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(Adnkronos) - La salma di Ramy Elgaml, il 19enne del Corvetto morto lo scorso 24 novembre al termine di un inseguimento dei carabinieri, è arrivata al cimitero di Bruzzano, dove si celebra oggi il funerale. Ad accogliere il feretro all’ingresso la famiglia e un folto gruppo di amici. "Siamo in un cimitero, dobbiamo essere calmi, andiamo al funerale del nostro carissimo amico, ragazzo e fratello Ramy, dobbiamo essere al livello di dare un’immagine realista, importante e straordinaria della nostra comunità, rispettando tutte le norme di questo Paese", la raccomandazione dell’Imam ai presenti prima della celebrazione. “Noi dobbiamo essere messaggi di pace, giustizia e uguaglianza. Dobbiamo chiedere sempre giustizia”, le parole dell’Imam Mahmoud Asfa, celebrando il funerale e dopo aver rivolto le “condoglianze alla famiglia di Ramy, siamo tutti vicini alla famiglia e chiediamo che Dio ascolti il nostro sforzo”. E’ stato intanto dimesso ieri dall’ospedale Fares Bouzidi, il 22enne che era alla guida dello scooter rimasto coinvolto nell’inseguimento dei carabinieri con incidente nel quale ha perso la vita l’amico Ramy. A confermarlo all’Adnkronos il legale di Fares, l’avvocato Debora Piazza. I rilievi contenuti nell’informativa della polizia locale depositata in Procura non sembrano quindi aver mostrato particolari evidenze: sull'auto dei carabinieri non risultano segni della vernice dello scooter. E la morte di Ramy, dovuta a una lesione dell'aorta che ha provocato un'emorragia interna, potrebbe essere riconducibile all'impatto con il palo del semaforo presente all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta. Proprio per questo, la stessa Procura potrebbe disporre una consulenza cinematica, in grado di fornire ulteriori elementi rispetto alla velocità e all'esatta traiettoria di scooter e auto.
(Adnkronos) - "Questo è un momento molto delicato per il mondo della moda e siamo convinti che presto passerà consolidando la reputation del luxury fashion. Mettiamo sempre i nostri clienti al centro puntando sulla qualità dei prodotti, l’onestà del made in Italy ed offrendo sempre il giusto rapporto qualità prezzo ai nostri clienti. Però non tutti trovano il coraggio di investire e ci aspettiamo il supporto del ministero delle Imprese e del Made in Italy e del ministro Urso". Così, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, il direttore generale di Gallucci e presidente di Confindustria Giovani Fermo, Gianni Gallucci, in occasione dell'apertura dal 4 dicembre di un concept store a Londra in Walton street a South Kensington, tappa dopo le aperture di Milano e Miami, per l'azienda marchigiana che dal 1959 è il punto di riferimento per la produzione di calzature di alta qualità. "L’internazionalizzazione ed il sostegno delle eccellenze italiane - sostiene - è fondamentale. Le aziende artigianali ed interamente Made in Italy sono il nostro orgoglio e la nostra identità ma sempre con più fatica riescono a sopravvivere alle burrascose situazioni geopolitiche. Servono interventi mirati alle piccole realtà che rappresentano l’80% del tessuto economico italiano”. "L'apertura a Londra di Gallucci - spiega - non è una sfida ai colossi centenari di Northampton, ma la voglia di presentare un prodotto nuovo e aggiornato che nulla ha da invidiare, seguendo le regole tradizionali ed utilizzando i migliori materiali sul mercato senza compromessi. Questo connubio rompe quasi le barriere ormai canoniche del mercato generando un prodotto davvero unico ed esclusivo”. “L’apertura a Londra - spiega Gallucci- nasce dalla collaborazione con 'Walton fine arts', concept store che prende vita trent’anni fa, specializzandosi in arte moderna e Pop con maestri contemporanei come Andy Warhol, Banksy e Picasso, e quindici anni fa inizia ad ospitare nuovi talenti che dopo qualche anno sono stati lanciati come artisti emergenti. Lo sviluppo di un brand passa dal retail e la scelta di Londra non è casuale, Londra è un ponte stabile tra Middle East e Stati Uniti. La nostra presenza era necessaria per sviluppare in maniera organica la crescita ed approcciare nuovi mercati con la nostra linea 'London fatto a mano' ed il nostro esclusivo servizio su misura, come quelli degli Emirati Arabi, Saudi Arabia e Qatar". “La collaborazione con Walton Fine Arts - sottolinea - ha un valore strategico. Grazie ad una collezione artigianale di alta gamma ci sono grandi affinità di clientela e posizionamento di mercato con Walton Fine Arts e per questo, è nata l’idea di unire il mondo del fashion all’arte facendo vivere gli spazi di Walton street con eventi e trunk-show che permettono alla clientela di vivere un’esperienza unica sul prodotto". "La galleria - ricorda - vanta tra i suoi clienti molti collezionisti, famiglie reali e più di 500 imprenditori da ogni parte del mondo e continua a lavorare con celebrities internazionali come Jude Law, Sadie Frost, Kate Moss, Ringo Starr, George Harrison Family, Saudi Royal Family, Gary Barlow, Sylvester Stallone oltre a partecipare a decine di progetti incluso in Arabia Saudita 'The Riyadh underground festival'".
(Adnkronos) - "Dalla Social Sustainability Week ci aspettiamo soprattutto tanti paradossi". Così Cristina Cenci, Senior Partner Eikon Strategic Consulting Italia e presidente Reworld intervenendo all’evento di apertura della Social Sustainability Week ‘I giovani e la sostenibilità, talenti da valorizzare’, questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma "Il primo - spiega - da un lato la sostenibilità sociale riguarda ognuno di noi, dall’altro è socialmente invisibile. A due livelli almeno: quando si dice sostenibilità ognuno di noi vede 'verde' (ambiente, natura, ecc...) ma non possiamo dimenticare che esiste una sostenibilità sociale. Se riusciamo a superare il 'verde', c'è un'altra associazione spontanea: la parola 'aiuto', cioè la sua declinazione come responsabilità di prendersi cura di chi ha più bisogno, una declinazione assistenzialista che è una componete ma non è l'unica e ci distoglie dal pensare la sostenibilità sociale come leva strategica di trasformazione". "Secondo paradosso: se si mette una 'S' davanti ad una serie di parole, questa ne trasforma il significato (comunicare-scomunicare, correre-scorrere, ecc...). La sostenibilità sociale nei suoi obiettivi rischia spesso di trasformarsi nel suo contrario: ci diamo un obiettivo e purtroppo ne deriva un altro; un fattore 'S' che da un lato trasforma, dall’altro inverte", continua. "Terzo paradosso: mi collego all’Agenda 2030 e alla nuova direttiva Ue che porterà migliaia di aziende a confrontarsi con la dichiarazione non finanziaria cioè con il racconto della loro azione sostenibile. Rischiamo che questa rendicontazione miri a standardizzare ciò che non può essere standardizzato: il sociale, la qualità soggettiva, l'adattamento, la trasformazione, il dinamismo. Altrimenti lo sterilizziamo. Allo stesso tempo lo dobbiamo misurare per poterci dare degli obiettivi". L'ultimo paradosso riguarda la Diversity&Inclusion. "Siamo a rischio perché per come si sta strutturando rischiamo che questa Diversity assuma le forme di un neo razzismo, identificando delle caratteristiche specifiche di una persona e trasformandole nella caratteristica unica di questa persona che poi includiamo nella nostra presunta normalità. Di tutto questo vogliamo parlare e i giovani sono uno specchio importante di questi paradossi", conclude.