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(Adnkronos) - Una pronuncia del Consiglio regionale della Sardegna sulla decadenza della presidente della Regione Alessandra Todde per presunte irregolarità sul rendiconto delle spese elettorali non è ipotizzabile nell'immediato. "Secondo la Corte costituzionale (sent. 387/1996) la questione della pronuncia del Consiglio regionale sulla decadenza si porrà solo nel momento in cui il provvedimento diventerà 'definitivo'". A indicare la significativa sentenza della Consulta è il professore ordinario di Diritto pubblico all'università di Roma Tor Vergata, Giovanni Guzzetta che, analizzando all'Adnkronos una vicenda ingarbugliata sia sul fronte politico che giudiziario, rileva anche che "il giudizio del Consiglio regionale è sempre sindacabile in sede giurisdizionale". Pertanto, "immaginando che la Presidente della Regione Sardegna impugni effettivamente l’atto, sul piano giudiziario i tempi non saranno brevi: la lunghezza dei tempi si trasforma in una prolungata spada di Damocle 'politica' sulla Presidente e sulla sua legittimazione. E qui, subentrano tutte le valutazioni di opportunità che non spetta a me fare". Secondo il costituzionalista, "la vicenda è molto complessa perché ha evidentemente implicazioni politiche e giuridiche ma le letture appaiono molto semplificate e assertive". "Sul piano politico - analizza - ci troviamo di fronte ad una ordinanza-ingiunzione che contesta gravi violazioni della disciplina in materia di spese elettorali e relativa rendicontazione. In base alla legislazione vigente applicabile anche alla regione Sardegna, a seguito dell’accertamento di tali violazioni consegue anche la sanzione accessoria della decadenza, in quanto si concretizza una causa di ineleggibilità del consigliere regionale che si riflette sulla carica di presidente della Regione, perché, in base alla disciplina vigente ribadita dalla stessa legislazione sarda, il Presidente non può non essere anche membro del consiglio regionale. Sul piano politico la rilevanza della questione, e quindi le conseguenze in termini di opportunità, sono rimesse alle valutazioni degli interessati e al dibattito politico". "Sul piano giuridico quello che succede è che il provvedimento, che è immediatamente esecutivo, è comunque un provvedimento amministrativo, sebbene adottato da un organo particolarmente autorevole in quanto istituito presso la Corte d’Appello e presieduto dal Presidente della Corte d’Appello. A tale provvedimento si può fare opposizione davanti al giudice ordinario, cui spetta anche decidere se sospenderne o meno l’esecutività. Secondo la Corte costituzionale (sent. 387/1996) la questione della pronuncia del Consiglio regionale sulla decadenza si porrà nel momento in cui il provvedimento diventerà “definitivo” (cioè una volta esauriti i gradi di giudizio di impugnazione dell’ordinanza o qualora tale impugnazione non ci sia, nei termini di 30 giorni dall’adozione del provvedimento). Da questa sentenza della Corte costituzionale sembrerebbe dunque che fino a quel momento il Consiglio non possa pronunciarsi, anche se il provvedimento del Collegio regionale di Garanzia rimanesse esecutivo". Guzzetta osserva che "in questa prospettiva, immaginando che la Presidente della Regione Sardegna impugni effettivamente l’atto bisognerà attendere i vari gradi di giudizio e potrebbero passare mesi . Nel momento in cui il provvedimento, confermato dai giudici, divenisse effettivamente definitivo spetterebbe al Consiglio regionale dichiarare la decadenza. Sui poteri del Consiglio in questa materia c’è molta confusione, perché si tende a pensare in modo analogo a quello che vale per le Camere. Ma c’è una fondamentale differenza. Le Camere sono organi costituzionali e la Costituzione riserva a esse in via esclusiva la valutazione della decadenza. Lo stesso principio non vale per i Consigli regionali, le cui deliberazioni sono impugnabili davanti al giudice ordinario secondo i principi generali che valgono in questa materia, peraltro ribaditi dalla stessa legge statutaria della regione Sardegna 2007 articolo 26 comma 9. Questo vuol dire che i margini di valutazione dei Consiglio regionale sono comunque più ristretti, perché le loro scelte sono sindacabili quanto al rispetto delle norme sulla decadenza". "Il controllo del Consiglio regionale, dunque, è vincolato dal quadro normativo