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(Adnkronos) - "Aver cura della Repubblica per costruire il futuro", con quel senso del dovere che richiede a tutti coloro che operano in ogni istituzione, di rispettare i limiti del proprio ruolo. Senza invasioni di campo, senza sovrapposizioni, senza contrapposizioni", perché “la Repubblica vive di questo ordine. Ha bisogno della fiducia delle persone che devono poter vedere, nei comportamenti e negli atti di chi ha responsabilità, armonia tra le istituzioni”. E il "senso di responsabilità", come afferma Sergio Mattarella il 29 gennaio 2022, dopo che i presidenti del Senato e della Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico gli comunicano la nuova elezione a Capo dello Stato, impone "di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati", che prevalgono "su altre considerazioni e su prospettive personali differenti". Lunedì 3 febbraio prossimo saranno dieci anni dall’insediamento al Quirinale, eletto la prima volta il 31 gennaio 2015 e poi riconfermato appunto sabato 29 gennaio di tre anni fa, dopo che nelle sette votazioni succedutesi durante la settimana era emersa l’impossibilità del Parlamento di convergere su un’altra personalità. E questo nonostante nei dodici mesi precedenti il Presidente uscente avesse sottolineato di essere giunto alla conclusione del suo ruolo, richiamando anche le considerazioni di due suoi predecessori, Antonio Segni e Giovanni Leone, circa la necessità di prevedere la non rielezione del Capo dello Stato e la contestuale abolizione del cosiddetto semestre bianco. “Arbitro imparziale”, come si definì all’inizio del primo mandato, ma anche un “meccanico” che “interviene quando il sistema si blocca, per aiutare a rimetterlo in funzione”, utilizzando "la cassetta degli attrezzi contenuta nella nostra Costituzione". Accade in occasione della prima crisi di governo che si trova a gestire dopo le dimissioni di Matteo Renzi a dicembre 2016, poi in quelle che tra la primavera 2018 e l’estate 2022 segnano l’avvicendarsi degli Esecutivi Gentiloni, Conte 1, Conte 2 e Draghi, fino allo scioglimento anticipato delle Camere. Con l’avvento a palazzo Chigi di Giorgia Meloni, prima donna presidente del Consiglio della storia italiana e leader di un partito di destra, Mattarella si trova spesso tirato per la giacca da chi lo vorrebbe trascinare nello scontro politico, sovente acceso, ora come portavoce delle istanze delle opposizioni, ora come parafulmine delle scelte compiute dalla maggioranza. “Io -si trova a spiegare in varie circostanze- sorrido quando mi si fanno appelli a non promulgare una legge perché è sbagliata. Se è palesemente incostituzionale, ho il dovere di non promulgarla, ma se è sbagliata, non sono io chiamato dalla Costituzione a giudicare se è giusto o no, ma il Parlamento. Oppure quando si dice: ‘questa legge l’ha firmata quindi vuol dire che è d’accordo’. Non è così. Io registro che il Parlamento a cui è affidata dalla Costituzione la funzione di approvare le leggi, l’ha approvata e la promulgo. Questo vale anche per alcuni decreti naturalmente”. “Un giorno mi ha detto un ragazzo, non tanto ragazzo, era già avanzato: ‘Presidente non la promulghi questa cosa, perché lo fa a fin di bene’. Gli ho risposto: ‘Guai a violare le regole a fin di bene perché si abilita poi chiunque a farlo a fin di male’! Le regole vanno rispettate sempre! Ciascun potere ha dei limiti che deve rispettare, accettando gli interventi altrui. E anche, naturalmente, rispettare i limiti che ha lui stesso. E io cerco costantemente di rispettarli”, preoccupato di "lasciare al successore 'immuni da ogni incrinatura le facoltà che la Costituzione attribuisce'", come affermato da Luigi Einaudi, Presidente eletto dal primo Parlamento repubblicano. Certo in alcune circostanze “l'arbitro interviene per regolare quando le cose non vanno. Questo è un po’ il mio compito, questo avviene spesso con due attività: esortazione e suggerimenti, cioè attraverso la persuasione. Quindi è un lavoro che in larga parte non si vede perché non si fa con i proclami. La persuasione è più efficace se non viene proclamata in pubblico". Anche se Mattarella non manca di ricordare pubblicamente, ad esempio, che "la magistratura" deve essere "consapevole di esser chiamata -in piena autonomia e indipendenza– a operare e a giudicare secondo le norme di legge, interpretandole, anche, correttamente secondo Costituzione, e tenendo conto che le leggi le elabora e le delibera il Parlamento, perché soltanto al Parlamento –nella sua sovranità legislativa- è riservato questo compito dalla Costituzione. Allo stesso modo, ovviamente, va garantito il rispetto del ruolo della magistratura nel giudicare, perché soltanto alla magistratura questo compito è riservato dalla Costituzione". Il Capo dello Stato poi non esita ad intervenire in prima persona quando occorre difendere l’interesse e il prestigio dell’Italia: "Anche noi italiani amiamo la libertà ma abbiamo a cuore anche la serietà", afferma dopo che il premier britannico Boris Johnson, durante la pandemia, aveva sottolineato che nel suo Paese ci sarebbero stati "più contagi che in Italia perché amiamo la libertà". "L'Italia sa badare a sè stessa nel rispetto della sua Costituzione e dei valori dell'Unione europea", sono invece le parole che arrivano dopo che la presidente della Bce, Christine Lagarde, dichiara: “non siamo qui per ridurre gli spread, non è compito nostro". Concetto ribadito da Mattarella perentoriamente quando prima la ministra francese Laurence Boone annuncia una vigilanza della Francia sull’attuale Governo italiano, poi Elon Musk attacca i provvedimenti dei magistrati del nostro Paese sulla questione immigrazione. "Non si può prescindere dall'Italia", ricorda ancora il Capo dello Stato all’indomani delle ultime elezioni europee e in vista della formazione della nuova Commissione. E nella fase cruciale delle trattative tra i partiti, quando sembra tornare in forse l’assegnazione a Raffaele Fitto della vicepresidenza, non esita a riceverlo al Quirinale, formulandogli “gli auguri per l’affidamento dell’incarico, così importante per l’Italia”. E in un'altra circostanza ricorda che “vi sono interessi nazionali che richiedono la massima convergenza”. Mattarella si spende in prima persona durante i drammatici mesi del Covid, condividendo angosce, timori e speranze dei suoi concittadini. "So che molti italiani trascorreranno il giorno di Pasqua in solitudine. Sarà così anche per me", afferma in un videomessaggio alla vigilia della "ricorrenza di maggior significato per la Cristianità e festa tradizionale importante per tutti". Resta scolpita nella memoria l’immagine dell’omaggio reso da solo, pochi giorni dopo, all’Altare della Patria in occasione dell’anniversario della Liberazione. “Anch’io non vado dal barbiere”, ricorda al suo portavoce in un ‘fuori onda’ galeotto prima della registrazione di un messaggio agli italiani. Quindi si reca all’ospedale Spallanzani per la vaccinazione. E a chi giustifica la violazione delle regole di cautela sanitaria come espressione di libertà, il Capo dello Stato chiarisce che “non vi sono valori che si collochino al centro della democrazia come la libertà. Naturalmente occorre tener conto anche del dovere di equilibrio con il valore della vita, evitando di confondere la libertà con il diritto far ammalare altri”. La fine della pandemia lascia spazio purtroppo a nuove angosce e preoccupazioni. Non è passato neanche un mese dalla rielezione e il Presidente della Repubblica il 24 febbraio del 2022 deve convocare il Consiglio supremo di Difesa dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa. Da subito “l’Italia ribadisce il pieno sostegno all’indipendenza e all’integrità territoriale dell’Ucraina” e “l’imposizione alla Federazione Russa di misure severe vede” il nostro Paese “agire convintamente nel quadro del coordinamento in seno all’Unione europea”. “Quel giorno -afferma due mesi dopo il Presidente della Repubblica in occasione dell’anniversario della Liberazione- ho avvertito un pesante senso di allarme, di tristezza, di indignazione. A questi sentimenti si è subito affiancato il pensiero agli ucraini svegliati dalle bombe e dal rumore dei carri armati. E, pensando a loro, mi sono venute in mente –come alla senatrice Liliana Segre- le parole: ‘Questa mattina mi sono svegliato e ho trovato l’invasor’. Sappiamo tutti da dove sono tratte queste parole. Sono le prime