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(Adnkronos) - Bisogna "aumentare la pressione sull'economia della Russia e sulla sua industria della difesa, finché Putin non sarà pronto per la pace". Alla vigilia delle comunicazioni in Parlamento in vista del Consiglio europeo di domani e dopodomani, la premier Giorgia Meloni e altri leader europei (tra questi, il primo ministro inglese Starmer, il cancelliere tedesco Merz, il presidente francese Macron e quello ucraino Zelensky) hanno firmato una dichiarazione congiunta per ribadire la posizione del Vecchio Continente sul dossier ucraino, tema centrale del vertice in programma a Bruxelles. Una delle questioni principali sul tavolo dei leader sarà proprio il sostegno finanziario a Kiev nei prossimi anni, comprese le possibilità basate sui beni russi congelati. Finora l'Ue e i suoi Stati membri hanno fornito 177,5 miliardi di euro a sostegno dell'Ucraina, 63,2 dei quali sotto forma di sostegno militare. Ma ora è il momento di passare allo step successivo. "Stiamo sviluppando misure per utilizzare appieno il valore dei beni sovrani russi immobilizzati affinché l'Ucraina disponga delle risorse di cui ha bisogno", si legge nella dichiarazione dei leader. Nella stessa nota i capi di Stato e di governo dicono di sostenere "fermamente la posizione del presidente Trump che i combattimenti debbano cessare immediatamente, e che l'attuale linea di contatto debba essere il punto di partenza per i negoziati". Ma l'utilizzo degli asset russi resta un 'nodo', visto che all'interno della Ue non c'è ancora unanimità sull'argomento. In occasione del vertice informale di Copenaghen che si è svolto a inizio mese, si è registrato un "consenso crescente" sull'idea di far pagare i costi della guerra in corso in Ucraina non solo ai "contribuenti europei", ma anche alla Russia: in quella sede, i leader europei hanno avviato un confronto su come impiegare i flussi di cassa generati dai beni russi congelati - cioè i proventi derivanti dal rimborso dei titoli di Stato e delle obbligazioni giunte a scadenza - per finanziare un prestito dell'Unione europea destinato all'Ucraina. L'idea è che Kiev dovrebbe restituire quelle somme a Mosca solo dopo che la Russia avrà versato le riparazioni di guerra dovute per l'aggressione, trasformando così un immobilizzo finanziario in uno strumento concreto di solidarietà e responsabilità internazionale. Ma il vertice di Copenaghen ha cristallizzato le divisioni nel Vecchio Continente. Macron non ha nascosto le sue perplessità, giudicando il "sequestro" dei beni contrario al diritto internazionale. Ancora più netto il primo ministro ungherese Viktor Orban: "Non siamo ladri, non tocchiamo soldi altrui". Contraria anche la Slovacchia. Di segno opposto le parole del cancelliere tedesco Friedrich Merz, favorevole invece a questa ipotesi. Dal canto suo, nei consessi a cui ha partecipato Meloni non ha mai nascosto le sue perplessità sull'utilizzo dei beni russi congelati ma è al lavoro, con gli altri partner Ue, per trovare una possibile soluzione. Il testo della risoluzione che la maggioranza di centrodestra voterà oggi, al termine delle comunicazioni della premier, conferma un approccio improntato alla cautela. Il governo è invitato "a tenere conto delle esigenze urgenti di assistenza finanziaria e di ricostruzione dell'Ucraina, con il coinvolgimento dell'industria europea", sottolineando che "un eventuale utilizzo dei beni russi immobilizzati non può che essere subordinato alla compatibilità con il diritto internazionale". La risoluzione sollecita inoltre l'esecutivo "a mantenere una forte pressione sulla Russia, nel quadro delle azioni, delle decisioni e delle procedure consolidate". Intanto dal Cremlino arriva un monito diretto a Roma: l'Italia "non sia complice del furto del secolo", perché l'utilizzo degli asset russi congelati nell'ambito delle sanzioni a Mosca per la guerra in Ucraina si configurerebbe come "un reato finanziario che rischia di ostacolare notevolmente la possibilità di ripristinare la cooperazione commerciale-economica con la Russia per molti anni", si legge in un lungo post pubblicato sui social dall'ambasciatore russo a Roma, Alexei Paramonov. L'accusa dell'ambasciatore è che tali beni verrebbero utilizzati per "comprare armi da