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(Adnkronos) - "La prospettiva è quella di creare di un istituto per il futuro della popolazione, in cui tutti gli attori contribuiscano a renderlo più sostenibile". Alessandra Petrucci, rettrice dell'Università di Firenze, parla con l'Adnkronos del progetto Age-It, che si propone di trasformare l’Italia in un polo scientifico internazionale per la ricerca sull’invecchiamento, un 'laboratorio empirico' che rappresenti lo standard di riferimento in campo socio-economico, biomedico e tecnologico per costruire una società inclusiva per tutte le età. Un progetto ambizioso che vuole andare oltre il dibattito che isola i temi della scarsa natalità e dell'invecchiamento della popolazione come 'problemi'. "Ci siamo chiesti se fosse possibile partire da un approccio diverso: vedere la trasformazione in atto anche come un'opportunità e non solo come una trasformazione negativa e abbiamo pensato di costruire qualcosa che potesse essere un riferimento a livello nazionale e internazionale", spiega. Chiaramente, è la premessa di una donna di statistica, non si può che partire dai numeri. Partendo da quello sulla fecondità, "con 1,2 figli per donna è al di sotto del livello di sostituzione, che è pari a 2", un fronte su cui l'Italia "è ai minimi storici del 1995". Quindi, prosegue nel suo ragionamento la professoressa Petrucci, "un basso numero medio di figli per donna che si lega anche all'aumento dell'età della donna al primo parto". Poi, "c'è il dato sulla fertilità desiderata che è maggiore rispetto a quello della fecondità, un divario che ci dovrebbe spingere a cercare di andare a rimuovere gli ostacoli che le donne e le coppie trovano nel loro percorso verso la genitorialità". L'altra faccia della stessa medaglia è l'invecchiamento della popolazione, molto spesso chiamato 'ageismo'. Su questo fronte "il problema è che se la parte finale della vita viene considerata come inutile, ci si ritrova a rassegnarsi a non avere futuro. E' una prospettiva inaccettabile, che va contrastata". Qual è la risposta possibile? "E' il momento di fare delle scelte innovative per incanalare il futuro verso uno scenario più equo e sostenibile, attraverso i patti intergenerazionali che sono molto importanti". Il progetto Age-it serve a questo. "Abbiamo messo insieme più di 800 ricercatori, una rete di atenei che va da Nord a Sud, centri di ricerca, aziende e istituzioni, con gruppi che lavorano su 10 aree tematiche: dalla genetica alla robotica, dall'economia alla scienze politiche. Ci sono, insieme, le scienze della vita, con un approccio one health, e c'è ovviamente la demografia". Quanto incide la diversa velocità tra le politiche di breve periodo e le esigenze di lungo periodo? "Servono decisioni che non possono portare un risultato subito ma è indispensabile la consapevolezza della dimensione del problema: è importate fare azioni mirate ma coerenti tra loro e che vanno nella stessa direzione", risponde Petrucci. C'è spazio, ovviamente, per la trasformazione digitale e per l'intelligenza artificiale. "L'università è il luogo in cui affrontare in maniera scientifica l'uso dello strumento AI, che sfrutta dati e domande nostre ma che produce anche allucinazioni. L'università deve far capire che è uno strumento utile, che va a sostituire azioni time consuming e ripetitive che non fanno crescere conoscenze, ma anche che è uno strumento che si deve imparare a utilizzare senza considerarlo come un oracolo", conclude la rettrice dell'Università di Firenze. (Di Fabio Insenga)
(Adnkronos) - Alessandro Galazzi, professore associato di Scienze Infermieristiche del dipartimento di Medicina e chirurgia dell’università Lum Giuseppe Degennaro, ha ricevuto nel corso del workshop annuale della Società italiana di scienze infermieristiche, il premio per la miglior ricerca nelle scienze infermieristiche 2024. Il riconoscimento è stato attribuito a seguito della pubblicazione dell'articolo 'Thematic analysis of intensive care unit diaries kept by staff: insights for caring'. Lo studio 'che ha rappresentato un grande lavoro di squadra che ha coinvolto più professionisti, dalla implementazione dei diari allo studio vero e proprio', afferma il professore Galazzi, ha esplorato i temi ricorrenti scritti nei diari digitali dallo staff medico mentre si prendeva cura di pazienti adulti ricoverati in terapia intensiva durante la pandemia di Covid-19. “Dall'analisi tematica dei diari di terapia intensiva - sottolinea Galazzi - è emersa una panoramica delle cure in un reparto di rianimazione durante la pandemia, con risorse scarse e nessuna possibilità di accesso dei familiari, riflettendo sul paziente come persona e sulle cure erogate quotidianamente. Un'importante novità che è emersa, riguarda il personale che ha scritto dei messaggi di addio ai pazienti morenti anche se non li avrebbero potuti leggere”. I diari delle unità di terapia intensiva (Icu) stanno riscuotendo un'ampia accettazione in tutto il mondo. Il concetto di creare e tenere un diario è nato nell'Europa settentrionale, inizialmente coinvolgendo gli infermieri nella stesura di una narrazione di ciò che stava accadendo ai loro pazienti incoscienti gravemente malati. La scrittura del diario è stata in seguito estesa per includere medici, familiari dei pazienti e pazienti stessi. L'obiettivo di tenere un diario è aiutare i pazienti in terapia intensiva a riprendersi durante e dopo una malattia critica. Leggere le voci del diario può aiutare i pazienti a comprendere meglio le proprie percezioni e orientare la memoria fattuale. Inoltre la scrittura di un diario offre all'intero team della terapia intensiva, in particolare al personale infermieristico, l'opportunità di personalizzare l'assistenza ai pazienti della terapia intensiva. Al link https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0964339723000095 è possibile leggere lo studio.
(Adnkronos) - Giovani e sostenibilità sociale, cosa pensano e come si comportano a casa e sul posto di lavoro? "L'85% ritiene fondamentale un lavoro che tenga conto della vita personale, è per loro importante essere ascoltati e coinvolti (84%) in azienda e giudicano importante la coerenza tra ciò che vogliono essere e il lavoro che vanno a scegliere (80%)". Così Paola Aragno, VP Eikon Strategic Consulting Italia, illustrando i risultati della ricerca dal titolo ‘Giovani e sostenibilità sociale’, presentata all’evento di apertura della Social Sustainability Week ‘I giovani e la sostenibilità, talenti da valorizzare’, questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. "I giovani under 35 intervistati non sono disposti a scendere a compromessi sugli aspetti contrattuali pur di lavorare (72%), il 62% pensa che sia giusto intervenire nel caso in cui si assista a comportamenti inopportuni in azienda, dato che sale al 66% per le donne ed è al 56% per gli uomini e sono contrari (61%) al gender cap in ambito professionale", spiega. "Il 76% non consuma cibi pronti e non approva l'uso di delivery. Solamente il 60% pratica attività fisica con continuità, soprattutto gli uomini laureati, il 58% ritiene centrali le pari opportunità, il 53% non viene guidato nelle scelte d'acquisto dalla sostenibilità ma si concentra sul prezzo. Il 47%, e questo è un dato che ci deve far riflettere, ritiene che le donne siano più portate alla cura della casa e della persona, dato che per fortuna scende al 38% tra i più giovani", conclude.