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(Adnkronos) - "Quel giorno mi ha cambiato la vita". Così Nicoletta Romanoff ospite oggi, mercoledì 4 giugno, a La volta buona ha ricordato quando, nel 1997, suo fratello si è tolto la vita a soli 21 anni. Era una mattina di maggio. Nicoletta Romanoff era andata a un funerale insieme alla sua famiglia, eccetto il fratello che aveva deciso di rimanere da solo in casa. Durante l'eucarestia, l'attrice italiana ha ricordato di aver sentito un urlo, quello della madre. La donna, infatti, era stata avvisata dal portiere che "a casa era appena successa una tragedia" che riguardava il figlio, "aveva deciso di raggiungere Dio in cielo", ha detto Caterina Balivo ricordando il dramma vissuto da Nicoletta Romanoff e dalla sua famiglia. "Non so dove ho trovato la forza di superare questo dolore", ha detto Nicoletta Romanoff con gli occhi pieni di lacrime. "Oggi posso dire che la forza me l'ha data Dio, lo dico con certezza. All'epoca non era ancora molto chiaro, ma una forza simile entra in una famiglia solo tramite Dio", ha continuato la 46enne. "Non c'è nulla di più devastante di una perdita così improvvisa", ha aggiunto. Il ricordo che è rimasto di suo fratello? "Era bellissimo, alto 1 metro e 90, lo fermavano tutti. Era impossibile fare 100 metri in sua compagnia, era ammirato da tutti. Avevi dei capelli molto lunghi, pelle olivastra, tutti sparivano accanto a lui". "Lui era il mio scudo e lo è rimasto in qualche modo", ha concluso con il sorriso.
(Adnkronos) - "Il raddoppio dei dazi Usa su acciaio e alluminio, giunti ora al 50%, rappresenta un nuovo, forte colpo al commercio internazionale, le cui conseguenze non si faranno attendere". Lo dice all'Adnkronos/Labitalia Fabio Zanardi, presidente di Assofond, l’associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane. "Questo ulteriore inasprimento della guerra commerciale voluta da Trump - spiega - non farà bene a nessuno: non agli Usa, che hanno comunque una significativa dipendenza dall’estero soprattutto per quanto riguarda l’alluminio grezzo, e di certo non a noi, per due motivi distinti. Il primo riguarda il possibile, ulteriore, rallentamento delle esportazioni di fusioni negli Usa, che già nel 2024 avevano subito un calo del 66% in volume e del 45% in valore rispetto all’anno precedente. Il secondo, che comporta un rischio probabilmente ancora maggiore, è che l’Europa, in assenza di adeguate protezioni, venga invasa dai prodotti provenienti dalla Cina e da altri Paesi che, con l’inasprimento dei dazi, perderanno capacità di penetrazione nel mercato americano. Questi flussi potrebbero mettere in crisi intere filiere produttive europee, a partire dall’automotive, già in grande difficoltà". Un quadro, insomma, di crescente complessità per il settore delle fonderie italiane, che conta quasi 900 imprese e impiega oltre 23.000 addetti. Già nel 2024, il settore ha subito una forte contrazione: la produzione complessiva si è attestata intorno a 1,6 milioni di tonnellate di fusioni, in calo del 12,3% rispetto all'anno precedente. Si tratta di uno dei risultati peggiori degli ultimi anni, vicino ai livelli del 2020, l'anno della crisi pandemica. La flessione del fatturato è stata ancora più marcata, pari al -12,8% rispetto al 2023, con un valore complessivo che si è fermato a circa 6,6 miliardi di euro. "Ci troviamo stretti - prosegue Zanardi - fra due fuochi: il fronte, per così dire, 'esterno', che riguarda appunto il complesso contesto internazionale, e quello 'interno', che ci vede in forte difficoltà a causa di un generale rallentamento del mercato accompagnato per converso da una crescita dei costi di produzione, in particolare di quelli energetici. In Italia paghiamo l’elettricità molto più che negli altri Paesi europei, per non parlare degli Stati Uniti". "Ormai - sottolinea - tutte le imprese si trovano a dover fronteggiare costi insostenibili. Possiamo assorbire questi extracosti fino a un certo punto, dopodiché dobbiamo scaricarli a valle per sopravvivere. Ma così facendo finiamo automaticamente fuori mercato, perché i nostri concorrenti, anche all’interno dell’Europa, possono proporre i loro prodotti a prezzi più convenienti. Servono interventi rapidi e incisivi: proprio questo tema sarà al centro della nostra assemblea generale, dal titolo 'Le fonderie italiane nel contesto europeo: quali politiche industriali?', in programma