aziende americane ed europee per l'Ucraina per infliggere una 'sconfitta strategica' alla Russia, continuando così la distruzione dell'Ucraina e la guerra fino all'ultimo ucraino". Oltre all'Ucraina, il Consiglio europeo affronterà altri temi di rilievo, a partire dal Medio Oriente. I leader europei discuteranno gli ultimi sviluppi nella regione, compreso l'esito del vertice di Sharm El-Sheikh per la pace del 13 ottobre, la liberazione di ostaggi e la fase iniziale della proposta di pace statunitense per Gaza. Sul tavolo anche la difesa europea, dopo gli attacchi ibridi e gli avvistamenti di droni di sospetta provenienza russa vicino alle infrastrutture critiche: nel 2024 la spesa totale dell'Ue per la difesa ha raggiunto i 343 miliardi di euro, con un aumento del 19% rispetto al 2023 e del 37% rispetto al 2021. All'ordine del giorno ci sono anche le politiche migratorie e la competitività dell'Ue, articolata su tre filoni principali: semplificazione della normativa europea, transizione verde e digitalizzazione. Infine, è previsto un dibattito sul caro casa, con la Commissione europea impegnata a elaborare un piano per garantire alloggi a prezzi accessibili. Non è formalmente all'ordine del giorno del Consiglio europeo, ma la questione dazi continua a tenere banco. Nonostante il video circolato nella galassia Maga - e rilanciato su Truth Social dallo stesso Donald Trump - secondo cui Giorgia Meloni sarebbe pronta ad aprire un tavolo diretto con la Casa Bianca, bypassando Bruxelles, la linea del governo italiano resta invariata: le trattative commerciali con Washington spettano alla Commissione europea, mentre sul fronte della pasta è in corso un confronto bilaterale. "Sul piano commerciale ci sono delle regole condivise, che poi ci sia un rapporto bilaterale tra Italia e Stati Uniti credo che sia un fatto positivo e non ci trovo nulla di male. Questo non sostituisce le trattative che passano attraverso la Ue", ha precisato il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, a margine di un evento di Unionfood in vista del World Pasta Day. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha invece annunciato che a inizio dicembre sarà a Washington per discutere, tra le altre questioni, anche quella dei "dazi antidumping predisposti per alcune aziende della pasta italiana". Il riferimento è a La Molisana e Rummo, colpite da un dazio antidumping del 91,74%, cui si aggiunge il 15% già imposto la scorsa estate: una misura che, se confermata, potrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2026. Secondo fonti governative vicine al dossier, le aziende italiane stanno ricevendo "pieno sostegno sia dal punto di vista diplomatico - con l'azione dell'ambasciatore italiano a Washington Marco Peronaci - sia da quello politico". L'obiettivo, spiegano le stesse fonti, è difendere l'export di pasta italiana, che continua a registrare numeri importanti: oltre 600 milioni di euro solo negli Stati Uniti e più di 4 miliardi a livello globale. L'interlocuzione con i produttori resta "costante", anche perché circa il 60% del grano utilizzato per la pasta è di origine italiana. (di Antonio Atte)
(Adnkronos) - “Il Brand Journalism Festival non è solo un evento per addetti ai lavori, ma un evento di scopo e di missione. Nasce per fotografare un’istanza del Paese che oggi è di primaria importanza: il superamento della polarizzazione tra informazione e comunicazione d’impresa. In un ecosistema sempre più liquido e frammentato, vogliamo mettere al centro i giovani, i loro linguaggi e il modo in cui raccolgono i contenuti, costruendo un dialogo tra giornalisti, comunicatori aziendali e new media”. Lo ha dichiarato Ilario Vallifuoco, ideatore del Brand Journalism Festival 2025, presentato alla Camera dei Deputati. L'evento, giunto alla seconda edizione, è in programma l’11 novembre al Talent Garden di Roma. “Parlamento e Commissione europea - ha spiegato - collaborano con noi per colmare il divario comunicativo con la società e con i giovani, mentre il nostro Osservatorio, realizzato con il gruppo Unipol, continua a indagare il rapporto tra cittadini e informazione. Il Brand Journalism Festival è un laboratorio di idee: vogliamo offrire strumenti e proposte concrete per una comunicazione più etica, trasparente e inclusiva”.
