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(Adnkronos) - Si è tenuto ieri sera al Bper Forum di Modena l’evento conclusivo dedicato a Present4Future, il progetto promosso da Bper Banca in collaborazione con la Fondazione Gruppo Abele. L’iniziativa, nata nel 2022 e attiva in sei città italiane, Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova, ha coinvolto oltre 3.000 giovani tra i 14 e i 24 anni, con l’obiettivo di favorire l’inclusione sociale attraverso il dialogo intergenerazionale e una serie di attività educative, culturali e sportive. “Present4Future rappresenta un progetto che incarna pienamente il nostro impegno per la sostenibilità sociale e la crescita delle comunità -ha affermato il presidente di Bper, Fabio Cerchiai - Attraverso il dialogo intergenerazionale e un approccio inclusivo, abbiamo voluto offrire ai giovani strumenti concreti per diventare protagonisti del cambiamento nei territori in cui vivono. I risultati raggiunti sono una dimostrazione tangibile del valore della collaborazione tra enti pubblici, privati e terzo settore, e confermano quanto sia fondamentale investire nelle nuove generazioni per costruire un futuro migliore per tutti”. “Non possiamo pretendere di curare il malessere dei giovani, se non siamo disposti a curarci maggiormente di loro - ha detto don Luigi Ciotti, presidente di Fondazione Gruppo Abele - Questo significa ascoltarli senza catalogarli, accogliere le loro contraddizioni e le loro proteste verso un mondo adulto che li considera spesso cittadini a metà. Questo progetto ha avuto coraggio, perché ha scelto di andare incontro alla realtà giovanile di oggi senza pregiudizi o paternalismi. Di fare un salto senza rete proprio dentro quelle periferie che a tanti fanno così paura. Di scommettere sul protagonismo dei giovani e sui loro percorsi inediti. Una strada che speriamo non si interrompa, ma che sogniamo ancora lunga. La continuità è infatti un valore chiave negli interventi sociali che ambiscono a creare cambiamenti significativi e duraturi: elaborati nel presente per essere consolidati nel futuro”. “I giovani quando trovano dei punti di riferimento veri, coerenti, credibili ci sono. Investiamo sui nostri ragazzi, diamo opportunità. Se noi pensiamo che i ragazzi che sono andati all'estero negli ultimi anni, solo l'anno scorso, sono 100mila; l'Italia è sempre più povera di giovani e molti vanno fuori perché qui c'è tutto precariato, tutto in difficoltà, tutto incerto”, ha concluso don Ciotti. Il progetto si è distinto per il suo approccio innovativo, fondato su una co-progettazione che ha permesso di coinvolgere i giovani in modo diretto e attivo, dando particolare attenzione a coloro che vivono in contesti di marginalità. La collaborazione tra partner pubblici, privati e del terzo settore ha consentito di realizzare interventi capaci di rispondere concretamente ai bisogni locali, rafforzando le reti territoriali e promuovendo il protagonismo giovanile. Nel corso di oltre due anni di attività, Present4Future ha rigenerato spazi pubblici trascurati, promosso percorsi di educazione e contrastato l’abbandono scolastico attraverso iniziative mirate. Sono stati creati sportelli psico-pedagogici, organizzati corsi di alfabetizzazione per giovani di origine straniera e avviate attività di sensibilizzazione su temi di interesse collettivo come la legalità, la lotta alle mafie e la violenza di genere. Il progetto ha inoltre dato vita al podcast 'Sei Città', realizzato in collaborazione con Storielibere.fm, scritto e narrato da Valerio Millefoglie: un racconto collettivo delle periferie urbane attraverso le voci dei giovani partecipanti, e alla pagina Instagram @present4futureitalia, uno spazio dove i ragazzi hanno potuto esprimersi liberamente e sviluppare competenze digitali. In totale, sono state realizzate 130 attività, intercettando oltre 3mila giovani e 2.000 cittadini delle comunità locali, portando alla nascita di accordi formali e nuove progettualità.
