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(Adnkronos) - Quello di Stormy Daniels è un nome che gli Stati Uniti non dimenticheranno: è stata lei a rendere Donald Trump il primo presidente pregiudicato degli Stati Uniti. Oggi una sentenza lo dichiara colpevole, a soli 10 giorni dal suo secondo insediamento alla Casa Bianca, di aver falsificato documenti finanziari per coprire il pagamento illecito alla pornostar in cambio del suo silenzio sulla relazione. All'anagrafe è Stephanie Clifford, ma tutti la conoscono come Stormy Daniels e a marzo compirà 46 anni. E' nata a Baton Rouge, Louisiana, ed è stata cresciuta da una madre single che non si occupava di lei, tanto che già durante gli anni del liceo iniziò a lavorare negli strip club per mantenersi. Iniziò così la carriera di porno star in film di cui nel tempo è diventata anche regista, scegliendo un nome d'arte ispirato alla sua marca preferita di whiskey. L'incontro con Trump avvenne durante un torneo di golf a Lake Tahoe, in California, dove lavorava come escort. La donna ha raccontato di essere stata avvicinata da una guardia del corpo di Trump, e di aver poi trascorso la notte nella stanza di albergo del tycoon, con il quale rimase poi in contatto, tanto che Trump le offrì di partecipare al suo show televisivo, 'The Apprentice'. La prima vittoria legale risale al 2023, ora dopo due anni la conferma della condanna. Ma prima ci sono anni di battaglie da parte di Daniels, perse con uno degli uomini più potenti del mondo, che hanno esposto lei, e i suoi avvocati, ad attacchi di ogni genere. La vicenda arriva sui giornali la prima volta nel gennaio 2018 quando il Wall Street Journal rivela che l'allora presidente Trump aveva ordinato, prima delle elezioni del 2016, di pagare 130mila dollari alla donna che si sta accordando per raccontare in televisione di un loro incontro sessuale nel 2006, avvenuto pochi mesi dopo la nascita di Baron, il figlio di Trump e della terza moglie Melania. A marzo poi Daniels intenta una causa per contestare la validità dell'accordo di riservatezza da lei firmato: a rappresentarla era Michael Avenatti, un intraprendente avvocato amante dei riflettori che diventa un ospite fisso della televisione da dove continua a ripetere che la vicenda Stormy Daniels costringerà Trump alle dimissioni. Il rapporto con Avenatti si incrina però presto e anzi l'avvocato alla fine finisce coinvolto in una mega inchiesta federale per truffe ai suoi clienti, Stormy Daniels compresa, per la quale è stato condannato a 14 anni. La donna presenta anche una denuncia di diffamazione contro Trump che le ha ripetutamente dato della bugiarda, negando di aver mai avuto una relazione con lui, ma non di averle versato 130mila dollari. Daniels però perde entrambe le cause, e per quella di diffamazione è stata anche condannata a pagare 300mila dollari di spese legali di Trump. Dopo la sentenza di appello, nel 2022, Trump parla di "completa vittoria e rivincita". L'ex presidente non considerava però quello che sarebbe successo con un'altra inchiesta nata dalla costola di questa vicenda, sulla base della testimonianza dell'uomo che materialmente consegnò il denaro a Daniels, Michael Cohen, per tanti anni avvocato personale e 'mastino' del tycoon che poi si è trasformato poi in suo grande accusatore. Cohen nell'agosto 2018 si è dichiarato colpevole di violazioni della legge elettorale, evasione fiscale ed afferma di aver fatto quel pagamento per influenzare le elezioni del 2016 su "ordine del candidato" Trump. Accuse per le quali viene condannato a tre anni di carcere. In una seguitissima testimonianza al Congresso, Cohen ha puntato il dito contro il suo ex boss, affermando che Trump gli aveva chiesto di mentire e di dire che il presidente "non era al corrente" dei pagamenti. E' sulla base delle dichiarazioni di Cohen che Cy Vance, il procuratore di Manhattan predecessore di Alvin Bragg, avvia l'inchiesta che ha portato all'incriminazione di Trump, per aver commesso frode aziendale registrando illecitamente come spese legali i 130mila dollari spesi per pagare il silenzio di Daniels.
