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(Adnkronos) - Un totale di 1,3 milioni di ore di volontariato svolte da oltre 5mila persone, prevalentemente donne, coinvolte in media ogni anno: circa 677 volontari che lavorano pro bono per 5 anni a tempo pieno, offrendo competenza e assistenza. Ma anche 65 milioni di euro raccolti dal 2019, con i quali si sono finanziate strumentazioni diagnostiche (8,5 mln) e di cura (2,3 mln) e più di 309mila visite specialistiche. Complessivamente sono stati assistiti 281mila pazienti, 24mila caregiver e familiari, e raggiunte oltre 236mila donne con esami per la diagnosi precoce. Sono alcuni numeri del report 'Analisi del valore sociale generato dalle associazioni di volontariato del tumore al seno 2024', presentato oggi a Milano. Realizzato con il supporto metodologico di PwC Italia, il documento raccoglie dati e risultati ottenuti dalle attività svolte tra il 2019 e il 2024 da Europa Donna Italia, movimento che raggruppa una rete di circa 190 associazioni di volontariato attive sull’intero territorio nazionale e coordinate da 13 Delegazioni Regionali. "Il nostro è ormai un percorso trentennale, partito dall’idea di creare una rete tra le associazioni di pazienti e dare loro voce presso le Istituzioni - commenta Rosanna D’Antona, presidente Europa Donna Italia - Siamo orgogliosi di essere una realtà rappresentativa nel nostro Paese delle istanze delle donne con tumore al seno, una patologia con cui convivono oggi 925mila pazienti in Italia. Ringrazio tutti coloro che ci hanno aiutato in questo lungo cammino. Il nostro - aggiunge - è un volontariato attivo, credibile e costante che si esprime attraverso relazioni mature di partnership con gli stakeholder protagonisti nel percorso di cura. Le nostre associazioni agiscono e si impegnano ogni giorno nella costruzione di relazioni con gli operatori sanitari, i medici, le istituzioni, le aziende, i centri di ricerca e i media". Realizzato annualmente dal 2019, "il report restituisce visibilità e concretezza a un impegno che troppo spesso rimane confinato nell’ambito della generosità – sottolinea Giulia Mariani, Esg Manager di PwC Italia – Giunta alla sua sesta edizione, l’Analisi quest’anno differisce da tutte le precedenti perché offre una sintesi pluriennale che, con la forza dei numeri, offre una visione ampia dei passi realizzati. La rete di Europa Donna si dimostra saldamente attiva in Italia, continua a migliorarsi e a migliorare il suo contributo, soprattutto grazie all’operato dei suoi volontari, aumentati del 16% nel periodo analizzato". Se da un lato "i numeri hanno evidenziato come l’emergenza pandemica abbia rappresentato una battuta d’arresto per le attività di prevenzione e diagnosi precoce", si vede che "dall’anno 2023 sia in atto una forte ripresa - precisa - Siamo ancora distanti dai valori precedenti la pandemia, ma i dati raccolti testimoniano il grande impegno delle associazioni a tornare pienamente operative sul territorio dopo la conclusione della lunga emergenza sanitaria. Dal 2020 si registra +49% di volontari, +33% di ore di volontariato, +30% delle donne raggiunte con le attività di diagnosi precoce, +40% di visite e incontri". Solo nel 2024 i nuovi casi di tumore al seno sono stati più di 53mila. "Abbiamo ottenuto importanti progressi in termini di sopravvivenza anche tra le giovani donne. Gran parte del merito - osserva Corrado Tinterri, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico di Europa Donna Italia e direttore della Breast Unit Irccs Humanitas Rozzano – va alla diagnosi precoce e all’anticipazione dello screening mammografico alla fascia di età 45-49 anni. Sono poi stati immensi, nella pratica clinica, i trattamenti innovativi che hanno migliorato le opportunità di guarigione. In questo scenario non va sottovalutato il ruolo delle Breast Unit, centri specializzati