ENTRA NEL NETWORK |
ENTRA NEL NETWORK |
(Adnkronos) - Sofia Goggia chiude con un terzo posto in superG il weekend di St. Moritz. Per l'azzurra una buona gara, chiusa con un ritardo di 20 centesimi dalla vincitrice, la neozelandese Alice Robinson, accumulato in gran parte nel primo settore. Sul podio sale anche la francese Romane Miradoli (a 9 centesimi da Robinson), mentre è quarta Lindsey Vonn, che chiude così dietro Sofia. Buona prova anche per le azzurre Elena Curtoni sesta e Laura Pirovano ottava. È caduta, invece, Emma Aicher, che aveva vinto ieri, mentre esce a poche porte dal traguardo Mikaela Shiffrin.
(Adnkronos) - Nel Festival del management, tenutosi quest'anno a Napoli, è stato ancora una volta posto l’accento sulla crescente esigenza da parte delle pmi italiane di accrescere le proprie competenze manageriali: il Temporary Management (TM) è stato da più parti indicato come uno strumento adatto a perseguire questo scopo, rappresentando un mezzo efficace per 'portare in casa' competenze di alto livello, per il tempo necessario e a costi variabili, in modo che alla fine di un progetto l’azienda sia in grado di fare le stesse cose meglio di prima o di farne di nuove. Prende spunto da queste considerazioni il crescente interesse da parte del legislatore di creare attraverso il costrutto normativo un terreno fertile per l’utilizzo dello strumento, come peraltro dimostrano alcuni buoni esempi del passato. Su questo Adnkronos/Labitalia ha intervistato l'esperto Maurizio Quarta, managing partner di Temporary Management & capital advisors e vp di Confassociazioni management, per capire come il legislatore ha affrontato questo problema. "Da diversi anni - afferma - i legislatori locali e nazionali hanno riconosciuto l’importanza di disporre di strumenti legislativi di supporto all’utilizzo del TM nelle pmi, quali elementi incentivanti e facilitanti di una conoscenza ed un apprezzamento del servizio in costante aumento. Ultimo e più recente 'prodotto' di questa linea di pensiero è la proposta di legge 2474, a firma di Letizia Giorgianni e altri, avente per oggetto 'Agevolazioni fiscali per l’assunzione di dirigenti temporanei e a progetto presso le piccole e medie imprese', attualmente in fase di lavorazione". Dal punto di vista delle formulazioni, il legislatore locale ha prodotto più e forse meglio di quello nazionale, sicuramente più vincolato da difficoltà di natura sostanzialmente politica. "Due - spiega - i punti chiavi affrontati in maniera diversa dai vari proponenti: da un lato i requisiti professionali del temporary manager (quali e come attestarli) e il suo legame con la figura del dirigente, dall’altro le modalità di finanziamento di un progetto. Il primo esempio di legge italiana che riconosce il TM e le società che lo forniscono è la legge n. 7193 del 12 novembre 1997 della Regione Umbria, cui va riconosciuto il merito di interpretarne nel giusto modo i principi (elevata seniority; interventi per innovazione e diversificazione, a livello di top management e funzionale; necessità di un progetto con obiettivi ben definiti; intervento anche attraverso società specializzate)". "Nel 2004 - ricorda - la Commissione Lavoro della Camera ha elaborato un disegno di legge (il 5421, definito Camo-Lettieri) che prevedeva agevolazioni fiscali per interventi nelle pmi. Il ddl partiva da corrette considerazioni sulla scarsa capacità competitiva delle imprese italiane, riconducibile alla struttura prevalente delle piccole imprese ed alla loro bassa capacità di finanziamento, alla quale si sommano le loro scarse capacità gestionali e la limitata presenza di manager in grado di organizzare e guidare l’azienda con metodo e coerenza". "La migliore articolazione fino ad oggi - assicura Maurizio Quarta - proviene dalla regione Friuli Venezia Giulia che, prima con il 'Documento strategico per il comparto manifatturiero' introduce il concetto di Temporary Management definendolo come la gestione di una o più attività aziendali da parte di manager professionisti, poi approva il 'Disegno di legge sullo sviluppo competitivo delle pmi', che, con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Friuli Venezia Giulia del 4 marzo 2005, è diventato la legge n. 4, altresì nota come legge Bertossi dal nome del suo ispiratore. Finalità principale di questa legge è quella di superare i fattori tradizionali di debolezza competitiva, quali l’insufficienza dimensionale e i livelli di capitalizzazione, la scarsa apertura