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(Adnkronos) - Incidente stradale mortale lungo la strada provinciale 134 a Motta Sant'Anastasia, nel Catanese. La vittima è una bimba di appena 15 mesi. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, l'auto guidata dalla mamma, per cause ancora da accertare, si è schiantata contro il muro perimetrale di un'abitazione. Per la piccola, immediatamente soccorsa e trasportata all'ospedale Garibaldi Nesima di Catania, non c'è stato nulla da fare. Inutili i tentativi dei medici di strapparla alla morte. Nel violento impatto è rimasta ferita anche la madre. La donna non sarebbe in gravi condizioni. "Sono profondamente addolorato per quello che è successo oggi nel mio Comune, a Motta Sant’Anastasia", così il deputato siciliano della Lega e vicesindaco del Comune di Sant’Anastasia (Catania), Anastasio Carrà. "Una famiglia perbene, lavoratrice e stimata dalla comunità, colpita da una tragedia enorme. Mi stringo a loro in questo momento di grande dolore. Un pensiero affettuoso alla piccola di 15 mesi che ha perso la vita e un abbraccio alla mamma".
(Adnkronos) - In un’economia globale sempre più segnata da instabilità e tensioni commerciali, il ruolo dell’export manager ha subito una trasformazione profonda e irreversibile. Quello che fino a pochi anni fa poteva essere considerato un presidio operativo legato alle vendite internazionali è oggi un nodo strategico fondamentale per la sopravvivenza e la crescita delle imprese. Le dinamiche protezionistiche, l’irrigidimento dei regimi doganali, l’adozione di dazi straordinari e misure di controllo all’esportazione ancora più rigide rendono l’accesso ai mercati esteri più complesso. Le imprese italiane che vogliono competere nei mercati internazionali non possono più affidarsi a modelli statici. Serve una nuova visione, in cui competenze doganali, capacità strategiche, aggiornamento normativo e soft skills siano integrate in modo coerente. L’export del futuro sarà sempre più sfidante, ma anche ricco di opportunità per chi saprà affrontarlo con strumenti nuovi. La trasformazione è già in atto e riguarda tutti, come confermano esperti e operatori. “Gli export manager e i responsabili doganali delle aziende attive nel commercio internazionale - evidenzia Sara Armella, direttore scientifico di ARcom Formazione e presidente Commissione Dogane & Trade Facilitation-Icc Italia - si trovano oggi a operare in un contesto fortemente instabile, in cui misure protezionistiche, dazi straordinari, clausole contrattuali gravose e barriere non tariffarie rappresentano fattori di rischio quotidiano. A ciò si aggiunge la nuova riforma del diritto doganale che richiede un ulteriore salto qualitativo nella gestione dell’import-export poiché introduce rilevanti novità in materia di contrabbando, rendendo indispensabile per le imprese che operano a livello globale l’aggiornamento dei propri modelli di business e l’adozione di procedure di mitigazione dei rischi". "In questo scenario, è fondamentale dotarsi di competenze specialistiche in materia di diritto doganale, trade compliance e fiscalità internazionale, per strutturare processi aziendali capaci di prevenire sanzioni, contenziosi e ritardi doganali, ma anche per cogliere le opportunità offerte dalla rete di accordi preferenziali stipulati dall’Unione europea. Una corretta pianificazione doganale e l’ottenimento dello status di Operatore economico autorizzato (Aeo), ad esempio, possono determinare un vantaggio competitivo significativo, in termini di affidabilità, semplificazioni e accesso agevolato ai mercati esteri", sottolinea. Investire oggi nella formazione - prosegue - è una scelta strategica per garantire la continuità operativa dell’impresa e tutelare i margini di profitto in un’economia globale sempre più frammentata e complessa. Per questo, con ARcom Formazione abbiamo scelto di lanciare la prima Masterclass ‘Trade War: come gestire l’Export’, per fornire alle imprese italiane un percorso formativo avanzato, interdisciplinare e immediatamente operativo, capace di integrare le funzioni aziendali coinvolte nell’export (legale, logistica, vendite e acquisti) attraverso un approccio strategico e conforme agli standard internazionali”. L’evoluzione dello scenario globale sta influenzando in modo significativo la professione legale, soprattutto in ambito internazionale. La crescente volatilità determinata da nuove politiche tariffarie, controlli all’export e riforme normative non è più un’eccezione, ma una condizione strutturale con cui aziende e consulenti devono imparare a convivere. In questo contesto, anche il ruolo dell’avvocato d’impresa deve mutare paradigma: non più solo interprete delle norme, ma parte attiva nella strategia di mitigazione del rischio, come osserva Valentino Durante, responsabile del dipartimento di diritto internazionale dello studio legale Casa & Associati: "L’incertezza è ormai una condizione strutturale e non più eventuale, complessa perché significa mutare il proprio paradigma di riferimento sia a livello professionale, che come elemento partecipativo delle scelte di mitigazione del rischio di impresa". "Sul piano professionale, la consapevolezza della volatilità del contesto - avverte - ci spinge a prediligere una struttura del contratto più flessibile e più cooperativa, contribuendo a mitigare le spinte all’azzardo o alle pressioni derivanti dalle posizioni di forza temporanee. A livello consulenziale, significa invece capire che la parte legal è ormai