ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - Svolta nelle indagini sulla morte del cinquantaduenne Kaja Artan, trovato morto in una cartiera in provincia di Lucca. Secondo quanto reso noto dai carabinieri, si tratta di omicidio e non di un incidente mortale sul lavoro, dovuto a una caduta dall'alto, o di una morte naturale causata da un malore, come era stato ipotizzato in precedenza. I carabinieri hanno sottoposto a fermo un sospettato. Nella serata di martedì 7 gennaio Kaja Artan, conosciuto come "Tony", era stato trovato morto nello stabilimento della cartiera Smurfit Kappa di Lunata (Capannori) dalla moglie che era andata a cercarlo non riuscendo a contattarlo al telefono. L'uomo era titolare di una piccola ditta di movimentazione merci e da circa 30 anni lavorava per la ditta di Capannori, dove si occupava di spostare i pianali di pallet con il suo muletto. Kaja Artan sarebbe stato freddato con un colpo di arma da fuoco alla testa. Su ordine della Procura i carabinieri del comando provinciale di Lucca hanno fermato un uomo, anche lui albanese, cinquantenne, con l'accusa di omicidio: si tratterebbe le prime informazioni di un autotrasportatore, ex dipendente della vittima. Quanto al movente del delitto, in base ai primi riscontri sembrerebbe legato a vecchi rancori.
(Adnkronos) - "Del Piano Mattei ci è piaciuta molto l'attenzione da parte del governo a un Continente in così forte sviluppo. Il Piano nel corso del 2024 è stato riempito piano piano di contenuti, e i contenuti hanno iniziato a dare risultati. E mano a mano che passava il tempo è stato come un aggregatore del sistema Paese, con le banche di investimento, la cooperazione economica, Confindustria. Tutti hanno iniziato a parlare del tema in modo più coordinato. Il Sistema Paese ha dato quindi attenzione, dal punto di vista dell'impresa, allo sviluppo del Continente. E quindi il Piano è diventato non solo strategico e importante per l'Italia, ma è riconosciuto come l'unico vero piano per l'Africa sia da tutto il mondo dell'economia reale che dal mondo finanziario". Così con Adnkronos/Labitalia, Massimo Dal Checco, presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, commenta le parole di oggi su Africa e Piano Mattei della premier Giorgia Meloni, nel corso della conferenza stampa con la stampa parlamentare. Per Dal Checco quindi il Piano Mattei è diventato "un piano non più fatto solo di annunci e di che cosa si voleva fare, ma un piano concreto. Noi abbiamo fatto a settembre scorso un incontro con 70 aziende, al quale hanno partecipato tutti gli attori coinvolti". E per Dal Checco è fondamentale che "con questo piano la cooperazione italiana, che prima era rivolta esclusivamente a tutto il mondo no profit, si sia rivolta anche al mondo profit. Perché si è capito che lo sviluppo economico in questi Paesi fa molto bene, anche associato a quella che era tutta la parte no profit". Positivo per Dal Checco, l'ampliamento del Piano ad altri Paesi, come annunciato dalla premier. "Da due punti di vista: il primo motivo sicuramente per le imprese, per avere più opportunità di più Paesi dove si può essere appoggiati dal piano Mattei. Ma l'altra cosa secondo me molto importante, non solo dal punto di vista economico, è contribuire alla crescita dell'Africa in un'etica che è conforme alla nostra, in modo tale da avere più facilità di rapporto nel futuro", sottolinea. E il prossimo 22 gennaio Confindustria Assafrica & Mediterraneo terrà la propria assemblea pubblica che sarà occasione per fare il punto proprio con le imprese associate sul piano Mattei. