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(Adnkronos) - Doppio oro azzurro. L’Italia vince due volte agli Europei di cross di Lagoa, in Portogallo, con una doppia conferma dei successi dell’anno scorso. Nadia Battocletti è regina per la seconda volta di fila, padrona della gara senior, e diventano sei i titoli in carriera nella sua collezione straordinaria contando anche quelli giovanili. Italia di nuovo a segno con la staffetta mista di Gaia Sabbatini, Sebastiano Parolini, Marta Zenoni e Pietro Arese. Nadia Battocletti trionfa agli Europei di cross di Lagoa per il secondo anno consecutivo nella categoria assoluta e conquista la sesta medaglia d'oro nella manifestazione dopo le due da junior e le due da under 23: nessuna come lei. Curve a ripetizione, terra battuta, brevissimi tratti in erba: un cross anomalo ma l'azzurra sa interpretare ogni percorso. È sempre nelle posizioni di testa per non incorrere in cadute su un tracciato piuttosto stretto, quindi restano in tre a metà gara con la britannica Megan Keith, bronzo europeo dei 10.000, e la turca Yasemin Can, quattro titoli europei di campestre in bacheca. Il momento chiave è sulla discesa del penultimo giro, a un paio di chilometri dal termine: l'azzurra sferra l'attacco decisivo e piega le due rivali restando da sola a prendersi gli applausi del pubblico nel giro conclusivo. Battocletti chiude i 7,470 km in 24:52, argento a Keith in 25:07, bronzo a Can (25:13). È il coronamento di una stagione da sogno che l'ha vista vincere l'argento dei 10.000 ai Mondiali di Tokyo e il bronzo dei 5000, oltre al titolo europeo dei 10 km su strada. Si festeggia il terzo oro nelle ultime quattro edizioni per gli azzurri, già campioni d’Europa a Piemonte 2022 oltre che ad Antalya 2024. La Turchia è l'unica a scegliere l'uomo per la prima frazione di 1,3 km, tutte le altre si affidano alle donne, Italia compresa con Gaia Sabbatini che cambia al settimo posto con Sebastiano Parolini che inizialmente marca stretto tutti gli avversari più insidiosi e poi si porta in testa, riprendendo la staffettista turca. Al passaggio del braccialetto che funge da 'testimone' sono praticamente appaiate Italia e Francia dopo altri 1,510 km con la Gran Bretagna a un soffio. È proprio la frazionista GB a prendere il comando nella terza frazione (ancora di 1,510 km) ma Marta Zenoni non ci sta a restare dietro e dà fondo a tutte le proprie energie per riportarsi davanti a tutti. Il compito finale spetta a Pietro Arese come già nella passata edizione: il vantaggio da gestire su Gran Bretagna e Francia è ampio ma non rassicurante con 1,640 km da percorrere, dalle retrovie scalpita il portoghese campione del mondo dei 1500 Isaac Nader che progressivamente riacciuffa la seconda posizione. Ma l'oro è troppo lontano perché Arese non cede e conferma l'Italia sul gradino più alto del podio in 17:12, argento al Portogallo (17:16) e bronzo alla Gran Bretagna (17:17). Una nuova gioia per tre dei quattro campioni d’Europa della scorsa stagione (Parolini, Zenoni, Arese) e anche per la prima frazionista Sabbatini, protagonista del successo di tre anni fa.
(Adnkronos) - Sul dazio al 15% negli Usa per il pecorino romano "noi assolutamente non abbiamo intenzione di arrenderci, continuiamo a lavorare nella direzione del dazio zero. Oggi esiste da parte dell'Unione Europea una lista di prodotti candidati al dazio zero, ovviamente all'interno della quale è presente a pieno titolo il pecorino romano. Questo perchè in occasione dei dazi del 2019 il pecorino romano fu l'unico prodotto che venne escluso dai dazi, in quanto vennero riconosciute delle caratteristiche particolari di produzione, di filiera, che di fatto noi stiamo cercando di riproporre anche oggi. Ci stiamo lavorando in maniera assoluta e in prima linea". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano, sottolinea l'impegno per 'bloccare' il dazio al 15% negli Usa per uno dei prodotti simbolo del made in Italy che sottolinea come "La notizia più impattante sul nostro business nel 2025 ovviamente sono i dazi Usa. Non c'era mai stato finora un dazio sul pecorino romano, e quindi questo 15% pesa in maniera importante, soprattutto su quel segmento del nostro prodotto che è destinato all'industria alimentare, dove il pecorino romano viene utilizzato come ingrediente per la preparazione di piatti pronti, salse e quant'altro", spiega. E Maoddi sottolinea che "il mese scorso siamo stati presenti più di una settimana a Washington dove abbiamo fatto degli incontri in ambasciata con dei senatori americani. Siamo stati in congresso per perorare la nostra causa, spiegando ai senatori le caratteristiche del pecorino romano affinché lavorassero insieme a noi per in qualche modo esonerare il nostro prodotti da questi dazi". E Maoddi non perde le speranze. "Mi piace essere ottimista, in queste ultime settimane si sta nuovamente parlando della possibilità di considerare questa lista di