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(Adnkronos) - “L'indice globale della fame traccia uno scenario drammatico: nell'ultimo anno, guerre e conflitti armati hanno innescato 20 crisi alimentari e gettato in condizione di fame acuta oltre 140 milioni di persone. In diversi contesti la fame non è soltanto una conseguenza della violenza armata, ma è inflitta in maniera deliberata attraverso assedi, blocchi degli aiuti, distruzione delle infrastrutture agricole, quindi utilizzata come una vera e propria arma da guerra”. Lo ha detto all’Adnkronos Valeria Emmi, Head of strategy & advocacy di Cesvi, commentando i dati emersi dalla 20esima edizione dell’Indice Globale della Fame 2025 (Global Hunger Index – Ghi), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato dalla Ong per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (Whh), Concern Worldwide e Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (Ifhv). Secondo l'Indice Globale della Fame, “sono sette i paesi che hanno raggiunto livelli di fame allarmante - illustra Emmi - tra questi Haiti, Somalia, Sud Sudan. Non sono menzionati con dati esatti e precisi la Palestina e il Sudan, ma vengono rappresentati come una forte criticità proprio perché la situazione è talmente critica da rendere impossibile il calcolo completo di tutti i punteggi del Ghi - spiega - Quando i sistemi di monitoraggio vengono indeboliti, in contesti di guerre e conflitti, i bisogni diventano invisibili. Questa è la drammaticità della situazione di Gaza o del Sudan”. Cesvi è presente nei Territori Palestinesi sin dal 1994, si legge in una nota. Dopo il 7 ottobre del 2023, quando il conflitto in Medioriente si è acceso ulteriormente, ha intensificato e rafforzato le sue attività per garantire l’accesso ai beni essenziali per la sopravvivenza come “l’installazione di latrine, la riabilitazione delle infrastrutture igienico sanitarie nei campi sfollati, l’accesso all'acqua potabile”, racconta Emmi. Attualmente la Ong “fornisce a Gaza City e nella parte sud della Striscia, tra i 50 e i 55 mila litri di acqua potabile a circa 4mila e 600 persone nei campi sfollati”. A causa del conflitto armato, a Gaza “la fame ha ucciso una persona al giorno - continua Emmi - Sono stati oltre 460 i decessi correlati alla malnutrizione, più di 260 nel solo 2025. Oltre 140 erano minori. Più di 320mila bambini sotto i 5 anni sono ora a rischio di malnutrizione acuta e oltre 20mila persone sono rimaste uccise o ferite nel tentativo di procurarsi del cibo e accedere agli aiuti. Secondo le proiezioni, nei prossimi mesi saranno circa 641 mila le persone che si troveranno in una condizione di catastrofe. Stiamo normalizzando la fame come arma da guerra - conclude - e questo non è accettabile”.
(Adnkronos) - “Il 69° Congresso nazionale degli ordini degli ingegneri d’Italia è l’evento annuale che celebra la categoria professionale e che quest’anno vede convergere ad Ancona tutti gli ordini provinciali d’Italia, oltre 106, più le federazioni e le fondazioni”. A dirlo all’Adnkronos/Labitalia Stefano Capannelli, presidente degli Ordini degli ingegneri della Provincia di Ancona, in occasione del 69° Congresso nazionale degli ordini degli ingegneri d’Italia organizzato dal Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni) e dagli Ordini degli ingegneri di Ancona e Macerata, che ha come titolo 'Visioni'. “Avremo oggi - spiega - mille ingegneri in sala. Nel corso del Congresso verranno analizzati diversi temi. In particolare quello della sicurezza sul territorio dal punto di vista sismico e idrogeologico, ma anche la sicurezza delle reti e delle infrastrutture. Il tema della sicurezza riguarda tanto la categoria degli ingegneri ed è declinato in tantissimi aspetti che saranno gli elementi fondamentali del Congresso di quest'anno”.
