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(Adnkronos) - Emanuela Orlandi, il 14 gennaio, avrebbe compiuto 57 anni. Per continuare a tenere vivo il ricordo e l'attenzione sul caso della cittadina vaticana, scomparsa il 22 giugno 1983, il fratello Pietro ha organizzato un sit-in per il 18 gennaio dalle ore 16 alle ore 18 a piazza Cavour, lanciando il messaggio: "Nessuno Stato può calpestare il diritto dei giusti: la verità". "Il tempo passa veloce - sottolinea all'Adnkronos Pietro Orlandi - Da circa due anni sono partite l'inchiesta vaticana e quella della procura di Roma ed è oltre un anno che è stata istituita la Commissione parlamentare di inchiesta". "Dell'inchiesta vaticana non ho saputo più nulla - continua - con la procura di Roma ho parlato solo una volta. Conosco il lavoro della Commissione di inchiesta dalle audizioni che stanno svolgendo, importanti quelle di Capaldo (l'ex procuratore ndr), Giani ed Alessandrini (l'ex capo e l'ex vice capo della Gendarmeria vaticana ndr) anche se tante parti vengono secretate". "Continuo ad avere fiducia - sottolinea Pietro Orlandi - E' positivo il fatto che la Commissione sta tenendo alta l'attenzione sulla vicenda". Il sit-in servirà ancora una volta a chiedere verità e giustizia per Emanuela e il fratello è pronto a tornare sulla pista inglese anche alla luce delle rivelazioni di una presunta richiesta del Vaticano al ministero della Difesa, nell’agosto ‘83, di un volo Roma-Londra riservato con le linee Cai, usate dai Servizi. "La pista inglese non ci racconta tutta la verità, non ci racconta il perché Emanuela è stata rapita, ma se confermata metterebbe dei punti fermi come ad esempio il fatto che, fino a quel momento, era viva - conclude Pietro - Se quel volo dovesse essere confermato si farebbe un enorme passo avanti, si eliminerebbero tante piste raccontate. Mi auguro che su questo siano in corso approfondimenti. E se davvero i famosi 5 fogli da cui è partita la pista di Londra sono falsi perché è stato creato un documento falso?".
(Adnkronos) - "In Italia circa il 5% delle nuove vetture vendute è full electric e la crescita del mercato sia in Europa che in Italia sta rallentando conseguentemente alla riduzione degli incentivi. Ci troviamo quindi in una fase cruciale per il settore automotive. Sebbene il costo rappresenti certamente una barriera significativa, il nostro studio 'Power shift' evidenzia che i consumatori italiani sono propensi all’acquisto di un’auto elettrica: quasi il 56% dichiara che guiderà un’auto di questa tipologia entro 10 anni, il 22% che attualmente non possiede un ev (electric vehicle) ne considera l’acquisto in un orizzonte temporale più ristretto (5 anni), mentre solo il 10% non lo considera affatto. Anche per gli italiani quindi il futuro apparterrà all’elettrico (siamo secondi solo alla Cina), ma in un orizzonte temporale più lungo del previsto". Lo dice in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Alberto Scaglione, responsabile mobility e automotive di Accenture. "Il prezzo - osserva - rimane il principale fattore d’incidenza a influenzare l’acquisto. In Cina, infatti, dove il valore economico dei veicoli elettrici è già allineato a quello dei motori tradizionali, la quota di mercato è intorno al 25%. In Europa si è attestata nel 2023 intorno al 14% (Germania 18% e Francia 16%) per poi arrestarsi nel 2024 a fronte della limitazione delle iniziative di incentivazione dei Governi (specialmente in Germania). In Italia, come anticipato, siamo ancora sotto al 5%". "Fino ad oggi - afferma - la diffusione dei veicoli elettrici si è concentrata su uno specifico segmento di consumatori con una maggiore capacità di spesa, attratti dalla tecnologia e dalla sostenibilità. Tuttavia, il mercato offre un potenziale ben più ampio e comprendere quali siano le aspettative dei singoli consumatori è essenziale. Non bastano