di ‘Bella ciao’. Questo tornare indietro della storia rappresenta un pericolo non soltanto per l’Ucraina ma per tutti gli europei, per l’intera comunità internazionale”. Mattarella non si stanca di ripeterlo. “A nessuno –comprensibilmente - piace un’atmosfera in cui la guerra abbia prolungata presenza, anche se non vi si è coinvolti. Come non lo è l’Italia. Ma chi ne ha la responsabilità? Chi difende la propria libertà -e chi l’aiuta a difenderla- o chi aggredisce la libertà altrui? Le cosiddette potenze europee del tempo –Gran Bretagna, Francia, Italia– anziché difendere il diritto internazionale e sostenere la Cecoslovacchia, a Monaco, senza neppure consultarla, diedero a Hitler via libera. La Germania nazista occupò i Sudeti. Dopo neppure sei mesi occupò l’intera Cecoslovacchia. E, visto che il gioco non incontrava ostacoli, dopo altri sei mesi provò con la Polonia (previo accordo con Stalin). Ma, a quel punto, scoppiò la tragedia dei tanti anni della Seconda guerra mondiale. Che, verosimilmente, non sarebbe scoppiata senza quel cedimento per i Sudeti. Historia magistra vitae". “L’Italia, i suoi alleati, i suoi partner dell’Unione sostenendo l’Ucraina difendono la pace, affinché si eviti un succedersi di aggressioni sui vicini più deboli. Perché questo –anche in questo secolo- condurrebbe a un’esplosione di guerra globale”. E gli scenari di guerra purtroppo aumentano, dopo gli attacchi terroristici di Hamas ad Israele del 7 ottobre 2023, inizio di una drammatica catena di violenza e orrore che in questi ultimi giorni sembra potersi arrestare. Perché ciò avvenga, esorta Mattarella “è più che mai importante l’impegno della Comunità internazionale per garantire la progressiva e piena applicazione della tregua, creando le condizioni per porre definitivamente fine alla spirale di violenza ed avviando al tempo stesso un percorso politico che porti ad una pace duratura. Tale processo non può che poggiare sul convinto sostegno alla soluzione a due Stati, nel quadro di credibili garanzie per la sicurezza di Israele. È adesso più che mai imperativo un impegno rafforzato per risolvere alla radice un conflitto che da oltre settant’anni è ragione di sofferenza per le popolazioni e di profonda instabilità”. “La pace grida la sua urgenza”, ricorda il Capo dello Stato nel messaggio di fine anno del dicembre scorso, dinnanzi a “rilevazioni recenti” che “fanno registrare ben 56 conflitti in atto -il numero più alto dal tempo della Seconda Guerra mondiale”, in un contesto quindi “pieno di grandi incertezze e tensioni nella vita internazionale a causa dei conflitti e a causa di ritorni ottocenteschi a una politica di potenza”. Tutto questo richiede una risposta fondata su “una governance globale e un rilancio urgente di un multilateralismo efficace che contribuisca allo sviluppo di un ordine mondiale, imperniato sulle Nazioni unite e portatore di pace e di giustizia, basato su istituzioni rappresentative, democratiche, trasparenti, responsabili, efficienti. Soltanto un’autentica collaborazione fra i popoli può consentire di affrontare con successo problemi di natura globale di giorno in giorno sempre più pressanti: dai cambiamenti climatici alla tutela della salute, dalla gestione dei flussi migratori alla protezione dei diritti umani”. E “il multilateralismo ispira il ruolo italiano nel mondo”, come dimostra “l’aspirazione della Repubblica italiana appena nata ad aderire all’Onu”, e “trova naturalmente espressione anche in altri contesti, dall’Unione europea, di cui siamo stati tra i Paesi fondatori, alle relazioni transatlantiche, nell’ambito di organizzazioni di autodifesa, nel G7 e nel G20, nelle altre organizzazioni internazionali”. L’Europa. “Il più imponente progetto di cooperazione concepito sulle macerie del secondo conflitto mondiale”, lo definisce Mattarella, “frutto dei processi di riconciliazione tra Paesi che durante la Seconda guerra mondiale avevano combattuto in schieramenti contrapposti”, e “l’acceleratore di indispensabili composizioni delle divergenze, retaggio del passato, e che abbiamo dimostrato di saper superare per costruire un effettivo e duraturo futuro di pace”. Lo dimostrano, ad esempio, le ripetute iniziative tra i Capi di Stato italiano