degli assetti di governo societario e l’inadeguatezza dei livelli di managerializzazione". "I destinatari degli incentivi - ricorda - sono le piccole e medie imprese, in qualsiasi forma costituite, singole ed associate, aventi sedi o almeno un’unità operativa nel territorio regionale, per l’utilizzo di manager a tempo che, a fronte di un business plan definito, le aiutino a gestire ad esempio, interventi crescita dimensionale (aggregazioni, fusioni e accordi interorganizzativi), processi di internazionalizzazione (creazione di reti commerciali all’estero, sviluppo strutturato di relazioni internazionali); razionalizzazione degli assetti gestionali e organizzativi; situazioni di successione generazionale, processi di ricapitalizzazione o di riordino degli assetti di governo societario anche attraverso l’apertura a terzi, fabbisogno manageriale temporaneo. In questa legge, infine, si presta molta attenzione al profilo del manager, alla valutazione della sua coerenza con il business plan, e alla sua capacità di trasferire competenze". "Nel 2010 - continua - Alessia Mosca, segretario della Commissione lavoro della Camera, e Giuliano Cazzola, vice presidente della stessa Commissione, hanno avviato un processo positivamente bipartisan per arrivare, in tempi anche rapidi, alla definizione di un testo di legge nazionale sul tema del Tman. Sono così nati, per motivi di opportunità politica, due disegni di legge sostanzialmente gemelli sulla materia: il primo, presentato da Alessia Mosca (ddl 3642 del 20 luglio 2010), il secondo, presentato da Giuliano Cazzola (ddl 3978 del 20 dicembre 2010). Le caratteristiche richieste al Tman: aver operato come dirigente per almeno dieci anni presso imprese con più di 10 dipendenti, per interventi di natura funzionale oppure almeno quindici anni presso imprese con più di 50 dipendenti, per interventi di natura gestionale complessiva. Tra i progetti ammissibili al finanziamento: crescita dimensionale dell’impresa; internazionalizzazione; razionalizzazione degli assetti gestionali e organizzativi dell’impresa; successione generazionale dell’impresa; processi di ricapitalizzazione o di riordino degli assetti di governo societario anche attraverso l’apertura a terzi; il trasferimento di know how e di competenze manageriali". In relazione alla nuova proposta di legge a firma Letizia Giorgianni, Quarta commenta: "L'incipit è inappuntabile: la proposta si propone, da una parte, di rafforzare la struttura organizzativa delle nostre pmi, dall’altra di creare un tessuto imprenditoriale favorevole all’affermazione di una nuova generazione di manager flessibili, dinamici e orientati al risultato. Nell’articolo 2, in sede definitoria, il dirigente temporaneo e a progetto è un professionista qualificato a cui sono attribuite, funzioni di amministrazione temporanea dell’intera azienda, di un suo ramo, di una specifica funzione o struttura ovvero di sviluppo e attuazione di un progetto determinato e delimitato nel tempo: a parte forse la necessità di chiarire per bene il legame con la figura del dirigente, sembra essere, in versione compatta, la definizione canonica del TM". "Un punto delicato di attenzione - avverte - emerge però nell’articolo 3 che pur parte dalla corretta premessa che il Temporary Manager deve avere una comprovata esperienza nella gestione aziendale. Scendendo nel dettaglio, si richiede infatti che il dirigente temporaneo e a progetto debba essere: a) un dottore commercialista, iscritto all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, che abbia maturato un’esperienza professionale di almeno tre anni, anche non continuativi, nello svolgimento di funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso un’impresa, con almeno due incarichi nell’ultimo triennio in organi amministrativi o di controllo; b) un professionista in possesso del diploma di laurea magistrale in scienze economico-aziendali (classe LM-77), che non abbia superato il trentacinquesimo anno di età alla data della sua assunzione, e che abbia esercitato, anche in modo non continuativo, per un periodo complessivo non inferiore a tre anni, funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso un’impresa". "La formulazione della proposta di legge nella sua forma attuale -chiarisce - sembrerebbe molto restrittiva e limiterebbe in maniera rilevante il campo di applicazione. Abbiamo pertanto posto ad un panel di Tman e ad alcune associazioni manageriali la seguente domanda per mettere bene