venerdì 13 giugno a Soave (VR). In quell’occasione faremo il punto sulla situazione del nostro settore e lanceremo le nostre proposte per salvaguardare la manifattura italiana da una crisi che pare ormai senza fine, dopo 26 mesi consecutivi di contrazione della produzione industriale". I dazi pesano sulla testa delle fonderie che in Italia rappresentano un comparto storicamente molto sviluppato nelle regioni del Nord, dove ha sede circa l’80% delle circa 900 fonderie italiane. Lo ricorda Assofond, l’associazione imprenditoriale di categoria che rappresenta le imprese di fonderia italiane: un settore che nel nostro Paese da lavoro a circa 23.000 addetti generando un fatturato di 7,6 miliardi di euro. Particolarmente significativo è il dato della provincia di Brescia, vero e proprio 'distretto' italiano delle fonderie, con 165 aziende, che occupano circa 5.000 addetti e producono oltre 300.000 tonnellate di getti (quasi un quinto dell’intera produzione nazionale). Le imprese di fonderia impiegano complessivamente poco più di 23.000 persone e realizzano un fatturato di circa 6,6 miliardi di euro, con una forte vocazione all’export: il 69% dei ricavi deriva infatti dalle esportazioni. I prodotti realizzati dalle fonderie sono innumerevoli: queste aziende, perfetto esempio di artigianato industriale ad alto tasso di complessità e innovazione tecnologica, operano infatti realizzando soprattutto pezzi “su misura” per i singoli clienti, partecipando al processo produttivo fin dalla fase di progettazione dei componenti da produrre, mettendo quindi a disposizione dei clienti un know-how che ci viene riconosciuto in tutto il mondo. I prodotti delle fonderie sono destinati a un mercato molto ampio, che spazia tra le seguenti industrie: automotive, meccanica, edilizia e arredo urbano, industria aerospaziale, produzione energia elettrica, idrotermosanitaria ed elettrodomestici, arte e design, applicazioni varie come moda e arredamento. Nel 2024 le fonderie hanno generato un giro d’affari complessivo di 6,6 miliardi di euro, in calo del -12,8% rispetto al 2023. Le fonderie di metalli non ferrosi sono riuscite a contenere le perdite in modo più efficace rispetto a quelle di metalli ferrosi (-9,2% vs -19,2%). Le fonderie italiane, nel loro complesso, hanno archiviato il 2024 con una produzione in forte calo (-12,3% rispetto all’anno precedente). Le circa 1,6 milioni di tonnellate prodotte rappresentano un dato solo di poco superiore al livello minimo degli ultimi decenni (che ha coinciso con il 2020 funestato dalla pandemia da Covid-19). Dal punto di vista dei singoli comparti, le fonderie di metalli ferrosi hanno visto una diminuzione della produzione del -17,2%, attestandosi a 855.988 tonnellate. Nonostante questo calo, i metalli ferrosi continuano a rappresentare la quota maggioritaria in volume, coprendo circa il 52% della produzione complessiva del settore. D'altro canto, le fonderie di metalli non ferrosi hanno registrato una flessione della produzione del -6,1%, fermandosi a 777.461 tonnellate. La propensione a esportare del settore, misurata come rapporto tra i volumi esportati e quelli prodotti è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, arrivando a una percentuale del 42%. In termini di valore la performance delle esportazioni ha invece raggiunto il 69%. Tale processo ha subito una forte accelerazione dopo la crisi del 2008, quando il comparto della fonderia italiana ha avviato un intenso processo di ristrutturazione: una fase che ha evidenziato grosse criticità all’interno del settore, ma anche grande vitalità che ha permesso a molte imprese di trovare spazi di azione in uno scenario di riferimento profondamente cambiato. Vi sono state forti spinte verso l’internazionalizzazione, con l’apertura di nuovi mercati, in particolare extraeuropei. Fra il 2010 e il 2018 le esportazioni delle fonderie hanno avuto una performance decisamente più elevata della media manifatturiera (comunque positiva, al +12%), con una espansione, in termini di volumi, superiore al +30%. Le fonderie italiane hanno dunque mostrato un’ottima capacità di riallocare le vendite sui mercati esteri. La fonderia costituisce un elemento centrale del modello economico 'circolare' in relazione all’importante contributo all’industria del riciclo e alle filiere coinvolte. L’attività di fusione rappresenta, da sempre, la tecnica attraverso la quale è possibile il