stabilmente legata alla comprensione dei mutamenti geopolitici globali e delle sue ricadute giuridiche, come nel caso delle norme transnazionali doganali e delle regole di export control, rispetto alle quali la logica del team multidisciplinare è ormai una necessità diffusa e non più una semplice opzione presente nel solo territorio delle grande imprese o dei grandi studi legali”. Ma l’evoluzione non è solo normativa. È soprattutto culturale e professionale. “L’export manager moderno deve dominare supply chain, automazione, strumenti digitali e contesto geopolitico, oltre a saper leggere i dati in chiave strategica. Il problema? Figure così complete sono rarissime. Il mercato chiede professionisti ibridi, ma il sistema formativo è ancora fermo a un export ‘da fiera’. Senza una rivoluzione culturale e formativa, continueremo a rincorrere le sfide globali con strumenti del passato”, fa notare Alberto Stecca, ceo di Silla Industries, azienda italiana dell’e-mobility. Questa dissonanza tra domanda e offerta di competenze è oggi uno degli ostacoli principali alla crescita dell’export Made in Italy. Alcuni settori, come il tessile e la moda, stanno vivendo in modo particolarmente accentuato l’impatto di questa trasformazione. “Nel fashion, il ruolo dell’Export Sales Manager sta vivendo una profonda evoluzione: è una figura che oggi si trova ad affrontare un panorama in rapida evoluzione, dove si intersecano una serie di fattori: pressioni ambientali, nuove normative doganali, tensioni geopolitiche, digitalizzazione e cambiamento delle abitudini di consumo. Oggi questa figura deve essere in grado di gestire una supply chain sostenibile e tracciabile, interpretare correttamente regolamenti in costante aggiornamento, trend di consumo, padroneggiare strumenti digitali e piattaforme e-commerce, e cogliere i segnali di trasformazione nei comportamenti dei consumatori globali", afferma Luigi Castellani, presidente di Suitex International, punto di riferimento da oltre 40 nella ricerca e selezione del personale nei settori del fashion, design e beauty. "In questo settore non basta più esportare un prodotto: occorre costruire una relazione di valore con il cliente, valorizzare l’identità del brand all’estero e saper presidiare i mercati con visione strategica. Ogni azienda ha peculiarità organizzative e obiettivi diversi: per questo è essenziale che l’Export Manager sia capace di inserirsi in modo coerente, flessibile, con un approccio su misura e una forte attitudine al cambiamento. Senza dimenticare poi la crescente importanza delle soft skills. Le conoscenze tecniche ed organizzative sono imprescindibili ma poi c’è tutto il resto che amplifica e rende vincente l’operatività dell’Export Sales Manager. In questo momento l’unicità di ogni selezione è ancora più importante ed evidente”, conclude.
(Adnkronos) - “Ho rivisto i barbagianni su Pianosa a seguito delle prime introduzioni, nel 2024. Vedremo se saranno in grado di ricreare una popolazione capace di autosostenersi”. Lo dichiara il faunista Vincenzo Rizzo Pinna in occasione dell’evento ‘Il ritorno del barbagianni a Pianosa. Un progetto di Fondazione UNA e Federparchi’, organizzato presso la sede dell’Ente Parco Nazionale Arcipelago Toscano, nell'ambito della settimana europea dei parchi, per diffondere i primi dati raccolti. Ad oggi, i monitoraggi in corso confermano la presenza stabile di individui nidificanti. “La prima nidiata è stata registrata proprio nella primavera 2024 e ha dato modo di confermare sia la presenza di una nuova coppia di barbagianni sia l'attività riproduttiva e quindi la nidificazione di due esemplari - illustra Rizzo Pinna - Hanno deposto cinque uova e sono stati tre i piccoli che si sono involati regolarmente. Nell'autunno-inverno 2024, invece, c'è stata una seconda nidificazione in una cassetta nido posta sempre come da progetto, ma in un'altra area di Pianosa. Purtroppo, delle sette uova e dei sette piccoli nati non ne è rimasto neanche uno perché c'è stato, con molta probabilità, un episodio di predazione all'interno del nido”, racconta. Lo studio del barbagianni è partito nel 2013 e “in un primo step ha studiato sia la presenza degli individui sull'isola di Pianosa, sia ha approfondito quelle che sono state le risultanze sulla dieta di questi rapaci notturni - spiega Rizzo Pinna - Il monitoraggio è proseguito anche durante il periodo del programma di eradicazione del ratto nero, messo in atto dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e sta continuando anche oggi”. Il rapace notturno svolge un ruolo essenziale. “Il barbagianni è un rapace notturno che assolve a un ruolo ecologico importantissimo nella regolazione degli ecosistemi abitati proprio dalle sue prede, i micro mammiferi - spiega il faunista - per cui è importante capire di cosa si alimenta anche per effettuare un vero e proprio censimento di tutti i micro mammiferi. Cosa altrimenti impossibile, dato che queste prede hanno abitudini notturne, sono di piccolissime dimensioni e vivono nel mezzo della vegetazione. Studiare la dieta del barbagianni è utile a comprendere la composizione della micro fauna di un certo ecosistema”, dice. L'approfondimento della dieta del barbagianni attraverso lo studio delle borre, cioè i rigurgiti del rapace, è fondamentale dunque. Oggi però “i dati sono ancora molto provvisori - fa sapere Rizzo Pinna - Per dare delle risultanze più certe e definitive - conclude - lo studio avrà bisogno di un medio lungo termine per l'analisi costante e continuativa”.