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(Adnkronos) - Una professione in forte espansione e con il desiderio di continuare a crescere nel futuro, grazie soprattutto alla diversificazione dei servizi e all’innovazione tecnologica. È il quadro che emerge dall’indagine sull’evoluzione della professione del consulente del lavoro, realizzata dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, e presentata oggi a Napoli alla Convention nazionale in occasione del 60° anniversario della categoria. L’indagine è stata svolta a settembre 2025 su un campione di 5.363 consulenti del lavoro, e ha approfondito l’organizzazione degli studi, l’offerta di servizi e il rapporto con gli altri professionisti, con particolare attenzione ai processi di innovazione. Secondo l'indagine, la trasformazione del tessuto degli studi, particolarmente accentuata nel post Covid, ha trovato riscontro nel positivo andamento economico. Secondo i dati Enpacl, i volumi d’affari medi dei consulenti del lavoro sono passati da 87.332 euro del 2019 a 111.711 del 2024, per una crescita del 27,9%. Solo nell’ultimo anno l’aumento è stato del 7,8%. Guardando alle ricadute sulle realtà dei singoli studi, è il 40,1% a registrare un aumento del fatturato tra 2023 e 2025. Il 46,7% afferma che è rimasto sugli stessi livelli mentre il 13,2% indica diminuzione. Le previsioni per il 2025 sono all’insegna della stabilità (59,2%); il 21,3% afferma che ci sarà un aumento, il 14% prevede una diminuzione. Al Nord Est, quasi la metà degli studi registra un incremento (48,3%) nell’ultimo triennio; in tutto il Nord risulta più alta anche la quota di studi che prevede crescita di fatturato nel 2025 (25% circa). La dimensione organizzativa, secondo l'indagine, risulta decisiva nel determinare le performance. Tra gli studi associati e Stp, la quota di quanti registrano un aumento di fatturato è maggioritaria. In particolare, tra gli studi in cui tutti gli associati sono consulenti del lavoro si arriva al 51,4%, a fronte del 45,8% delle strutture interprofessionali. Migliore efficienza organizzativa e diversificazione delle attività fanno volare il giro d’affari. Oltre alla crescita della domanda di servizi professionali (54,6%), tra i fattori che i consulenti individuano decisivi nel promuovere la crescita del giro d’affari vi è il cambiamento che gli studi hanno attuato negli ultimi anni, con una migliore efficienza organizzativa rispetto al passato (23,3%) e l’introduzione di nuovi servizi da offrire alle imprese (20%); anche le opportunità derivanti da cambiamenti normativi/nuove compliance richieste alle imprese e le collaborazioni con altri studi professionali sono stati un incentivo importante alla crescita del volume d’affari. Coerentemente con l’evoluzione della modalità di esercizio degli studi professionali dei consulenti del lavoro crescono le dimensioni degli stessi. Rispetto al 2021, diminuisce la quota di professionisti individuali (che non si avvalgono di alcun collaboratore) dal 36% al 30,8%. Di contro, la quota di studi con più di 3 persone (tra professionisti, collaboratori e personale di segreteria) aumenta dal 35,4% al 42,5%. Nel 2025 il 30,8% è composto dal solo titolare, mentre la maggioranza degli studi individuali ha almeno un collaboratore. Complessivamente, il 26,7% degli studi è composto da 2/3 persone, il 28,3% da 4/9 persone e il 14,2% da più di 9 figure, tra titolari e collaboratori. Le dimensioni risultano fortemente differenziate a seconda delle modalità di organizzazione dell’attività. Tra i titolari di studi professionali associati con altri consulenti del lavoro, il 40% ha più di 9 addetti; una quota che sale ulteriormente tra i titolari di studi associati anche con altri professionisti (44,7%). I cambiamenti intervenuti nella struttura organizzativa degli studi hanno fatto crescere negli ultimi anni anche la quota di consulenti del lavoro occupata come dipendente o collaboratore presso gli stessi. A fronte dell’87,5% che esercita la libera professione, vi è infatti un 12,5% che lavora prevalentemente come dipendente o collaboratore di studio. Tra i giovani con meno di 40 anni, la quota di dipendenti e collaboratori sale al 44%. Tale condizione, per una quota rilevante di rispondenti, appare legata ad una fase transitoria, di passaggio: il 25,7% dei collaboratori di studio (tra i giovani la percentuale sale al 36,6%) sta facendo esperienza nell’ottica di mettersi in proprio nel futuro. Il 17,3% (tra i giovani il 22,8%) afferma invece di non avere risorse economiche sufficienti per avviare un’attività in proprio, mentre un altro 17,7% chiama in causa condizione di vita personali che non permettono lo svolgimento dell’attività autonoma (tra le donne il 21,1%). Solo l’8,3% dichiara di preferire il lavoro dipendente: a questi si aggiunge il 21,3% che reputa il mercato troppo complesso e l’attività in proprio troppo rischiosa e faticosa.
