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(Adnkronos) - Crisi senza fine per la Fiorentina, che perde anche il delicato scontro diretto casalingo con il Verona - vittorioso 2-1 al Franchi - e adesso è a -8 dalla quartultima posizione che varrebbe la salvezza. I viola perdono anche oggi, 14 dicembre, nel match della 15esima giornata. Il Verona conquista i 3 punti con la doppietta di Orban, che decide il match allo scadere. Per i veneti un successo determinante in uno scontro diretto: i gialloblù a 12 punti in classifica, con la seconda vittoria consecutiva dopo quella con l'Atalanta. Sempre più da incubo la situazione dei viola, che restano mestamente ultimi con soli 6 punti. A dare il quadro della situazione, i giocatori in lacrime nel finale dopo il gol del ko subito nel recupero. La Fiorentina è l'unica squadra senza vittorie in questa Serie A.
(Adnkronos) - Anche l'Inca, il patronato della Cgil, domani partecipa allo sciopero generale proclamato contro la legge di Bilancio del governo Meloni. "Il quadro complessivo della manovra - dice in un'intervista all'Adnkronos/Labitalia, Michele Pagliaro, presidente Inca - mostra un Paese sempre più sbilanciato: si innalza ulteriormente l’età pensionabile, si comprimono salari e pensioni reali, si restringono gli spazi di welfare, mentre prosegue una crescita dello stanziamento per il riarmo, con scarse risorse destinate a istruzione, sanità, servizi pubblici e politiche industriali. Scelte che si inseriscono in un contesto segnato da instabilità internazionale, compressione del diritto internazionale e un clima globale in cui la guerra rischia di tornare strumento di politica ordinaria". (VIDEO) "In questo scenario - spiega - Inca Cgil richiama con forza il quadro dei diritti costituzionali che dovrebbe orientare le scelte economiche del Paese. L’Italia è vincolata a principi che impongono non solo il ripudio della guerra, ma anche la promozione della giustizia sociale, della pace e dell’eguaglianza sostanziale, attraverso politiche economiche coerenti con tali finalità. Quando questi valori vengono disattesi, l’ordine costituzionale stesso viene indebolito". "La legge di bilancio - afferma - interviene ancora una volta sul sistema previdenziale, peggiorando la condizione di milioni di lavoratrici e lavoratori. Una condizione già complessa, come abbiamo modo di constatare ogni giorno con le nostre operatrici e i nostri operatori in tutta Italia. L’aumento dell’età pensionabile coinvolgerà la quasi totalità della platea, azzerando ogni forma di flessibilità in uscita. Per l'Inca il rischio non è solo la compressione del diritto a un pensionamento dignitoso, ma anche l’aggravamento di condizioni sociali già critiche". "Nel mondo del lavoro - avverte - la precarietà è in crescita. I giovani si trovano spesso nelle condizioni di dover emigrare all’estero per avere un’opportunità. E chi resta a lavorare in Italia subisce contratti fragili e intermittenza occupazionale. E' evidente la progressiva espulsione dei lavoratori più anziani dai settori produttivi. Elevare i requisiti senza rafforzare le garanzie di stabilità, salute e sicurezza sul lavoro significa scaricare sui cittadini un costo sociale insostenibile. Al contrario, occorrerebbe agire su tre direttrici chiare: blocco dell’aumento automatico dell’età pensionabile, maggiore flessibilità in uscita e introduzione di una pensione contributiva di garanzia per precari e discontinui". "Le scelte della manovra - chiarisce il presidente Pagliaro - si manifestano come la punta di un iceberg. Solo che sotto quella punta, invece di un solido blocco di ghiaccio, c’è un involucro vuoto. Queste decisioni mostrano una grave assenza di investimenti strategici nei servizi essenziali. Il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è destinato a scendere nel 2028 sotto il 6% del Pil, il livello più basso degli ultimi decenni. La stessa logica di sottofinanziamento colpisce scuola, assistenza agli anziani, non