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(Adnkronos) - L'età avanza, la massa muscolare diminuisce. E' l'attività fisica diventa sempre più importante. I benefici di un esercizio regolare sono noti per la salute del cuore, la perdita di peso, il controllo di colesterolo e glicemia. L'allenamento, moderato e senza esagerare, è indicato per tutte le età e diventa ancor più importante quando si taglia il traguardo dei 40 anni. Lo evidenzia il professore Phillip Williams, professore al Dipartimento di chirurgia ortopedica al Baylor College negli Stati Uniti, ponendo l'accento su un elemento in particolare: la forza. "L'allenamento per la forza dovrebbe essere l'esercizio principale per chiunque abbia più di 40 anni", dice Williams facendo riferimento a "qualsiasi tipo di allenamento che preveda l'uso di pesi: sia che si tratti di pesi per la parte superiore del corpo, sia pesi per la parte inferiore del corpo". Senza sostanziale distinzione tra "pesi liberi o pesi per macchine a cavi". Chi ha raggiunto e superato i 40 anni dovrebbero allenarsi con i pesi almeno due volte a settimana per migliorare la forza secondo il professore. L'attività, secondo Williams, può essere svolta in modalità differenti: vanno benissimo 30 minuti in palestra con manubri per braccia e gambe. Il chirurgo ortopedico, come evidenzia il sito del Baylor College, sottolinea l'opportunità di suddividere il programma complessivo in 2 giornate per allenare ogni parte del corpo. Il primo giorno sarà dedicato alla parte superiore del corpo: manubri, macchinari a cavi, trazioni alla sbarra. Il secondo giorno, dopo adeguato recupero, si può dedicare alle gambe e non è indispensabile utilizzare esclusivamente attrezzi: anche gli squat, che possono essere eseguiti in casa senza nessun problema, si rivelano utili. Il programma suggerito da Williams non comprende allenamenti ad alta intensità, che potrebbero sottoporre il corpo ad uno stress eccessivo in assenza di adeguata preparazione. "Un allenamento con i pesi efficace offre maggiori vantaggi. È possibile ottenere benefici per i muscoli con qualche giorno di allenamento con i pesi, aggiungendo un po' di attività aerobica moderata", dice il chirurgo ortopedico. Più cautela va adottata da chi è reduce da un lungo periodo di stop o si attiva per invertire la rotta rispetto ad una vita sedentaria. In questo casi, Williams consiglia di iniziare dedicando tempo ed energie a camminare per 30 minuti al giorno: "Un po' di attività è meglio di niente. Non bisogna sentirti scoraggiati dal confronto con chi va in palestra".
(Adnkronos) - E’ la patria della paella, il più internazionale dei piatti spagnoli, e la sua cucina esprime quanto di meglio ha da offrire la Dieta mediterranea. Con un’offerta culinaria che spazia dalle conviviali tapas al fine dining, dallo street food alle risotterie, Valencia è una vera meta per foodies. La terza città della Spagna riflette proprio nella tradizione gastronomica i suoi oltre duemila anni di storia, che hanno visto passare Romani, Visigoti, Musulmani e Cristiani. Che sia per un pellegrinaggio nella Cattedrale dove è custodito il Santo Calice o per una passeggiata tra le architetture avveniristiche dell’archistar Calatrava alla Città delle Arti e della Scienza, il turista in visita a Valencia, su tutte, ha un’esperienza d’obbligo, quella gourmet. E se tra gli edifici gotici e barocchi della Ciutat Vella la scelta non manca, a dare una mano ad orientarsi tra le infinite proposte torna in questi giorni una iniziativa imperdibile per gli amanti del buon mangiare: il Festival Cuina Oberta (https://valenciacuinaoberta.com/). Per dieci giorni, dal 20 al 30 novembre, si possono gustare i menu creati dagli chef di 68 ristoranti della città con prezzi fissi che rendono l'esperienza ancora più appetitosa: 28 euro per il pranzo, 36 per la cena e opzioni gourmet da 48 e 56 euro rispettivamente. Anche i ristoranti stellati Michelin partecipano con menù esclusivi a 80 e 100 euro. E Cuina Oberta non significa solo mettersi a tavola, ma anche partecipare a 16 esperienze originali come laboratori gastronomici, degustazioni e attività speciali per assaporare l'autentica gastronomia valenciana in mille modi. Piatti che combinano tradizioni secolari con le creazioni