più solo la sostenibilità e l’elevata tecnologia come driver per attirare i consumatori di massa”. "Oltre al costo (86%) - ricorda Alberto Scaglione - gli italiani reputano prioritari, per l’acquisto di veicoli elettrici, i temi della sicurezza (87%), e dell’affidabilità (84%); elementi in linea con quelli che guidano la scelta anche dei veicoli a combustione interna. Questi dati posizionano l’Italia tra i mercati con la sensibilità più alta verso i sistemi di assistenza e le funzionalità avanzate di sicurezza nei veicoli. I consumatori italiani preferiscono un’esperienza di acquisto dell’elettrico semplice ed altamente digitalizzata: il 37% spera che diventi comune finalizzare online l’intero processo di acquisto, mentre il 54% preferisce ricevere un consiglio in concessionaria, che includa esperienze virtuali. Questi dati riflettono la necessità per le imprese del settore di continuare a sviluppare una strategia omnicanale per costruire fiducia e confermano l’importanza di avere reti di vendita sempre più integrate e digitali". "Si registra - spiega - una maggiore propensione all’utilizzo del canale online negli Stati Uniti, dove il 64% dei consumatori preferisce effettuare il processo di ricerca propedeutico all’acquisto online e in Cina, dove il 58% degli acquirenti auspica che il canale online diventi lo standard per l’acquisto di EV". "Il 71% degli italiani - dice - ritiene inoltre fondamentale poter ricaricare la propria auto elettrica ovunque sia parcheggiata, a casa o in luoghi pubblici; in particolare, il 34% accetta che non sia possibile ricaricare a casa. Da qui il crescente interesse degli italiani per soluzioni di ricarica innovative come i sistemi induttivi o il battery swap. La continua diffusione e la maggior affidabilità delle reti di ricarica continueranno quindi ad essere centrali per convincere i consumatori". "Il 68% degli italiani - riferisce - si aspetta inoltre un maggiore utilizzo di funzionalità automatizzate nel post-vendita, con la vettura che riconosce autonomamente i problemi e interagisce direttamente con i punti di servizio". Ma quali azioni devono intraprendere le aziende del comparto per accelerare la transizione e includere nuovi target? "Oltre alla rinnovata necessità da parte dei Governi - avverte - di rilanciare importanti iniziative sistemiche di sostegno alla domanda nel breve periodo, che accompagneranno l’evoluzione tecnologica votata a ridurre i costi nel medio termine; emerge anche la necessità di sviluppare nell’industria una migliore e rinnovata capacità di diversificare prodotto ed azioni commerciali sulle specifiche esigenze dei consumatori". "A tal fine - commenta Alberto Scaglione - le tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale sono un grande abilitatore: consentono infatti di aumentare straordinariamente la capacità di analisi delle informazioni e di migliorare le strategie omnicanali, combinando la ricerca online con il supporto diretto in concessionaria, nonché di essere più proattivi e puntuali nei processi commerciali di interazione fra consumatori ed agenti di vendita". "La nostra ricerca - sottolinea - ha individuato cinque profili distinti di consumatori: stratega, individualista, responsabile, conservatore e frugale. Questi profili rappresentano segmenti di mercato con atteggiamenti e comportamenti specifici (li abbiamo chiamati 'mindsonas' per ricordare il mindset alla base delle scelte), ciascuno dei quali richiede approcci diversificati per promuovere l'adozione dei veicoli elettrici. La conoscenza di queste specificità dei consumatori può consentire alle aziende del settore di proporre offerte e servizi su misura, ampliando l’offerta oltre il target degli early adopters (principalmente Stratega e Individualista), allargandola a tutti gli altri, che costituiscono circa il 60% del potenziale mercato dei veicoli elettrici".
