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(Adnkronos) - Il sistema sanitario e il sistema sociosanitario “a oggi non hanno mai dialogato". L’obiettivo è quello di “mettere insieme i distretti delle aziende sanitarie con i distretti sociosanitari e di essere un unicum, per essere in grado di prendere in carico l’utente. Allora ci sarà integrazione sociosanitaria e significherà risparmiare tante risorse". Lo dichiara l’assessore all'Inclusione sociale e Servizi alla persona Regione Lazio Massimiliano Maselli, intervenendo all’evento di apertura della Social Sustainability Week, in corso oggi al Palazzo dell’Informazione a Roma. L'assessore spiega come "se ricevesse una assistenza sociale una persona fragile over 80 che avrebbe bisogno solo di una badanza, non andrebbe ad accedere impropriamente al pronto soccorso", con evidenti benefici operativi. Intasando le strutture, conclude, "chi ha bisogno di un posto in reparto anziché trovarlo in due ore finisce per averlo in una settimana”. “Noi abbiamo trovato un sistema che era per niente digitalizzato. E non averlo, nella sanità, è stato davvero singolare: gli ospedali della Regione Lazio, fino all’insediamento della nostra giunta, lavoravano con i fax. Quindi la direzione regionale ha digitalizzato tutto il sistema”. “Poi c’era un altro fattore altamente negativo: il sistema privato accreditato non era dentro le agende e viaggiava per conto proprio. Se sei accreditato con la Regione, è evidente che devi far parte del circuito. Con l’introduzione dell’obbligo di essere dentro le agende, pena la revoca dell’accreditamento, il sistema è fortemente migliorato”.
(Adnkronos) - “Vogliamo dare un segnale, affermare che sul nucleare gli ingegneri hanno molto da dire. Vogliamo mettere a disposizione tutti i dati di cui disponiamo, in modo che chi di dovere possa prendere le decisioni più corrette in merito al nucleare italiano”. Con queste parole Remo Giulio Vaudano, vicepresidente vicario del Cni, ha dato avvio al convegno 'La nuova stagione nucleare. Prospettive di ripresa produttiva alla luce della Legge Delega 27/02/2025', un’occasione per riflettere su un tema di rilevanza strategica come l’energia, in particolare quella nucleare civile. “Nell’ambito della transizione energetica - ha affermato Angelo Domenico Perrini, presidente del Cni - il nucleare è fondamentale. Ancora oggi paghiamo le conseguenze delle decisioni del passato che hanno indotto il nostro Paese ad abbandonare questa fonte di approvvigionamento. Abbiamo condiviso la scelta del Ministero di ricominciare a discutere di nucleare e come Cni abbiamo deciso di dedicarvi uno specifico gruppo di lavoro. In tutte le attività umane il rischio zero non esiste ma può essere minimizzato. Il discorso vale anche per il nucleare che occorre perseguire riducendo il più possibile i rischi”. Nel corso della mattinata è intervenuto, in rappresentanza del Mase, Nicola Ippolito (coordinatore della Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile-Pnss) che ha ricordato come il Paese venga da quasi quaranta anni di assenza di produzione nucleare, sebbene abbia conservato tutte le competenze necessarie: si pensi che l’Italia sforna il 10% degli ingegneri nucleari europei. “Abbiamo messo assieme tutti i soggetti interessati - ha detto - al fine di fare il quadro della situazione e nel luglio dello scorso anno abbiamo inviato a Bruxelles il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima dal quale si evince che, relativamente alla domanda di energia elettrica, abbiamo la potenzialità per far sì che tra l’11 e il 22% di quel fabbisogno provenga dal nucleare. A quel punto mancava un quadro normativo organico che ora si è concretizzato attraverso la legge delega. Puntiamo a far sì che l’Italia torni ad essere protagonista”. Alberto Taglioni (gruppo di Lavoro del Cni sul nucleare, già funzionario Enea) che ha richiamato la stesura di un position paper sullo stato del nucleare italiano. Massimo Sapielli (gdl nucleare del Cni, già funzionario Enea) si è soffermato sul Programma nazionale per la produzione di energia nucleare sostenibile nell’ambito degli obiettivi di neutralità carbonica del 2050. Ha sottolineato