più innovative degli chef locali. “A Valencia abbiamo otto ristoranti stellati, di cui due con 2 Stelle Michelin e chissà che non ci sia qualche new entry nella Guida del nuovo anno che si presenta fra qualche giorno. Tra l’altro, lo chef Ricard Camarena ha anche la ‘stella verde’ ed è appena stato decretato come il 6° migliore ristorante di vegetali al mondo. Il Festival Cuina Oberta si tiene due volte l’anno, in primavera e in autunno, e propone menù speciali che attraggono anche molti turisti. E gli italiani a Valencia rappresentano il primo mercato come presenze”, sottolinea Leticia Colomer, International Pr & Markets Manager di Visit Valencia (per tutte le informazioni si può visitare il sito www.visitvalencia.com/it e la pagina dedicata del portale dell’Ente Spagnolo del Turismo www.spain.info). Nota come ‘Dispensa del Mediterraneo’, Valencia, che è stata nominata Capitale verde europea nel 2024, ha un modello di sostenibilità anche alimentare. Grazie all’abbondanza di prodotti freschi di stagione provenienti dalle acque del Mediterraneo e dalle coltivazioni che circondano la città, nei 20mila ettari della cosiddetta Huerta e nel parco naturale dell’Albufera, dove dai tempi degli arabi si coltivano diverse varietà locali di riso, ingrediente principe per la paella. E proprio il riso è un piatto centrale nella gastronomia locale (c’è persino il Museo del riso, in un mulino del XX secolo restaurato per mostrare il processo di lavorazione), che viene preparato in oltre 40 modi diversi. A cominciare dalla paella (dal nome della padellona a due manici in cui viene cucinata), che nella versione originale valenciana è a base di carne (pollo e coniglio) e verdure (fagioli garrofó e fagiolini piattoni), lumache e aggiunta di pomodoro grattugiato e un pizzico di paprika, oltre ovviamente al riso, cotto a fuoco vivo e tanto meglio se si attacca a formare uno sottostrato croccante, che ha tanto di nomignolo (socarrat). Ma ci sono tanti altri piatti a base di riso locale, grandi classici come l’arroz a banda, chiamato così perché tradizionalmente il pesce con cui era stato preparato il fumetto veniva servito a un lato (a banda, in valenciano); l’arroz del senyoret, con i gamberi già sgusciati in modo che il ‘cliente-signorino’ non si dovesse sporcare le mani; o l’arroz negro, fatto con il nero di seppia che dà l’inconfondibile colorazione scura; l’arroz al horno (riso al forno), con costine di maiale, pancetta fresca, morcilla (salsiccia di sanguinaccio), pomodoro, patate, ceci. Un’alternativa al riso è la fideuà, servita come la paella ma preparata con spaghettini cortissimi e condita con frutti di mare. A parte il riso, fra i piatti tradizionali valenciani ci sono stufati di pesce come il suquet de peix o all i pebre con le anguille. Dal mare provengono crostacei e molluschi, poi pesci sotto sale e baccalà. In pasticceria molto usati mandorle e miele, retaggio arabo. Il modo migliore per toccare con mano la ricca varietà di ortaggi e di pesce locali è visitare uno dei mercati della città, punto di osservazione privilegiato per immergersi nella vita dei locali e sempre più frequentati dai turisti a caccia di esperienze. Il più importante è sicuramente il Mercato centrale, che è il più grande di prodotti freschi d’Europa. Ospitato in un edificio modernista costruito tra il 1914 e il 1928, la sua facciata spicca al centro di una delle piazze principali della città. Una struttura costituita da colonne in ferro che ricordano la Torre Eiffel, piastrelle e vetrate, ricca di decorazioni ispirate ai prodotti del frutteto e ai giardini di Valencia. In oltre 8mila metri quadrati di superficie trovano posto più di 250 bancarelle, tutte rigorosamente riservate alla vendita dei prodotti perché in questo mercato il cibo si può solo comprare e non consumare come ormai è in voga in moltissimi mercati europei (unica eccezione il Bar Central gestito dallo chef Ricard Camarena). Questo è il regno del Km 0, dove si possono trovare tutti i prodotti freschi degli orti valenciani e tutto il gusto del Mediterraneo, tra cui spiccano frutta e verdura, con arance, pomodori e fagioli in primo piano, e poi carne, formaggi, pesce, prosciutto, spezie, frutta secca. Un’esperienza diversa la offre un altro mercato, quello di