autosufficienza, diritto alla casa e trasporto pubblico: pilastri fondamentali per la coesione sociale e per la parità di opportunità. L’assenza di investimenti non è neutra: aumenta le disuguaglianze, spinge verso la privatizzazione di fatto dei diritti, scarica sulle famiglie costi insostenibili e frantuma l’universalità dell’accesso ai servizi". "L’elenco di ciò che manca - rimarca - è, purtroppo, lungo, in un contesto dove l’occupazione cresce, ma solo tra gli over 50: la manovra non prevede vere politiche industriali, dopo anni di deindustrializzazione, non affronta il nodo della precarietà, non interviene sul lavoro povero, nero e sommerso, non sostiene la transizione ambientale e digitale e non contiene una strategia credibile per il Mezzogiorno". "E poi - continua - c’è la questione fiscale, ridotta a un dibattito sulla patrimoniale, di cui tanti si scandalizzano, ma su cui manca una riflessione seria e contestualizzata da parte del Governo. Negli ultimi tre anni lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati hanno pagato 25 miliardi di euro di tasse in più a causa della mancata indicizzazione dell’Irpef: questa, nei fatti, è una forma silenziosa ma pesantissima di drenaggio fiscale che ha colpito solo e soltanto i redditi fissi. Non chi opera in flat tax, non le rendite finanziarie, non i grandi patrimoni". "Questa situazione - dice - mette in discussione il principio costituzionale di progressività. Di fatto, nel Paese esiste già una patrimoniale impropria, che grava più che sui patrimoni sui redditi da lavoro bassi e medi. Con una pressione fiscale reale che nel 2025 raggiungerà il 42,8% e con l’87% dell’Irpef pagata da lavoratori e pensionati, lo Stato appare sempre più come un 'socio di maggioranza' che trattiene molto e restituisce sempre meno in termini di servizi: meno scuola, meno sanità, meno trasporto pubblico, meno sicurezza sul lavoro". "Ciò che si auspica è la reintroduzione di un modello di tassazione realmente progressivo, capace di redistribuire ricchezza e finanziare politiche pubbliche all’altezza dei bisogni reali del Paese", conclude.
(Adnkronos) - A2A ha presentato oggi il suo primo Piano di Transizione Climatica che definisce target, leve operative e strumenti finanziari per guidare il percorso di decarbonizzazione del Gruppo verso l’obiettivo del Net Zero al 2050. Il documento strategico, pensato come strumento dinamico e trasparente, verrà aggiornato annualmente in parallelo e assoluto coordinamento con il Piano Industriale, così da riflettere costantemente l’evoluzione degli scenari energetici e macroeconomici. “La mitigazione dei cambiamenti climatici rappresenta una condizione imprescindibile per la stabilità dei sistemi ambientali, sociali ed economici. Dal 2000 a oggi, gli eventi climatici estremi hanno generato danni per oltre 3.600 miliardi di dollari e le stime indicano che i costi dell’inazione potrebbero raggiungere i 1.200 trilioni di euro, quasi il doppio degli investimenti necessari a rispettare gli Accordi di Parigi.” – ha dichiarato Roberto Tasca, Presidente di A2A - “In questo scenario, i piani di transizione climatica delle imprese rivestono un ruolo essenziale nella mobilitazione dei capitali: permettono di valutare preventivamente i rischi, individuare nuove opportunità di investimento, rafforzare la fiducia del mercato e favorire un migliore accesso al credito, contribuendo alla riduzione dei costi di finanziamento. Essi costituiscono inoltre la base delle strategie di finanza sostenibile, un ambito nel quale il nostro Gruppo è stato pioniere, con l’emissione del primo European Green Bond e del primo Blue Bond in Italia. Iniziative che confermano come la transizione verso modelli di business più responsabili possa generare valore finanziario per l’azienda e per tutti gli stakeholder''. “La crisi climatica richiede visione, coerenza e la capacità di agire con responsabilità nel lungo periodo. Affrontiamo questa sfida facendo leva sulle nostre competenze