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(Adnkronos) - Un uomo è stato arrestato e due sono stati fermi per l’incendio doloso che la sera del 12 settembre scorso distrusse un emporio in via Ermenegildo Cantoni a Milano, uccidendo i tre giovani cinesi di 17, 18 e 24 anni che si trovavano all’interno. L’arrestato, catturato in Olanda su mandato d'arresto europeo, è il 26enne Washi Laroo di nazionalità olandese, che materialmente appiccò le fiamme, poche ore dopo aver minacciato i proprietari dell’emporio. È accusato di omicidio volontario, incendio doloso e tentata estorsione, così come i due mandanti, fermati oggi in Italia. Il movente - a quanto si apprende - è legato a un debito di circa 40mila euro che i proprietari dell’emporio avrebbero contratto con uno dei due mandanti, per dei lavori di ristrutturazione in provincia di Udine. Uno dei due uomini fermati dai carabinieri del comando provinciale di Milano aveva in casa 1,3 chili di shaboo e circa mille pastiglie di ecstasy. L'uomo è stato quindi arrestato in flagranza per spaccio di sostanze stupefacenti. Le pastiglie di ecstasy erano marchiate con i simboli del 'geco' e dei 'bitcoin'. Oltre alla droga, durante le perquisizioni nei due appartamenti, sono stati trovati anche bilancini e materiale per il confezionamento, 45.000 euro in contanti, gli abiti indossati il giorno dell'incendio, e altro materiale ricollegabile al rogo. "Armato e pericoloso", veniva classificato dalle autorità olandesi Laroo. Residente a Middelburg, in Olanda, ha precedenti di polizia per numerosi reati nel suo Paese dove è stato anche indagato per tentato omicidio (il procedimento è stato poi archiviato). In Italia, dove non ha mai vissuto e dove non ha alcun interesse, il 26enne è invece "completamente sconosciuto a qualsiasi banca dati nazionale", scrivono il pm Luigi Luzi e il procuratore Marcello Viola nel decreto di fermo nei confronti dei due mandanti. I presunti mandanti invece sono due uomini cinesi residenti a Milano che, secondo gli inquirenti, avrebbero anche fornito appoggio all'esecutore materiale nelle fasi precedenti e successive al rogo. Yijie Yao, 34 anni, è titolare di una ditta di edilizia di cui è dipendente l'altro fermato, Bing Zhou, 40 anni. Yijie Yao, il 34enne, è stato intercettato la mattina del 14 ottobre mentre dice ripetutamente che il padre del proprietario dell'emporio di via Cantoni a Milano "si è meritato l'incendio" perché "è un figlio di cane, è molto cattivo". Le frasi sono dette a bordo di un'Audi con cui Yijie Yao aveva recuperato un operaio, per portarlo in un cantiere a Desio, in provincia di Monza e Brianza. L'auto passa vicino a via Cantoni ed è lo stesso Yao a parlare dell'incendio avvenuto poco più di un mese prima. "Più avanti c'è il magazzino che era stato incendiato", fa notare. Da lì i due iniziano a parlare del padre del titolare dell'emporio di via Cantoni, l'uomo che poco prima dell'incendio aveva denunciato di essere stato minacciato. Yao rivendica nei suoi confronti un debito di 40mila euro e, parlando con l'operaio, racconta di non essere l'unico creditore. "Veramente non è umano, ha debiti in giro che non riesce più a calcolare. E' una persona di merda, è molto tirchio", racconta il 34enne, che poi accusa la vittima della tentata estorsione anche per le morti dei tre ragazzi uccisi dall'incendio. "Ha lasciato le persone lì, con sola una porta davanti, non ce n'è neanche una dentro, non c'è neanche un estintore". Bing Zhou, invece, che vanta nei confronti di Yao un credito di droga da 80mila euro, intercettato a inizio ottobre mentre parla con un'altra persona in macchina, dice: "Se non me li salda, gli darò fuoco... Chiamerò il pazzo per farlo venire". Il "pazzo" secondo gli inquirenti è proprio Laroo, fuggito in Spagna due giorni dopo il rogo. Da lì ha diversi contatti telefonici con Zhou, che gli intima di non tornare in Italia "per un anno", perché "è pericoloso, se ti prendono" ci sono "grossi problemi". "Io non sono una checca, tengo la bocca chiusa", cerca di rassicurarlo Laroo. Con il passare dei giorni, il clamore mediatico generato dall'incendio in cui sono morti i tre giovani e l'identikit dell'esecutore materiale comparso sui media (i tre sono rassicurati solo dal fatto che l'uomo ritratto ha "un naso grosso a patata", diverso da quello del 26enne), Laroo si spaventa. "Ho paura, fratello", ammette in una conversazione telefonica con Zhou il 9 ottobre. E ancora il primo novembre: "Non va bene, amico. Ho tanta paura che la polizia mi becca".