che garantiscono alla paziente una presa in carico multidisciplinare e migliori standard di cura e dove è prevista anche la presenza di una o più associazioni di volontariato, un elemento di grande valore per migliorare il vissuto delle pazienti durante tutto il percorso, dalla diagnosi alla cura". Europa Donna Italia è una realtà "nata a Milano da un’intuizione visionaria del professor Umberto Veronesi: le donne, se si uniscono, sono una forza in grado di orientare le decisioni pubbliche - ricorda Diana De Marchi, consigliera delegata alle politiche del Lavoro, politiche sociali e pari opportunità della Città metropolitana di Milano - L’attività di questa grande rete associativa, ampiamente raccontata anche dai numeri e dai trend presentati oggi, è una dimostrazione tangibile di come le associazioni del Terzo Settore abbiano un ruolo importante a fianco delle istituzioni, anche nel contribuire al benessere della società civile, in particolare di chi attraversa una condizione di fragilità. Non posso non evidenziare, inoltre, come questo contributo prezioso sia portato avanti soprattutto da donne, che quotidianamente si mettono a disposizione di altre donne, le pazienti, delle loro famiglie e dei loro caregiver. Ringraziamo perciò Europa Donna Italia e la sua rete associativa per il lavoro portato avanti in questi anni". "Per essere ancor più efficaci sul territorio - conclude Loredana Pau, vice presidente di Europa Donna Italia e coordinatrice della Rete associativa - abbiamo avviato e promosso la costituzione di delegazioni regionali, che coordinano le associazioni all’interno della propria Regione. Un passaggio particolarmente significativo nella direzione di un volontariato sempre più organizzato e qualificato, anche in considerazione della Legge di bilancio 2025 che apre alla partecipazione attiva delle associazioni di pazienti all'interno dei tavoli di lavoro istituzionali. Il volontariato si configura sempre di più come una risorsa particolarmente rilevante, che genera valore per il Servizio sanitario nazionale e la collettività tutta".
(Adnkronos) - L'accesso al lavoro tramite Agenzia avviene oggi più velocemente che in passato: entro quattro mesi dal primo contatto con una Agenzia per il lavoro i candidati trovano una occupazione, rispetto ai sei mesi del 2022. In due casi su cinque il candidato ottiene un lavoro entro un mese. Dalla rilevazione di Ipsos si evidenzia, inoltre, che per i lavoratori in somministrazione sono preferibili i contratti a tempo determinato tramite Agenzia piuttosto che quelli diretti con l’azienda: oltre la metà dei lavoratori in somministrazione (54%), infatti, predilige i vantaggi del contratto a termine tramite Agenzia. E' quanto emerge dalla ricerca condotta da Ipsos per Assolavoro, l’associazione nazionale delle agenzie per il lavoro, sul mercato del lavoro in Italia e sul ruolo delle Agenzie, e presentata oggi in occasione dell'assemblea pubblica dell'associazione. In generale, aumenta tra la popolazione la conoscenza delle agenzie per il lavoro che passa dal 73% del 2002 al 79% di oggi, mentre permangono margini di miglioramento sulla conoscibilità della formazione offerta gratuitamente ai lavoratori dalle Agenzie e sul welfare dedicato: solo il 44% dei somministrati e il 22% dei candidati conoscono la formazione di settore, e solamente il 41% dei somministrati e il 15% dei candidati il welfare. I contratti in somministrazione vengono considerati una forma di lavoro moderna (33%) e assimilabile al lavoro dipendente (35%) (per legge i lavoratori tramite Agenzia hanno stessi diritti, stesse tutele e stessa retribuzione dei colleghi direttamente assunti dall’azienda, ndr). L’81% dei candidati intervistati consiglia di rivolgersi ad una Agenzia. Dalla ricerca Ipsos emerge che le Agenzie favoriscono le prime esperienze di lavoro per i giovani, aiutano