(Adnkronos) - Il presidente dell’Istituto nazionale tributaristi (Int) Riccardo Alemanno, anche nella sua veste di vice presidente vicario di Confassociazioni, dopo il question-time alla Camera, dove il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, ha dichiarato di voler approfondire la problematica relativa alla sospensione dei contributi previdenziali dei professionisti in malattia, ha scritto al Ministro evidenziando ancora una volta la discriminazione di una legge giusta nei principi, ma discriminante per centinaia di migliaia di professionisti. La sospensione del versamento dei contributi previdenziali, andrebbe a implementare le tutele delle professioniste e dei professionisti in stato di malattia, infortunio, maternità a rischio o che avessero figli minori in stato di malattia, come previsto dalla Legge 234/2021 commi da 927 a 944. Alemanno pertanto nella lettera scrive: "Plaudo alla sue parole, ma nello stesso tempo ricordo che la suddetta Legge e tutte le modifiche successive escludono i professionisti di cui alla Legge 4/2013 nonché quelli iscritti in registri o elenchi. Discriminazione che evidenzio dal varo della Legge e su cui è stato predisposto un intervento emendativo, fatto proprio e presentato da esponenti del Parlamento, ma mai approvato". Il problema della discriminazione legislativa Alemanno lo aveva già affrontato anche al tavolo sul lavoro autonomo professionale che si svolge proprio presso il Ministero del Lavoro e della Politiche Sociali, consegnando una nota contenente la proposta modificativa che amplierebbe la tutela oltre che ai professionisti iscritti in albi, anche ai professionisti iscritti in registri, elenchi o che svolgano una delle attività professionali di lavoro autonomo di cui alla Legge n.4 del 14 gennaio 2013. Il presidente dell’Int e vice presidente vicario di Confassociazioni, chiedendo un incontro al Ministro Caderone, nella lettera ribadisce: "La modifica eliminerebbe la discriminazione ponendo giustamente sullo stesso piano, nella tutela in caso di malattia, infortunio, maternità a rischio o malattia dei figli minori, tutte le professioniste e i professionisti della nostra nazione".
(Adnkronos) - “Questo fantastico impianto fotovoltaico è molto innovativo e unisce la tecnologia alla bellezza del luogo, è stato realizzato in tempi record da Acea e soprattutto da Areti, società del gruppo Acea, per garantire anche al Vaticano questa transizione energetica che diventa ormai ineludibile per tutto il nostro pianeta''. Lo afferma Barbara Marinali, presidente di Acea, durante l'inaugurazione ai Musei Vaticanii della nuova copertura vetrata fotovoltaica del Cortile delle Corazze. ''E' un impianto composto da 235 pannelli fotovoltaici ad altissima prestazione ed è stato realizzato grazie al coordinamento di Areti insieme ad una serie di ditte fornitrici e subappaltatrici in una armonia che ha consentito di realizzare tutto in sei mesi conciliando la realizzazione di questa infrastruttura con le visite dei turisti, che non sono state mai interrotte durante questo periodo. Una sfida che abbiamo accolto e che siamo contenti di aver portato a termine, collaborando con il Governatorato, con la Direzione infrastrutture e con tutte le strutture della città del Vaticano''. ''Questo è il primo passo di un tassello di iniziative che, insieme al Gruppo Acea, la città del Vaticano si accinge a realizzare per avere una completa transizione verso una Net Zero Economy all'interno di questo piccolo ma grande Stato. E' difficile integrare e trovare spazi dove realizzare infrastrutture fotovoltaiche in luoghi già fortemente costruiti e antropizzati. Questo è un esempio straordinario di come in un'infrastruttura che già esisteva si può pensare, immaginare e realizzare un impianto che si compenetri con un'infrastruttura già esistente. La sfida, qui e nelle città, è trovare spazi dove realizzare la transizione con infrastrutture compatibili con l'esistente”.