermi, può sopprimere la melatonina e ritardare l'addormentamento. Anche bassi livelli di luce notturna sono stati associati a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari". Punto 3, anche l'orario dei pasti influisce sulla salute metabolica, oltre al contenuto calorico. "Mangiare tardi la sera o consumare pasti a orari irregolari può disallineare gli orologi circadiani presenti in organi come fegato e pancreas, contribuendo a picchi o cali glicemici e all'aumento di peso - spiegano gli specialisti statunitensi - Gli studi dimostrano che mangiare prima durante il giorno, ad esempio facendo colazione prima delle 8, è associato a un minor rischio di diabete di tipo 2 e a migliori risultati cardiometabolici". Al punto 4 si evidenzia invece come la tempistica dell'attività fisica possa migliorare la salute circadiana, perché l'esercizio fisico agisce come un sincronizzatore secondario. "Allenarsi al mattino o al pomeriggio può aiutare a migliorare i ritmi circadiani, mentre l'esercizio serale può ritardarli", avvertono gli esperti. La tempistica dell'attività fisica può anche influenzare risultati come la pressione sanguigna, il controllo della glicemia e la qualità del sonno, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per determinare la tempistica ottimale per i diversi individui. Il punto 5 entra nel merito dell'impatto di situazioni come il lavoro su turni, l'inquinamento luminoso e il sonno irregolare, risvolti della vita moderna che amplificano il disallineamento circadiano: "Le persone che lavorano con orari non tradizionali, come i lavoratori a turni, possono essere maggiormente esposte all'inquinamento luminoso, a orari dei pasti irregolari e a ritmi del sonno irregolari rispetto a chi ha orari giorno/notte più tradizionali. Il disallineamento dovuto al lavoro a rotazione e ai turni notturni è un fattore di rischio accertato per le malattie cardiovascolari", scrivono i cardiologi dell'associazione. Il sesto e ultimo punto entra invece nel merito delle caratteristiche personali. Ognuno di noi può essere 'gufo' o 'allodola' e la tempistica dell'orologio biologico interno individuale dovrebbe guidare la tempistica degli interventi, è la convinzione degli esperti. "Il cronotipo", cioè il ritmo interno della persona, comunemente descritta come 'mattiniera' o 'nottambula', "influenza il modo in cui si risponde alla luce, ai pasti e all'esercizio fisico. Adattare gli interventi ai ritmi naturali di ciascuno può migliorarne l'efficacia. Tuttavia, valutarli è difficile", precisano gli autori. Le nuove tecnologie potrebbero presto semplificare la misurazione: strumenti come dispositivi indossabili, test di laboratorio avanzati e intelligenza artificiale potrebbero aiutare a tracciare modelli di parametri come la temperatura cutanea e la frequenza cardiaca nell'arco delle 24 ore, fornendo un quadro più chiaro del ritmo naturale dell'orologio biologico di un individuo. "Ognuno ha un orologio interno, ed è ora di iniziare ad ascoltarlo - conclude Knutson - Semplici cambiamenti, come andare a letto e svegliarsi alla stessa ora ogni giorno, consumare i pasti prima e godere della luce del sole al mattino, possono fare una differenza significativa per la salute cardiaca e metabolica. Abbiamo ancora bisogno di ulteriori ricerche per stabilire la causalità e capire come e perché i ritmi circadiani influenzano la salute. Idealmente, tali ricerche potrebbero aiutare gli scienziati a individuare i momenti migliori per abitudini sane come dormire, fare esercizio fisico e mangiare, e a creare strategie personalizzate che si adattino all'orologio biologico naturale di ogni persona".