chi ha perso un’occupazione a trovarne una nuova e forniscono supporto alle aziende nel rispondere alla domanda di lavoratori con competenze altamente specializzate. Se è vero, infatti, che più di un lavoratore su due in somministrazione è un giovane under 35, le Agenzie non sono solo un’ottima porta d’accesso al mercato del lavoro per chi ha ancora poca esperienza, ma nel 34% dei casi sono un valido canale per reinserirsi nel mondo del lavoro, e nel 38% una via per la ricerca di migliori opportunità di lavoro. Per chi cerca un lavoro inviare curriculum alle aziende rappresenta il canale migliore (50%, dato in calo rispetto al 2022), seguono le Agenzie per il Lavoro (43%) e il passaparola (34%). Sempre più rilevante l’utilizzo di LinkedIn, soprattutto tra gli under 35 laureati dove si raggiunge il 48%. In questo contesto, per la popolazione le caratteristiche più ricercate in un buon datore di lavoro sono stipendio adeguato (71%) e stabilità e sicurezza (57%). Seguono avere un contratto che ti tuteli nei momenti di difficoltà (27%), lavoro in smart working (24%) e avanzamenti di carriera (23%). Nel caso dei candidati risulta importante l’attenzione alla formazione dei dipendenti in tre casi su dieci. Sull’avvento dell’Intelligenza Artificiale una fetta importante deve ancora farsi un’idea o è in attesa degli sviluppi futuri. Per la popolazione l’ia stravolgerà il mondo del lavoro, incrementando l’efficienza e garantendo lo sviluppo di nuove professionalità. Sei persone su dieci temono, però, che l’ia causerà una riduzione del personale nelle aziende. Più ottimisti i manager delle Agenzie per il lavoro, tre su quattro hanno già iniziato a implementare l’ia nel proprio lavoro, mentre la quota residuale ha comunque pianificato di utilizzarla.
(Adnkronos) - Un valore della produzione salito dai 38 miliardi del 2015 ai 68 miliardi del 2025 e una crescita degli occupati, che in dieci anni sono passati da 90mila a 104mila. Sono alcuni dei dati sull’evoluzione del comparto delle utilities emersi oggi nell’Assemblea generale di Utilitalia, organizzata a Roma in occasione del decennale della Federazione sorta nel 2015 dopo la fusione tra Federutility e Federambiente. Dal 2015 al 2025 il valore della produzione delle utilities italiane è aumentato del 79%, arrivando a 68 miliardi. Gli occupati, anche a fronte di un consolidamento industriale che ha visto fusioni e aggregazioni, sono aumentati del 15%, dai 90mila del 2015 ai 104mila attuali. A testimonianza del valore generato dalle utilities sui territori nel quali operano, mediamente ogni euro di fatturato di queste aziende genera un livello di produzione di 2,6 euro e, al contempo, per ogni milione di euro di fatturato si impiegano tra i 16 e i 34 occupati. “Negli ultimi anni - spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini - tra pandemia, crisi energetica e siccità le utilities si sono trovate ad affrontare una serie di situazioni emergenziali che hanno rappresentato sfide enormi per il comparto. Ciò nonostante, le imprese non si sono limitate a garantire la continuità dei servizi ma hanno realizzato investimenti fondamentali per supportare la transizione ecologica del Paese, confermando la loro centralità all’interno di questo percorso”. ACQUA - Per quanto riguarda il settore idrico, gli investimenti pro-capite sono passati dai 38 euro annui del 2015 agli 80 euro stimati nel 2025, con una crescita del 110%. "Tra i nodi da sciogliere - segnala Utilitalia - figurano gli investimenti relativi alle gestioni 'in economia', dove gli enti locali si occupano direttamente del servizio idrico: qui gli investimenti crollano a 29 euro per abitante. Per il prossimo futuro, a fronte di un valore complessivo degli investimenti sostenuti dalla tariffa aumentato fino a circa 4 miliardi l’anno, il fabbisogno di settore è stimato da Utilitalia in almeno 6 