prodotti a dazio zero. Devo purtroppo però segnalare che la considerazione di questa lista è una conseguenza al completamento di alcune azioni da parte dell'Unione Europea che di fatto purtroppo non sono state terminate. Tanto che qualcuno l'altro giorno in una riunione alla quale noi abbiamo partecipato, visto che facciamo parte della task force dazi istituita presso il ministero degli Esteri, sosteneva che questo completamento di compiti da parte dell'Unione Europea l'avremmo in qualche modo visto verso fine gennaio e primi febbraio. E quindi in quell'occasione gli Stati Uniti dovranno considerare ovviamente ciò che gli abbiamo proposto, e che è ancora vincolato a queste ultime iniziative dell'Unione Europea", spiega. Gli effetti concreti dei dazi Ma sugli effetti concreti dei dazi sulll'export di pecorino romano però Maoddi è ancora cauto e c'è un perché. "Ad oggi -spiega- a causa anche dello shutdown che c'è stato negli Usa per 45 giorni, dal primo di ottobre fino al 15 di novembre, abbiamo i dati sull'export fermi al 31 di agosto. Dati che sottolineo sono ottimi perché di fatto le esportazioni rispetto allo stesso periodo del 2024 segnano un incremento di circa il 9%. Siamo consapevoli del fatto che il mese di settembre e di ottobre saranno mesi che porteranno giù questa percentuale. Questo perché sappiamo che ci sono stati acquisti speculativi soprattutto concentrati nel mese di aprile scorso, quello di annuncio dei dazi, e nel mese di agosto, che è il mese nel quale i dazi sono stati confermati al valore del 15%", sottolinea il presidente del Consorzio del Pecorino romano dop. E Maoddi sottolinea come il dazio al 15% sul mercato Usa "sicuramente pesa molto meno sul canale retail, dove comunque avendo un prezzo già importante ed essere appunto destinato a un consumatore alto spendente, è ovvio che 1,50-1,80 di dazio sul valore di partenza del formaggio ha un'incidenza al chilo molto inferiore sul consumatore finale rispetto all'industria", sottolinea. Per Maoddi è quindi prematuro tracciare un bilancio sugli effetti dei dazi per il pecorino romano sul mercato americano. "Sicuramente c'è un magazzino importante sul mercato americano -spiega Maoddi- e oggi è onestamente prematuro fare un bilancio della reazione del mercato, dovranno passare almeno altri 4-6 mesi per capire bene cosa succederà. Analizzando in maniera fredda e fermandoci a una data precisa che è quella del 31 agosto sicuramente i numeri sono della nostra parte", sottolinea. Gli effetti sul mercato italiano Ad oggi "il maggior problema derivante dai dazi Usa per il pecorino romano nasce sul mercato nazionale, che è molto attendista rispetto a un possibile calo sul mercato americano e di conseguenza i consumi e i prezzi sono un po' in calo. C'è da registrare che dal mese di agosto a oggi le quotazioni mercuriali del pecorino romano hanno perso circa 70 centesimi al chilo, appunto perché c'è stato questo rallentamento di consumi sul mercato interno", spiega Maoddi. Per Maoddi, una situazione che "speriamo ovviamente di superare quanto prima anche perché è speculativa. Il mercato interno, infatti, è attendista su un eventuale ribasso dei consumi americani, ma questo effettivamente nel momento ancora non lo registriamo. Registriamo purtroppo però un rallentamento delle vendite sul mercato nazionale e un conseguente ribasso del prezzo, che al momento è abbastanza controllato, però comunque sia è pur sempre un ribasso", aggiunge. Il bilancio del 2025 "Il 2025 lo voglio reputare ancora un anno positivo, perché un anno è formato da 12 mesi e sicuramente non tutti questi hanno segnato un rallentamento e un calo. Anzi abbiamo avuto anche dei mesi nei quali il valore del pecorino è cresciuto, come dal mese di aprile al mese di agosto quando i magazzini si stavano alleggerendo e di conseguenza c'era una richiesta maggiore di vendita di prodotto che stava terminando, e mi riferisco alla produzione del 2024. Con l'ingresso della produzione del 2025 c'è stato un po' questo rallentamento. Stiamo parlando di quantità di merci importanti che vengono comunque offerte sul mercato e di conseguenza hanno rallentato un pochino l'andamento delle vendite. Niente di drammatico, è sicuramente una situazione da monitorare, ma non è sicuramente drammatica", spiega Maoddi che ricorda come il Consorzio rappresenta un comparto composto "da circa 8.500 aziende agricole, quindi parliamo di all'incirca 12.000 allevatori, per un totale di circa 25.000 addetti tra allevatori e operai dei caseifici, stabilimenti ovviamente di trasformazione e di confezionamento. Il fatturato alla produzione è pari a circa 450 milioni di euro e circa 600 milioni di euro al consumo". Un comparto importante per i territori su cui insiste. "Soprattutto per la Sardegna -spiega Maoddi- dove rappresenta circa il 40% del Pil agricolo. La produzione totale di circa 360 mila quintali di prodotto vendibile è destinata per il 70% all'esportazione, e