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(Adnkronos) - Qual è il numero ideale di passi che andrebbero accumulati ogni giorno per mantenersi sani? Nell'era delle App della salute è una delle domande più frequenti ma un nuovo studio offre un punto di vista diverso per rispondere al quesito. Non sarebbero tanto i passi, quanto piuttosto la durata della passeggiata quotidiana a fare la differenza. Il messaggio è rivolto in particolare ai 'coach potato', gli habitué di divano e Tv: secondo la ricerca, condotta proprio su persone più sedentarie e con un'attività fisica sotto il livello ottimale, una camminata giornaliera più lunga può ridurre il rischio di morte e malattie cardiovascolari meglio di una breve. Il lavoro è pubblicato sulla rivista 'Annals of Internal Medicine'. Si tratta di uno studio di coorte prospettico basato su una popolazione di adulti che muove in media meno di 8mila passi giornalieri. Gli autori hanno valutato se ci siano differenze - in termini di rischio di mortalità per tutte le cause e malattie cardiovascolari (Cvd) - fra le persone che completano il loro monte passi in periodi più brevi o più lunghi, indipendentemente dal numero totale effettuato. E la conclusione a cui approdano è che chi fa i suoi passi giornalieri in periodi di attività più lunghi sembra avere un rischio inferiore rispetto a chi li completa in meno tempo. I ricercatori hanno studiato i dati dal database Uk Biobank di 33.560 adulti che hanno compiuto 8mila o meno passi al giorno. I partecipanti sono stati raggruppati in 4 categorie in base ai loro modelli di accumulo del totale passi: meno di 5 minuti, da 5 a meno di 10 minuti, da 10 a meno di 15 minuti e 15 minuti o più. I partecipanti avevano all'attivo una mediana di 5.165 passi al giorno e il 42,9% li accumulava per la maggior parte in sessioni di durata inferiore ai 5 minuti, il 33,5% in sessioni di durata compresa tra 5 e 10 minuti, il 15,5% in sessioni di durata compresa tra 10 e 15 minuti e l'8% in sessioni di durata pari o superiore a 15 minuti. Il rischio di mortalità per tutte le cause a 9,5 anni è risultato del 4,36% tra i partecipanti che avevano accumulato la maggior parte dei loro passi in meno di 5 minuti al giorno, scendeva all'1,83% per chi impiegava da 5 a 10 minuti, allo 0,84% per sessioni da 10 a 15 minuti e allo 0,8% per il gruppo che vantava sessioni da 15 minuti o più. I rischi erano più pronunciati per le malattie cardiovascolari, poiché i partecipanti che accumulavano la maggior parte dei loro passi in meno di 5 minuti avevano un rischio cumulativo di malattie cardiovascolari a 9,5 anni del 13,03%, rispetto all'11,09% osservato per il gruppo con sessioni da 5 a 10 minuti, al 7,71% per chi faceva suoi passi in camminate di 10-15 minuti e al 4,39% per chi li raggiungeva in passeggiate di 15 minuti o più. Nei partecipanti sedentari (con una media inferiore a 5mila passi al giorno), i ricercatori hanno osservato associazioni più pronunciate tra camminate più lunghe e minor rischio di morte e malattie cardiovascolari. Questi risultati, ragionano gli autori, possono aiutare a fornire consigli per orientare l'attività fisica delle persone, in particolare sedentarie o poco attive, per far sì che integrino nella loro routine quotidiana camminate più lunghe e mirate, al fine di ottimizzare i risultati in termini di salute.
(Adnkronos) - Svolta nel mondo degli appalti: non esiste più un solo modello contrattuale “valido”, ma coesistono più contratti collettivi, purché rispondano a criteri di qualità, coerenza e tutela dei lavoratori. È stata questa la riflessione al centro dell’evento FonARCom dal titolo “Appalti e Ccnl: dal principio di equivalenza alla sua attuazione concreta”, che si è svolto in occasione della Convention dei Consulenti del Lavoro, in corso in questi giorni a Napoli. Un vero e proprio talk tecnico sul principio di equivalenza contrattuale, introdotto dal nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs. 36/2023) e ripreso dal correttivo appalti e dalle Linee guida Anac. “La norma oggetto di approfondimento del nostro incontro – ha affermato Lucia Alfieri, Consigliere d’Amministrazione di FonARCom – apre le porte a un pluralismo sindacale maturo e impone una riflessione: il valore di un contratto non dipende più dal nome delle parti firmatarie, ma dal suo contenuto, ovvero dalle tutele, dalle politiche attive, dalla formazione, dal welfare contrattuale e dalle soluzioni che offre sia alle imprese sia ai lavoratori. Questo scenario rappresenta una sfida importante per le organizzazioni sindacali e per le associazioni datoriali, che hanno oggi la possibilità di dimostrare che si può fare una contrattazione di qualità in grado di andare oltre la tradizione e di competere al rialzo”. È in questa prospettiva che si inserisce la contrattazione collettiva di Cifa Italia e Confsal, che pone al centro, da un lato, la persona e i suoi bisogni e, dall’altro, la competitività e la produttività aziendali. Una contrattazione collettiva di qualità, virtuosa e innovativa, che non fa dumping salariale né contrattuale, va oltre le equivalenze e si rivolge a quegli