(Adnkronos) - I numeri dell’occupazione nel Veneto sono tutti sopra la media nazionale ma i conti sulle retribuzioni non tornano, soprattutto quelli delle donne e occorre intervenire con politiche mirate. Questi i temi al centro della discussione nell’assemblea di Manageritalia Veneto che si è svolta oggi all’Hotel Veronesi La Torre di Verona. L’incontro, aperto dal presidente Lucio Fochesato e dal vicepresidente Manuel Modolo, ha visto la partecipazione di Antonio Furlanetto, ceo di Skopìa Anticipation Services, con un intervento dal titolo 'Prepararsi ai futuri: sfide, visioni, competenze. Suggestioni per gestire i cambiamenti', che ha stimolato una riflessione sul ruolo del manager nel contesto attuale e futuro. L’assembla ha affrontato anche il tema della crescita a partire dai dati Istat che vedono l’occupazione totale in Veneto al 70,2% (62,3% donne e 78% uomini) e Venezia è la 47esima provincia in classifica con il 68,1% (60,7% donne e 75,5% uomini) mentre Verona è la 17esima con il 70,6% (62,6% donne e 78,4% uomini) entrambe abbondantemente sopra la media nazionale pari al 62,2% (53,3% donne e 71,1% uomini). Spiccano i dati dei 25-34enni: a Venezia la media totale è del 76,6% (donne al 68,1% e uomini all’87%) e a Verona è dell’80,8% (71,1% donne e 88,6% uomini), mentre a livello regionale la media per i giovani è dell’80,8% (donne 71,5% e uomini 89,6%). In questa fascia d’età la media nazionale è del 68,7% con il 60,8% delle donne e il 76,2% degli uomini. Guardando, invece, alle retribuzioni (quella lorda oraria per i dipendenti) se in Italia siamo a 14,78 euro di media, (15,40 uomini e 13,88 donne), in Veneto la media totale è ancora più bassa (14,70% di cui 13,70 euro per le donne e 15,44 euro per gli uomini). Valori non così distanti dal minimo legale proposto dalle forze sindacali di 9 euro. “I dati sull’occupazione ci raccontano una regione dinamica e in crescita, ma non possiamo accontentarci. È urgente affrontare il tema delle retribuzioni con interventi strutturali e una maggiore valorizzazione del ruolo femminile nel management. Solo così potremo trasformare la crescita occupazionale in un vero progresso sociale, equo e sostenibile. Il livello medio delle retribuzioni in Veneto, pur in un contesto produttivo avanzato, resta troppo vicino alla soglia minima e non riflette adeguatamente il valore del lavoro, soprattutto quello femminile. Serve un cambio di passo culturale e strategico”, ha dichiarato Lucio Fochesato, presidente di Manageritalia Veneto. In Veneto (secondo i dati elaborati da Manageritalia su base Inps) assistiamo a una crescita complessiva dei manager che si assesta al +1.4% nell’ultimo anno, arrivando a toccare 8.684 dirigenti (7.279 uomini e1.405donne) attivi in tutta la regione. Bilancio in positivo in 5 provincie su 7. Verona + 3,4%, Padova +5,2%. Bene Vicenza +3,5% anche Treviso +1,3%. Realtà in controtendenza Rovigo -0.7% Venezia -10,9%.
