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(Adnkronos) - Ammonta a 88 milioni di euro il danno provocato dal furto di otto gioielli della corona di Francia che erano esposti al Louvre. Lo ha reso noto la procuratrice di Parigi, Laura Beccuau, definendola una somma "estremamente spettacolare" ma che "non ha nulla di parallelo e comparabile al danno storico”. Secondo la procuratrice, i banditi "non guadagneranno" questa somma "se avessero la pessima idea di fondere questi gioielli". Intanto continua la caccia al ladro. Sessanta investigatori della Brigade de répression du banditisme (Brb) continuano a cercare i quattro della banda che si sono impossessati dei preziosi tra cui il diadema dell'imperatrice Eugenia. Il museo è rimasto chiuso ai visitatori per tutta la giornata di ieri. La spettacolare rapina è avvenuta domenica mattina, poco dopo l'apertura del museo al pubblico. Verso le 9:30, sul quai François-Mitterrand, su cui si affaccia la galleria Apollon, i quattro hanno parcheggiato ai piedi dell'edificio. Incappucciati, due di loro erano in sella a uno scooter TMax Yamaha. La banda ha quindi azionato il montacarichi di un camion parcheggiato sul marciapiede, sulla cui piattaforma poggiava una scala telescopica. Questa ha permesso loro di raggiungere il primo piano e la finestra della sontuosa galleria, forzata poi con una smerigliatrice in pochi minuti, prima di entrare nella sala. Gli allarmi "erano in funzione", collegati con la stazione centrale di sicurezza, secondo il procuratore Laure Beccuau. "Resta da stabilire se le guardie abbiano sentito questi allarmi" e se questi allarmi abbiano effettivamente "suonato" nella stanza in cui è avvenuto il furto. I ladri "hanno minacciato le guardie presenti sulla scena con le smerigliatrici", che hanno usato per forzare due vetrine, una dei gioielli di Napoleone e una dei gioielli della sovrana francese. Nell'arco di sette minuti, i criminali hanno rubato otto gioielli. Durante la fuga, ne hanno perso infatti uno, il nono, la corona imperiale, ritrovata dagli investigatori insieme all'equipaggiamento utilizzato dal commando: due smerigliatrici angolari, una fiamma ossidrica, benzina, guanti, un walkie-talkie e una coperta. Il gioiello, incastonato con 1.354 diamanti, 113 rose e 56 smeraldi, è "sotto esame", ha dichiarato il ministero della Cultura. Nel quadro delle indagini, anche un gilet giallo, indossato da uno dei criminali e ritrovato nei pressi del ponte Sully, è in possesso della BRB. Eventuali tracce di Dna su questi diversi oggetti potrebbero far avanzare gli inquirenti. Così come l'analisi forense del montacarichi, di cui il commando non si è sbarazzato prima di fuggire. Domenica sera, su Bfmtv, il procuratore ha spiegato che dietro questo gruppo di ladri altamente esperti potrebbero esserci possibili "sponsor". L'ipotesi di un'interferenza straniera "non è privilegiata in questa fase"; "siamo piuttosto nel contesto di un'ipotesi di criminalità organizzata", ha specificato. Prima di osservare: "La criminalità organizzata può avere due obiettivi: agire a beneficio di uno sponsor" o ottenere "pietre preziose per effettuare operazioni di riciclaggio di denaro". La ministra della Cultura francese Rachida Dati sostiene che le misure di sicurezza al Louvre "hanno funzionato" anche dopo il furto dei gioielli avvenuto domenica mattina. Dati ha cercato di presentare "alcune verità" sul caso, che ha "lasciato una ferita", in una audizione all'Assemblea nazionale. "Le misure di sicurezza del Museo del Louvre hanno fallito? No, è un dato di fatto. Le misure di sicurezza hanno funzionato", ha sostenuto, tra l'evidente malcontento di un'opposizione che ora chiede conto al governo, e in particolare al Ministero della Cultura. Da parte sua, la direzione del Museo del Louvre ha anche difeso, in un messaggio inviato a Europa Press, le teche in cui erano esposti i gioielli rubati, installate alla fine del 2019 perché rappresentano "un notevole progresso in termini di sicurezza" rispetto all'"obsolescenza" delle precedenti esposizioni, che creavano problemi nello spostamento dei pezzi. Dati, che si candida anche a sindaco di Parigi alle elezioni del prossimo anno, ha promesso "trasparenza" dell'inchiesta.