e sloveno per rimarginare le ferite del confine orientale, culminate quest’anno con la scelta di Gorizia e Nova Gorica capitali della cultura europea. E le presenze congiunte del Presidente della Repubblica e dell’omologo tedesco, Frank-Walter Steinmeier, alle Fosse Ardeatine nel 2017, a Fivizzano nel 2019 e a Marzabotto nel settembre scorso. Un’Europa, sollecita a più riprese Mattarella, chiamata ad adottare “procedure decisionali più snelle e più veloci, più capaci di dare risposte ai problemi che nella comunità internazionale si presentano sempre veloci e richiedono risposte veloci. Se l’Unione non fosse in grado di fornirle, le fornirebbero altri protagonisti della vita internazionale, e verrebbe meno il contributo di civiltà, di senso della pace, della convivenza pacifica, della solidarietà che contrassegna l'Unione europea”. Non solo. Bruxelles è chiamata a completare “il sistema finanziario. Una grande moneta unica, di grande rilievo nel mondo, non può che avere alle spalle un sistema finanziario completo, e non parziale”. Infine “non appare più procrastinabile una vera difesa europea” e “dotare l’Unione europea di una autonomia strategica superiore consentirà alla Nato di essere più forte, proprio in ragione della complementarietà fra le due Organizzazioni, con il rafforzamento di uno dei suoi pilastri, oggi più fragile”. Considerazioni destinate a suscitare ulteriori riflessioni con il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, con il quale Mattarella ha già avuto modo di confrontarsi tra il 2016 e il 2020, nell’ambito dell’”amicizia storica”, che lega Italia e Stati Uniti, “alimentata dalla convinta adesione ai valori di libertà, pace, democrazia e giustizia”. Senza però mai dimenticare quanto “dicevano i latini: ‘Amicus Plato, sed magis amica veritas’, più importante del mio amico è la verità”. Un approccio che può valere anche di fronte alle prospettive e soprattutto agli interrogativi che pone lo sviluppo tecnologico. “Mutamenti profondi, veloci, radicali, dalla Intelligenza Artificiale, alla grande intensità di strumenti di comunicazione e di connessione, mutano le condizioni della vita del mondo e vi è l’esigenza di individuare nuovi equilibri. Vi è un’esigenza di richiamare la centralità della persona, dei suoi diritti, della sua libertà. Questo che in realtà è il centro, il perno, della civiltà europea: la persona al centro e, quindi, il dialogo, il rispetto reciproco, il confronto, l’attenzione alle altrui opinioni, il dubbio”. “Con l’intelligenza artificiale -evidenzia il Capo dello Stato- è possibile produrre scenari virtuali apparentemente credibili ma totalmente ingannevoli. È concreto il rischio di trovarsi in futuro a vivere in dimensioni parallele, in cui realtà e verità non siano distinguibili dalla falsità e dalla manipolazione: ne risulterebbe travolto lo spirito critico. E, con esso, la libertà che si trova alla base dei diritti di ciascuno. Il fenomeno deve essere, pertanto, regolato, necessariamente e urgentemente, nell’interesse delle persone, dei cittadini, ma sappiamo che questa esigenza fondamentale incontra difficoltà a causa delle dimensioni e del potere di condizionamento degli operatori del settore. Pochi soggetti, non uno soltanto, come ci si azzarda a interpretare La cui presunzione di divenire protagonisti che dettano le regole, anziché essere destinatari di regolamentazione, si è già manifestata in più occasioni”. “Immaginiamo solo per un momento, applicando lo scenario descritto nel libro ‘1984’ di George Orwell, cosa avrebbe potuto significare -mette ancora in risalto il Presidente della Repubblica- una distorsione nell’uso di queste tecnologie al servizio di una dittatura del Novecento. Sono in gioco i presupposti della sovranità dei cittadini”. Luci ed ombre rispetto alle quali, è l’invito rivolto da Mattarella ancora nel recente messaggio di fine anno, occorre coltivare “una comune speranza che ci conduca con fiducia verso il futuro”, riprendendo quel richiamo che Papa Francesco ha fatto risuonare “nel mondo la notte di Natale”, aprendo il Giubileo. Una coincidenza di toni che sembra rimandare al 27 marzo del 2020, quando in pieno lockdown uno dopo l’altro, il Sommo pontefice e il Capo dello