Colon, nell’elegante quartiere Ensanche, anch’esso ospitato in un edificio modernista diviso in tre navate, che terminano ai due estremi con due archi giganti di mattoni e pietra. Su due piani, ospita alcuni negozi rinomati come Carnes Varea o Frutería Fina, ma soprattutto una ventina tra bar e ristoranti dove sedersi ai tavoli negli spazi aperti e chiusi. Tra i più noti Habitual dello chef Ricard Camarena, e poi Las Cervezas del mercado, dove degustare le birre artigianali locali, e la horchateria Daniel, una delle tante rivendite di Horchata, bevanda tipica rinfrescante e ricca di vitamine, prodotta con la chufa, un tubero che si coltiva da questi parti per le condizioni particolari del terreno. C’è poi un’altra bevanda che chiunque passi in città deve provare: la Agua de Valencia, un cocktail preparato con succo di arancia, cava, vodka e gin. Si serve in caraffa e si beve in coppa, e a volte la sua dolcezza può ingannare sul grado alcolico. Luogo di nascita di questo leggendario cocktail, che ha tanto di Denominazione di origine, è considerato il Cafè de Madrid, epicentro della società bohemienne valenciana negli anni ‘40 e oggi incorporato nel boutique hotel Marques House. Ma si può degustare anche al Cafè de las Horas, locale-bomboniera curato in ogni dettaglio, dove si beve tra quadri, specchi e broccati: impossibile non passare di qui anche solo per una foto. Se si vuole vivere una mattina da vero ‘local’, però, non può mancare l’esperienza dell’esmorzaret. Conviviale quanto le tapas ma meno ‘globalizzato’, è una sorta di brunch alla spagnola, che è considerato un vero e proprio rito: si consuma tra le 9 e le 12 (lo offrono diversi bar e ristoranti) e prevede un primo giro di arachidi e sottaceti, seguito da un maxi panino con farcitura a scelta, accompagnato da birra o vino o, ancora meglio, vino con gassosa. A chiudere un caffè ‘corretto’, il cremaet, con rum, buccia di limone, aroma di cannella e chicchi di caffè sul fondo. Il Km 0, dunque, è il vero leit motiv della cucina valenciana e che si ritrova anche nei ristoranti innovativi. E gli estimatori del fine dining non rimarranno delusi a Valencia, che ospita nomi di spicco della gastronomia spagnola. Uno su tutti è Ricard Camarena, considerato un vero e proprio alchimista degli ortaggi; nel suo locale nell’ex fabbrica di Bomba Gens, due stelle Michelin e tre soli della Guida Repsol, propone sapientemente una cucina vegetale, con prodotti coltivati nel proprio orto, che gli è valsa anche la stella verde Michelin, che premia l'impegno per la sostenibilità in campo gastronomico. E poi, vicino alla piazza del Municipio, si trova uno dei ristoranti di Quique Dacosta, El Poblet, con due stelle Michelin e due soli Repsol. I prodotti del mare, del frutteto e dell’Albufera sono alla base della cucina dello chef Luis Valls, che interpreta ricette e sapori tradizionali in versione alta cucina. Un altro locale di Quique Dacosta che merita sicuramente una visita è Llisa Negra: propone carni e pesce alla griglia, forno a legna e paella cotta su legno d'arancio. Cucina di prodotto anche presso Entrevins, che vanta un’ampia carta di vini della zona da vitigni autoctoni. Mentre non lontano dal Mercato di Colon, un’esperienza culinaria dove i piatti tradizionali sono rivisitati in chiave innovativa si può fare da Noble, locale di design dall’atmosfera sofisticata. Spostandosi dal centro, una passeggiata sul lungomare offre l’opportunità di vedere le rinomate spiagge di El Cabanyal, Malvarrosa e Patacona, con la moderna Marina di Valencia, con affaccio sulle onde, e di pranzare in uno dei ristoranti fronte mare. Come Casa Carmela, proprio accanto alla Casa Museo dello scrittore valenciano Blasco Ibanez, vero e proprio tempio della paella sfornata a gettito continuo dalla cucina a vista con i fuochi sempre accessi. Fuori dal centro si può abbinare la gastronomia al design scegliendo di mangiare o anche solo bere un caffè in una delle spettacolari strutture progettate dall’architetto valenciano Santiago Calatrava, che formano la Città delle Arti e della Scienza, luogo diventato simbolo della città, dove non manca l’offerta culinaria. Per restare in tema green, ad esempio, nel Caixa Forum risorto nel 2022 come centro multidisciplinare all’interno dell’edificio azzurro dell’Agorà, il punto ristoro è un giardino di piante aromatiche. Per i camminatori provetti, ci si arriva percorrendo i Giardini del Turia, il parco creato negli anni Ottanta lungo il vecchio letto del fiume dopo le trasformazioni che hanno fatto seguito a una delle storiche alluvioni che si sono abbattute sulla città e i suoi dintorni. L’ultima, quella catastrofica di giusto un anno fa, è ormai un brutto ma lontano ricordo e i turisti sono tornati a godere della proverbiale convivialità di questa città e della sua gustosissima cucina.