come il nuovo approccio parta dal superamento delle esperienze nucleari precedenti con l’obiettivo di giungere ad un mix di produzione elettrica che comprenda anche l’elettronucleare. Ha richiamato, infine, il ruolo che possono svolgere in materia il Cni e gli ordini degli ingegneri, con particolare riferimento alla formazione. Roberto Ranieri (già funzionario Ispra) ha illustrato il quadro formativo e il licensing di nuovi impianti, soffermandosi sulla gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Quest’ultimo tema ha caratterizzato anche l’intervento di Angelo Papa (già direttore generale impianti nucleari del ministero dell’Ambiente) che si è soffermato sulle tecnologie e le procedure di smaltimento dei rifiuti radioattivi e il Deposito nazionale. Nella sessione dedicata alla progettualità ingegneristica e alla sicurezza del nucleare Franco Baretich (esperto ingegneria nucleare) ha approfondito la fonte di energia nucleare dall’emergenza energetica alla transizione ecologica. Ha rilevato che, tra gli elementi che hanno ostacolato lo sviluppo nel nostro paese, c’è il tema dei costi e alcune componenti psicologiche quali la paura di incidenti e lo smaltimento delle scorie che in realtà comportano un livello di rischio assai inferiore a molte altre attività umane. Ha sottolineato che il recupero della soluzione nucleare diventa necessario col crescere in maniera esponenziale del fabbisogno di energia, anche a causa dello sviluppo dell’uso delle criptovalute e dell’Ia. Massimo Sapielli, nel ricordare come l’Italia sia stata la pioniera a livello mondiale in tema di nucleare, a partire dal gruppo di via Panisperna guidato da Enrico Fermi, ha ripercorso l’evoluzione tecnologica nella costruzione dei reattori, sottolineando i vantaggi e l’efficacia dei moderni impianti. Gian Piero Bisceglie (già funzionario Ispra) ha illustrato il tema della protezione dalle radiazioni e del monitoraggio ambientale, soffermandosi su alcuni casi di scuola. Alberto Taglioni, poi, ha illustrato i programmi e le proposte del Cni in tema di formazione tecnica sul nucleare e di comunicazione. Infine, Sonia Bertocci (Ordine ingegneri di Torino) e Fosco Bianchi (Ordine ingegneri di Arezzo) hanno proposto il punto di vista sul tema dal loro osservatorio territoriale.
(Adnkronos) - Temperature estreme fino ai 38°C entro il 2050, forte stress idrico e inondazioni più frequenti. Questi i principali rischi emersi dallo studio sulla regione Toscana realizzato da Axa Climate e presentato in occasione dell’incontro a Lucca, nella sede di Confindustria Toscana Nord, dal titolo 'Cambiamenti Climatici. Prevenire e mitigare il rischio' organizzato dal Gruppo assicurativo Axa Italia. Con il Patrocinio di Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), Comune di Lucca e Regione Toscana, l’iniziativa prosegue sul territorio italiano dopo le tappe di Senigallia, Cervia, Treviso, Varese e Torino. Al centro dell’incontro, lo studio scientifico sul grado di rischiosità futuro, al 2050, della regione Toscana, realizzato da Axa Climate, società del Gruppo che si avvale di un team di oltre 20 PhD esperti in scienza e climatologia e data scientist. Tre gli ambiti di rischio prioritari per la regione: temperature estreme, inondazioni e stress idrico. Sul fronte delle temperature estreme, i modelli di Axa Climate prevedono un aumento delle temperature annuali su quasi tutta la regione Toscana, passando dai 30-34°C della baseline ai 34-38°C nel 2050. In particolare, sarà la parte centrale della regione ad essere particolarmente colpita da ondate di calore, con temperature che supereranno i 38°C nel 2050, contando 5 giorni in più in cui le temperature massime percepite all’ombra supereranno i 40°C. Le temperature estreme rappresenteranno una grande sfida soprattutto per Lucca e Firenze. A Lucca, le massime percepite all’ombra raggiungeranno i 46,5°C nel 2050 e saranno 7 i giorni in più con temperature all’ombra maggiori di 35°C. Firenze, invece, vedrà nel 2050 le temperature massime percepite all’ombra fino ai 50°C con 14 giorni in più di temperature all’ombra maggiori di 35°C. Il fenomeno delle ondate di calore influenzerà in modo significativo