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(Adnkronos) - A commentare la presenza di Giorgia Meloni all'Inauguration Day di Donald Trump sono arrivate anche le parole di Elly Schlein: "Spero che si sia chiesta perché c'era solo lei e l'Unione Europea non sia stata invitata né coinvolta e che tipo di messaggio vogliamo lanciare", ha detto parlando con i cronisti alla Camera la segretaria del Partito Democratico. "Ora la domanda è se Giorgia Meloni sarà in grado di far rispettare gli interessi europei e italiani. È andata in solitudine, nonostante l'Ue non sia stata coinvolta e questo preccupa, perchè Trump sta cercando alleati per disgregare l'Europa", ha continuato Schlein, "invece per noi l'Europa deve essere all'altezza della sfida a partire da una politica industriale europea con investimenti comuni. Il Next Generation Ue deve rafforzarsi sull'autonomia strategica come sulla tecnologia e la difesa comune. Questa è la portata della sfida e guai all'idea che ci si salvi da soli". "Davanti a sfide di questa portata chi pensa ci si salvi da soli, sbaglia. Al di là delle singole partecipazioni, il punto è come l'Italia intenda contribuire a un rilancio europeo che risponda a questa sfida aggressiva che ci è stata lanciata. Perché non fanno con noi una battaglia vera sugli investimenti comuni europei?", chiede la segretaria Pd, prima di commentare il discorso d'insediamento di Trump: "Abbiamo sentito quello che e è stato detto all'insediamento, quello di Trump è un messaggio molto aggressivo e preoccupante. È come se già esprimesse un delirio di onnipotenza". "Dazi, che sarebbero un problema per l'Italia e per tutta l'Europa. Oggi anche la questione delle multinazionali perché vuole uscire dall'accordo Ocse che mira a evitare l'elusione fiscale da parte delle grandi multinazionali. Evidentemente ha subito risposto alla fila di multimiliardari che ieri erano ad accreditarsi a Washington. E poi deportazioni, la cancellazione dello Ius soli, del genere e pure il Golfo del Messico". "Gli alleati di Trump sono quelli che si oppongono agli investimenti comuni europei. Questo nazionalismo di destra si salda con il capitalismo tecnologico delle big tech, dei dati, dei satelliti. E a questo serve una risposta forte dell'Europa. E se l'Europa è in ritardo, allora vanno messi più soldi senza svendere la sicurezza nazionale ed europea al migliore offerente" come Starlink di Elon Musk. Schlein ha anche commentato i referendum ammessi dalla Consulta, tra cui quello sul Jobs Act e la cittadinanza: "Oggi in segreteria abbiamo parlato dell'autonomia, ma comunque io li ho firmati e senz'altro non faremo mancare il nostro contributo. La Corte era già intervenuta smontando molti pezzi di quella pessima riforma grazie ai ricorsi che le regioni avevano fatto e noi abbiamo deciso che quel patrimonio di mobilitazione non debba andare disperso. La mobilitazione deve proseguire, dobbiamo assicurarci che i rilievi della Corte vengano recepiti", ha detto Schlein, "per il Pd quel comitato", ovvero quello promotore del referendum sull'autonomia, "non solo deve smobilitarsi ma accompagnare il lavoro in Parlamento perché i rilievi della Consulta siano recepiti".
(Adnkronos) - “Con la riforma, i regimi di riallineamento sono stati completamente riorganizzati. Oggi c’è una disciplina unica, sicuramente più semplice da gestire. C’è la possibilità di riallineare separatamente tra Ires e Irap. Il sistema è sicuramente più coordinato perché le scadenze, che prima erano disallineate, oggi vengono riallineate, accorciando quelle che probabilmente erano eccessivamente lunghe, ma soprattutto allungando quelle che risultavano di difficile applicazione”. Lo afferma Alberto Trabucchi, co-managing director and head of Tax department di Assonime, a margine dell’evento 'EY Tax Update 2025. Riforma fiscale: sfide e opportunità per le imprese', organizzato da EY e focalizzato, appunto, sulla riforma fiscale in corso. “Le aliquote sono peggiorate, non c’è dubbio, ma è stato sbloccato il riallineamento globale, che oggi è sostanzialmente sempre fattibile - aggiunge Trabucchi - Nell’eliminare gli arbitraggi, che prima potevano essere realizzati sfruttando le aliquote effettivamente molto più convenienti, è stata eliminata anche la possibilità di incentivare le operazioni di aggregazione aziendale con terzi, che potevano essere fatte appunto sfruttando le aliquote basse di riallineamento. E’ vero che sono stati eliminati gli arbitraggi per le operazioni infra gruppo, ma c’è il rischio che sia stata eliminata anche una possibile forma di incentivo per le riorganizzazioni aziendali verso terzi, quelle accrescitive. Quindi questo, forse, potrebbe essere motivo di ripensamento”. “Il regime di consolidato fiscale, che è tra i più favorevoli tra quelli esistenti nel panorama europeo, resta sempre la formula migliore per consentire la circolazione delle perdite all’interno del gruppo - sottolinea l’esperto - La