(Adnkronos) - “Oggi è una giornata estremamente importante. in occasione della Giornata internazionale della disabilità l'Inail ha deciso di intitolare il proprio auditorium della sede centrale al dottor Antonio Maglio, una figura fondamentale per l'istituto ma anche per lo sport paralimpico italiano. È stato il padre delle Paralimpiadi, a partire da Roma nel 1960, dando il via ad una storia che continua fino ai giorni nostri e che ha dato tantissime grandi soddisfazioni allo sport italiano, come abbiamo potuto vedere recentemente nelle Paralimpiadi di Parigi. Il dottor Maglio, peraltro, per l'Inail è stato veramente un capostipite della riabilitazione, responsabile del nostro centro ad Ostia, ed è stato veramente il moderno ispiratore della nuova riabilitazione, finalizzata a restituire alle persone una vita lavorativa normale”. Lo ha affermato Fabrizio D’Ascenzo, presidente dell’Inail, alla cerimonia di intitolazione dell'Auditorium Inail al Professor Antonio Maglio.
(Adnkronos) - "Dalla Social Sustainability Week ci aspettiamo soprattutto tanti paradossi". Così Cristina Cenci, Senior Partner Eikon Strategic Consulting Italia e presidente Reworld intervenendo all’evento di apertura della Social Sustainability Week ‘I giovani e la sostenibilità, talenti da valorizzare’, questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma "Il primo - spiega - da un lato la sostenibilità sociale riguarda ognuno di noi, dall’altro è socialmente invisibile. A due livelli almeno: quando si dice sostenibilità ognuno di noi vede 'verde' (ambiente, natura, ecc...) ma non possiamo dimenticare che esiste una sostenibilità sociale. Se riusciamo a superare il 'verde', c'è un'altra associazione spontanea: la parola 'aiuto', cioè la sua declinazione come responsabilità di prendersi cura di chi ha più bisogno, una declinazione assistenzialista che è una componete ma non è l'unica e ci distoglie dal pensare la sostenibilità sociale come leva strategica di trasformazione". "Secondo paradosso: se si mette una 'S' davanti ad una serie di parole, questa ne trasforma il significato (comunicare-scomunicare, correre-scorrere, ecc...). La sostenibilità sociale nei suoi obiettivi rischia spesso di trasformarsi nel suo contrario: ci diamo un obiettivo e purtroppo ne deriva un altro; un fattore 'S' che da un lato trasforma, dall’altro inverte", continua. "Terzo paradosso: mi collego all’Agenda 2030 e alla nuova direttiva Ue che porterà migliaia di aziende a confrontarsi con la dichiarazione non finanziaria cioè con il racconto della loro azione sostenibile. Rischiamo che questa rendicontazione miri a standardizzare ciò che non può essere standardizzato: il sociale, la qualità soggettiva, l'adattamento, la trasformazione, il dinamismo. Altrimenti lo sterilizziamo. Allo stesso tempo lo dobbiamo misurare per poterci dare degli obiettivi". L'ultimo paradosso riguarda la Diversity&Inclusion. "Siamo a rischio perché per come si sta strutturando rischiamo che questa Diversity assuma le forme di un neo razzismo, identificando delle caratteristiche specifiche di una persona e trasformandole nella caratteristica unica di questa persona che poi includiamo nella nostra presunta normalità. Di tutto questo vogliamo parlare e i giovani sono uno specchio importante di questi paradossi", conclude.