(Adnkronos) - Integrare e promuovere la sostenibilità all’interno delle filiere, è questo l’obiettivo dell’alleanza di sistema Open-es, iniziativa promossa tre anni fa, con l’intento di riunire i più importanti player del mondo industriale, finanziario, associativo ed istituzionale al fine di supportare le imprese nel processo di crescita sulle dimensioni della sostenibilità tramite un’unica piattaforma digitale, collaborativa e gratuita. (Audio) “Open-es è un'alleanza di sistema che riunisce il mondo industriale, finanziario, associativo e istituzionale per supportare le imprese nelle sfide di sostenibilità e competitività. Lo fa attraverso una piattaforma digitale, gratuita e una serie di iniziative e servizi che aiutano le imprese ad affrontare questa sfida”, spiega Stefano Fasani, Program Manager Open-es. Oggi le imprese attive su Open-es sono più di 27mila, operanti in 66 settori differenti, e altre 100mila stanno per entrare attraverso i 30 grandi partner dell’alleanza, che si riuniscono in un board decisionale. Il tutto in rappresentanza di 100 paesi. “L'idea alla base era quella di aiutare le proprie filiere, le proprie catene del valore nel percorso di miglioramento delle performance di sostenibilità ma di non farlo attraverso iniziative chiuse solo ai propri fornitori o ai propri clienti, ma con un'iniziativa di sistema per mettere a fattor comune competenze, best practices e strumenti per semplificare questo percorso”, aggiunge Fasani. Il meccanismo è quello tipico delle filiere, ogni nodo coinvolge i propri fornitori e clienti costituendo una rete collaborativa di imprese che lavorano insieme per crescere e coniugare business con sostenibilità. Ingaggiare i propri stakeholder sui temi della sostenibilità e guidarli in un percorso di miglioramento non riguarda più solo le grandi aziende o quelle che svolgono la funzione di capo filiera, ma attrae l’interesse anche di operatori economici diversi quali banche, assicurazioni, associazioni, istituzioni e persino asset manager. L’idea di base è che solo unendo le forze tra tutti i player industriali, finanziari e istituzionali si possono raggiungere rapidamente ed efficacemente obiettivi globali come l’equilibrio tra tutela ambientale, cura sociale e crescita economica. Da qui la creazione di un’alleanza di sistema aperta, cross settoriale e senza scopo di lucro, per collaborare tra grandi realtà del sistema economico e supportare con strumenti semplici e gratuiti le realtà che più hanno bisogno di aiuto in questo percorso, le micro-piccole e medie imprese. Una community interconnessa che vede la presenza anche di attori in competizione nei rispettivi settori di business ma che intende mettere a fattor comune le competenze e far convergere in un unico spazio digitale e condiviso gli sforzi sugli obiettivi di sostenibilità, evitando burocrazia e confusione, tramite una piattaforma digitale, aperta e semplice. Da un punto di vista pratico, quando un’impresa entra in Open-es, crea la propria carta d’identità Esg, basata sugli standard di rendicontazione internazionale, e la fa evolvere progressivamente nel tempo. Può far validare la propria posizione da un certificatore terzo e ricevere una valutazione direttamente in piattaforma, un feedback immediato, su cui poter indirizzare un percorso di crescita. Le imprese possono, poi, decidere autonomamente con chi condividerla tra tutti i portatori di valore con cui l’azienda interagisce: per esempio, per il posizionamento verso i propri clienti, l’accesso a servizi finanziari o la valutazione da parte degli investitori. C’è anche un’area di collaborazione dove le imprese si confrontano tra di loro e con esperti del settore risolvendo i propri dubbi e individuando esigenze comuni. Inoltre, all’interno del marketplace (il Development Hub), possono trovare soluzioni e servizi offerti da realtà specializzate per colmare i gap individuati. “Colmo i gap, aggiorno la mia carta d'identità Esg, aggiungo delle informazioni, miglioro questo tipo di caratteristiche che vengono misurate e trovo nuove azioni da mettere in campo. È sostanzialmente un circolo virtuoso”, aggiunge Fasani. Alla formazione sono dedicati il format mensile ‘Competenze Esg’, l’iniziativa dedicata alle Pmi ‘Open-es Camp’, campus laboratoriale alla sua seconda edizione, e il progetto ‘Carta d'Identità Esg Manager’, un programma formativo e certificativo di riferimento nazionale progettato da Open-es e Federmanager in collaborazione con Esgr Società Benefit, Deloitte Climate & Sustainability Società Benefit e Federmanager Academy.