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(Adnkronos) - Le Idf hanno intimato oggi, sabato 6 settembre, agli abitanti di Gaza City di lasciare la città e di spostarsi verso una “zona umanitaria” dichiarata a sud della Striscia, in previsione di un imminente attacco di terra. "A partire da ora, e al fine di facilitare la partenza degli abitanti della città, dichiariamo la zona (costiera) di Al-Mawasi (nel sud della Striscia di Gaza) zona umanitaria”, annuncia un messaggio in arabo rivolto "agli abitanti della città di Gaza e a tutti coloro che vi si trovano" pubblicato sui social network dal colonnello Avihai Adraee, portavoce dell'esercito israeliano per il pubblico di lingua araba. "Cogliete l'occasione per recarvi senza indugio nella zona umanitaria e unirvi alle migliaia di persone che vi si sono già andate", aggiunge il testo. "Alla luce dell’espansione della manovra nella città di Gaza e della presa delle roccaforti di Hamas nell’ambito dell’Operazione 'Carri di Gedeone B'", le Idf hanno annunciato oggi l’istituzione di un'altra zona umanitaria a Khan Younis. "La zona umanitaria comprende infrastrutture essenziali come ospedali da campo, condotte idriche e impianti di desalinizzazione, insieme alla continua fornitura di cibo, tende, medicinali e attrezzature mediche all’area, coordinata da Cogat (l'agenza del ministero della Difesa delle attività civili nei Territori, ndr) responsabile con la comunità internazionale", fanno sapere le Idf. Si sottolinea che lo sforzo di assistenza umanitaria per l’area e l’adattamento delle infrastrutture continueranno in modo costante in collaborazione con l’Onu e le organizzazioni internazionali, parallelamente all’espansione della manovra. L'Onu stima che circa un milione di persone si trovino nella zona di Gaza City e mette in guardia da un “disastro” imminente in caso di espansione dell'offensiva israeliana sulla città. E i team di Medici Senza Frontiere (Msf) che continuano a fornire assistenza medica ai feriti e cure per la malnutrizione, mentre gli ospedali sono sovraffollati, lanciano l'allarme: "Negli ultimi giorni, le forze israeliane hanno accelerato la loro campagna genocida e di pulizia etnica espandendo la loro attività militare a Gaza City. Ci sono bombardamenti di giorno e di notte, la popolazione è terrorizzata e non sa dove andare né cosa fare. Abbiamo visto interi quartieri distrutti e demoliti, senza praticamente nessun edificio rimasto in piedi - denuncia Esperanza Santos, coordinatrice delle emergenze di Msf a Gaza - Sono zone soggette a ordini di evacuazione, ma gli attacchi avvengono anche nel resto di Gaza City, dove vivono ancora centinaia di migliaia di persone". "I nostri team stanno continuando a fornire assistenza alle persone ferite dai bombardamenti israeliani – ustionati, traumatizzati e con fratture gravi – e a coloro che soffrono di malnutrizione nelle unità di terapia intensiva materna e neonatale di Msf - continua - Gli ospedali rimasti a Gaza City sono sovraffollati. Stanno già operando oltre la loro capacità e l'eventuale evacuazione di tutti i pazienti, compresi i neonati e i malati gravi, sarebbe estremamente difficile". Secondo Santos, "pochissime persone sono riuscite a spostarsi verso sud perché la maggior parte di loro non può permetterselo dato che i trasporti sono costosi. E anche al sud non c'è spazio per accogliere quasi un milione di persone, oltre ad essere un luogo che non è immune dagli attacchi. La popolazione non solo è confusa da messaggi contraddittori, ma è anche assediata da bombardamenti e attacchi e non vede davvero alcuna soluzione. Molti rimangono ancora a Gaza City semplicemente perché non hanno altra scelta". "L'offensiva israeliana su Gaza City deve essere fermata immediatamente", è il suo appello.