Stato, lanciarono un messaggio di speranza ed incoraggiamento all’Italia e al mondo. La speranza come motore che in questi dieci anni ha aiutato il Paese trovare la forza per superare calamità naturali, alluvioni, incendi devastanti, ma soprattutto eventi che possono assumere anche una valenza simbolica: i terremoti che hanno colpito l’Italia centrale e l’isola di Ischia, il crollo del Ponte Morandi, la tempesta Vaia, le alluvioni che hanno devastato l’Emilia Romagna. Dimostrazione, nota il Presidente della Repubblica, che “la sicurezza delle infrastrutture, come dei territori, è fattore cruciale della qualità della vita e dei diritti personali”. Un motore che ha consentito agli atleti azzurri di ottenere successi mondiali, europei, olimpici e paralimpici nel calcio, nell’atletica, nella pallavolo, nel ciclismo, nella scherma, nel tennis, solo per citare alcune discipline, di cui Mattarella è stato spettatore entusiasta, elogiando un esempio andato “ben oltre i confini dello sport”. Un motore che ci deve spingere ad “ascoltare il disagio” dei giovani e a “dare risposte concrete alle loro esigenze, alle loro aspirazioni”; a “non dover più parlare delle donne come vittime”, ma a “parlare della loro energia, del loro lavoro, del loro essere protagoniste”; a prevenire “tutti gli incidenti mortali” sul lavoro. “Siamo tutti chiamati ad agire, rifuggendo da egoismo, rassegnazione o indifferenza”, come fanno quei tanti cittadini e cittadine cui Mattarella ogni anno conferisce le Onorificenze al merito della Repubblica italiana, essendosi distinti per l'impegno nella solidarietà, nel volontariato, per l'attività in favore dell'inclusione sociale, nella cooperazione internazionale, nella promozione della cultura, della legalità, del diritto alla salute e dei diritti dell'infanzia. Esempio di una preoccupazione “del bene comune, degli altri”, che “non è un’espressione buonista, da libro ‘Cuore’”. Esempi da ricordare mentre in questo 2025 “celebreremo gli ottanta anni dalla Liberazione. È fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità. Una ricorrenza importante. Reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia". "Sono valori che animano la vita del nostro Paese, le attese delle persone, le nostre comunità. Si esprimono e si ricompongono attraverso l’ampia partecipazione dei cittadini al voto, che rafforza la democrazia; attraverso la positiva mediazione delle istituzioni verso il bene comune, il bene della Repubblica: è questo il compito alto che compete alla politica”. “Siamo chiamati -sono ancora le parole pronunciate il 31 dicembre scorso da Mattarella- a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra. Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte”. (di Sergio Amici)
(Adnkronos) - European health development, holding che controlla UniCamillus, università privata specializzata nelle scienze mediche e sanitarie, guidata dal rettore Gianni Profita, annuncia l’ingresso nel proprio capitale, con una quota di minoranza, di un gruppo di investitori italiani e internazionali di rilievo riuniti da H14, family office di Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi. Tra gli investitori la famiglia Marzotto, la famiglia Doris, la famiglia de Brabant, e Istituto Atesino di Sviluppo. Negli ultimi anni, UniCamillus ha consolidato la propria posizione come punto di riferimento nella formazione di professionisti nel settore medico e sanitario, distinguendosi per la sua vocazione internazionale ed il forte impegno, in particolare, verso i Paesi in via di sviluppo. L’ingresso di H14 consentirà all’Ateneo di accelerare ulteriormente il proprio percorso di crescita, puntando al rafforzamento della presenza sul territorio italiano ed all’espansione delle collaborazioni internazionali con istituzioni accademiche di prestigio. Un focus strategico sarà rappresentato dagli investimenti in infrastrutture e tecnologie all’avanguardia, con l’obiettivo di offrire agli studenti un’esperienza formativa di eccellenza e di promuovere l’innovazione nell’educazione medica. UniCamillus continuerà inoltre ad investire nel capitale umano, rafforzando il proprio corpo docente e attirando professionisti, ricercatori e accademici di fama internazionale. “In