(Adnkronos) - “Questa celebrazione si può intendere come una invettiva contro la banalità; banalità come esito di un sapere che si riduce alla raccolta di una attrezzatura per eseguire un compito o un mestiere”. Così l’arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, intervenuto all’inaugurazione del nuovo anno accademico dell’università Cattolica di Milano in qualità di presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori. “L’università Cattolica -ha detto Delpini- pronuncia la sua invettiva contro la banalità perché propone il sapere come funzione della sapienza che contempla, interpreta, utilizza e criticamente ripensa l’utilizzo e non rinuncia a sognare. La banalità è l’esito di quel modo di studiare che riduce la memoria ad accumulo noioso di pezzi di antiquariato. L’università Cattolica è contro la banalità perché propone lo studio del passato come una forma di esperienza spirituale e intende la conoscenza come relazione tra generazioni”.
(Adnkronos) - A Ravenna il primo progetto CCS-Carbon Capture and Storage in Italia. Ovvero il processo che attraverso cattura, trasporto e stoccaggio della CO2 ha come obiettivo la decarbonizzazione delle industrie, in particolare dei settori cosiddetti ‘hard to abate’, evitando l’emissione in atmosfera di importanti quantità di anidride carbonica. Negli scenari Iea, la CCS e la Cdr-Carbon Dioxide Removal (processo di rimozione attiva dell’anidride carbonica dall’atmosfera che comprende soluzioni tecnologiche e basate sulla natura) contribuiranno a una riduzione dell’8% delle emissioni di CO2 globali tra il 2020 e il 2050. A sua volta, The European House-Ambrosetti stima che elettrificazione, efficienza energetica, bioenergie, idrogeno e variazione delle materie prime potranno, utilizzate insieme, contribuire a una riduzione non superiore al 52% di tali emissioni. Per poter decarbonizzare il restante 48%, pari a 30,8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sarà dunque necessario ricorrere a soluzioni CCS. (AUDIO) Ma in cosa consistono queste soluzioni? La prima fase è quella della cattura, durante la quale l’anidride carbonica viene separata dagli altri gas con i quali è mescolata, ad esempio in seguito ad un processo di combustione. Una volta separata dagli altri gas, la CO2 viene compressa per permetterne il trasporto, solitamente tramite condotte ma anche via mare (nave) o via terra (trasporto su gomma o ferroviario). A questo punto può essere utilizzata per usi industriali, come ad esempio nella produzione di materiale cementizio o di biomassa per l’industria alimentare, e si parla allora di CCU (Carbon Capture and Utilization), oppure stoccata all’interno di formazioni geologiche sotterranee, come per esempio i giacimenti di idrocarburi esauriti o acquiferi salini: in questo caso si parla quindi di CCS (Carbon Capture and Storage). “La fase 1 del progetto Ravenna CCS è stata avviata ad agosto 2024; è il primo progetto di questo tipo operativo in Italia e uno dei primi della nuova generazione in Europa. È un progetto articolato in più fasi ed entro il 2030 raggiungeremo la capacità di iniezione di 4 milioni di tonnellate all'anno. Ravenna CCS contribuirà in modo determinante alla decarbonizzazione dell'industria sia italiana che europea, candidandosi a diventare l'hub di riferimento per il sud Europa e per il Mediterraneo”, spiega Roberto Ferrario, responsabile Soluzioni Innovative di CCUS di Eni. Il progetto, nato da una Joint Venture paritetica Eni-Snam e operato da Eni, si esplica mediante la conversione dei giacimenti esausti di gas, operati da Eni, situati nell’alto Mar Adriatico. L’hub di Ravenna diventerà il sito di riferimento del Mediterraneo per lo stoccaggio permanente della CO2 con una capacità totale ad oggi valutata in oltre 500 milioni di tonnellate. La Fase 1 è partita nell’agosto del 2024 con l’iniezione ai fini dello stoccaggio permanente nel giacimento esausto di