a fuoco il punto. Una pmi che utilizzi un direttore hr, un direttore industriale, un cfo o un dg (tutte casistiche reali), quindi un manager che non rientri nella fattispecie dell’articolo 3 ai punti a) e b), potrebbe o meno accedere ai benefici della futura legge? Apparentemente no, dato che i Tman impegnati in tutti questi casi non avrebbero i requisiti richiesti in quanto non dottori commercialisti, parliamo sempre e solo ovviamente manager di lungo corso, e in quanto tutti ben over 50 (ovvero con almeno 15 anni di esperienza nel ruolo, come richiesto dalla tipologia di problemi da gestire). La risposta è stata praticamente sempre la stessa: la stragrande maggioranza degli incarichi realizzati sul mercato oggi per le pmi non troverebbe spazio per essere finanziata con l’attuale proposta di legge". "Peraltro - fa notare - anche in sede di Commissione, è stato sollevato lo stesso problema, in quanto tale requisito 'appare incongruente alla luce della realtà socio-economica del Paese, nella quale i dirigenti che si occupano di risorse umane spesso hanno conseguito un titolo di studio in ambiti diversi dall’economia e dal commercio'. Sempre in sede di Commissione, ecco la relativa controobiezione: gli spazi finanziari prospettati dal provvedimento non sembrano consentire un consistente allargamento della platea dei soggetti tra cui le imprese potranno scegliere i temporary manager". "Dalle interviste informali effettuate - riferisce - abbiamo cercato di estrapolare i più significativi suggerimenti per il legislatore.In primis, l’aspettativa è che una legge nazionale sul TM abbia un campo di applicazione il più ampio possibile, per tenere in adeguato conto quello che realmente avviene sui mercati italiano e internazionali. A titolo di cronaca, la nostra indagine internazionale del 2022 evidenziava un’età media di 53 anni con almeno 3 anni di esperienza come Tman (oltre all’esperienza pregressa come manager permanent/dirigente). Di conseguenza, per poter comprendere il mercato del tm nelle pmi nella sua totalità, si chiede di inserire tra le figure professionali dell’articolo 3 anche le seguenti categorie: manager funzionali con significativa esperienza gestionale (almeno 15 anni come dirigente apicale nella specifica funzione); dg e ceo sempre con significativa esperienza gestionale (almeno 10 anni nel ruolo). "Un punto che - sottolinea Maurizio Quarta - per il legislatore è importante è la possibilità di poter esibire dei titoli a sostegno di una possibile richiesta: per quanto riguarda il ruolo di dirigente, si ratta di uno status contrattuale facilmente provabile. Per il ruolo di dg e ceo, di fatto un sottoinsieme del precedente, basterebbe produrre le dichiarazioni delle aziende presso le quali il manager ha avuto questi ruoli per alcune figure professionali. In alcuni casi, si potrebbe anche fare riferimento alle certificazioni messe in campo da alcune associazioni manageriali, esempio per le risorse umane (Aidp) e per finanza amministrazione e controllo (Andaf), caratterizzate dalla certificazione di terza parte indipendente e dalla conformità con le regolamentazioni nazionali e internazionali in materia (prassi Uni Pdr 104:2021 per Andaf e norma Uni11803:2021 per Aidp). Come pure per l’attestato di qualità e qualificazione professionale di leading network, associazione non ordinistica riconosciuta dal Mimit". "Una volta risolto questo non banale nodo interpretativo - aggiunge - da più parti si è anche discusso sull’opportunità o meno di utilizzare lo strumento del credito d’imposta rispetto a forme più dirette di finanziamento (come nel caso di alcune leggi regionali), rilievo fatto anche in Commissione: mentre dal punto di vista puramente operativo le pmi, specie le più piccole, gradirebbero una forma di finanziamento a fronte spesso di un capitale circolante limitato per far fronte ai costi, comunque rilevanti, di un progetto di TM, il legislatore nazionale, anche in passato, ha dovuto 'obtorto' collo optare per la soluzione del credito d’imposta data l’oggettiva difficoltà a trovare le coperture finanziarie necessarie nell’altro caso". "In sintesi, il credito d’imposta non sarà certamente ottimale, ma perlomeno garantisce che una proposta di legge non venga bloccata sul nascere. In sintesi, la proposta di legge attualmente in discussione contiene senza dubbio una serie di punti interessanti, che potrebbero essere ulteriormente valorizzati in un contesto applicativo più ampio", conclude.