industriali, sull’innovazione tecnologica su cui stiamo investendo e su un modello di business che integra dimensione ambientale, economica e sociale.” - ha dichiarato Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A - “Il nostro obiettivo è chiaro: raggiungere il Net Zero su tutti gli Scope emissivi entro il 2050. Il Piano di Transizione Climatica chiarisce come intendiamo farlo, definisce tappe intermedie ambiziose e amplia la nostra visione oltre l’orizzonte del Piano Industriale al 2035, pur nella consapevolezza che, per gli scenari in grande cambiamento, dovremo costantemente aggiornare traiettoria e azioni. In questo quadro, abbiamo già previsto circa 7 miliardi di investimenti dedicati a specifiche leve di decarbonizzazione: 5 per la Transizione Energetica e 2 per l’Economia Circolare''. Il Piano si fonda su uno scenario energetico che prevede per l’Italia il raggiungimento della neutralità climatica nel 2050, con un ruolo rilevante delle tecnologie di cattura e stoccaggio della CO₂ (CCS) e una crescita della domanda elettrica legata all’elettrificazione dei consumi a cui si aggiunge il recente sviluppo dei data center. Nel Transition Plan l’upside di richiesta di energia da parte di questi hub digitali non è ancora stata fattorizzata; se le previsioni degli scenari nazionali più recenti verranno confermate, sarà necessario definire, dal prossimo aggiornamento, un nuovo approccio alla produzione elettrica che garantisca un carico baseload costante e sicuro. La strategia del Gruppo ruota attorno a due pilastri: 1. Elettrificazione dei consumi, sostenuta da un forte incremento delle fonti rinnovabili e dal contributo del gas naturale in impianti termoelettrici ad alta efficienza nel breve-medio periodo; 2. Economia circolare, attraverso la valorizzazione dei rifiuti e degli scarti come materia o energia, contribuendo così a una significativa riduzione delle emissioni del Paese. L’obiettivo finale è una riduzione di almeno il 90% della carbon footprint del Gruppo entro il 2050 rispetto al 2023, con compensazione delle sole emissioni residue tramite crediti di rimozione certificati. Il Piano conferma inoltre: riduzione del 50% delle emissioni dirette entro il 2035 e dell’80% entro il 2040 (rispetto al 2017); riduzione del 61% dell’intensità emissiva (gCO₂e/kWh) entro il 2035 (baseline 2017); azzeramento delle emissioni Scope 2 legate all’acquisto di energia entro il 2026; riduzione delle emissioni Scope 3 lungo la supply chain (-30%), nelle attività upstream dei vettori energetici (-60%) e nell’uso del gas da parte dei clienti (-22%) al 2035 (baseline 2023). La supply chain rappresenta una leva determinante del percorso: per questo il Gruppo ha avviato il progetto Scope 3, dedicato al supporto dei fornitori nell’implementazione di strategie di riduzione delle emissioni. Complessivamente, i circa 7 miliardi di capex al 2035 saranno allocati in particolare per: 3,4 miliardi allo sviluppo della produzione da fonti rinnovabili; 1 miliardo a soluzioni di cattura della CO2 per impianti Waste-to-Energy, recupero di calore industriale e dai data center per le reti di teleriscaldamento, elettrificazione della flotta dedicata alla raccolta rifiuti e sviluppo della produzione da bioenergie. Il Piano è sostenuto da strumenti di finanza sostenibile, come il primo European Green Bond del Gruppo e il primo Blue Bond in Italia. L’obiettivo è portare al 100% la quota di debito ESG entro il 2035 (attualmente all’82%). Elemento imprescindibile della strategia è la Just Transition: il Gruppo garantirà percorsi di reskilling e upskilling a tutto il personale coinvolto nelle attività che evolveranno nel contesto della decarbonizzazione, con programmi formativi dedicati e iniziative per attrarre nuove competenze. Parallelamente, A2A prosegue nel dialogo con i territori attraverso iniziative di ascolto, engagement e formazione rivolte a cittadini, imprese e scuole, promuovendo una transizione equa, inclusiva e condivisa.