tutta la regione: i modelli di Axa Climate prevedono infatti temperature e durate mai raggiunte prima. Dal 2050, ogni 5-10 anni le temperature raggiungeranno i 38°C per 20 giorni all’anno con uno scenario più estremo di temperature fino a 41°C per 70 giorni all’anno. Gli episodi di inondazioni e piogge intense diventeranno sempre più frequenti con il cambiamento climatico. Già a marzo 2025 le province di Livorno, Pisa e Firenze hanno visto cadere in 24h l’equivalente del 300% della media mensile di alcune parti della regione con impatti molto importanti sul settore industriale, agricolo e turistico. L’aumento nei livelli di inondazioni pone, infatti, un rischio importante sulle infrastrutture critiche della regione: saranno principalmente i quartieri di Sant’Angelo in Campo e la zona al nord del fiume Serchio ad essere colpiti, causando un impatto diretto su alcune strade essenziali all’attività economica della Toscana, come l’A11 e l’E76 tra Pisa e Firenze. I livelli d’acqua raggiungeranno i 50-150cm intorno alla città di Lucca e fino a 4 metri in alcune parti delle autostrade. La Toscana sarà, inoltre, sempre più soggetta a stress idrico con intensificazioni del fenomeno nella parte nord, raggiungendo fino a quasi l’80% dell’acqua disponibile usata entro il 2050. Nell’altra metà della regione, dove il rischio viene già considerato 'estremamente alto', si accentuerà ulteriormente aumentando da 86% a 132% tra la baseline e il 2050. Infine, anche il rischio di frane rappresenterà un pericolo molto più importante per la regione nel 2050 rispetto ad oggi, con un impatto sia diretto, come ad esempio sulle popolazioni locali, che indiretto, come sulle infrastrutture e collegamenti. Con questo ciclo di incontri, Axa ha voluto porre l’attenzione su possibili azioni di prevenzione e mitigazione dei rischi climatici: da misure di sensibilizzazione o di revisione dei piani di emergenza e di business continuity, fino a potenziali misure di adattamento delle infrastrutture e delle attività aziendali. Tra queste, la piattaforma Altitude, il nuovo strumento di analisi del rischio climatico e della biodiversità, sviluppato da Axa Altitude, parte di Axa Climate, per aiutare le aziende a identificare l’esposizione dei propri siti ai rischi climatici, valutarne i potenziali impatti finanziari e definire la strategia di adattamento proponendo le misure di mitigazione più efficaci. Per Umberto Guidoni, co-direttore generale di Ania: “La protezione dalle catastrofi naturali è un tema centrale per il Paese, soprattutto alla luce dell’elevata fragilità, dal punto di vista idrogeologico, del nostro territorio e degli effetti del cambiamento climatico in atto. Per questo, la legge che impone a tutte le imprese di assicurarsi per i danni causati dalle calamità naturali è una grande opportunità per mettere in sicurezza il tessuto produttivo italiano. Siamo entrati nella fase conclusiva del percorso di adeguamento alla norma: per le aziende di grandi e medie dimensioni l'obbligo è già in vigore. L'auspicio è che anche le piccole, alle quali è stata concessa una proroga fino al 31 dicembre 2025, comprendano il grande valore delle polizze catastrofali per la tutela della loro attività”. "A pochi mesi dalla tappa di Torino, torniamo con il ciclo di incontri sui cambiamenti climatici, giunti al loro sesto appuntamento, questa volta a Lucca in Toscana - spiega Letizia D’Abbondanza, Chief Customer External Communication Officer del Gruppo Axa Italia - L’iniziativa, che ha come obiettivo quello di diffondere maggiore consapevolezza sui rischi climatici e sulle strategie di mitigazione e prevenzione, sottolinea l’impegno di Axa nel supportare la società nella transizione climatica con un approccio a 360°. Il cambiamento climatico, che si attesta nuovamente come primo rischio percepito a livello globale secondo il nostro Future Risks Report, richiede azione immediata e collettiva e come assicuratori abbiamo un ruolo sociale fondamentale nel promuovere una cultura della prevenzione basata su dati scientifici, proporre soluzioni concrete e contribuire a costruire un percorso di sviluppo sostenibile, in una logica di collaborazione pubblico-privata”.