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(Adnkronos) - Attacco dell'Ucraina contro la base aerea russa di Borisoglebsk, nella regione di Voronezh. L'aeroporto ospita i caccia Sukhoi Su-34, Su-35S e Su-30SM che Mosca utilizza regolarmente negli attacchi aerei contro la regione ucraina occidentale di Kharkiv. Secondo le forze armate di Kiev tra i bersagli colpiti figurano un deposito di bombe plananti, un aereo da addestramento e probabilmente altri velivoli. "Le forze di difesa continuano ad adottare tutte le misure necessarie per indebolire la capacità degli occupanti russi di attaccare le infrastrutture civili e costringere la Federazione Russa a cessare la sua aggressione armata contro l'Ucraina", hanno scritto le forze armate su Telegram. Il sistema di informazioni antincendio per la gestione delle risorse della NASA (FIRMS) ha rilevato un incendio nei pressi dell'aeroporto militare di Borisoglebsk poco dopo l'attacco. I residenti della zona hanno segnalato 8-10 potenti esplosioni intorno alle 2 del mattino, ora locale, secondo l'agenzia di stampa indipendente russa Astra. Il ministero della Difesa russo ha confermato l'attacco di droni ucraini sulla regione di Voronezh senza però fare riferimento ad alcun danno subito. Intanto raid di droni russi hanno colpito anche oggi obiettivi civili in Ucraina. Attaccata in particolare la regione di Kherson dove, secondo il governatore, Oleksandr Prokudin, diverse persone sono rimaste ferite. Oltre a edifici residenziali sono state colpite pompe di benzina, officine e automobili. Colpita anche nell'est la città di Chuhuiv, dove i feriti sono almeno tre, fra cui un ragazzino di 12 anni. Le sirene sono risuonate nella notte anche a Kiev, nelle regioni di Sumy, Donetsk e Kharkiv, Dnipro e Zaporizhzhia. "E' una situazione molto difficile", ha ammesso il Presidente americano Donald Trump sull'Air Force One, parlando della guerra in Ucraina, dopo la telefonata con Vladimir Putin che non lo ha per niente soddisfatto. Il presidente russo "vuole andare a fondo, continuare a uccidere persone. Non va bene", ha aggiunto, lasciando intendere la possibilità di introdurre nuove sanzioni contro la Russia. "Ne parliamo molto. Capisce che potrebbero arrivare", ha affermato, spiegando che al contrario, ieri, con Volodymir Zelensky, ha avuto una telefonata "molto strategica".
(Adnkronos) - "Noi siamo un Paese che trasforma, per il quale l'export è fondamentale. E quindi qualsiasi spesa aggiuntiva può ridurre i margini. Abbiamo ormai da un paio di mesi negli Stati Uniti il dazio al 10% e si tratta di spese molto alte e complesse per le aziende da assorbire. Le imprese devono incamerare questo aumento, insieme al cambio euro-dollaro che in questo momento non è favorevole. Quindi anche il 10%, che è quello che probabilmente rimarrà, non va bene per le aziende. Per il 2025 ci aspettiamo un calo dell'export di salumi made in Italy, legato anche a un effetto fisiologico per le scorte che sono state fatte non appena è iniziata a circolare la voce sui dazi". Così, con Adnkronos/Labitalia, Davide Calderone, direttore generale di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) aderente a Confindustria, che rappresenta uno dei fiori all'occhiello del made in Italy, con 30mila addetti e 900 aziende di trasformazione, fa il punto sugli effetti dei dazi al 10% negli Usa per i salumi italiani. Nel 2024, le esportazioni di salumi italiani verso i Paesi terzi, secondo i dati Assica, hanno raggiunto quota 66.007 tonnellate per un valore di 791,5 milioni di euro, segnando una crescita dell’11,9% in quantità e del 14,2% in valore. A trainare il risultato sono stati in particolare gli Stati Uniti, con arrivi di salumi italiani per 20.188 tonnellate (+19,9%) per 265,1 milioni di euro (+20,4%). E il 2024, sottolinea Calderone, è stato un anno sostanzialmente positivo per il comparto salumi made in Italy visto che "è aumentata la produzione e anche l'export, ma ci sono luci e ombre, visto che abbiamo un mercato interno praticamente saturo". E tornando ai dazi Usa l'attività di Assica è incessante a sostegno delle imprese italiane. "Stiamo facendo il possibile per fare la nostra parte, spiegando all'amministrazione americana che i nostri prodotti in Usa danno anche lavoro, perchè ci sono i commerciali e poi tante aziende che hanno creato stabilimenti di affettamento e confezionamento in Usa. E quindi un dazio per un prodotto che arriva in Usa diventa anche un problema per un'azienda che opera in Usa e paga le tasse nel Paese", sottolinea. Cercare strade alternative agli Usa, spiega Calderone, non è semplice. "Guardare ad altri mercati -spiega- è una frase che si può dire ma poi metterla in pratica non è così scontato. Se si pensa al mondo dei salumi possiamo dire che li facciamo solo noi, con qualche eccezione, e non è semplice questi prodotti nel mondo in popolazioni non abituate. Quindi ci vuole tempo, informazione, promozione, presenza. Ad esempio quello americano è un mercato che sta dando finora soddisfazioni, ma dietro c'è un lavoro di molti anni di investimenti e di impegno per farlo diventare così, con anche ulteriori margini di crescita", sottolinea. E in questi mesi sull'attività e l'export delle aziende continua a pesare la peste suina africana che ha colpito il nostro Paese. "A causa della peste suina africana abbiamo calcolato un mancato export di salumi made in Italy nei Paesi asiatici per 20 milioni di euro al mese, a partire da quando è scoppiata l'emergenza con i primi cinghiali malati nel 2022", sottolinea Calderone. "I Paesi che hanno chiuso all'export per colpa del virus-continua Calderone- sono il Giappone in particolare, la Cina, altri paesi con delle limitazioni, e questo è un problema che persiste ancora oggi. Con il Giappone siamo riusciti a ottenere la riapertura per i prodotti cotti al momento, visto che la cottura inattiva il virus, e stiamo trattando anche per i prodotti a lunga stagionatura che è un altro metodo di inattivare il virus", conclude.
(Adnkronos) - “Spesso si pensa che sia l’Europa a imporre scelte ai Paesi membri, ma nel caso dell’economia circolare è accaduto il contrario: l’Italia ha tracciato per prima la strada, con esperienze concrete di raccolta differenziata, impianti industriali e filiere produttive che l’Unione ha inserito nelle proprie direttive e regolamenti, e che hanno anticipato gli obiettivi europei. Abbiamo una leadership internazionale che raccontiamo ancora troppo poco: il modello italiano dell’economia circolare è un esempio straordinario, da preservare e rafforzare per il futuro”. Questo il commento di Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, in occasione dell’Ecoforum 2025, tenutosi a Roma e organizzato da Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club.