(Adnkronos) - L'Italia rischia di perdere il 20% delle spiagge al 2050 e il 45% al 2100. Le case di 800mila persone sono a rischio per innalzamento dei mari, inondazioni temporanee o permanenti, erosione, pressione demografica e urbanistica. Lo rileva il XVII Rapporto ‘Paesaggi sommersi’ della Società Geografica Italiana, presentato questa mattina a Palazzetto Mattei a Roma con un ampio corredo di dati, evidenze, proiezioni e analisi. I territori più a rischio sono in primo luogo l’Alto Adriatico e, in misura minore, la costa pugliese intorno al Gargano, diversi tratti della costa tirrenica tra la Toscana e la Campania, le aree di Cagliari e Oristano, e molte altre. A rischio sono anche la metà delle infrastrutture portuali, diversi aeroporti, più del 10% delle superfici agricole, buona parte delle paludi, delle lagune e le zone costiere cosiddette 'anfibie', a cominciare dal Delta del Po e dalla Laguna di Venezia. La crisi climatica avrà un impatto enorme, ad esempio, sulle aree agricole costiere con un’accelerazione dei processi di salinizzazione, che imporranno pesanti strategie di adattamento, e sui litorali urbanizzati. Secondo stime inedite - spiega Società Geografica Italiana - sono 800mila le persone che vivono in territori sotto il livello del mare atteso e che rischiano processi di ricollocazione o che dovranno essere protetti da difese costiere artificiali sempre più pervasive. Basti pensare che la fascia costiera non è solo la zona in Italia con la maggior percentuale di suolo artificiale e urbanizzato ma è anche un’area dove il consumo di suolo prosegue incessante. Il Rapporto evidenzia che l’Italia rischia di perdere circa il 20% e il 45% delle proprie spiagge al 2050 e al 2100 rispettivamente, con punte in Sardegna, Lazio, Friuli-Venezia Giulia e Campania. "Bonifiche, urbanizzazione, infrastrutturazione, abusivismo: abbiamo trasformato la fascia costiera, un ambiente dinamico e instabile, in una linea di costa rigida e quindi fragile e vulnerabile. È ora indispensabile un cambiamento profondo dei regimi di gestione e pianificazione costiera, oltre che una ineludibile ma affatto scontata presa d’atto della centralità della ‘questione coste’ e della necessità di una sua ricomposizione a scala nazionale", fa sapere Stefano Soriani, professore di Geografia economico-politica all’Università Ca' Foscari Venezia, che ha partecipato alla redazione del Rapporto. In questo quadro la crisi climatica agirà come 'moltiplicatore di stress', rendendo i problemi ancora più gravi, sia dal punto di vista ambientale sia da quello socioeconomico - evidenzia Società Geografica Italiana - Ciò rende non più rinviabile un dibattito ampio tra forze politiche, sociali e scientifiche sulla gestione sostenibile delle nostre coste. "Il rischio non è solo la perdita di spiagge o l’inondazione dei litorali di costa bassa, urbanizzati o meno, ma una sempre più pervasiva artificializzazione della linea di costa, con profonde implicazioni paesaggistiche e di aggravamento della vulnerabilità. L’unica alternativa è fare il contrario di quanto fatto fin qui: rinaturalizzare i litorali, per sfruttare la loro capacità di adattamento. Un percorso irto di ostacoli socio-politici, oltre che strutturali ed economici", spiega Filippo Celata, professore di Geografia economica e politica all’Università di Roma La Sapienza, che ha partecipato alla redazione del Rapporto. "Da quasi vent'anni la Società Geografica Italiana realizza, con i suoi Rapporti, approfondite analisi dei problemi del territorio italiano. Cerchiamo di non alimentare allarmismi e catastrofismi; al contrario, proviamo a proporre ai decisori politici un quadro equilibrato e, su quella base, possibili interventi di mitigazione dei problemi", dichiara Claudio Cerreti, presidente della Società Geografica Italiana. I dati chiave del rapporto. Artificializzazione costiera - Quasi un quarto del territorio entro i 300 metri dalla costa è coperto da strutture artificiali, con picchi allarmanti in Liguria (47%) e nelle Marche (45%). Erosione accelerata - L'Italia rischia di perdere fino al 45% delle spiagge entro il 2100, mettendo a rischio un patrimonio naturale e turistico inestimabile. Difese costiere - Barriere artificiali proteggono ormai più di un quarto delle coste basse, ma aggravano l'erosione e la vulnerabilità e saranno sempre più costose e meno efficaci. Pressione turistica e impatto economico - I comuni costieri offrono il 57% dei posti letto turistici, ma questo sviluppo incontrollato sta esacerbando la crisi. Salinizzazione dei terreni agricoli - Nell'estate del 2023, il cuneo salino ha risalito il Delta del Po per oltre 20 chilometri, minacciando l'agricoltura e la disponibilità di acqua potabile. Aree protette vulnerabili - Le aree protette, cruciali per la biodiversità, tutelano il 10% delle acque e delle coste italiane, ma raramente dispongono di un piano di gestione adeguato. Porti a rischio - Porti e infrastrutture connesse si estendono per 2.250 km e rischiano di essere pesantemente compromesse con gravi effetti sulla qualità dei sistemi logistici.