riutilizzo dei rottami allo scopo di dare vita a nuovi prodotti; come tale, rappresenta l’essenza del concetto di circolarità che vede il rifiuto al centro delle attività finalizzate alla sua valorizzazione economica. I prodotti delle fonderie, inoltre, siano essi di metalli ferrosi o di metalli non ferrosi, presentano cicli di vita molto lunghi e, a fine vita, sono al 100% riciclabili per dare vita a nuovi prodotti, in un eterno ciclo inesauribile. L’attività di riciclo dei rottami messa in atto dalle fonderie permette, in un Paese povero di materie prime ed energia come l’Italia, di ottenere nuova materia impiegando solo una frazione dell’energia necessaria per la sua produzione primaria. L’alta efficienza ottenuta nel riciclo consente al settore di offrire un contributo effettivo alla decarbonizzazione dell’economia nonostante applichi processi energy intensive, considerando anche che il riciclo permette di ridurre, in un’ottica di valutazione del ciclo di vita integrato del prodotto, l’impatto ambientale dovuto all’estrazione, trasporto e lavorazione del minerale. Oltre all’utilizzo di rottami come materia prima, molta strada è stata fatta per valorizzare i residui delle lavorazioni di fonderia, perseguendo l’obiettivo 'zero rifiuti', attraverso la loro valorizzazione, in conformità con i principi dell’economia circolare, quali 'materie prime' utilizzabili tout court all’interno di processi industriali quali i cementifici, le fornaci, o utilizzati per la fabbricazione di manufatti per l’edilizia e l’ingegneria civile. Se le fonderie rappresentano quindi, da sempre, per il loro stesso modello di business, un attore importante dell’economia circolare, negli ultimi anni le imprese italiane hanno lavorato in maniera significativa per ridurre l’impatto ambientale delle loro attività. Nel 2019 il 21% del totale degli investimenti realizzati dalle fonderie italiane sono stati destinati a interventi di riduzione dell’impatto ambientale: un dato nettamente superiore a quello fatto registrare dal settore manifatturiero nel suo complesso (1,4%) e anche da quello del settore metallurgico in generale (3,5%). Gli investimenti compiuti hanno permesso alle fonderie di sviluppare tecnologie in grado di accrescere l’utilizzo di materiali di recupero come materia prima per tutti i tipi di forno fusorio – per le fonderie con forni elettrici, in particolare, la percentuale di rottami utilizzata è passata dal 60% del 2003 al 74% del 2019 – mentre sono calate drasticamente le emissioni di polveri nell’atmosfera (-72% dal 2003) e la produzione di rifiuti per tonnellate di getti prodotti (-30% dal 2000 al 2019). Emblematico, per illustrare la capacità di riuso delle fonderie, è il caso delle terre esauste: se a livello generale la loro produzione è calata del 43% dal 2000 al 2019, particolarmente significativo è il fatto che il 95% delle terre esauste prodotte in fonderia viene riutilizzato come materia prima, in sostituzione di sabbie e terre provenienti da attività estrattive, annullando praticamente il ricorso allo smaltimento in discarica. L’utilizzo di sistemi sempre più efficienti, infine, ha permesso di ottenere importanti riduzioni anche nei consumi di acqua: il 95% delle acque prelevate, utilizzate per il raffreddamento degli impianti produttivi, è infatti riciclata all’interno di circuiti di recupero.
(Adnkronos) - Un innovativo sistema di accumulo che immagazzina energia rinnovabile per usarla anche quando il sole non c'è, e che soprattutto valorizza batterie usate di veicoli elettrici donando loro una seconda vita, applicando concretamente i principi dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale. Il progetto Pioneer (airPort sustaInability secONd lifE battEry stoRage), realizzato da Enel e Adr con il contributo scientifico dell’Istituto di ricerca tedesco Fraunhofer, presso l'aeroporto internazionale di Roma Fiumicino, è il più grande sistema di storage energetico che utilizza batterie second-life ibride in Italia, e tra i maggiori in Europa. Si tratta anche dell’unico esempio di integrazione di batterie eterogenee provenienti da tre differenti case automobilistiche (Nissan, Mercedes-Benz e Stellantis). Loccioni, system integrator di riferimento nei mondi energia e automotive, ha trasformato in un Bess (Battery Energy Storage System) da 10 MWh 762 pacchi batteria e moduli non più utilizzabili per la propulsione. Il sistema è