(Adnkronos) - “A marzo, insieme a Nestlé, abbiamo costruito un bando che ha avuto due obiettivi: lavorare sull’empowerment al femminile e diffondere nel territorio umbro la cultura del dono. Questo secondo punto è importante perché il crowdfunding aiuta le organizzazioni a coinvolgere il territorio e a partecipare alla realizzazione dei progetti”. Così la presidente della Rete del Dono, Valeria Vitali, alla conferenza stampa tenutasi ieri presso lo stabilimento Perugina di Perugia dove è stato premiato il progetto della Cooperativa Pepita volto a promuovere l’inclusione e la tutela delle donne. “Il bando si è composto in diversi momenti. Il primo è stato quello della definizione degli ambiti dell’intervento. Abbiamo deciso che il focus era quello di potenziare le competenze delle donne. Il secondo è stato quello di selezionare le organizzazioni che presentassero i progetti interessanti sul territorio umbro; poi portare avanti un percorso formativo sul digital fundraising e il crowdfunding; infine arrivare alla selezione che abbiamo condiviso con Nestlé e i suoi lavoratori e le lavoratrici”, ha continuato Vitali. “Del progetto di Pepita ci ha convinto il fatto che è trasversale e intergenerazionale - ha concluso la donna - Un’idea che coinvolge non solo le giovani, ma anche le donne anziane che mettono a disposizione delle nuove generazioni, la loro esperienza e il loro background”.
(Adnkronos) - "La sostenibilità indica la nostra rotta, l'acqua è natura portata ai consumatori. Si pensa al vino come frutto del territorio in cui nasce, ma l'acqua minerale è la stessa identica cosa. E' saldamente ancorata al proprio territorio, da cui non prescinde, ha delle caratteristiche uniche che sono il frutto del territorio da cui sgorga e delle caratteristiche che devono essere costanti nel tempo. Quindi per noi fare sostenibilità vuol dire lavorare per essere un'azienda a prova di futuro. Non è qualcosa da cui possiamo prescindere ed è un impegno quotidiano, non è un obiettivo da raggiungere. E' un impegno quotidiano che mettiamo nel nostro modo di fare impresa, nel prenderci cura dell'acqua, nel prenderci cura delle nostre persone e dei territori in cui operiamo. Lo facciamo, lo facciamo attraverso diverse tipologie di iniziative, diverse leve che andiamo ad attivare". Lo ha detto Fabiana Marchini, head sustainability & corporate affairs Gruppo Sanpellegrino, intervenendo intervenendo all'evento Adnkronos Q&A ‘Sostenibilità al bivio’ tenutosi oggi al Palazzo dell’Informazione a Roma. E Marchini ha spiegato nel concreto le attività portate avanti. "Intanto lavoriamo -ha sottolineato- sull'ottimizzazione dei processi industriali e sull'ottimizzazione della gestione della risorsa idrica, è importantissimo. Tutti i nostri stabilimenti sono certificati secondo lo standard internazionale dell'Alliance for water stewardship che attesta la gestione virtuosa e condivisa dalla risorsa idrica. E per noi questo è fondamentale perché l'acqua comunque è vita, è una risorsa fondamentale, infatti perseguiamo il costante efficientamento e il risparmio idrico. Lo facciamo -ha continuato- cercando di mitigare il nostro impatto ambientale, sia in termini di carbon footprint, sia in termini di supporto a un modello di economia circolare. Utilizziamo materiali riciclati nei nostri imballaggi, cerchiamo di evolvere il nostro modello di business adottando una logistica sempre più sostenibile. Quindi sono diverse le leve che attiviamo per poter mitigare il nostro impatto", ha sottolineato. "E poi, non meno importante, è la gestione di quello che noi chiamiamo la nostra casa, che è poi la casa comune, il territorio da cui sgorgano le nostre acque. Quindi è fondamentale per noi prenderci cura dei territori in cui viviamo", ha concluso.