quindi evidentemente non c'è un prodotto in Italia che ha una vocazione all'esportazione come il pecorino romano. Circa quindi 100 mila quintali sono venduti sul mercato interno in Italia, dove all'incirca il 40% è destinato alla gdo, il 60% tra il global trade e l'industria, perché anche in Italia viene utilizzato parecchio nell'industria, quindi nella preparazione di salse, piatti pronti e quant'altro". E Maoddi chiarisce che del 70% destinato all'esportazione "circa il 60%, ovvero il 40% del 100 quindi del totale vendibile, viene esportato negli Stati Uniti, che è il primo mercato in assoluto, con all'incirca 130 mila quintali di prodotto, quindi superiore alla quantità venduta in Italia. Il secondo mercato è l'Unione Europea, con circa 55 mila quintali di prodotto, e poi seguono paesi come il Canada, il Giappone, l'Australia e via discorrendo". E Maoddi sottolinea che rispetto al pecorino romano altri prodotti dell'agroalimentare "come il latte di vacca, oggi hanno sicuramente dei problemi molto più grossi, anche perché per quanto ci riguarda stiamo mettendo in campo tutta una serie di iniziative che io sono convinto che porteranno dei benefici nel breve e medio periodo". E Maoddi ricorda l'importanza "del 'bando indigenti' da oltre 12 milioni che ha reso disponibile il Masaf, con il ritiro dal mercato di quantità di formaggio che verranno distribuiti agli indigenti nazionali attraverso le Croce rosse e tutti gli enti caritatevoli. È una quantità importante, 5 milioni e 8 sono disponibili nell'immediato, quindi entro dicembre probabilmente partirà il primo bando, e gli altri 7 milioni e 400mila sicuramente non appena terminerà questo primo bando. Oltre a questo la Regione Sardegna si è resa disponibile di integrare con 5 milioni subito e 5 milioni entro giugno questo bando e quindi da 12 milioni e 8 passiamo a 22 milioni e 800mila e inoltre sempre la Regione Sardegna ha dato disponibilità per l'utilizzo da parte delle aziende e ovviamente della filiera del pecorino romano di un fondo di rotazione che è presente presso la finanziaria regionale, attraverso la quale finanziare i magazzini delle aziende che in questo momento hanno maggiore necessità appunto di liquidità, con altri 14 milioni", sottolinea. "Infine anche la Regione Lazio -conclude Maoddi- si è resa disponibile di intervenire, ovviamente per la quota di competenza di produzione laziale e parliamo sempre di un 5-6% della produzione, con un milione di euro che anch'esso verrà utilizzato a supporto appunto di questi bandi indigenti. Ci sono quindi in campo strumenti per circa 40 milioni di euro che se spesi e utilizzati bene possono dare beneficio immediato al comparto", conclude. (di Fabio Paluccio)
(Adnkronos) - "Dall'inizio di quest'anno c'è l'obbligo di introduzione del 25% di riciclato nelle bottiglie, quindi andiamo a toccare con mano e abbiamo toccato con mano dal vivo in questo 2025 che cosa vuol dire obbligare qualcuno a mettere del riciclato". Queste le parole di Corrado Dentis presidente Coripet, il consorzio autonomo, volontario che opera nella raccolta e nell'avvio a riciclo dei contenitori per liquidi in Pet, intervenendo alla Conferenza Nazionale Industria del Riciclo 2025, promossa dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile con Conai e Pianeta2030, con il patrocinio di Mase e Commissione Europea. "Abbiamo dato il 25% di riciclato, quello che è obbligatorio per legge, a tutti i consorziati produttori – prosegue Dentis – quindi rispettano gli obblighi normativi. Questo l'abbiamo fatto grazie ad una catena di custodia che parte dalla raccolta e segue tutta la filiera fino alla consegna ai soci di un Pet riciclato di altissima qualità, qualitativamente elevato. Abbiamo condotto in questi anni assieme all'Università Federico II di Napoli uno studio completo su più di mille campionature effettuate su tutta la filiera. La capacità di produzione del polimero in estremo oriente è 12 volte superiore a quella di tutta l'Europa. Quindi abbiamo dimensioni e dinamiche non comparabili. Siamo riusciti, ciononostante, attraverso questo nuovo modello, a garantire i presupposti per ottemperare alla legge, dando ai nostri soci un polimero, peraltro, a condizioni economiche estremamente stabili, che è tracciato made in Italy (dalla raccolta alla produzione) e rispetta perciò anche le norme che prevedono l’obbligo di utilizzo di E-Pet europeo”. “Il nostro modello riguarda più del 40% dell’immesso a consumo e auspichiamo che anche tutti gli altri produttori sposino il modello Coripet. Ma al momento la restante quota di mercato, approfittando di un vuoto normativo privo di sanzioni, non rispetta gli obblighi, continuando ad usare il Pet vergine di importazione, favorito da un prezzo più basso. Questo è un qualcosa che va colmato a stretto giro, anche perché la concorrenza, quella che arriva dalla Cina, riguarda sia il polimero vergine che sui polimeri riciclati”.