perfettamente integrato con la “Solar Farm”, il più grande impianto fotovoltaico in autoconsumo in uno scalo europeo, progettato da Aeroporti di Roma, realizzato da Enel in collaborazione con Circet e inaugurato a gennaio 2025. All’evento di presentazione di Pioneer a Fiumicino hanno partecipato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Sen. Adolfo Urso, il Sindaco di Fiumicino Mario Baccini, la Head of Enel X Global Retail Francesca Gostinelli, l’Head of Innovation di Enel Nicola Rossi, il Presidente di Adr Vincenzo Nunziata, l’Amministratore Delegato di Adr Marco Troncone, il Chief Aviation Officer di Adr Ivan Bassato, il Presidente di Loccioni Enrico Loccioni, il Direttore Centrale Enac Programmazione Economica e Sviluppo Infrastrutture Claudio Eminente e la Project Advisor-Innovation Fund di Cinea Annachiara Vercellin. "Pioneer è il primo progetto nel suo genere in Italia: una piattaforma energetica multifunzionale al servizio dell’aeroporto di Fiumicino che, coniugando decarbonizzazione, autonomia energetica e competitività, rappresenta un modello avanzato per la transizione energetica e digitale. Si tratta di un’iniziativa che integra economia circolare e digitalizzazione attraverso un sistema innovativo di riuso delle batterie esauste dei veicoli elettrici e la produzione di energia a supporto della competitività nazionale. Progetti come questo dimostrano come l’Italia sia in grado di coniugare sostenibilità ambientale e competitività produttiva: una sfida cruciale per il futuro dell’Italia e dell’Europa", sottolinea il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. "Il progetto Pioneer mostra che l’innovazione è la prima alleata della transizione energetica: accelera l’elettrificazione su larga scala grazie a un modello di economia circolare che dà nuova vita alle batterie esauste", rileva Francesca Gostinelli, Head of Enel X Global Retail di Enel. "Nel presentare questo progetto d’avanguardia, che contribuisce fattivamente alla decarbonizzazione offrendo al contempo un concreto supporto alla stabilità della rete elettrica, siamo particolarmente orgogliosi di sottolineare che si tratta del frutto di una partnership che ha messo a fattor comune la competenza e il know-how di aziende principalmente italiane: l’ingegno del Made in Italy messo al servizio del progresso tecnologico, l’innovazione nazionale che supporta la sostenibilità e lo sviluppo del Sistema-Paese". "Il progetto Pioneer rappresenta un simbolo concreto della nostra strategia, perché in esso convergono il nostro forte impegno nella sostenibilità ambientale, la capacità di valorizzare l’innovazione tecnologica e la determinazione di fare efficacemente sistema con le eccellenze del Paese, come Enel", - ha dichiarato Marco Troncone, Amministratore Delegato di Aeroporti di Roma. “Questa nuova progettualità si va ad integrare sinergicamente con la Solar Farm recentemente inaugurata, all’interno della strategia Esg supportata dalla Capogruppo Mundys, e che posiziona l’aeroporto stellato di Fiumicino, hub di passeggeri e di merci, anche come piattaforma di efficienza ed indipendenza energetica. Consolidiamo così il nostro percorso verso la decarbonizzazione e l’autonomia energetica dei nostri scali, con l’obiettivo di raggiungere il NetZero entro il 2030”. Innovazione, sostenibilità ed eccellenza europea sono i tratti distintivi del progetto Pioneer. Gli storage sono ormai imprescindibili per la transizione energetica, e il sistema realizzato da Enel e Adr accelera il percorso di decarbonizzazione del 'Leonardo da Vinci', recentemente incluso nella Top10 dei migliori scali al mondo da parte di Skytrax, dando nuova vita a batterie ormai inutilizzabili in campo automotive ma ancora molto preziose per applicazioni stazionarie. Il risultato è un progetto di dimensioni industriali che accumula l’energia verde prodotta, per poi rilasciarla quando se ne abbia necessità. Avanguardia innovativa e sostenibilità si rinforzano a vicenda, contribuendo ulteriormente alla decarbonizzazione dell’aeroporto: infatti, Pioneer consentirà l’abbattimento di 16.000 tonnellate di CO2 nell’arco di dieci anni. Un modello virtuoso e innovativo di economia circolare riconosciuto anche a livello europeo, che ha visto il progetto Pioneer selezionato tra i vincitori del bando Innovation Fund Ssc-2020 promosso dall’Agenzia Europea per il Clima, l’Ambiente e le Infrastrutture (Cinea).