pochi anni dalla fondazione - ha dichiarato il rettore Gianni Profita - l’ateneo ha ottenuto straordinari risultati confermando l’intuizione originaria di coniugare l’eccellenza della formazione medica con una visione umanitaria internazionale. Oltre 5000 studenti - provenienti da oltre 70 Paesi del mondo - oggi affollano le nostre moderne aule dove ottimi e selezionati docenti li preparano per i tirocini nei migliori ospedali. UniCamillus è destinata oggi a crescere ancora di più grazie alle idee e all’esperienza del family office guidato da Luigi Berlusconi con il quale ho trovato assoluta consonanza di idee e di visione”. “Con UniCamillus - ha dichiarato Luigi Berlusconi, presidente della società - condividiamo come H14 una visione ambiziosa: costruire un futuro in cui formazione e innovazione possano rispondere concretamente alle sfide globali della salute. Crediamo nell’investimento in realtà capaci di trasformare il sapere in impatto sociale, e UniCamillus rappresenta una straordinaria sintesi di eccellenza accademica e missione umanitaria. Il nostro impegno è quello di accompagnare questo percorso, ampliando orizzonti e opportunità con lo sguardo rivolto alle generazioni future." Nel contesto dell’operazione, Mediobanca ha agito come advisor finanziario esclusivo di UniCamillus ed unico advisor finanziario coinvolto nell’operazione. Gli studi Gianni & Origoni, Giordano-Merolle e Profeta hanno supportato UniCamillus per gli aspetti legali e fiscali. H14 è stata assistita da PedersoliGattai, Yard Reaas, New Deal Advisors e Spada Partners.
(Adnkronos) - A Ravenna il primo progetto CCS-Carbon Capture and Storage in Italia. Ovvero il processo che attraverso cattura, trasporto e stoccaggio della CO2 ha come obiettivo la decarbonizzazione delle industrie, in particolare dei settori cosiddetti ‘hard to abate’, evitando l’emissione in atmosfera di importanti quantità di anidride carbonica. Negli scenari Iea, la CCS e la Cdr-Carbon Dioxide Removal (processo di rimozione attiva dell’anidride carbonica dall’atmosfera che comprende soluzioni tecnologiche e basate sulla natura) contribuiranno a una riduzione dell’8% delle emissioni di CO2 globali tra il 2020 e il 2050. A sua volta, The European House-Ambrosetti stima che elettrificazione, efficienza energetica, bioenergie, idrogeno e variazione delle materie prime potranno, utilizzate insieme, contribuire a una riduzione non superiore al 52% di tali emissioni. Per poter decarbonizzare il restante 48%, pari a 30,8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sarà dunque necessario ricorrere a soluzioni CCS. (AUDIO) Ma in cosa consistono queste soluzioni? La prima fase è quella della cattura, durante la quale l’anidride carbonica viene separata dagli altri gas con i quali è mescolata, ad esempio in seguito ad un processo di combustione. Una volta separata dagli altri gas, la CO2 viene compressa per permetterne il trasporto, solitamente tramite condotte ma anche via mare (nave) o via terra (trasporto su gomma o ferroviario). A questo punto può essere utilizzata per usi industriali, come ad esempio nella produzione di materiale cementizio o di biomassa per l’industria alimentare, e si parla allora di CCU (Carbon Capture and Utilization), oppure stoccata all’interno di formazioni geologiche sotterranee, come per esempio i giacimenti di idrocarburi esauriti o acquiferi salini: in questo caso si parla quindi di CCS (Carbon Capture and Storage). “La fase 1 del progetto Ravenna CCS è stata avviata ad agosto 2024; è il primo progetto di questo tipo operativo in Italia e uno dei primi della nuova generazione in Europa. È un progetto articolato in più fasi ed entro il 2030 raggiungeremo la capacità di iniezione di 4 milioni di tonnellate all'anno. Ravenna CCS contribuirà in modo determinante alla decarbonizzazione dell'industria sia italiana che europea, candidandosi a diventare l'hub di riferimento per il sud Europa e per il Mediterraneo”, spiega Roberto Ferrario, responsabile Soluzioni Innovative di CCUS di Eni. Il progetto, nato da una Joint Venture paritetica Eni-Snam e operato da Eni, si esplica mediante la conversione dei giacimenti esausti di gas, operati da Eni, situati nell’alto Mar Adriatico. L’hub