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(Adnkronos) - Dal microambiente tumorale possono arrivare informazioni preziose che consentono di sapere in anticipo quali pazienti con melanoma possono o meno beneficiare dei trattamenti immunoterapici. A spingere un passo in più avanti 'immunoncologia di precisione' sono due studi presentati da Paolo Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (Asco), in corso a Chicago. Entrambi i lavori sono stati condotti nell’ambito dello studio clinico Secombit, progettato per valutare l’efficacia di diverse sequenze terapeutiche nei pazienti con melanoma metastatico Braf mutato, un tipo di melanoma caratterizzato da una mutazione genetica che spinge le cellule tumorali a crescere. “Nello studio vengono messe alla prova diverse sequenze di farmaci inibitori di Braf, che ‘spengono’ il gene iperattivato, e di immunoterapici, cioè farmaci che tolgono il ‘freno’ che impedisce alle cellule immunitarie di colpire il tumore – spiega Ascierto –. Si tratta di combinazioni che hanno rivoluzionato il trattamento del melanoma con mutazione Braf, offrendo elevati tassi di risposta e benefici clinici prolungati anche in pazienti con metastasi. Tuttavia, non tutti rispondono a queste combinazioni e stiamo imparando a capire il perché”. Nel primo studio i ricercatori si sono concentrati sulla cosiddetta biologia spaziale, una metodica che punta a esaminare la localizzazione e le interazioni di diversi tipi di cellule nel microambiente tumorale. “Attraverso analisi avanzate condotte su 42 biopsie pretrattamento, abbiamo identificato 15 tipi di cellule, tra cui 10 diverse popolazioni di cellule immunitarie, oltre a 10 marcatori di stato cellulare – afferma Ascierto –. Abbiamo così studiato ben 1.941 caratteristiche spaziali, da cui abbiamo selezionate le principali associate a una migliore risposta ai trattamenti, quindi a una maggiore sopravvivenza e a un maggiore beneficio clinico prolungato”. In particolare, da questa complessa mappa i ricercatori hanno dimostrato che quando le cellule tumorali interagiscono con il microambiente, seguendo specifiche coordinate spaziali, si registrano tassi di risposta al trattamento combinato peggiori. Mentre quando si presenta una maggiore interazione tra cellule tumorali e specifiche cellule del sistema immunitario, anche in questo caso entro coordinate precise, la risposta ai trattamenti è migliore. “Il nostro lavoro sottolinea l’importanza della biologia spaziale nella personalizzazione dei trattamenti – commenta Ascierto –. Questo approccio offre una strada promettente per il progresso della medicina personalizzata, in particolare nel melanoma, e per il miglioramento degli esiti clinici sia nell’immunoterapia che nel trattamento mirato”. Nel secondo studio l’attenzione dei ricercatori si è concentrata su un noto biomarcatore dei tumori ematologici: la timidina chinasi 1 (TK1). Si tratta di un enzima che svolge un ruolo fondamentale nella sintesi e nella riparazione del Dna, il cui aumento della concentrazione nel sangue può indicare un’attività di proliferazione cellulare più elevata, come avviene nei tumori. “In questo nuovo studio, il primo condotto su TK1 nel melanoma metastatico, abbiamo analizzato 81 pazienti: 40 con livelli elevati di TK e 41 con livelli bassi dello stesso enzima – spiega Ascierto –. I risultati hanno mostrato una marcata differenza nella prognosi tra i due gruppi”. Nel dettaglio: la mediana di sopravvivenza a 5 anni è risultata più bassa nei pazienti che presentavano livelli elevati di TK: 19 mesi mentre nei pazienti con livelli bassi di TK non è stata ancora raggiunta. “Sorprendentemente, la differenza di sopravvivenza tra i gruppi TK-alto e TK-basso non è stata statisticamente significativa (47% contro 44) tra i pazienti a cui è stato applicato un ‘approccio sandwich’, cioè trattati prima con gli inibitori Braf, poi con l'immunoterapia e subito dopo ancora con gli inibitori di Braf - spiega Ascierto –. È evidente che questa strategia terapeutica funzioni indipendentemente dai livelli di TK”. Per quanto riguarda la sopravvivenza globale a 5 anni i ricercatori hanno rilevato una differenza marcata tra i pazienti con TK alto e TK basso: 20% contro il 60% nel gruppo di pazienti che hanno iniziato prima la terapia target. La differenza è risultata altrettanto marcata (38% TK alta vs 78) tra i pazienti a cui sono stati somministrati prima gli immunoterapici e poi gli inibitori di Braf. Presente, ma meno netta la differenza tra i pazienti con livelli sierici di TK alti e bassi in chi è stato trattato con l'approccio sandwich (46% contro 75%). “Siamo entrati nell’era dell’immunoncologia di precisione – conclude Ascierto –. I risultati degli studi confermano che si possono selezionare i trattamenti in base alle caratteristiche non solo del tumore, ma del microambiente e del sistema immunitario. Questo significa poter dare subito ai pazienti la terapia più efficace, evitando loro trattamenti inutili e con pesanti effetti collaterali”.