miliardi l’anno. Negli ultimi anni il Pnrr ha destinato al settore circa 1,1 miliardi annui: serviranno dunque risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026, e pari ad almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del Pnrr, per innalzare l’indice di investimento complessivo". Nell’ottica della Federazione, "alle risorse derivanti dalla tariffa andrebbe affiancata anche una quota di contributo pubblico di almeno 1 miliardo di euro l’anno per i prossimi 10 anni". RACCOLTA DIFFERENZIATA - Investimenti che sono necessari anche nel settore dei rifiuti urbani, dove negli ultimi anni sono stati fatti importanti passi in avanti sul fronte della raccolta differenziata (passata dal 47,5% del 2015 al 67% attuale) e del riciclaggio (salito dal 41,1 % del 2015 al 50,8% attuale). L’Unione europea ha posto obiettivi sfidanti al 2035 che riguardano l’effettivo riciclo per il 65% dei rifiuti urbani prodotti e uno smaltimento in discarica fino ad un massimo del 10%, mentre attualmente l’Italia si attesta al 16%, anche se molti passi avanti si sono fatti rispetto al dato del 2015 (26%). Per centrarli in futuro - avverte Utilitalia - sono necessari investimenti aggiuntivi pari a circa 4,5 miliardi: di questi, 3 miliardi riguardano la dotazione impiantistica (2,5 per impianti di incenerimento e 0,5 per la digestione anaerobica), mentre 1,5 miliardi saranno necessari per implementare i sistemi di raccolta differenziata. ENERGIA - "Il settore dell’energia, invece, è atteso a una radicale trasformazione per far fronte agli obiettivi di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici. Con il Green Deal e la Legge Europea per il Clima, l’Ue ha individuato un punto di arrivo estremamente ambizioso: la neutralità climatica al 2050", osserva la Federazione. L’analisi dei piani industriali delle maggiori utilities impegnate in campo energetico ha evidenziato un volume di investimenti programmati pari a circa 19 miliardi di euro nei prossimi 5 anni: fra questi, 7,6 sono destinati ad investimenti per le reti elettriche, del gas e del teleriscaldamento, 7,7 alla produzione di energia rinnovabile e non rinnovabile, mentre circa 1,5 miliardi sono destinati all’efficientamento energetico e alla mobilità sostenibile. LE PRINCIPALI SFIDE PER LE UTILITIES VERSO IL 2035 - Guardando al futuro, il comparto delle utilities si trova davanti a sfide cruciali che richiedono un impegno strategico su più fronti. Come evidenzia il vicepresidente vicario di Utilitalia, Luca Dal Fabbro, “le imprese dei servizi pubblici si candidano a essere attori essenziali nel nuovo equilibrio tra sicurezza energetica ed ambientale, innovazione e crescita economica e coesione territoriale. In questo quadro, l’industrializzazione del settore e il superamento delle gestioni in economia, dove ancora presenti, restano fondamentali per migliorare le performance e aumentare la capacità di investimento complessiva. La strategia futura si fonda su tre assi portanti: una regolazione evolutiva, una governance industriale efficiente e non meno importante una forza lavoro competente e orientata al cambiamento”. Tra le priorità chiave individuate da Utilitalia figurano il rafforzamento del ruolo della regolazione indipendente, l’incremento degli investimenti nella sicurezza e resilienza delle infrastrutture e degli approvvigionamenti, le aggregazioni per una governance efficiente e il superamento dei vincoli normativi del Testo Unico sulle Partecipate. E ancora il consolidamento dell’industrializzazione dei settori, investimenti ancora più ingenti per garantire la qualità della risorsa idrica, misure tese a garantire la continuità agli investimenti oltre l’orizzonte del Pnrr, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi operativi e gestionali e politiche del lavoro che favoriscano stabilità, formazione e innovazione organizzativa.