imprenditori che vogliono investire sulle risorse umane e contribuire allo sviluppo e alla ricchezza della società. “Nel momento storico attuale, in cui il mercato del lavoro risente fortemente di fenomeni quali la glaciazione demografica e la fuga dei cervelli – ha dichiarato Andrea Cafà, Presidente di Cifa Italia e FonARCom – la contrattazione collettiva deve concretamente fondarsi sulla centralità della persona, valorizzando le competenze e creando condizioni che soddisfino le aspettative di vita e di crescita professionale dei lavoratori, fondate su flessibilità, benessere e obiettivi certi e misurabili. È questo l’impegno assunto dalla contrattazione di Cifa Italia e Confsal, che da sempre mirano alla qualità della contrattazione e che oggi propongono Ccnl che, oltre a essere riconosciuti come equivalenti secondo gli indici Anac, puntano su contenuti innovativi che garantiscono tutele reali ai lavoratori, pur fornendo alle aziende la flessibilità necessaria per competere in un mercato in rapida evoluzione. Il raggiungimento di questo traguardo – ha continuato Cafà – è il risultato di un approccio collaborativo capace di bilanciare gli interessi complementari di lavoratori e imprese. Digitalizzazione, nuove competenze, conciliazione vita-lavoro, sostenibilità sociale ed economica, sono queste le sfide che il nuovo Ccnl ha affrontato e regolato. Per farlo, Cifa Italia e Confsal hanno messo in campo non solo visione, ma anche strumenti concreti, come gli organismi paritetici, gli enti bilaterali per le politiche attive e la formazione, e osservatori tematici che seguiranno l’evoluzione del mondo del lavoro passo dopo passo. Il frutto di questo impegno – ha concluso il Presidente di Cifa Italia e FonARCom – è un contratto che non è solo un documento giuridico, ma un vero e proprio strumento di innovazione sociale, un modello di contrattazione partecipata, responsabile e orientata al futuro”. “La contrattazione collettiva non è terreno di appartenenza, ma di regole, contenuti e responsabilità, la cui legittimità si fonda su standard di tutela e non su etichette sindacali – ha aggiunto Angelo Raffaele Margiotta, Segretario generale della Confsal – la contrattazione Cifa-Confsal-Confsal Federlavoratori non si limita a essere equivalente ai cosiddetti contratti leader, ma introduce strumenti innovativi che alzano l’asticella. Preavviso attivo per la ricollocazione dei lavoratori; principio e indennità di qualificazione per la valorizzazione dei titoli di studio; indennità di vacanza contrattuale; salute e sicurezza con valorizzazione della figura del preposto, MOG(S) e indennità specifiche; potenziamento delle tutele contro i licenziamenti ingiustificati; retribuzione premiale; sistema di welfare integrato; aumento per competenza che valorizza formazione e merito. Non si tratta di una contrattazione alternativa in senso riduttivo – ha precisato Margiotta – ma di un modello contrattuale evoluto. La nostra contrattazione rappresenta una sfida aperta alla stagnazione della contrattazione confederale tradizionale, da troppo tempo ferma su schemi rigidi e autoreferenziali”. “Le aziende stanno finalmente iniziando ad adottare una contrattazione collettiva ‘non tradizionale’, caratterizzata da contenuti virtuosi che vanno oltre il principio d’equivalenza – ha ammesso Paolo Pizzuti, Docente di Diritto del lavoro presso l’Università del Molise – la rappresentatività del contratto non è più legata ai soggetti stipulanti, ma alla sua qualità e al suo contenuto. Il criterio della rappresentatività comparativa come criterio di individuazione del contratto collettivo più favorevole non è più valido. L’imprenditore, pertanto, è libero di autodeterminarsi nella scelta del contratto, purché ci sia una dichiarazione di equivalenza”. “La dichiarazione d’equivalenza è un documento altamente specifico e dettagliato – ha infine concluso Francesco Capaccio, Avvocato giuslavorista e Consulente del lavoro – un’equivalenza errata potrebbe comportare l’esclusione da una gara. È comprensibile, dunque, l’importanza che assume in questo preciso contesto il ruolo del consulente del lavoro. Le aziende devono essere supportate da figure professionali altamente competenti che sappiano verificare l’equivalenza normativa e retributiva dei contratti”. L’evento, che si è svolto nell’aula delle opportunità del centro congressi della stazione marittima di Napoli, ha registrato una notevole partecipazione di professionisti e interessati alla tematica.
(Adnkronos) - "Dove c'è mobilità c'è sviluppo, spesso questo aspetto si dimentica". Lo dichiara Diego Cattoni, amministratore delegato Autostrade del Brennero, in occasione dell’evento Adnkronos Q&A ‘Sostenibilità al bivio’."In Italia abbiamo circa 6mila km di autostrade, lo stesso numero di 50 anni pur in presenza di quantità di merci e persone che si spostano in maniera esponenziale" con "gran parte dell'export che transita proprio su Auto Brennero", aggiunge spiegando che "abbiamo tre società di trasporto merci su rotaia, questo rappresenta un piano di investimento importante, soprattutto sull'intermodalità: gomma-ferro-acqua-aria.