di Ravenna diventerà il sito di riferimento del Mediterraneo per lo stoccaggio permanente della CO2 con una capacità totale ad oggi valutata in oltre 500 milioni di tonnellate. La Fase 1 è partita nell’agosto del 2024 con l’iniezione ai fini dello stoccaggio permanente nel giacimento esausto di gas di Porto Corsini Mare Ovest, al largo di Ravenna, di circa 25mila tonnellate all'anno di CO2, catturate dalla centrale a gas Eni di Casal Borsetti. La successiva fase industriale permetterà alle industrie energivore interessate di catturare e stoccare la loro CO2: entro il 2030 sarà possibile raggiungere una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate all’anno; successivamente ulteriori espansioni potranno portare i volumi a più di 16 milioni di tonnellate di CO2, in base alle richieste provenienti dal mercato. Snam ha promosso, in collaborazione con Eni e con Confindustria, un’indagine sul potenziale mercato della CCS, per individuare gli emettitori potenzialmente interessati al progetto e a conoscerne le esigenze: sono state raccolte manifestazioni di interesse non vincolante da parte di 61 aziende, per un totale di 172 siti industriali sul territorio italiano. I volumi di CO2 per cui è stato espresso interesse al trasporto e allo stoccaggio nel sito sono pari a 27 Mton/anno al 2030 e 34 Mton/anno al 2040. Un interesse che va anche oltre confine. ‘Ravenna CCS’ è parte, infatti, del progetto Callisto (Carbon LIquefaction transportation and STOrage) Mediterranean CO2 che mira a realizzare il più grande network nel Mediterraneo per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2 offrendo una soluzione di decarbonizzazione dei distretti industriali di Ravenna, Ferrara, Porto Marghera, oltre a Fos sur Mer (Marsiglia) e Valle del Rodano in Francia. Secondo lo Studio Strategico ‘Carbon Capture and Storage: una leva strategica per la decarbonizzazione e la competitività industriale’ realizzato nel 2023 da The European House - Ambrosetti, l’utilizzo della CCS contribuirà a preservare la competitività dei settori hard to abate in Italia (acciaierie, cementifici, chimica, carta, vetro, ecc...), che rappresentano 94 miliardi di euro di Valore Aggiunto (5% del Pil italiano, dato 2021) e 1,25 milioni di occupati (4,5% della forza lavoro nazionale, dato 2021) e che, al contempo, emettono 63,7 milioni di tonnellate di CO2, di cui il 22% connesse intrinsecamente al processo produttivo e che non sono, quindi, evitabili attraverso l’elettrificazione. Settori che sono fondamentali per le nostre economie e per la società in generale e che in Italia sono responsabili di oltre il 60% delle emissioni di gas serra dell’industria e del 13% circa del totale nazionale. La CCUS nel mondo. Ai due progetti di CCS già operativi da molti anni in Norvegia (Sleipner dal 1996 e Snohvit dal 2008) oggi se ne sono aggiunti molti altri in via di sviluppo. Tra questi, il progetto Northern Lights, sempre in Norvegia, che a partire dal 2025 stoccherà sotto il Mare del Nord progressivamente fino a circa 5 milioni di tonnellate di emissioni l’anno, provenienti da numerosi emettitori del Nord Europa. In Danimarca è in fase avanzata il progetto Greensand, con avvio previsto nello stesso anno, mentre in Olanda sono in via di sviluppo il Progetto Porthos nell’area del porto di Rotterdam ed il progetto Aramis. Il Regno Unito punta a sviluppare 4 hub di cattura entro il 2030 mentre numerosi altri progetti stanno nascendo in Europa anche grazie al sostegno dei fondi comunitari. La strategia di Eni verso la neutralità carbonica è articolata in un piano di trasformazione industriale che si basa su più soluzioni. La CCUS è una di queste, assieme a rinnovabili, biocarburanti, efficienza energetica, un mix energetico che privilegi le fonti meno emissive come il gas in sostituzione di carbone e petrolio, vettori ‘low-zero carbon’ e carbon offset per quelle emissioni residuali che non si riusciranno ad evitare. Eni è già partner del progetto Sleipner in Norvegia. In UK, Eni è partner del progetto HyNet North West che prevede la trasformazione del distretto industriale nell’area della Liverpool Bay sulla costa nord-occidentale nel primo cluster a basse emissioni di anidride carbonica al mondo.