gas di Porto Corsini Mare Ovest, al largo di Ravenna, di circa 25mila tonnellate all'anno di CO2, catturate dalla centrale a gas Eni di Casal Borsetti. La successiva fase industriale permetterà alle industrie energivore interessate di catturare e stoccare la loro CO2: entro il 2030 sarà possibile raggiungere una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate all’anno; successivamente ulteriori espansioni potranno portare i volumi a più di 16 milioni di tonnellate di CO2, in base alle richieste provenienti dal mercato. Snam ha promosso, in collaborazione con Eni e con Confindustria, un’indagine sul potenziale mercato della CCS, per individuare gli emettitori potenzialmente interessati al progetto e a conoscerne le esigenze: sono state raccolte manifestazioni di interesse non vincolante da parte di 61 aziende, per un totale di 172 siti industriali sul territorio italiano. I volumi di CO2 per cui è stato espresso interesse al trasporto e allo stoccaggio nel sito sono pari a 27 Mton/anno al 2030 e 34 Mton/anno al 2040. Un interesse che va anche oltre confine. ‘Ravenna CCS’ è parte, infatti, del progetto Callisto (Carbon LIquefaction transportation and STOrage) Mediterranean CO2 che mira a realizzare il più grande network nel Mediterraneo per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2 offrendo una soluzione di decarbonizzazione dei distretti industriali di Ravenna, Ferrara, Porto Marghera, oltre a Fos sur Mer (Marsiglia) e Valle del Rodano in Francia. Secondo lo Studio Strategico ‘Carbon Capture and Storage: una leva strategica per la decarbonizzazione e la competitività industriale’ realizzato nel 2023 da The European House - Ambrosetti, l’utilizzo della CCS contribuirà a preservare la competitività dei settori hard to abate in Italia (acciaierie, cementifici, chimica, carta, vetro, ecc...), che rappresentano 94 miliardi di euro di Valore Aggiunto (5% del Pil italiano, dato 2021) e 1,25 milioni di occupati (4,5% della forza lavoro nazionale, dato 2021) e che, al contempo, emettono 63,7 milioni di tonnellate di CO2, di cui il 22% connesse intrinsecamente al processo produttivo e che non sono, quindi, evitabili attraverso l’elettrificazione. Settori che sono fondamentali per le nostre economie e per la società in generale e che in Italia sono responsabili di oltre il 60% delle emissioni di gas serra dell’industria e del 13% circa del totale nazionale. La CCUS nel mondo. Ai due progetti di CCS già operativi da molti anni in Norvegia (Sleipner dal 1996 e Snohvit dal 2008) oggi se ne sono aggiunti molti altri in via di sviluppo. Tra questi, il progetto Northern Lights, sempre in Norvegia, che a partire dal 2025 stoccherà sotto il Mare del Nord progressivamente fino a circa 5 milioni di tonnellate di emissioni l’anno, provenienti da numerosi emettitori del Nord Europa. In Danimarca è in fase avanzata il progetto Greensand, con avvio previsto nello stesso anno, mentre in Olanda sono in via di sviluppo il Progetto Porthos nell’area del porto di Rotterdam ed il progetto Aramis. Il Regno Unito punta a sviluppare 4 hub di cattura entro il 2030 mentre numerosi altri progetti stanno nascendo in Europa anche grazie al sostegno dei fondi comunitari. La strategia di Eni verso la neutralità carbonica è articolata in un piano di trasformazione industriale che si basa su più soluzioni. La CCUS è una di queste, assieme a rinnovabili, biocarburanti, efficienza energetica, un mix energetico che privilegi le fonti meno emissive come il gas in sostituzione di carbone e petrolio, vettori ‘low-zero carbon’ e carbon offset per quelle emissioni residuali che non si riusciranno ad evitare. Eni è già partner del progetto Sleipner in Norvegia. In UK, Eni è partner del progetto HyNet North West che prevede la trasformazione del distretto industriale nell’area della Liverpool Bay sulla costa nord-occidentale nel primo cluster a basse emissioni di anidride carbonica al mondo.