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(Adnkronos) - Nel mondo la miastenia gravis (Mg), o anche semplicemente miastenia, colpisce mediamente 20 persone ogni 100mila abitanti, ma in Sardegna i numeri di questa malattia rara sono molto più alti, quasi 3 volte più della media europea, con una prevalenza di 55,3 casi su 100mila: la più alta nota al mondo. I numeri emergono da uno studio pubblicato nel 2019 dall'università di Sassari. Secondo questi dati, nell'isola dovrebbero esserci circa 1.000 persone con la patologia, ma solo metà risultano nel registro di malattia. E' il tema del convegno 'Miastenia gravis, la Sardegna al centro', organizzato da Osservatorio malattie rare (Omar) con il patrocinio di Aim - Associazione italiana miastenia e malattie immunodegenerative Amici del Besta, sezione Sardegna, e il contributo non condizionante di Ucb Pharma. Nel corso dell'evento, moderato dalla direttrice di Omar, Ilaria Ciancaleoni Bartoli, si è fatto il punto sui numeri, sull'organizzazione della rete e dei percorsi e sui bisogni dei pazienti. La miastenia gravis - riferisce Omar in una nota - è una malattia non ereditaria, di origine autoimmune. Come altre patologie di questo tipo, ha un'incidenza più elevata in Sardegna. La patologia ha un andamento imprevedibile, con manifestazioni che possono essere diverse da persona a persona, ma è spesso debilitante e con un forte impatto sulla qualità della vita. A scatenarla è la produzione anomala di diversi anticorpi che attaccano le giunzioni neuromuscolari e causano quindi una generale debolezza muscolare che può colpire occhi, braccia, gambe, ma anche rendere impossibile la deglutizione e la masticazione, fino a causare delle vere e proprie crisi respiratorie. "La sezione regionale di Aim sta lavorando per mappare le difficoltà del nostro territorio, che esistono, ma possono essere affrontate grazie alla collaborazione dei clinici e delle istituzioni - spiega Maya Uccheddu, coordinatrice di Aim Sud Sardegna - Intanto sarebbe utile avere numeri reali dei pazienti in tutto il territorio sardo: sappiamo che molti pazienti probabilmente non sono tracciati perché magari in cura fuori regione o in centri periferici, che non possono rilasciare esenzione. Ma i numeri sono fondamentali per capire anche la distribuzione territoriale e fare programmazione". "La miastenia è una patologia invalidante - sottolinea - e spesso anche sotto trattamento rimangono sintomi fluttuanti o si hanno inaspettate ricadute. L'impatto dal punto di vista sociale ed economico è alto, spesso con perdita o riduzione delle ore lavorative per la persona che ne è affetta, ma anche per il caregiver". Nella Rete dei centri di riferimento regionale, per Uccheddu "potrebbe essere necessario fare un'integrazione: lavorando alla mappatura stiamo verificando che sono rimasti fuori dei poli importanti e che effettivamente danno un ottimo servizio ai pazienti". Le richieste portate da clinici e pazienti possono essere dunque sintetizzate così: informare la popolazione sulla patologia, così che i pazienti non si sentano più invisibili; sensibilizzare tutta la classe medica sui sintomi per favorire una diagnosi più veloce; potenziare il registro di malattia, così da favorire organizzazione e programmazione anche economica; integrare e potenziare la Rete regionale dei centri di riferimento. "La miastenia - evidenzia la coordinatrice di Aim Nord Sardegna, Federica Basciu - a volte ti rende anche incompreso perché è una patologia che non ha segni e sintomi così visibili. Le persone con miastenia gravis spesso perdono il lavoro, quasi mai viene loro riconosciuta la legge 104 e non accedono alle prestazioni di assistenza sociale come l'invalidità civile. Per questo motivo dobbiamo far comprendere alla popolazione, attraverso i media e i decisori pubblici, le difficoltà e i bisogni di chi ne è affetto". A causa della variabilità dei sintomi, "riconoscere subito la Mg non sempre è facile e le diagnosi talvolta arrivano ancora con troppo ritardo - riferisce Francesca Pili, neurofisiologa del Policlinico universitario di