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(Adnkronos) - Il rinnovato slancio dietro l’energia nucleare dipende fortemente dalle tecnologie cinesi e russe, Almeno per il momento. A dirlo è il nuovo rapporto 'The Path to a New Era for Nuclear Energy', dell’Agenzia Internazionale per l'Energia, che rileva come la maggior parte del parco nucleare esistente oggi si trova nelle economie avanzate, ma molti di questi impianti sono stati costruiti decenni fa. Nel frattempo, la mappa globale del nucleare sta cambiando, con la maggior parte dei progetti in costruzione che si trovano in Cina, che è destinata a superare sia gli Stati Uniti che l’Europa in termini di capacità nucleare installata entro il 2030. Anche la Russia è un attore importante nel panorama della tecnologia nucleare. Dei 52 reattori in costruzione in tutto il mondo dal 2017, 25 sono di progettazione cinese e altri 23 sono di progettazione russa. Questo solleva una questione sensibile. “Oggi, oltre il 99% della capacità di arricchimento dell'uranio avviene in quattro paesi fornitori, con la Russia che rappresenta il 40% della capacità globale, la quota maggiore - spiega il direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale per l'Energia, Fatih Birol - I mercati altamente concentrati per le tecnologie nucleari, così come per la produzione e l’arricchimento dell’uranio, rappresentano un fattore di rischio per il futuro e sottolineano la necessità di una maggiore diversità nelle catene di approvvigionamento”. Tra mercato, tecnologia e politica, le basi per una nuova era dell’energia ci sono tutte, e la vivremo nei prossimi decenni, ma intanto la produzione globale dei circa 420 reattori è destinata a raggiungere livelli record già nel 2025, rileva ancora il rapporto, secondo il quale l’interesse per l’energia nucleare non è mai stato così alto dalla crisi petrolifera degli anni ’70, con oltre 40 Paesi impegnati nel sostegno e nello sviluppo di questa forma di energia. Oggi, si legge nel report, l’energia nucleare produce poco meno del 10% della produzione globale di elettricità ed è la seconda fonte di elettricità a basse emissioni dopo l’idroelettrico. Sono attualmente in costruzione circa 63 reattori nucleari, che rappresentano più di 70 gigawatt (GW) di capacità, uno dei livelli più alti registrati dal 1990. Gli investimenti annuali nel nucleare – che comprendono sia nuovi impianti che estensioni della durata di vita di quelli esistenti – sono aumentati di quasi il 50% nei tre anni successivi al 2020, superando i 60 miliardi di dollari. L’innovazione sta cambiando il panorama della tecnologia nucleare: i primi progetti di Small Modular Reactorsin (Smr) commerciali dovrebbero entrare in funzione intorno al 2030. Con il giusto sostegno, gli impianti Smr potrebbero raggiungere gli 80 GW entro il 2040, pari al 10% della capacità nucleare complessiva a livello globale. La produzione globale da centrali nucleari è in aumento: il Giappone riavvia la produzione, la Francia ha completato i lavori di manutenzione e nuovi reattori iniziano le operazioni commerciali in vari mercati, tra cui Cina, India, Corea ed Europa. D'altra parte, la domanda di elettricità è in rapido aumento, sottolinea lo studio: negli ultimi dieci anni il consumo di elettricità è aumentato a un ritmo doppio rispetto alla domanda totale di energia. E il nucleare, spiega l'Aie, è una fonte pulita di elettricità e calore che può essere distribuita su larga scala e disponibile 24 ore su 24, con comprovati vantaggi in termini di sicurezza energetica e riduzione delle emissioni.
(Adnkronos) - "Del Piano Mattei ci è piaciuta molto l'attenzione da parte del governo a un Continente in così forte sviluppo. Il Piano nel corso del 2024 è stato riempito piano piano di contenuti, e i contenuti hanno iniziato a dare risultati. E mano a mano che passava il tempo è stato come un aggregatore del sistema Paese, con le banche di investimento, la cooperazione economica, Confindustria. Tutti hanno iniziato a parlare del tema in modo più coordinato. Il Sistema Paese ha dato quindi attenzione, dal punto di vista dell'impresa, allo sviluppo del Continente. E quindi il Piano è diventato non solo strategico e importante per l'Italia, ma è riconosciuto come l'unico vero piano per l'Africa sia da tutto il mondo dell'economia reale che dal mondo finanziario". Così con Adnkronos/Labitalia, Massimo Dal Checco, presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, commenta le parole di oggi su Africa e Piano Mattei della premier Giorgia Meloni, nel corso della conferenza stampa con la stampa parlamentare. Per Dal Checco quindi il Piano Mattei è diventato "un piano non più fatto solo di annunci e di che cosa si voleva fare, ma un piano concreto. Noi abbiamo fatto a settembre scorso un incontro con 70 aziende, al quale hanno partecipato tutti gli attori coinvolti". E per Dal Checco è fondamentale che "con questo piano la cooperazione italiana, che prima era rivolta esclusivamente a tutto il mondo no profit, si sia rivolta anche al mondo profit. Perché si è capito che lo sviluppo economico in questi Paesi fa molto bene, anche associato a quella che era tutta la parte no profit". Positivo per Dal Checco, l'ampliamento del Piano ad altri Paesi, come annunciato dalla premier. "Da due punti di vista: il primo motivo sicuramente per le imprese, per avere più opportunità di più Paesi dove si può essere appoggiati dal piano Mattei. Ma l'altra cosa secondo me molto importante, non solo dal punto di vista economico, è contribuire alla crescita dell'Africa in un'etica che è conforme alla nostra, in modo tale da avere più facilità di rapporto nel futuro", sottolinea. E il prossimo 22 gennaio Confindustria Assafrica & Mediterraneo terrà la propria assemblea pubblica che sarà occasione per fare il punto proprio con le imprese associate sul piano Mattei. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Integrare e promuovere la sostenibilità all’interno delle filiere, è questo l’obiettivo dell’alleanza di sistema Open-es, iniziativa promossa tre anni fa, con l’intento di riunire i più importanti player del mondo industriale, finanziario, associativo ed istituzionale al fine di supportare le imprese nel processo di crescita sulle dimensioni della sostenibilità tramite un’unica piattaforma digitale, collaborativa e gratuita. (Audio) “Open-es è un'alleanza di sistema che riunisce il mondo industriale, finanziario, associativo e istituzionale per supportare le imprese nelle sfide di sostenibilità e competitività. Lo fa attraverso una piattaforma digitale, gratuita e una serie di iniziative e servizi che aiutano le imprese ad affrontare questa sfida”, spiega Stefano Fasani, Program Manager Open-es. Oggi le imprese attive su Open-es sono più di 27mila, operanti in 66 settori differenti, e altre 100mila stanno per entrare attraverso i 30 grandi partner dell’alleanza, che si riuniscono in un board decisionale. Il tutto in rappresentanza di 100 paesi. “L'idea alla base era quella di aiutare le proprie filiere, le proprie catene del valore nel percorso di miglioramento delle performance di sostenibilità ma di non farlo attraverso iniziative chiuse solo ai propri fornitori o ai propri clienti, ma con un'iniziativa di sistema per mettere a fattor comune competenze, best practices e strumenti per semplificare questo percorso”, aggiunge Fasani. Il meccanismo è quello tipico delle filiere, ogni nodo coinvolge i propri fornitori e clienti costituendo una rete collaborativa di imprese che lavorano insieme per crescere e coniugare business con sostenibilità. Ingaggiare i propri stakeholder sui temi della sostenibilità e guidarli in un percorso di miglioramento non riguarda più solo le grandi aziende o quelle che svolgono la funzione di capo filiera, ma attrae l’interesse anche di operatori economici diversi quali banche, assicurazioni, associazioni, istituzioni e persino asset manager. L’idea di base è che solo unendo le forze tra tutti i player industriali, finanziari e istituzionali si possono raggiungere rapidamente ed efficacemente obiettivi globali come l’equilibrio tra tutela ambientale, cura sociale e crescita economica. Da qui la creazione di un’alleanza di sistema aperta, cross settoriale e senza scopo di lucro, per collaborare tra grandi realtà del sistema economico e supportare con strumenti semplici e gratuiti le realtà che più hanno bisogno di aiuto in questo percorso, le micro-piccole e medie imprese. Una community interconnessa che vede la presenza anche di attori in competizione nei rispettivi settori di business ma che intende mettere a fattor comune le competenze e far convergere in un unico spazio digitale e condiviso gli sforzi sugli obiettivi di sostenibilità, evitando burocrazia e confusione, tramite una piattaforma digitale, aperta e semplice. Da un punto di vista pratico, quando un’impresa entra in Open-es, crea la propria carta d’identità Esg, basata sugli standard di rendicontazione internazionale, e la fa evolvere progressivamente nel tempo. Può far validare la propria posizione da un certificatore terzo e ricevere una valutazione direttamente in piattaforma, un feedback immediato, su cui poter indirizzare un percorso di crescita. Le imprese possono, poi, decidere autonomamente con chi condividerla tra tutti i portatori di valore con cui l’azienda interagisce: per esempio, per il posizionamento verso i propri clienti, l’accesso a servizi finanziari o la valutazione da parte degli investitori. C’è anche un’area di collaborazione dove le imprese si confrontano tra di loro e con esperti del settore risolvendo i propri dubbi e individuando esigenze comuni. Inoltre, all’interno del marketplace (il Development Hub), possono trovare soluzioni e servizi offerti da realtà specializzate per colmare i gap individuati. “Colmo i gap, aggiorno la mia carta d'identità Esg, aggiungo delle informazioni, miglioro questo tipo di caratteristiche che vengono misurate e trovo nuove azioni da mettere in campo. È sostanzialmente un circolo virtuoso”, aggiunge Fasani. Alla formazione sono dedicati il format mensile ‘Competenze Esg’, l’iniziativa dedicata alle Pmi ‘Open-es Camp’, campus laboratoriale alla sua seconda edizione, e il progetto ‘Carta d'Identità Esg Manager’, un programma formativo e certificativo di riferimento nazionale progettato da Open-es e Federmanager in collaborazione con Esgr Società Benefit, Deloitte Climate & Sustainability Società Benefit e Federmanager Academy.