(Adnkronos) - "Premetto che non amo polemiche tra Ordini professionali, e specialmente se hanno ad oggetto tentativi di entrata in ambiti di altri Ordini. Io credo che tra ordini professionali debba esistere un clima di unità, solidarietà e condivisione dei percorsi. Poi è chiaro che ci sono situazioni che possono anche essere discusse ma non amo le polemiche. Detto questo io prendo atto della reazione della nostra categoria, una reazione di orgoglio, con la consapevolezza che quando le proprie attività sono oggetto di desiderio di terzi vuol dire che abbiamo fatto bene, con un percorso in questi 20 anni ricco di soddisfazioni, e solo l'inizio di quello che faremo in futuro". Così Rosario De Luca, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine dei consulenti del lavoro, intervistato sulla web tv di categoria risponde sulle polemiche innescate dalla decisione dell'Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) che ha confermato, che il protocollo Asse.Co. (Asseverazione di conformità contributiva e retributiva) rimane di esclusiva competenza dei consulenti del lavoro, respingendo la richiesta del consiglio nazionale dei dottori commercialisti di estenderla anche a loro. E la polemica ha riguardo anche altre competenze dei consulenti del lavoro. "Mi viene da sorridere -ha continuato De Luca- perchè quando il legislatore, dalla legge Biagi in poi, ha individuato in maniera esclusiva i consulenti del lavoro per assegnargli delle funzioni lo ha fatto sulla base di due considerazioni. Una è certamente il tema della competenza, della specializzazione, sin da quando i nostri giovani iniziano il loro percorso di studi e poi di tirocinio c'è una conoscenza verticale dei temi". "L'altra considerazione -ha spiegato ancora De Luca- arriva dal ministero del Lavoro: Sacconi, Damiano, Giovannini, Poletti, tutti i ministri che hanno firmato i provvedimenti che hanno assegnato ai consulenti del lavoro la potestà di intervenire in materia di conciliazione dei rapporti di lavoro. di arbitrato, di conciliazione dei contratti, di politiche attive, hanno considerato che quando si devolve in sussidiarietà un potere dello Stato a un ordine professionale questo può avvenire solo se c'è la vigilanza. Quindi, il ministero del Lavoro ha un potere, lo devolve, vigila su quel potere, assegnato a un ente o categoria professionale con caratteristiche ben precise, e quindi anche in questo caso ci troviamo davanti a delle polemiche non certamente legate a una valenza pubblica ma privata insomma", ha concluso De Luca.
(Adnkronos) - In Italia è Sos incendi. Dal 1° gennaio al 18 luglio 2025 nella Penisola si sono verificati 653 incendi che hanno mandato in fumo 30.988 ettari di territorio pari a 43.400 campi da calcio. Una media di 3,3 incendi al giorno con una superficie media bruciata di 47,5 ettari. A scattare questa fotografia è Legambiente che ha diffuso nei giorni scorsi il suo nuovo report 'L’Italia in fumo'. Stando al report di Legambiente, che ha analizzato e rielaborato i dati Effis (European Forest Fire Information System), dei 30.988 ettari di territorio bruciati nei primi sette mesi del 2025, 18.115 hanno riguardato ettari naturali (ossia aree boscate); 12.733 hanno interessato aree agricole, 120 aree artificiali, 7 aree di altro tipo. Il Meridione si conferma l’area più colpita dagli incendi con sei regioni in cima alla classifica per ettari bruciati. Maglia nera alla Sicilia, con 16.938 ettari bruciati in 248 roghi. Seguita da Calabria, con 3.633 ettari in 178 eventi incendiari, Puglia con 3.622 ettari in 69 eventi, Basilicata con 2.121 ettari in soli 13 roghi (con la media ettari per incendio più alta: 163,15), Campania con 1.826 ettari in 77 eventi e la Sardegna con 1.465 ettari in 19 roghi. Tra le regioni del Centro e Nord Italia: ci sono il Lazio (settimo in classifica) con 696 ettari andati in fumo in 28 roghi e la Provincia di Bolzano (ottava in classifica) con 216 ettari in 3 roghi e la Lombardia. Per l’associazione ambientalista, "ad oggi il Paese paga non solo lo scotto dei troppi ritardi, ma anche l’acuirsi della crisi climatica che amplifica il rischio di incendi boschivi e l’assalto delle ecomafie e degli incendiari". Secondo l’ultimo Rapporto Ecomafia diffuso il 10 luglio scorso, nel 2024 sono stati 3.239 i reati (incendi boschivi e di vegetazione, dolosi, colposi e generici in Italia) contestati dalle forze dell’ordine, Carabinieri forestali e Corpi forestali regionali, un dato però in calo del 12,2% rispetto al 2023. “Per contrastare gli incendi boschivi - dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - non basta concentrarsi sull’emergenza estiva o su singole cause, ma è fondamentale adottare un approccio integrato che integri prevenzione, rilevamento, monitoraggio e lotta attiva. Bisogna puntare sulla prevenzione attraverso una gestione territoriale efficace, che includa l’uso ecologicamente sostenibile delle risorse agro-silvo-pastorali. Ma è anche fondamentale promuovere e remunerare i servizi ecosistemici, sostenendo e rivitalizzando le comunità rurali nelle aree interne e montane affinché possano riappropriarsi di una funzione di presidio territoriale. Allo stesso tempo è importante applicare la normativa vigente per arginare qualsiasi ipotesi di speculazione futura sulle aree percorse dal fuoco, ed estendere le pene previste per il reato di incendio boschivo a qualsiasi rogo. È cruciale rafforzare le attività investigative per individuare i diversi interessi che spingono ad appiccare il fuoco, anche in modo reiterato. L’analisi approfondita dei luoghi colpiti e dei punti d’innesco accertati può costruire una mappa investigativa essenziale per risalire ai responsabili”. Da segnalare anche gli incendi scoppiati in aree naturali. Su 30.988 ettari di territorio bruciati, 6.260,99 hanno riguardo aree Natura 2000 in 198 eventi incendiari. A livello regionale, Puglia e Sicilia risultano le regioni più colpite da incendi in aree Natura 2000.