Monserrato (Cagliari) Duilio Casula - Per questo è importante che di miastenia si parli sempre di più, in diversi contesti, in modo che anche i medici non specialisti possano conoscere e riconoscere alcuni campanelli d'allarme e inviare le persone ai centri di riferimento, che ci sono anche qui in Sardegna, e che possono anche rilasciare l'esenzione per malattie rara. Ancora oggi, purtroppo, molte persone vanno a curarsi fuori dall'isola perché c'è poca conoscenza della nostra rete, che certamente ha delle debolezze ma che sta migliorando". "Oggi - aggiunge Davide Manca, neurologo della Divisione Neurologica, Azienda ospedaliera G. Brotzu di Cagliari - alle terapie tradizionali si associano nuovi farmaci caratterizzati da meccanismi di azione specifici che consentono di trattare forme refrattarie nonché di ridurre significativamente le conseguenze che, in termini di effetti collaterali, caratterizzano la terapia immunosoppressiva nel lungo termine. Per raggiungere questi obiettivi occorre una diagnosi precoce, un'organizzazione e una pianificazione di carattere regionale, con una rete di centri di riferimento qualificati che offrano concrete possibilità di diagnosi e un percorso terapeutico che sia il più personalizzato possibile". "Dal nostro studio, che ha considerato i casi di Mg positivi agli autoanticorpi anti-AchR e/o anti-MuSk, emerge che la prevalenza della malattia è in costante aumento, probabilmente a causa della maggiore disponibilità dei test diagnostici anticorpali e della maggiore consapevolezza tra i clinici", rimarca Elia Sechi, neurologo della Clinica Neurologica di Sassari, specialista in patologie neurologiche autoimmuni e primo autore della pubblicazione scientifica. "La maggior parte dei casi si presenta dopo i 50 anni di età, soprattutto tra gli uomini, seppure la malattia possa manifestarsi in ogni età. Stimiamo che nell'isola siano affetti circa 1.000 pazienti, con una notevole ricaduta a livello sociosanitario, familiare e lavorativo". "E' ormai noto che la Sardegna ha una popolazione relativamente isolata, con radici genetiche peculiari. Questo potrebbe contribuire alla suscettibilità della popolazione verso malattie autoimmuni come la miastenia gravis - riflette Paolo Solla, direttore Sc Clinica Neurologica, Aou Sassari - Questa maggiore incidenza la vediamo anche per altre patologie immunomediate come la sclerosi multipla o il diabete di tipo 1". Ma nonostante si attendano circa 1.000 pazienti nell'isola, nel registro del Centro regionale ne risultano poco meno di 500, un gap probabilmente generato anche dal fatto che è stato attivato nel 2017 e per questo motivo potrebbero mancare i pazienti diagnosticati in anni molto anteriori. "E' un dato che non stupisce", osserva Paolo Tacconi, neurologo Asl 8 Cagliari, che storicamente nell'isola si occupa di questa patologia. "E' del tutto probabile - chiarisce - che non siano stati inseriti i pazienti con diagnosi fatte tanti anni fa, e potrebbe mancare anche una buona fetta di quelli che abitualmente si curano fuori regione. Inoltre, il registro viene implementato a partire dal codice di esenzione e non tutti i pazienti lo richiedono, perché magari sono già esenti per altre invalidità o per reddito, o magari perché fanno riferimento a centri periferici che non possono rilasciare esenzione. Sarebbe veramente importante potenziare il registro e, con l'appoggio delle istituzioni, trovare un meccanismo semplice per far emergere il numero reale". Nel Nuorese la casistica è altissima e si riscontra una grande percentuale di familiarità. Ci sono proprio dei cluster, dei paesi in cui l'incidenza è elevata, come Fonni e Sarule. Della richiesta di un Pdta specifico per la miastenia si è fatto portavoce Nicola Carboni, neurologo dell'spedale San Francesco di Nuoro, rimarcando la "necessità di rendere più efficiente ed efficace la rete, valorizzando le eccellenze e rafforzando i centri maggiormente sguarniti di professionisti per riuscire a gestire il paziente in maniera uniforme su tutto il territorio regionale".
