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(Adnkronos) - Sette anni dopo il piano di azione per la mobilità militare in Europa lanciato dalla Commissione Juncker nel 2018, la Commissione von der Leyen due ci riprova, puntando a creare una 'Schengen militare'. Il pacchetto presentato oggi, mercoledì 19 novembre, a Bruxelles propone un nuovo regolamento in materia di mobilità militare e una comunicazione congiunta. La Commissione mira inoltre a promuovere l'innovazione nel settore militare e a rafforzare l'industria della difesa europea, con una roadmap per la trasformazione dell'industria della difesa dell'Ue. Per migliorare la mobilità militare nell'Ue occorreranno investimenti pari a "100 miliardi" di euro, per ristrutturare "500 punti caldi" individuati come strozzature che ostacolano il movimento di truppe e mezzi in Europa. Investimenti che andranno completati entro "la fine di questo decennio", quindi bisogna iniziare ad investire "ora", ha sottolineato il commissario europeo ai Trasporti Apostolos Tzitzikostas, presentando a Bruxelles il pacchetto sulla mobilità militare approvato dal collegio. "Solide reti logistiche possono fare la differenza tra vincere e perdere una guerra", dice il commissario Tzitzikostas. Secondo il programma della Commissione, "nella maggioranza dei casi" verranno ristrutturate "infrastrutture per un duplice uso, militare e civile. La nostra agenda per il 2030 è molto chiara: questi progetti vanno completati entro la fine di questo decennio. Per completare i 500 punti caldi individuati occorreranno 100 miliardi di euro: dobbiamo iniziare ad investire adesso". Per il commissario alla Difesa Andrius Kubilius, "come diceva" il capo di Stato maggiore degli Usa John Pershing, "la fanteria vince le battaglie, la logistica vince le guerre". Il regolamento proposto dalla Commissione "armonizza le regole di trasporto, da 27 procedure nazionali di autorizzazione ad una singola procedura per tutta l'Ue".
(Adnkronos) - "Cominciamo con un paradosso. L’Italia di Dante — o, più in generale, l’Europa di allora — e l’Italia di oggi non sono così distanti come potremmo pensare. Il senso di continuo cambiamento politico, di un territorio frammentato in città grandi e piccole spesso in conflitto tra loro, è un’eredità diretta dell’epoca dei Comuni e delle Signorie, quando l’Italia era un mosaico di stati concorrenti. Questo retaggio di rivalità, questa difficoltà a unirsi attorno a uno scopo comune, è qualcosa che gli italiani riconoscono ancora oggi. Dante crebbe in questo mondo turbolento, e nei suoi scritti rese evidente che tali divisioni non erano solo politiche, ma anche morali — il segno di una società in perenne tensione con sé stessa". Così Fabio Corsico, direttore master in family business management, Luiss Business School, nel suo intervento alla Luiss di Roma per il lancio del libro di Santiago Iñiguez de Onzoño 'Dante in the workplace: how leaders can avoid the seven deadly'- 'Dante sul posto di lavoro: come i leader possono evitare i sette peccati capitali'. Corsico ha ricordato che "Firenze, alla fine del XIII secolo, non era soltanto una città di bellezza e d’arte; stava diventando una delle capitali finanziarie d’Europa — anzi, del mondo. I suoi mercanti e banchieri stavano gettando le fondamenta di ciò che sarebbe esploso nel Rinascimento. Famiglie come i Bardi, i Peruzzi e i Frescobaldi aprirono filiali in tutta Europa, finanziando re, papi e commerci internazionali. Utilizzavano nuovi strumenti finanziari, come la commenda e la colleganza, per raccogliere capitali e distribuire i rischi. Perfezionarono le lettere di cambio e le forme di credito che permettevano al denaro di muoversi più rapidamente delle merci. Firenze coniò il fiorino d’oro, una moneta la cui stabilità la rese la valuta più affidabile d’Europa. In breve, Dante visse nel cuore di un mondo che stava inventando la finanza moderna".
(Adnkronos) - "Asvis ha deciso di lanciare un progetto che si chiama Ecosistema Futuro. Con un vasto programma, cioè quello di mettere il futuro al centro della riflessione culturale, politica, sociale del Paese". Così Enrico Giovannini, direttore scientifico Asvis, nel suo intervento a 'Salute e benessere come priorità sociale', evento di apertura della Social Sustainability Week che si è svolto questa mattina presso il Palazzo dell’Informazione a Roma. "Come Asvis è attuatore dell'Agenda 2030, Ecosistema Futuro, che è un spin-off di Asvis, è l'attuatore del Patto sul futuro, una decisione delle Nazioni Unite di settembre 2024 con la quale viene chiesto a ogni Paese, tra le altre cose, di dotarsi di strutture di governance anticipante", spiega. Giovannini ricorda, poi, la modifica dell'articolo 9 della Costituzione del 2022, "che cita l'interesse delle future generazioni". Conseguentemente "il governo ha adottato la nostra proposta di creare la valutazione di impatto generazionale. Il Parlamento ha votato il testo definitivo qualche settimana fa, la Vig entrerà in vigore dopo il decreto attuativo e dice due cose: la prima è che bisognerà valutare l'impatto di tutte le nuove leggi in termini sociali e ambientali". Dopodiché, aggiunge, "il governo ha scritto il primo comma che dice: le leggi della Repubblica promuovono l'equità tra generazioni. Lo sottolineo perché capiate la potenza teorica, sperando che non diventi qualcosa di puramente burocratico, della rivoluzione: il combinato disposto del cambio della Costituzione e dell'adozione di questa legge". Dunque, conclude Giovannini, "se questi due passi che sono in linea con il Patto sul futuro verranno realizzati concretamente, forse recupereremo anche un po' di fiducia, dei giovani in particolare, nel sentire che chi è al comando ha un'idea di dove vuole andare ma soprattutto si sottopone alla valutazione pubblica dei propri atti. Una potenziale rivoluzione e spetta a tutti noi aiutare il governo ad attuarla nei prossimi mesi".