(Adnkronos) - Città in affanno sulla sostenibilità. La classifica dei 106 capoluoghi di provincia stilata da Ecosistema Urbano, il report annuale di Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, restituisce per il 2024 una fotografia in chiaroscuro. Ancora nessuna città raggiunge il punteggio del 100% e cala al 54,24% la media del punteggio raggiunta dai capoluoghi, registrando un -3,8% rispetto a due anni fa quando si attestava al 56,41%. Se si guarda ai singoli capoluoghi, nel 2024 sono Trento (79,78%) e Mantova (78,74%) le uniche città a superare la soglia di 75 punti e a dominare la classifica di Ecosistema Urbano ottenendo rispettivamente il primo e secondo posto. Trento torna sul gradino più alto (nel 2023 era seconda) rappresentando il meglio della vivibilità in città. Mantova ottiene la medaglia d’argento risalendo la classifica di cinque posizioni (nel 2023 era 7 settimana), grazie ad alcuni risultati negli indici più significativi come il calo dei consumi idrici e delle perdite idriche e la raccolta differenziata che è all’84%. Dietro di loro si piazza Bergamo, al terzo posto con un punteggio del 71,82%, risalendo la classifica di ben 13 posizioni (nella passata edizione era 16esima), grazie ad un impegno costante soprattutto nel settore della raccolta differenziata e della ciclabilità. Le altre città che rientrano della top ten sono Bolzano, quarta, seguita da Pordenone, Reggio Emilia, Parma, Rimini, Bologna, Forlì: tutte aree urbane del nord Italia e con Bologna, al 9° posto, che si conferma la migliore tra le grandi città anche se perde una posizione rispetto alla passata edizione. Il Sud è sempre in grande affanno, ad eccezione di Cosenza, 16esima in classifica, unica città del Meridione nella top 20 anche se rispetto alla passata edizione perde 3 posizioni (era 13esima). In fondo alla classifica ci sono nove città del sud - Caltanissetta (97° posto), Caserta (98°), Catania (100°), Palermo (101°), Catanzaro (102°), Napoli (103°), Crotone (104°), Vibo Valentia (105°), Reggio Calabria (106°) - che non arrivano a toccare il 35% del punteggio. Crotone, Vibo Valentia, Reggio Calabria sono al di sotto dei 25 punti su 100. Smog e rete idrica colabrodo - rileva il rapporto - restano le principali criticità da affrontare per i capoluoghi di provincia. Diminuiscono troppo lentamente le città con perdite d’acqua superiori o uguali al 50%: 20 quest’anno (erano 24 nel 2023 e 27 nel 2022). Nel 2024, inoltre, cala la media della superficie urbana dedicata alle infrastrutture per la ciclabilità - 10,39 metri equivalenti ogni 100 abitanti (11,02 m eq/100 ab nella passata edizione e 10,69 due anni fa) - così come diminuisce sia l’estensione media delle isole pedonali nei comuni capoluogo passando dai 50,7 mq ogni 100 abitanti della scorsa edizione agli attuali 48,6 mq sia quella delle zone a traffico limitato che nel 2024 si attesta a 368,3 mq ogni 100 abitanti rispetto ai 406,9 della scorsa edizione. Cresce, stando ai dati Ispra, il consumo di suolo nel totale dei capoluoghi: dal 2018 al 2023 è pari a circa 4500 ha, a fronte di un calo del numero degli abitanti (-346mila abitanti). Ne deriva una crescita del suolo impermeabilizzato per ogni abitante delle città, sempre su base quinquennale, pari a +6,3 mq/ab dal 2018 al 2023 (+3,5% rispetto al 2018), con forti variazioni da città a città. Tra i segnali positivi che emergono dal nuovo report Ecosistema Urbano, c’è la raccolta differenziata che per la prima volta, tra i capoluoghi, supera la media del 65%. Inoltre, sono ben 15 i capoluoghi che sono oltre l’80% di Rd. Cresce il numero dei passeggeri trasportati dal servizio di Tpl nelle città capoluogo, anche se le performance generali sono ancora lontane dai livelli europei. C’è Milano con 424 passeggeri nel 2024 rispetto ai 415 dello scorso anno, i 357 del 2022 e ai 303 del 2021. Anche Roma mostra lievi segnali incoraggianti salendo dai 259 viaggi procapite all’anno della passata edizione ai 277 di quest’anno. Venezia resta la migliore sebbene in calo, interrompendo una crescita costante, mentre Firenze continua a migliorare (sale dai 225 dello scorso anno ai 247 passeggeri/ ab/anno).