(Adnkronos) - Dopo mesi di scouting e selezione, Barilla ha annunciato le tre aziende vincitrici della settima edizione di Good food makers, il programma per le realtà innovative che vogliono contribuire alla trasformazione del settore agroalimentare. Good food makers è il programma di open innovation di Barilla che coinvolge startup e realtà tecnologiche nella risoluzione di sfide reali lungo la catena del valore alimentare. Ogni anno il programma lancia una call to action internazionale, invitando le imprese innovative a proporre soluzioni concrete per rendere il sistema alimentare più sostenibile, sicuro e tecnologico. Good food makers mira ad accelerare l'adozione di soluzioni emergenti e ad applicare approcci di co-creazione in ambiti di ricerca che riflettono la visione più ampia di trasformazione del sistema alimentare: dall'agricoltura di precisione per garantire materie prime di qualità, alla tracciabilità delle filiere tramite dati digitali; dall'uso dell'intelligenza artificiale e di sistemi di lavorazione sostenibili per sviluppare ingredienti innovativi, al miglioramento della qualità e della sicurezza dei processi industriali. Il programma guarda inoltre alla creazione di nuove esperienze per i consumatori, con packaging connessi e prodotti pensati per rispondere alle nuove tendenze alimentari. L'edizione 2025, organizzata in collaborazione con Almacube (l'hub dell'innovazione dell'Università di Bologna e di Confindustria Emilia Area Centro), ha introdotto la formula Good food makers-ecosystem, con l'obiettivo di creare un ecosistema aperto di innovazione che coinvolga partner e stakeholder della filiera Barilla. Quest'anno il programma ha registrato 288 candidature da 41 Paesi in 5 continenti, con una significativa crescita della partecipazione italiana (24%, il valore più alto di sempre). "Good food makers - dichiara Claudia Berti, head of open innovation di Barilla - non è solo un programma di innovazione: è un catalizzatore di scoperte e collaborazioni. Ogni anno selezioniamo sfide concrete che ci permettono di esplorare tecnologie e modelli emergenti, accelerando l'adozione delle soluzioni più promettenti. Allo stesso tempo, promuoviamo una cultura più aperta e collaborativa, capace di trasformare il modo in cui affrontiamo l'innovazione e influenzare positivamente le attività quotidiane dei nostri team e oggi anche portare un beneficio diretto ai nostri partner ed un esempio per la filiera. In questa edizione abbiamo individuato soluzioni capaci di generare un impatto reale su tre temi cruciali: la sostenibilità delle pratiche di coltivazione, la sicurezza alimentare e l'esperienza d'acquisto”. Dopo un processo di selezione che ha coinvolto 33 finaliste provenienti da tutto il mondo, Barilla ha individuato tre aziende che meglio hanno saputo rispondere alle sfide di innovazione proposte dal programma. 1) Feldklasse (Germania) per la categoria agtech for climate resilience in collaborazione con Open fields che ha sviluppato una soluzione meccanica innovativa per la rimozione automatizzata delle erbe spontanee nei campi di basilico, capace di ridurre il lavoro manuale e migliorare la sostenibilità delle colture destinate alle salse e al pesto Barilla. 2) Xnext (Italia) per la categoria new frontiers of detection in collaborazione con Bizerba che ha progettato Xspectra, una tecnologia x-ray brevettata basata sul conteggio dei fotoni per l'analisi chimico-fisica in tempo reale dei prodotti alimentari, in grado di individuare anomalie invisibili ai sistemi tradizionali. 