(Adnkronos) - Il Gruppo Davines - azienda attiva nel settore della cosmetica professionale, B Corp dal 2016 - in collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, autorevole centro studi sulla green economy in Italia, ha premiato oggi al Davines Group Village di Parma i vincitori della seconda edizione del 'The Good Farmer Award', iniziativa dedicata a giovani agricoltori under 35 che abbiano già avviato progetti ispirati ai principi fondamentali dell’agroecologia e dell’agricoltura biologica rigenerativa, intesa come insieme di pratiche ecocompatibili di gestione agricola, fortemente alternative all’agricoltura convenzionale. Questa seconda edizione del Premio ha coinvolto anche le aziende agricole-zootecniche, in particolare quelle attente al benessere animale, che utilizzano sistemi di allevamento estensivi e che adottano pratiche zootecniche rivolte al miglioramento degli agroecosistemi. I due agricoltori hanno ricevuto 10mila euro ciascuno per l’acquisto di materiali e per interventi finalizzati al miglioramento e allo sviluppo delle pratiche agroecologiche già avviate. Nel corso della cerimonia è stata letta una lettera di saluto inviata da Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, che ha espresso il proprio sostegno all’iniziativa. La Giuria che ha valutato e selezionato i progetti è composta da otto membri, fra professori universitari ed esperti in temi di agricoltura, agroecologia e sostenibilità a cui quest’anno si sono aggiunti due esperti di zootecnia. I VINCITORI - Alessia Mazzù (classe ’90), socia della Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio - Cooperativa Romana Agricoltura Giovani, è stata premiata per aver trasformato una terra pubblica abbandonata in un luogo di rigenerazione ambientale e sociale. Alessia si è formata tra l’Italia e la Scozia, dove si è specializzata in sostenibilità e studi ambientali. La Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio nasce nel 2011 da una vertenza politica per consentire ai giovani agricoltori l’accesso alle terre pubbliche abbandonate. Situata nel cuore del Parco di Veio a Roma, la Cooperativa pratica metodi biologico-rigenerativi, coltivando cereali rari, ortaggi e leguminose, e custodendo il 'frutteto della biodiversità' per recuperare antiche varietà frutticole. Co.r.ag.gio si distingue come modello di agricoltura sociale e multifunzionale, dedicandosi alla formazione, ai laboratori didattici e offrendo percorsi di inclusione a persone in condizioni di fragilità o svantaggio. Il premio servirà a realizzare un sistema integrato per la raccolta e la gestione dell'acqua piovana e atmosferica, per diversificare le fonti idriche e continuare a far evolvere la Cooperativa Agricola Co.r.ag.gio come laboratorio di rigenerazione ambientale e sociale. Luca Quirini (classe '94), fondatore dell’Azienda Agricola Quira, è stato premiato per il suo allevamento incentrato sul benessere animale e la salvaguardia del territorio ligure. L’azienda, situata a Borzonasca (Genova) nell’Appennino ligure, a ridosso di Portofino e le Cinque Terre, alleva 60 bovini di razza Cabannina, specie autoctona a rischio di estinzione. La formazione di Luca non è agricola: dopo essersi diplomato al liceo classico, intenzionato a conoscere meglio la sua Liguria, inizia a lavorare per un allevatore di vacche piemontesi nell’entroterra, esperienza che lo appassiona al punto da creare la sua azienda, che porta il nome della prima vacca che ha acquistato, Quira. La mandria pratica la transumanza spostandosi tra pascoli che si estendono dai 700 ai 1.400 metri di altitudine, evento che ha assunto il ruolo di un vero e proprio appuntamento culturale e turistico. Il sistema di allevamento rispetta i ritmi biologici degli animali: le Cabannine, allevate in libertà su circa 2.500 ettari di prati e boschi, pascolano liberamente, di giorno e di