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(Adnkronos) - L'Agenzia delle Entrate, dopo le verifiche della Guardia di finanza di Milano, contesta a Twitter International UK, oggi "X", il mancato pagamento di 12,5 milioni di euro di Iva dal 2016 al 2022. Al social network di Elon Musk la procura di Milano - il fascicolo per dichiarazione infedele è affidato al pm Giovanni Polizzi - viene imputato lo stesso schema dell'inchiesta "pilota" (chiusa a dicembre) su Meta e pone al centro il peso finanziario e fiscale dei dati. La presunta Iva non pagata riguarderebbe, semplificando, le iscrizioni gratuite degli utenti sulla piattaforme 'in cambio' dei propri dati e della loro potenziale profilazione. Per gli inquirenti è una permuta tra beni differenti e in quanto tale soggetta al regime Iva e quindi da tassare. Nel caso di X, Il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza ha chiuso la sua verifica fiscale nell'aprile 2024 e l'Agenzia delle Entrate, lo scorso gennaio, ha notificato lo "schema d'atto", cioè le sue conclusioni che combaciano con l'impostazione dei finanzieri. Il social X - l'ex Twitter rilevato da Musk a fine 2022 - ha tempo fino ad aprile per interloquire con l'Agenzia delle Entrate, quindi potrà aderire alle richieste del fisco od opporsi e dare il via al procedimento di contenzioso fiscale. L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social, poi, rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Guardia di Finanza, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web. Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti. Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
(Adnkronos) - Buone performance produttive, ma crescenti problemi di redditività in ragione soprattutto del costo molto elevato della materia prima, oltre che del boom dei costi energetici. La filiera delle carni suine e dei salumi made in Italy 'tiene', ma non mancano le nubi all'orizzonte, a partire dalla minaccia di dazi paventata fin dall'inizio del suo mandato da Donald Trump. E' in sintesi il quadro sullo stato di salute di una delle filiere di punta del made in Italy, con 30mila addetti e 900 aziende di trasformazione, che traccia con Adnkronos/Labitalia Davide Calderone, direttore di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) aderente a Confindustria. "In linea generale -spiega Calderone- è un settore che ha buone performance produttive. Di contro, ci sono evidenti problemi di redditività in ragione soprattutto del costo molto elevato della materia prima, cioè la carne di suino, per trasformarla appunto in salumi. Questo incremento del costo è anche legato alla presenza in Italia della malattia veterinaria Peste suina africana, che sta provocando una serie di problematiche agli allevamenti e anche a noi che ci occupiamo della trasformazione. Diciamo che i volumi produttivi sono buoni ma c'è un'allarme di redditività". Secondo gli ultimi dati economici del settore disponibili, quelli per l’anno 2023, si è registrata una contenuta crescita dello 0,7% in quantità nella produzione dei salumi, dopo la flessione registrata nel 2022, attestandosi a 1,151 milioni di tonnellate da 1,143 dell’anno precedente 2022.In crescita del 7,2% il valore della produzione, salito a circa 9.168 milioni di euro da 8.553 milioni del 2022, spinto dall’alta inflazione e dagli ingenti aumenti dei costi aziendali, in particolare, appunto, della materia prima carne. L’insieme delle produzioni del settore (comprese le lavorazioni dei grassi e delle carni bovine in scatola) ha presentato un fatturato di 9.498 milioni di euro, superiore (+6,6%) a quello del 2022 (8.907 milioni di euro). E la Peste suina africana continua a colpire pesantemente il comparto: "abbiamo stimato -spiega Calderone- un danno di 20 milioni di euro al mese di mancate esportazioni di salumi realizzati con carni suine italiane, per l'impossibilità di venderli nei Paesi che hanno chiuso i loro mercati; ad oggi, siamo già oltre il mezzo miliardo di danni per mancata esportazione", continua. "La situazione oggi -sottolinea Calderone- riteniamo sia gestita in modo corretto dal commissario attuale Filippini, quantomeno dal punto di vista formale. Sappiamo che ci vorrà del tempo per eradicare la malattia e ci atteniamo alle normative europee che sono le più avanzate in materia. Sicuramente stiamo scontando ormai dal 2022 appunto delle problematiche pesanti legate all'esportazione verso paesi europei e Paesi terzi. Alcuni paesi, in particolare quelli asiatici, non riconoscono il principio di 