3) Vusion Group (Italia/Francia) per la categoria best on shelf in collaborazione con Conad Nord Ovest che propone Captana, un sistema di monitoraggio basato su telecamere e intelligenza artificiale per ottimizzare la disponibilità dei prodotti, ridurre i casi di out of stock a scaffale e migliorare l'esperienza di acquisto in negozio. Le tre aziende inizieranno adesso a lavorare fianco a fianco con i team Barilla ed i partner di filiera immergendosi in attività di co-design e sperimentazioni dedicate, che culmineranno nell'Innovation day in programma il 15 gennaio 2026. Tra le tre realtà selezionate, c'è la startup italiana Xnext, pioniera nello sviluppo di sistemi di ispezione avanzata per l'industria alimentare. L'azienda ha ideato Xspectra, una tecnologia x-ray brevettata che combina fotonica, elettronica nucleare e intelligenza artificiale per eseguire analisi chimico-fisiche in tempo reale dei prodotti alimentari. A differenza dei sistemi a raggi X convenzionali, che si basano sull'intensità media del segnale, Xspectra utilizza la tecnica del 'photon counting': ogni fotone viene analizzato singolarmente fino a 1.024 livelli energetici, permettendo di riconoscere differenze minime nella composizione dei materiali. Questo approccio consente di identificare contaminanti a bassa densità, come plastica e legno. L'integrazione con algoritmi di deep learning e intelligenza artificiale permette inoltre al sistema di riconoscere modelli anomali e adattarsi ai diversi formati e materiali dei prodotti, aumentando l'efficienza dei controlli di qualità. "Collaborare con Barilla attraverso Good food makers - afferma Bruno Garavelli chairman e cto di Xnext - è per noi un'opportunità unica per applicare la nostra tecnologia in un contesto industriale d'eccellenza. Condividiamo la stessa visione: portare innovazione e sicurezza lungo tutta la filiera alimentare, mettendo la tecnologia al servizio della qualità e dei consumatori”. Confermandosi leader nel settore alimentare, nel 2024 Barilla ha investito circa 50 milioni di euro nella Ricerca e Sviluppo. E il nuovo HQ della ricerca e sviluppo è attualmente in fase di riqualificazione e potenziamento. Con 12mila metri quadrati di superficie complessiva e nuovi laboratori, il nuovo polo vedrà a Parma la concentrazione di tutte le competenze tecniche del Gruppo Barilla, con un'evidente crescita delle capacità di Barilla di fare ricerca e innovazione. Tutto questo lavorando sempre di più con team interfunzionali, internazionali e dedicati ai singoli progetti, anche con continue collaborazioni con l'esterno come le startup selezionate attraverso Good food makers.
(Adnkronos) - Secondo il Rapporto Strategico 'La geopolitica delle Materie Prime Critiche', presentato da Iren e Teha Group a Ecomondo 2025, l’Italia potrebbe coprire fino al 66% del proprio fabbisogno nazionale di materie prime critiche (Mpc) investendo 2,6 miliardi di euro all’anno nella filiera del riciclo dei rifiuti elettronici (Raee), la stessa cifra che rischia di trasformarsi in una 'tassa' europea per mancato adeguamento ai target di raccolta. “La nuova tassa Raee rischia di diventare un costo del non fare per il Paese - ha dichiarato Luca Dal Fabbro, presidente esecutivo di Iren - Ma se le stesse risorse venissero reinvestite nel sistema nazionale del riciclo, potremmo coprire gran parte del fabbisogno interno di materie prime critiche e valorizzare ogni anno 1,7 miliardi di euro di materiali oggi dispersi”. Dal Fabbro ha sottolineato che “l’Italia deve cogliere questa occasione per trasformare un vincolo in un vantaggio competitivo, puntando su innovazione impiantistica e cooperazione industriale anche con i Paesi del Nord Africa, nell’ambito del Piano Mattei". “Il percorso verso l’autosufficienza resta complesso: l’Italia non dispone di riserve minerarie significative e la filiera del processing richiede economie di scala difficili da sviluppare in un contesto nazionale". Secondo Dal Fabbro, il Paese è fortemente esposto alle tensioni internazionali sulle forniture: “Oggi l’Unione Europea importa 4,7 miliardi di euro di titanio e 1,4 miliardi di euro di terre rare e dipende in misura significativa da un numero ristretto di Paesi fornitori. Una interruzione delle forniture metterebbe a rischio fino a 700 miliardi di euro di produzione industriale europea, di cui 88 miliardi riferibili all’Italia”. “Per questo motivo - ha aggiunto - le maggiori opportunità future si concentrano su due leve prioritarie e sinergiche: rafforzare le partnership internazionali, in particolare attraverso il Piano Mattei, e investire nell’economia circolare dei Raee per aumentare i volumi raccolti e la capacità di riciclo nazionale.”