(Adnkronos) - "La priorità fiscale della Lega, qua parlo non solo da vicepremier, ma da segretario della Lega, è di una pace fiscale definitiva tra cittadini, fisco e Agenzia delle Entrate e la nostra proposta che stiamo dettagliando ormai alle virgole è una rottamazione decennale con 120 rate simili, senza sanzioni e interessi per permettere a milioni di italiani di riemergere dal limbo, dalla zona grigia e tornare a lavorare, fatturare, assumere, avere un conto corrente e pagare fino all'ultimo quello che vogliono pagare, perché non è una pace fiscale destinata a chi non ha dichiarato e magari oggi va a Portofino col fuoribordo, ma è una pace fiscale dedicata a chi ha dichiarato e non ce l'ha fatta a versare tutto il dovuto". Lo ha detto il vice premier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, intervenendo in video collegamento al Festival del lavoro a Genova.
(Adnkronos) - Si è aperta oggi al Teatro Apollo la XIII edizione del Festival dell’Energia, in programma a Lecce fino al 31 di maggio. Con oltre 40 eventi diffusi in città, la manifestazione, ideata e diretta da Alessandro Beulcke e prodotta da Qubit Italy, nasce per dare spazio a un confronto ampio, serio e libero da ideologie. Chicco Testa, presidente del Comitato d’Onore del Festival dell’Energia, ha rimarcato: “Vogliamo far diventare il Festival dell’Energia a Lecce l’appuntamento più importante del mondo energetico. Il Festival è aperto a chiunque voglia collaborare per farlo crescere e diventare un appuntamento di visione e sguardo anche internazionale”. In apertura, Adriana Poli Bortone, sindaco di Lecce, ha sottolineato: “Il Festival è nato a Lecce nel 2008 e oggi non posso che avere piacere del fatto che sia tornato. Mi auguro che questo festival rimanga e che rappresenti un momento significativo di alto valore per la nostra città sui temi dell’energia. Il Festival è un crocevia dove informazione e scienza si incontrano, la politica si confronta con le imprese e dove si tenta di costruire una cultura condivisa dell’energia. Una cultura scevra da pregiudizi, ma che faccia ricerca attraverso la conoscenza scientifica. Mi auguro che il Festival sarà occasione per focalizzare il dibattito sui temi del momento, che sono sovranazionali, con una comunità sempre più partecipe in questo processo”. L’Assessore allo Sviluppo Economico Alessandro Delli Noci ha posto l’accento sull’importanza di avere una visione strategica quando si parla di energia. “Dobbiamo provare a scegliere, conoscendo e spiegare ai cittadini quanto sia importante conoscere dal punto di vista tecnico tutte le opportunità che vengono dalla transizione energetica. Non possiamo fare l’errore di vivere con il pregiudizio, e non ci possiamo permettere di fare una transizione lenta. Ritengo che un appuntamento del genere non possa che partire dal nostro territorio che ha un obiettivo strategico legato alla sostenibilità”, ha detto. “Il festival dell’Energia - ha detto Maria Antonietta Aiello, prorettrice vicaria dell’Università del Salento - ci pone di fronte a una riflessione profonda sul nostro impatto ambientale. Siamo consapevoli che dobbiamo affrontare delle sfide importanti, e per comprendere queste sfide, è necessario il coinvolgimento di tutti: politica, ricerca, istituzioni, imprese, professionisti, studenti e tutti i cittadini”. Di importanza del capitale umano nell’agevolare la transizione ha parlato Gabriella Scapicchio di Fondazione Nest. “I ricercatori che lavorano sulla transizione energetica creano il futuro del nostro Paese - ha detto - Occorre investire sui giovani non solo come destinatari di informazione. I giovani sono il contributo più solido che si può dare al futuro dell’energia nel nostro paese. Un futuro che va costruito adesso”.