'regionalizzazione' dell'Unione europea, che prevede che si creino delle limitazioni al commercio di animali e carni dalle zone che sono interessate al problema" della Psa "ma al contrario chiudono il commercio con il Paese intero in cui si trova la regione interessata". Ad esempio, spiega Calderone, "il giorno successivo al primo ritrovamento di un suino selvatico infetto la Cina e il Giappone hanno chiuso completamente le loro frontiere indipendentemente dalla zona di provenienza del prodotto e indipendentemente dal processo produttivo, non tenendo conto per esempio che la cottura inattiva il virus". Secondo Calderone, "precauzioni sanitarie eccessive bloccano e chiudono i mercati e quindi c'è un problema da questo punto di vista". Nonostante ciò, la filiera dei salumi made in Italy non si arrende. "Le aziende continuano a cercare nuovi mercati, continuano a investire per i mercati che sono rimasti aperti, e con un buon successo. Perché i nostri prodotti sono unici nel panorama mondiale e quindi quando arrivano vengono apprezzati", aggiunge. Ma non mancano altre nubi all'orizzonte. Con dei dazi imposti dagli Usa ai prodotti europei e quindi anche ai prodotti italiani, infatti "il problema per la filiera delle carni suine e dei salumi made in Italy sarebbe sicuramente molto pesante, siamo preoccupati da questo punto di vista; gli Stati Uniti infatti sono un mercato estremamente importante e in crescita, da più di 10 anni è possibile esportarvi tutti i prodotti della salumeria". Secondo gli ultimi dati Assica disponibili, relativi al 2023, le esportazioni verso gli Stati Uniti, si sono attestate a quota 16.844 ton per un valore di 220,3 milioni di euro. Calderone ricorda che "già con la precedente Amministrazione statunitense vi era stato un dazio del 25% su salami e su mortadelle, mentre non era stato interessato il prosciutto crudo stagionato, e quindi i nostri prosciutti Dop, in particolare Parma e San Daniele, che di fatto non avevano dazi e sono tuttora il prodotto maggiormente esportato". "È chiaro che un aumento del dazio, di qualsiasi entità esso sia, provoca un problema perché si ripercuote in un aumento dei prezzi e quindi facilmente è pensabile che possano poi calare le esportazioni. E sicuramente noi siamo preoccupati da questo punto di vista", sottolinea. Altro tema scottante è quello del boom dei costi energetici. "Siamo consapevoli delle difficoltà che ci sono che ci sono in tanti altri settori economici, ma avere un'azione che possa dare certezze e calmierare il prezzo dell'energia sarebbe importante per il nostro settore, in cui ci sono aziende fortemente energivore tra forni e frigoriferi di tipo industriale", conclude. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - "Come Federazione italiana tennis, padel, pickleball, che comprende gli sport di racchetta come tennis, padel beach, tennis beach e tennis in carrozzina, abbiamo adattato le nostre carte federali ai regolamenti dell'impiantistica e alle procedure per l'omologazione degli impianti. Sul territorio abbiamo messo in piedi una rete di tecnici, sotto un coordinamento di 21 comitati regionali, che procede alla verifica delle migliaia di impianti federali presenti. Circa 100 tecnici vanno giornalmente presso tutti gli impianti a verificarne l’omologazione. Questo è un modo anche per avere un censimento di quelli che sono gli impianti sul territorio". Sono le dichiarazioni di Silvia Torrani componente della Fitp, la Federazione italiana tennis, padel, pickleball, intervenendo al panel 'Sicurezza e impianti sportivi: un confronto tra federazioni, enti e progettisti' che si è svolto nell’ambito della prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde, presso la Sala Verde sportivo allestita nel padiglione 20 della fiera. L’incontro si configura tra i numerosi appuntamenti che riempiono il ricco palinsesto della manifestazione che si svolge a Fiera Milano Rho fino al 21 febbraio 2025. "Tutta l'attività sull’impiantistica -riprende Torrani- è nata in pieno Covid, quando il Coni ha mandato una circolare a tutte le federazioni sportive nazionali raccomandando l’omologazione degli impianti. Omologare un impianto vuol dire attestare in unità lo svolgimento delle competizioni o l'esercizio della pratica sportiva -spiega-. Gli impianti vengono omologati per tipologia, quindi se abbiamo un circolo che ha campi da tennis, campi da padel o campi da beach, abbiamo tre diverse omologazioni per il tennis, per il padel e per il beach. Siamo nel vivo di questa attività, ma c’è ancora tantissimo da fare", conclude.