notte, alimentate solo a erba e, in inverno, con fieno biologico locale. L’Azienda Agricola Quira ha adottato il pascolo razionale Voisin, un metodo che prevede la rotazione controllata dei pascoli, per favorire l’aumento della biodiversità. In questo modo, con la stessa superficie, è possibile nutrire un numero maggiore di capi, mantenere il terreno fertile e in equilibrio e contribuire alla rigenerazione del suolo e alla prevenzione degli incendi sui versanti montani. Il premio sarà utilizzato per il progetto della 'stalla nel bosco', una zona protetta con microclima equilibrato nei mesi invernali, e per l'acquisto di un furgone attrezzato a laboratorio polifunzionale mobile. Nel 2021 il Gruppo Davines ha investito 2 milioni di euro per realizzare a Parma, in partnership con il Rodale Institute, l’European Regenerative Organic Center (Eroc), primo centro di formazione e ricerca in Italia e in Europa nel campo dell’agricoltura biologica rigenerativa. Nel frattempo, il Gruppo ha continuato a investire sul progetto e il centro oggi è costituito da 188 parcelle sperimentali in cui vengono coltivate 22 differenti specie vegetali, tra cui frumento, mais, achillea, calendula, melissa e camomilla. Dopo tre anni di sperimentazione condotte su Eroc, guidate dal direttore di Ricerca Dario Fornara, sono stati raccolti dati sufficienti a dimostrare che i terreni gestiti secondo pratiche biologico rigenerative hanno raggiunto livelli di produttività paragonabili a quelli ottenuti con l’agricoltura convenzionale, confermando la solidità del modello sul piano delle rese. Gli studi hanno rilevato un netto incremento della biodiversità del suolo - sia per quanto riguarda il microbioma, sia per quanto riguarda il numero di lombrichi - e un miglioramento significativo della densità dei nutrienti nelle colture, in particolare dei sali minerali essenziali come magnesio, calcio e zinco. Nel 2025, Eroc ha rinnovato la propria certificazione Roc - Regenerative Organic Certified. Inoltre negli ultimi due anni il Gruppo Davines ha supportato attivamente 16 aziende agricole italiane nel percorso verso la certificazione Roc, che valuta in modo integrato la salute del suolo, il benessere animale e la tutela dei lavoratori. "Penso che questo premio, così come Eroc, siano esempi concreti del cosiddetto effetto risonanza, un’amplificazione positiva che fa bene a tutti - ha commentato Davide Bollati, presidente del Gruppo Davines - In Davines crediamo fermamente che il futuro del nostro pianeta sia strettamente legato alla salute del suolo, che è il nostro capitale più prezioso. Per questo, ‘The Good Farmer Award’ non è solo un riconoscimento, ma un investimento concreto nella prossima generazione di agricoltori. Alessia e Luca, i vincitori di quest’anno, ne sono un esempio: attraverso la loro dedizione all'agroecologia, alla tutela della biodiversità e al benessere animale, dimostrano come un'agricoltura responsabile possa non solo produrre eccellenza, ma anche generare un impatto sociale e ambientale positivo". “L'agricoltura biologica si basa su un metodo di coltivazione volto a produrre alimenti con sostanze e processi naturali, con l’esclusione di prodotti della chimica di sintesi. L’agricoltura rigenerativa si basa su un metodo di coltivazione che punta a mantenere e ripristinare la biodiversità del suolo e degli ecosistemi agricoli in modo che siano in grado di fornire beni e servizi ecosistemici di qualità e a lungo termine - ha dichiarato Edo Ronchi, presidente di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - L’agricoltura biologica rigenerativa è un’evoluzione, in parte già prevista nelle pratiche agricole biologiche, in parte innovativa, per rendere l’agricoltura più resiliente alle sfide della crisi climatica e più attiva nel ripristino della natura per affrontare il degrado dei suoli e la perdita di biodiversità”.