riforma consente ai gruppi stabili una migliore gestione delle perdite, perché viene riconosciuta a livello fiscale la bontà del soggetto economico unitariamente inteso, consentendo la circolazione delle perdite, nell’ipotesi poi di successive operazioni di aggregazione tra il soggetto che porta le perdite e il soggetto che lo controllava o tra soggetti del gruppo”. “Dal punto di vista sostanziale, la scelta fatta dal legislatore, per una questione di prudenza sul gettito, è stata quella di consentire questo scambio di perdite soltanto a coppie, cioè soltanto nella misura in cui i soggetti che si vanno ad aggregare erano già insieme e facevo già parte dello stesso gruppo al momento della maturazione delle perdite. Questa è una limitazione abbastanza forte - puntualizza Trabucchi - che porta con sé una serie di complicazioni che verranno sciolte dal dm che ha in corso di preparazione presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, e che forse rendono consigliabile ancora, quando possibile, l’utilizzo del consolidato fiscale. C’era stata l’idea di consentire una libera circolazione delle perdite del gruppo con una logica accrescitiva, a prescindere dal momento in cui le società facevano parte dello stesso gruppo, però, probabilmente per motivi di gettito, non è stato possibile perseguirla. Ci troviamo quindi di fronte ad una riforma di grande utilità - conclude - ma forse si poteva fare qualcosa in più. Speriamo che, magari riorganizzando meglio le risorse a disposizione in sede di correttivo, si possa porre rimedio a questa piccola inefficienza”, conclude.
(Adnkronos) - L'olio di palma sostenibile coniuga innovazione tecnologica, qualità, sicurezza alimentare, sostenibilità ambientale e sociale. E' quanto emerso dal talk 'Olio di palma sostenibile: oltre i falsi miti, la soluzione che garantisce qualità, sicurezza e rispetto per le foreste e le persone', organizzato da Assitol e Unione Italiana per l’Olio di palma sostenibile al Sigep di Rimini, il Salone Internazionale Gelateria, Pasticceria, Panificazione artigianali. “Purtroppo c'è più di un falso mito sull'olio di palma ma sono tutti facilmente smantellabili - spiega Vincenzo Tapella, presidente dell'Unione italiana per l'olio di palma sostenibile - Il primo riguarda l'olio di palma certificato sostenibile che in realtà proviene da zone non deforestate. Quindi dire che l'olio di palma distrugge le foreste, attualmente è un errore. Un altro falso mito riguarda la sicurezza, secondo cui nell'olio di palma sarebbero presenti contaminanti. Non è vero, in quanto esiste una legislazione comunitaria che fissa dei limiti per tutti gli oli e grassi, per cui l'olio di palma che è in circolazione deve rispettare questi parametri. Altri discorsi sono smontabili”. In più una delle caratteristiche principali di questo olio, secondo gli esperti, è la resa per ettaro, molto superiore alle altre colture da olio. "Pensando al futuro - continua Tapella - siamo 8 miliardi di persone sulla Terra, dovremmo arrivare a 10 miliardi nei prossimi anni, per cui ci saranno nuove bocche da sfamare. L'olio di palma, grazie alla sua resa di quasi 4 tonnellate per ettaro, può permettere di non aumentare le aree deforestate, lavorando sull'incremento della resa”. Giorgio Donegani, tecnologo alimentare ed esperto di nutrizione intervenuto al talk, ricorda come "la campagna di demonizzazione contro l'olio di palma abbia avuto successo non per le verità che andava a raccontare ma per il tono con cui andava a proporre delle mezze verità, delle falsità oggettive, facendo leva su paure, anche molto forti, riguardanti la salute e la qualità del prodotto". “L'olio di palma è talmente versatile - prosegue l'esperto per cui le sue frazioni si possono utilizzare sia per realizzare ottime creme sia per prodotti da forno. Purtroppo uno degli esiti di questa demonizzazione, che ha portato a una diminuzione molto forte dell'olio di palma nell'uso industriale, è stata una minor durabilità e qualità dei prodotti senza alcun guadagno, né nutrizionale né dal punto di vista della sicurezza", conclude. Andrea Carrassi, direttore generale di Assitol (Associazione italiana industria olearia), tra i fondatori dell’Unione Italiana per l’olio di palma sostenibile, sottolinea il ruolo della sostenibilità dei prodotti oleari impiegati dall'industria nel nostro Paese. “Come associazione spingiamo molto sulla sostenibilità dei prodotti, sia l'olio di palma ma anche tutti gli altri oli e grassi, perché fanno bene anche all'ambiente oltre che ai consumatori. I nostri prodotti sono principalmente sostenibili perché crediamo in un miglioramento ambientale che è il trend che segue la Commissione europea ed è necessario continuare così. La legislazione Europea per fortuna è molto forte, in Italia ci sono numerosi controlli che permettono di vedere se il prodotto è 'compliant' con la normativa vigente e quindi il consumatore può stare sereno”, conclude Carrassi.