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(Adnkronos) - È ufficiale: la leggendaria spada laser di Darth Vader ha cambiato proprietario per la cifra record di 3,6 milioni di dollari, pari a circa 3,4 milioni di euro. Con questa vendita, avvenuta durante un'asta organizzata da Propstore a Los Angeles, l'iconico cimelio di 'Star Wars - Guerre stellari' è diventato il più costoso oggetto legato alla saga, superando persino il modellino dell'X-Wing venduto nel 2023 per 3,1 milioni di dollari. La spada laser fu utilizzata nei film 'L'Impero colpisce ancora' (1980) e 'Il ritorno dello Jedi' (1983) durante le epiche battaglie tra Darth Vader e Luke Skywalker. A impugnarla furono sia David Prowse, l'attore che interpretava fisicamente il Sith, sia il suo stuntman Bob Anderson. La versione battuta all'asta è quella di scena, ovvero senza la lama, rimasta per oltre 40 anni in una collezione privata americana. Per certificarne l'autenticità, gli esperti hanno confrontato i segni d'usura visibili nel film con quelli presenti sull'oggetto reale. Dal punto di vista tecnico, la spada laser è un piccolo capolavoro artigianale: costruita a partire da un vecchio flash fotografico, include componenti elettronici di recupero come una scheda da calcolatrice, bulloni e cablaggi decorativi. Un design geniale concepito dall'Oscar Roger Christian. La vendita ha visto all'asta oltre centinaia di oggetti iconici del grande schermo: la frusta, cintura e astuccio di Indiana Jones ('L'ultima crociata', 1989) venduti per 485.100 dollari (circa 454.000 euro); il neuralizzatore di 'Men in Black' (1997), ancora funzionante, battuto per 315.000 dollari (circa 295.000 euro) a fronte di una stima iniziale di 150.000; l'elmo di Sauron da 'Il Signore degli Anelli' venduto per 289.800 dollari (circa 272.000 euro); il ciak a forma di dente di squalo usato in 'Lo squalo' (1975), venduto per 94.500 dollari (circa 89.000 euro); il flauto Ressikano di Jean-Luc Picard ('Star Trek: The Next Generation'), battuto per 403.200 dollari (circa 378.000 euro).
(Adnkronos) - Il mondo del lavoro cambia rapidamente, ma il sistema formativo italiano fatica ancora a tenere il passo. Pur in presenza di investimenti in orientamento e nel potenziamento dell’offerta didattica, permane un divario rispetto ai reali fabbisogni espressi dal mercato, con effetti sulla capacità del Paese di valorizzare le competenze disponibili. Le immatricolazioni universitarie per l’anno accademico 2024/2025 confermano una tendenza consolidata: crescono le iscrizioni nei corsi con minori sbocchi occupazionali – come psicologia (+94% negli ultimi dieci anni), lettere e filosofia (+46%), scienze della formazione (+46%) e arte e design (+40%) – mentre restano insufficienti quelle in settori chiave come ingegneria, informatica ed economia. Ogni anno mancano oltre 22 mila laureati in ingegneria, 14 mila in ambito economico e 7 mila in quello medico-sanitario. Un divario che rischia di ampliarsi, mettendo in difficoltà le imprese nella ricerca di competenze adeguate. È quanto emerge dalla nota della Fondazione studi consulenti del lavoro, 'Formazione e lavoro: un gap destinato a crescere', che analizza i dati occupazionali e scolastici tra il 2019 e il 2024 e ne proietta le criticità fino al 2029. A un anno dalla laurea (dati AlmaLaurea), il tasso di occupazione varia sensibilmente a seconda del percorso scelto: si passa dal 93,4% per ingegneria industriale e 92,6% per informatica, al 79,8% per giurisprudenza, 71,6% per lingue, 68,7% per arte e design, 61,5% per l’area umanistica e 60% per psicologia. Un dato che sorprende, soprattutto considerando che nello stesso periodo l’occupazione giovanile è aumentata. Tra il 2019 e il 2024 il tasso per i 18-29enni è salito dal 39,1% al 42,7%, con un incremento ancora più marcato tra i laureati (dal 48,7% al 55,3%). Un progresso ancora insufficiente a colmare il divario tra competenze disponibili e richieste. Ma non solo. Permane uno squilibrio di genere: nei corsi di educazione e formazione le donne sono il 93,8% degli immatricolati, mentre restano poco presenti nei percorsi tecnico-scientifici, quelli con le maggiori opportunità di impiego. Lo stesso disallineamento si osserva nella scuola secondaria: nell’anno scolastico 2024/2025 oltre il 51% degli studenti ha scelto un liceo, mentre gli istituti professionali – più aderenti ai fabbisogni occupazionali – si fermano al 15,4%, in calo del 19,3% rispetto al 2018/2019. Nel quinquennio 2025-2029, secondo Unioncamere, le imprese avranno bisogno ogni anno di oltre 135 mila diplomati da percorsi professionali, ma il sistema ne fornirà solo 70 mila. Si prevede così una carenza strutturale di circa 65 mila unità l’anno, soprattutto nei settori dell’edilizia, meccanica, elettrico, agroalimentare e amministrazione. Gli interventi su orientamento e offerta formativa, seppur significativi, non si sono ancora tradotti in un impatto concreto sull’allineamento tra formazione e occupazione. “Va costruito un ponte solido tra scuola e lavoro, affinché ogni giovane possa accedere a percorsi di studi realmente in linea con le esigenze del mercato del lavoro", ha dichiarato Rosario De Luca, presidente del consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro. “In molte aree del Paese, infatti, l’offerta formativa resta carente, soprattutto nei settori tecnicoscientifici, e non tutte le famiglie hanno la possibilità di sostenere costi importanti legati agli studi universitari fuori sede. È importante investire in un sistema formativo di prossimità e coerente con i fabbisogni occupazionali, in grado di valorizzare i talenti e accompagnarli verso opportunità concrete”, ha concluso.
(Adnkronos) - Fire accoglie "favorevolmente il decreto di revisione del meccanismo dei Certificati bianchi da poco firmato dal Mase ed attualmente all’esame della Corte dei Conti. Le nuove regole introducono una maggiore flessibilità e semplificazioni sia per i proponenti che per la presentazione dei progetti, oltre a definire gli obblighi fino al 2030 in linea con le previsioni del Pniec". "Questo induce ad essere ottimisti circa la continuità della crescita del meccanismo in atto da qualche anno - osserva Fire - La conferma dei vari meccanismi di flessibilità, con riduzione progressiva dei titoli virtuali negli anni, consentirebbe comunque di affrontare eventuali periodi di carenza di Tee senza eccessivi traumi. La previsione di introdurre uno schema d'aste, che sarebbe stato utile per promuovere interventi non sufficientemente supportati dei certificati bianchi, è declassata a possibilità, ma comunque rimane e dunque lascia aperto uno spiraglio". In sintesi, "per quanto riteniamo che sarebbe possibile introdurre misure più spinte per ottenere di più da questo schema, riteniamo che sia stato fatto un passo avanti positivo e che ci sia spazio per ulteriori rafforzamenti nei prossimi anni, nell'interesse delle imprese, degli enti e del Paese. Come Fire continueremo a collaborare con le istituzioni di riferimento in quest'ottica".