(Adnkronos) - “Mt Srl, azienda metalmeccanica romagnola, ha intrapreso un percorso di welfare aziendale e benessere organizzativo che rappresenta un esempio concreto di innovazione nel mondo delle pmi. Il progetto, sviluppato in collaborazione con Walà srl, società benefit specializzata in progetti strategici di welfare e benessere organizzativo, ha affiancato Mt garantendo una consulenza personalizzata e continua, lavorando a quattro mani con il team hr interno”. Sono le dichiarazioni di Gianluca Marchetti, presidente di Mt Srl, in occasione della seconda edizione del Global Welfare Summit, il principale appuntamento italiano dedicato all’evoluzione del welfare, dedicata alle 'Eccellenze che ispirano' e svoltasi a Villa Miani a Roma. L'Osservatorio Italian Welfare ha assegnato all’azienda è stato assegnato il Premio Global Welfare. “L’obiettivo della nostra azienda era quello di migliorare la qualità della vita lavorativa e rafforzare il senso di comunità. A questo scopo è stata attivata una strategia di comunicazione chiara e continuativa, pensata per rendere le persone partecipi in ogni fase del progetto - spiega Marchetti - Azione centrale all’interno del progetto di Mt è stato l’ascolto delle persone, avvenuto tramite Win – what i need, lo strumento di profilazione dei bisogni sviluppato da Walà, che ha permesso di comprendere in profondità le esigenze reali dei lavoratori e delle lavoratrici. Sulla base dei risultati emersi e dei feedback raccolti, è stato poi avviato un processo di co-progettazione degli interventi di welfare, condiviso con le parti sociali e orientato a rispondere in modo concreto sia ai bisogni delle persone sia agli obiettivi aziendali". “Tra le azioni realizzate, l’organizzazione di Welfare Day con il coinvolgimento diretto di tutti i collaboratori e di tutte le collaboratrici; - illustra - la formazione di una figura interna di riferimento sul tema welfare, a garanzia della continuità del progetto; le iniziative che valorizzano il legame con il territorio e promuovono un modello di impresa sostenibile e attenta al benessere collettivo. Abbiamo scelto -continua- di avviare questo percorso perché crediamo che il welfare aziendale non debba limitarsi a offrire benefit, ma rappresenti un lavoro di senso fatto con e per le persone. Grazie al supporto di Walà abbiamo potuto ascoltare davvero le persone, costruendo insieme un progetto che genera valore concreto per chi lavora con noi e per la comunità in cui operiamo. Il progetto ha confermato come anche una pmi possa strutturare un piano strategico e partecipato di welfare, in grado di rafforzare il senso di appartenenza, migliorare il clima aziendale e contribuire al benessere del territorio”, conclude Marchetti.
(Adnkronos) - "L'Italia è il primo paese al mondo, attraverso il consorzio Biorepack, ad occuparsi del riciclo organico degli imballaggi compostabili. Questo avviene perché l'Italia è in Europa il Paese che raccoglie di più e meglio la frazione organica dei rifiuti organici". Così Marco Versari, presidente Consorzio Biorepack, intervenendo all’appuntamento Adnkronos Q&A, 'Sostenibilità al bivio', questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma. "Il rifiuto organico rappresenta il 40% dei rifiuti che noi produciamo ogni giorno, è la parte più grossa ed è anche quella più difficile da raccogliere. Quindi bisogna trovare il modo di aiutare i cittadini a raccoglierla. Ed essendo il Paese che da ormai 30 anni fa la raccolta della frazione organica, anche se è diventata obbligatoria dal 2022, l'Italia si è inventata dei materiali che si comportano come la plastica quando li adoperi, ma si comportano come la frazione organica quando li metti negli impianti di trattamento della frazione organica. In questo modo poi producono energie e compost", spiega Versari. Il sacchetto prima, "poi sono arrivate le buste della spesa, piatti, posate, bicchieri". Quindi, conclude: "C'è chi fa la raccolta, c'è chi produce gli imballaggi e ci sono quelli che li riciclano e quindi noi chiudiamo il cerchio, lavorando con i Comuni e mettendo a loro disposizione le risorse della responsabilità estesa dei produttori".