(Adnkronos) - Digitalizzazione, Internet of Things, blockchain e intelligenza artificiale. Sono questi i principali strumenti che potranno migliorare l'efficienza ambientale, ridurre i costi e i rischi operativi, rendendo al tempo stesso i sistemi produttivi più resilienti e meno dipendenti da quelle materie prime ritenute critiche; il tutto promuovendo economia circolare e sostenibilità. È questo quanto emerge da una ricerca condotta dal Sustainability Lab del Sda Bocconi School of Management in collaborazione con Omnisyst, azienda attiva nella gestione dei rifiuti industriali. I risultati della ricerca sono stati presentati al convegno “Creare valore economico sostenibile attraverso la gestione circolare dei residui industriali” tenutosi presso Sda Bocconi School of Management. Dalla ricerca è emerso che l’economia circolare "non solo può contribuire a migliorare la salute e la temperatura del pianeta, ma soprattutto porta una serie di benefici in termini economici per le imprese" ha affermato Francesco Perrini, Head of Sustainability di Sda Bocconi School of Management e uno dei professori coinvolti nel paper. La circolarità "contribuisce a creare valore riducendo i costi, aumentando la produttività e aumentando i ricavi, trasformando i rifiuti in materie prime. Benefici a 360 gradi per tutte le tipologie di impresa". Ciò che tradizionalmente veniva considerato come scarto o un costo in più, oggi può essere monetizzato, trasformandosi in risorsa utile o perfino in una fonte di ricavo aggiuntiva. Si tratta di un approccio innovativo che contribuisce anche a rafforzare la resilienza della supply chain. La circolarità consente di diversificare le fonti di approvvigionamento, ridurre la dipendenza da materiali vergini e ottimizzare la gestione delle scorte, rendendo le imprese più preparate a fronteggiare eventuali shock o interruzioni. Diminuiscono anche i rischi, sia dal punto di vista operativo che reputazionale, e viene al contempo creato nuovo valore lungo tutta l'intera filiera produttiva. Supply chain che gioca un ruolo nell'adozione dell'economia circolare: "Riveste un'importanza straordinaria nella struttura di costo e nella performance delle grandi aziende di tutti i settori industriali" ha affermato Pierluigi Serlenga, Managing Partner di Bain & Company Italia. Attenzione però, per il Bel Paese va tenuto in considerazione il livello di frammentazione che esiste nei settori industriali: "È molto forte e spesso impedisce l'adozione di strategie innovative come la circolarità in modo veloce ed efficace" ha spiegato Serlenga. Per fare in modo che l'economia circolare venga implementata in modo più efficace "è fondamentale che le aziende della filiera facciano sistema tra di loro su materie non competitive, con i cosiddetti capi filiera, ovvero le grandi aziende che guidano i diversi settori e con gli stakeholder istituzionali, incluso il governo". Le strategie circolari impattano direttamente e in maniera misurabile il bilancio ambientale. Vengono ridotte le emissioni di Co2, con un miglioramento degli indicatori ambientali complessivi. Questo si traduce anche in un vantaggio competitivo tangibile: le aziende che adottano tali pratiche si distinguono rispetto ai loro concorrenti, non solo per capacità di innovazione, ma anche per reputazione, fattori di cui il mercato e gli stakeholder tengono conto. Non solo, la ricerca evidenzia come la circolarità influisca positivamente sulla valutazione del rischio creditizio e bancario grazie a una maggiore solidità e affidabilità percepita. Contribuisce a rafforzare la brand loyalty, valorizzando l’identità sostenibile dell’impresa, e migliora il posizionamento nelle gare pubbliche, dove gli indicatori Esg (Environment, social and corporate governance) assumono un ruolo sempre più centrale nelle decisioni di selezione. L'Italia in questo “è un paese leader" secondo il vicepresidente di Assolombarda, Massimo Di Amato. A livello europeo, l'Italia si posiziona in seconda posizione, dietro ai Paesi Bassi. "Circa il 20% dei prodotti già contiene prodotto da riciclo - ha illustrato il vicepresidente dell'associazione -. La Lombardia in questo è un'eccellenza". Il livello di raccolta differenziata nella Regione supera il 73%, contro una media europea inferiore al 40%: "Abbiamo un modello tale per cui siamo autosufficiente nella gestione del ciclo dei rifiuti. E questa è una delle grandi tematiche da affrontare, soprattutto se guardiamo al panorama italiano”. Secondo Di Amato le istituzioni "devono sforzarsi per far sì che questo modello sia replicato, possibilmente a livello italiano ma anche a livello europeo. È evidente come questa sia una delle leve per far sì che si crei quell’ecosistema che non è solo fatto di norme, ma anche di strumenti finanziari atti a incentivare un cambiamento”. Le imprese italiane vanno accompagnate sul sentiero della circolarità così da "generare competitività e indipendenza verso l'estero". La ricerca evidenzia inoltre diversi casi di successo in molteplici settori quali il manifatturiero, l’agroalimentare e la chimica. Tra questi, spiccano esperienze come l’uso della blockchain per la tracciabilità e l’adozione di nuovi modelli di business nell’automotive circolare, il suo impiego per la semplificazione delle dichiarazioni ambientali nel tessile, e l’applicazione della simbiosi industriale e digitale per valorizzare sottoprodotti, garantendo anche conformità normativa. Nella moda di lusso il digitale viene utilizzato per la logistica inversa e il monitoraggio delle emissioni, mentre in altri settori ha permesso una gestione multisito efficace e il raggiungimento dell’obiettivo zero rifiuti in discarica. Nel medicale, le tecnologie digitali abilitano un approccio che coniuga sostenibilità ambientale e risparmio economico, mentre nel farmaceutico il recupero integrale dei fanghi, guidato da analisi data-driven, supporta investimenti strategici mirati. “Per anni abbiamo ripetuto come i rifiuti potessero essere una risorsa, ora lo sono diventati veramente grazie a tecnologie di riciclaggi sempre più precise ed efficienti. Siamo entrati in una nuova era” ha commentato Chicco Testa, presidente di Omnisyst e di Assoambiente, intervenendo al convegno. Le implicazioni che emergono da questa ricerca assumono quindi un’importanza cruciale per manager, policy maker e investitori. Per le imprese, integrare decarbonizzazione ed economia circolare va ben oltre un semplice obbligo etico o normativo: si tratta di una scelta strategica capace di influenzare in modo significativo costi, reputazione e capacità competitiva. Non manca il lavoro per le istituzioni, per le quali si apre la necessità di definire un quadro normativo e fiscale che premi chi adotta pratiche circolari e incentivi la diffusione su larga scala delle tecnologie innovative. Sebbene la Strategia Nazionale per l’Economia Circolare stilata dal Mase abbia segnato un passo avanti, sono necessari strumenti più efficaci soprattutto per sostenere le piccole e medie imprese nel percorso di trasformazione. La gestione circolare dei residui industriali non appare più soltanto come una risposta alle sfide ambientali, ma come una strategia capace di generare valore a lungo termine. E le aziende che sapranno anticipare e cogliere questa sfida saranno le protagoniste della transizione sostenibile di domani.