e non può ritenersi politicamente libero. Il che non vuol dire che il suo voto sia una formalità (possono essere rilevati vizi procedurali ad esempio), ma certo la valutazione non è meramente politica. Né la legge ordinaria potrebbe riconoscere ai consigli regionali quella garanzia di insindacabilità degli atti che è assicurata dalla Costituzione alle Camere - sottolinea il professore di Tor Vergata - Questo peraltro vale per tutti i casi in cui i Consigli regionali accertino cause di decadenza. Le dichiarazioni di decadenza sono impugnabili davanti al giudice ordinario. Al limite possono ipotizzarsi anche dei conflitti di attribuzione davanti alla Corte costituzionale tra Regione e autorità giudiziaria". "Sul piano giudiziario, dunque, i tempi non saranno brevi. Sul piano politico, ovviamente, la lunghezza dei tempi si trasforma in una prolungata spada di Damocle 'politica' sulla Presidente e sulla sua legittimazione. E qui, subentrano tutte le valutazioni di opportunità che non spetta a me fare", conclude il costituzionalista. (di Roberta Lanzara)
(Adnkronos) - "Il bilancio 2024 dell'Inca Cgil è ancora una volta positivo perché abbiamo fatto fronte alle richieste di tutela individuale che provengono da cittadini, lavoratori e pensionati". Lo dice, in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, il presidente del patronato della Cgil, Michele Pagliaro. "Abbiamo fatto del nostro meglio - spiega - per dare risposte concrete in una situazione di disagio che è palese, perché nel nostro Paese continua a sparire il ceto medio e ad aumentare la povertà". (Video) "Nel 2024 abbiamo fatto il nostro lavoro - ricorda - lavorando un milione di pratiche, in Italia e nel mondo, ma come Inca e come Cepa (Acli, Inas, Inca e Ital), che rappresento, auspichiamo una riforma che ci era stata promessa dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, in occasione della presentazione del nostro Bilancio sociale nel 2023. Abbiamo avuto diversi incontri con il Ministero, anche con lo stesso ministro Calderone che ci aveva rinnovato l'idea e la volontà, da parte del governo, di procedere ad una riforma che però non è arrivata". "Speriamo - sottolinea - che il 2025 sia l'anno della riforma perché il patronato, che è un istituto unico di prerogativa istituzionale e che esiste solo in Italia, è regolamentato è vigilato dal ministero del Lavoro attraverso la legge 152 del 2001, che però deve essere assolutamente rivista". "Di fronte a noi - avverte - ci sono sfide importanti come, ad esempio, la transizione digitale oggetto di un protocollo siglato dall'Inail con i Patronati, che giunge dopo un'attesa di 12 anni dall'ultimo rinnovo, un'occasione da non perdere se si ha a cuore la tutela della persona che si ammala o si fa male a causa del lavoro. L'obiettivo comune è di dare risposte adeguate e tempestive agli assicurati e garantire l'uniformità della tutela e dell’azione amministrativa su tutto il territorio nazionale". "Pensiamo poi che sia fondamentale - avverte - mettere mano all'attività ispettiva. Invece di guardare pratica per pratica, il lavoro può essere svolto attraverso l'incrocio tecnologico fra il mandato di patrocinio telematico e il provvedimento di deliberazione da parte dell'Inps e dell'Inail. Questo farebbe risparmiare tempo risorse e consentirebbe agli ispettori di ispezionare le aziende evitando così il tragico fenomeno degli infortuni sul lavoro". "Il 2025 sarà importante per l'Inca Cgil perché celebra 80 anni di impegno costante. Noi siamo nati per volontà dei padri costituenti; uno di questi, Giuseppe Di Vittorio, immaginò l'idea di Istituto che subito dopo l'oppressione nazifascista avrebbe dovuto dare sostegno ai più deboli. Con tanto orgoglio e tanta voglia di fare, siamo stati i fautori dell'emancipazione sociale del Paese e della collettività".
(Adnkronos) - Lavorare sulla transizione dagli ioni di litio a quelli di sodio per risparmiare e ridurre la dipendenza dai paesi in cui si estraggono e vengono lavorate le terre rare. È questa la sfida in cui si sono cimentati gli esperti del Canepa Lab e quelli del CNRS, in Francia, ottenendo buoni risultati. In tal senso, giocherebbero un ruolo chiave il fosfato di sodio e vanadio, che nei test di laboratorio hanno fatto registrare delle performance molto interessanti. I risultati della ricerca sono stati recentemente pubblicati su “Nature Materials”.