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(Adnkronos) - Del clamoroso confronto di venti minuti nello Studio Ovale alla Casa Bianca tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky resteranno alla storia frasi mai ascoltate prima in un confronto fra leader e toni mai così lontani dalle abitudini diplomatiche. Si è parlato, comprensibilmente, di fine della diplomazia, di agguato premeditato, di cinica strategia negoziale. Ci sono però almeno tre punti chiave emersi dallo scontro di venerdì che costituiscono un vero e proprio capovolgimento della realtà. Il primo, il più evidente, riguarda lo spazio negoziale dell'Ucraina e del presidente Zelensky. Quel 'non hai carte da giocare' ripetuto più volte è per Donald Trump la premessa per arrivare a sostenere che si può arrivare alla pace solo attraverso la resa, di fatto incondizionata, di Kiev. L'accordo è sul tavolo ma è scritto secondo le condizioni concordate con Vladimir Putin direttamente da Trump. All'Ucraina non resta che una possibilità: accettare. E, come conseguenza, la fine della guerra a qualsiasi condizione, anche quelle imposte da Putin. Non conta quello che è accaduto dal 24 febbraio 2022 in poi, non contano i morti, non conta la devastazione, non conta la sofferenza di un intero popolo schiacciato dalla potenza militare di un invasore. Il secondo, che al primo si lega sia come causa sia come effetto, riguarda il ruolo degli Stati Uniti. 'Senza di noi, sei finito', è il senso di una serie di frasi che partono da una guerra che sarebbe durata due settimane senza l'appoggio degli Stati Uniti, passano per la rinnovata censura al sostegno, economico e militare, garantito dall'amministrazione Biden a Kiev, e arrivano allo snodo principale della svolta trumpiana: la Casa Bianca è un arbitro tra Russia e Ucraina, non esiste più un aggressore e un aggredito. Saltano, nella rappresentazione trumpiana della realtà, tutte le ragioni che per tre anni hanno spinto l'Occidente a stare dalla parte dell'Ucraina e di Zelensky. Il terzo punto chiave riguarda il ruolo dell'Europa. Semplicemente, nella rappresentazione che va in scena nello studio Ovale, non esiste. Non c'è spazio, nell'approccio sempre più orientato a una transazione commerciale del tycoon americano, per il disturbo di un terzo soggetto che non siano i due giocatori e l'arbitro. Come se non ci fosse di mezzo l'elemento geografico e geopolitico a definire gli interessi strategici ed economici di un intero continente. Come se la sicurezza dell'Europa non fosse strettamente legata a come finisce la guerra in Ucraina e a cosa sarà della libertà di movimento di Putin. Come se l'Ucraina non fosse un pezzo di Europa invaso da chi l'Europa la vorrebbe in buona parte riassorbita in un perimetro che possa riprodurre lo spazio dell'Unione sovietica. Quello che non è successo, la mancata firma dell'accordo sulle terre rare, rappresenta bene il senso di quello che è successo. La firma su quell'accordo, nella testa di Trump, doveva essere la firma su una resa incondizionata. Il primo passaggio necessario a consegnare il destino dell'Ucraina prima nelle sue mani e poi, in una estensione a quattro mani, in quelle sue e di Putin. Con l'Europa a guardare. A partire dal vertice di Londra di domani, l'Occidente senza Stati Uniti, con l'Europa e il Regno Unito a guidare, dovrà provare a cercare e trovare una risposta. (Di Fabio Insenga)
(Adnkronos) - “Il grido d’allarme lanciato dal presidente di Confindustria Emanuele Orsini e gli interventi dei colleghi durante il Consiglio Generale di oggi, rappresentano la voce di tutta l’industria italiana a cui ci uniamo convintamente. Non è più pensabile rimanere indifferenti e silenti di fronte a eventi che rischiano di scardinare il nostro sistema produttivo che, ricordiamolo, rappresenta anche l’architrave su cui si poggia il sistema di welfare. Dal presidente Trump arrivano decisioni che se applicate metterebbero nel giro di 24 ore in ginocchio imprese, lavoratori e a cascata tutta l’economia italiana". Lo dichiara Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo. "Urge un’azione forte, chiara e che veda il sistema Paese compatto anche nel chiedere all’Europa di battere un colpo, difendere se stessa e smettere di suicidarsi con misure e regole che spesso fanno esclusivamente il gioco di chi, con un colpo di spugna, mira ad annientare la nostra forza produttiva. Se non difendiamo da soli le nostre produzioni che rappresentano anche la nostra storia e i nostri valori, chi pensiamo possa farlo per noi?", conclude.
(Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano. In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine. Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche. Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri. Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.