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - Integrare e promuovere la sostenibilità all’interno delle filiere, è questo l’obiettivo dell’alleanza di sistema Open-es, iniziativa promossa tre anni fa, con l’intento di riunire i più importanti player del mondo industriale, finanziario, associativo ed istituzionale al fine di supportare le imprese nel processo di crescita sulle dimensioni della sostenibilità tramite un’unica piattaforma digitale, collaborativa e gratuita. (Audio) “Open-es è un'alleanza di sistema che riunisce il mondo industriale, finanziario, associativo e istituzionale per supportare le imprese nelle sfide di sostenibilità e competitività. Lo fa attraverso una piattaforma digitale, gratuita e una serie di iniziative e servizi che aiutano le imprese ad affrontare questa sfida”, spiega Stefano Fasani, Program Manager Open-es. Oggi le imprese attive su Open-es sono più di 27mila, operanti in 66 settori differenti, e altre 100mila stanno per entrare attraverso i 30 grandi partner dell’alleanza, che si riuniscono in un board decisionale. Il tutto in rappresentanza di 100 paesi. “L'idea alla base era quella di aiutare le proprie filiere, le proprie catene del valore nel percorso di miglioramento delle performance di sostenibilità ma di non farlo attraverso iniziative chiuse solo ai propri fornitori o ai propri clienti, ma con un'iniziativa di sistema per mettere a fattor comune competenze, best practices e strumenti per semplificare questo percorso”, aggiunge Fasani. Il meccanismo è quello tipico delle filiere, ogni nodo coinvolge i propri fornitori e clienti costituendo una rete collaborativa di imprese che lavorano insieme per crescere e coniugare business con sostenibilità. Ingaggiare i propri stakeholder sui temi della sostenibilità e guidarli in un percorso di miglioramento non riguarda più solo le grandi aziende o quelle che svolgono la funzione di capo filiera, ma attrae l’interesse anche di operatori economici diversi quali banche, assicurazioni, associazioni, istituzioni e persino asset manager. L’idea di base è che solo unendo le forze tra tutti i player industriali, finanziari e istituzionali si possono raggiungere rapidamente ed efficacemente obiettivi globali come l’equilibrio tra tutela ambientale, cura sociale e crescita economica. Da qui la creazione di un’alleanza di sistema aperta, cross settoriale e senza scopo di lucro, per collaborare tra grandi realtà del sistema economico e supportare con strumenti semplici e gratuiti le realtà che più hanno bisogno di aiuto in questo percorso, le micro-piccole e medie imprese. Una community interconnessa che vede la presenza anche di attori in competizione nei rispettivi settori di business ma che intende mettere a fattor comune le competenze e far convergere in un unico spazio digitale e condiviso gli sforzi sugli obiettivi di sostenibilità, evitando burocrazia e confusione, tramite una piattaforma digitale, aperta e semplice. Da un punto di vista pratico, quando un’impresa entra in Open-es, crea la propria carta d’identità Esg, basata sugli standard di rendicontazione internazionale, e la fa evolvere progressivamente nel tempo. Può far validare la propria posizione da un certificatore terzo e ricevere una valutazione direttamente in piattaforma, un feedback immediato, su cui poter indirizzare un percorso di crescita. Le imprese possono, poi, decidere autonomamente con chi condividerla tra tutti i portatori di valore con cui l’azienda interagisce: per esempio, per il posizionamento verso i propri clienti, l’accesso a servizi finanziari o la valutazione da parte degli investitori. C’è anche un’area di collaborazione dove le imprese si confrontano tra di loro e con esperti del settore risolvendo i propri dubbi e individuando esigenze comuni. Inoltre, all’interno del marketplace (il Development Hub), possono trovare soluzioni e servizi offerti da realtà specializzate per colmare i gap individuati. “Colmo i gap, aggiorno la mia carta d'identità Esg, aggiungo delle informazioni, miglioro questo tipo di caratteristiche che vengono misurate e trovo nuove azioni da mettere in campo. È sostanzialmente un circolo virtuoso”, aggiunge Fasani. Alla formazione sono dedicati il format mensile ‘Competenze Esg’, l’iniziativa dedicata alle Pmi ‘Open-es Camp’, campus laboratoriale alla sua seconda edizione, e il progetto ‘Carta d'Identità Esg Manager’, un programma formativo e certificativo di riferimento nazionale progettato da Open-es e Federmanager in collaborazione con Esgr Società Benefit, Deloitte Climate & Sustainability Società Benefit e Federmanager Academy.