(Adnkronos) - Temperature estreme fino ai 38°C entro il 2050, forte stress idrico e inondazioni più frequenti. Questi i principali rischi emersi dallo studio sulla regione Toscana realizzato da Axa Climate e presentato in occasione dell’incontro a Lucca, nella sede di Confindustria Toscana Nord, dal titolo 'Cambiamenti Climatici. Prevenire e mitigare il rischio' organizzato dal Gruppo assicurativo Axa Italia. Con il Patrocinio di Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), Comune di Lucca e Regione Toscana, l’iniziativa prosegue sul territorio italiano dopo le tappe di Senigallia, Cervia, Treviso, Varese e Torino. Al centro dell’incontro, lo studio scientifico sul grado di rischiosità futuro, al 2050, della regione Toscana, realizzato da Axa Climate, società del Gruppo che si avvale di un team di oltre 20 PhD esperti in scienza e climatologia e data scientist. Tre gli ambiti di rischio prioritari per la regione: temperature estreme, inondazioni e stress idrico. Sul fronte delle temperature estreme, i modelli di Axa Climate prevedono un aumento delle temperature annuali su quasi tutta la regione Toscana, passando dai 30-34°C della baseline ai 34-38°C nel 2050. In particolare, sarà la parte centrale della regione ad essere particolarmente colpita da ondate di calore, con temperature che supereranno i 38°C nel 2050, contando 5 giorni in più in cui le temperature massime percepite all’ombra supereranno i 40°C. Le temperature estreme rappresenteranno una grande sfida soprattutto per Lucca e Firenze. A Lucca, le massime percepite all’ombra raggiungeranno i 46,5°C nel 2050 e saranno 7 i giorni in più con temperature all’ombra maggiori di 35°C. Firenze, invece, vedrà nel 2050 le temperature massime percepite all’ombra fino ai 50°C con 14 giorni in più di temperature all’ombra maggiori di 35°C. Il fenomeno delle ondate di calore influenzerà in modo significativo tutta la regione: i modelli di Axa Climate prevedono infatti temperature e durate mai raggiunte prima. Dal 2050, ogni 5-10 anni le temperature raggiungeranno i 38°C per 20 giorni all’anno con uno scenario più estremo di temperature fino a 41°C per 70 giorni all’anno. Gli episodi di inondazioni e piogge intense diventeranno sempre più frequenti con il cambiamento climatico. Già a marzo 2025 le province di Livorno, Pisa e Firenze hanno visto cadere in 24h l’equivalente del 300% della media mensile di alcune parti della regione con impatti molto importanti sul settore industriale, agricolo e turistico. L’aumento nei livelli di inondazioni pone, infatti, un rischio importante sulle infrastrutture critiche della regione: saranno principalmente i quartieri di Sant’Angelo in Campo e la zona al nord del fiume Serchio ad essere colpiti, causando un impatto diretto su alcune strade essenziali all’attività economica della Toscana, come l’A11 e l’E76 tra Pisa e Firenze. I livelli d’acqua raggiungeranno i 50-150cm intorno alla città di Lucca e fino a 4 metri in alcune parti delle autostrade. La Toscana sarà, inoltre, sempre più soggetta a stress idrico con intensificazioni del fenomeno nella parte nord, raggiungendo fino a quasi l’80% dell’acqua disponibile usata entro il 2050. Nell’altra metà della regione, dove il rischio viene già considerato 'estremamente alto', si accentuerà ulteriormente aumentando da 86% a 132% tra la baseline e il 2050. Infine, anche il rischio di frane rappresenterà un pericolo molto più importante per la regione nel 2050 rispetto ad oggi, con un impatto sia diretto, come ad esempio sulle popolazioni locali, che indiretto, come sulle infrastrutture e collegamenti. Con questo ciclo di incontri, Axa ha voluto porre l’attenzione su possibili azioni di prevenzione e mitigazione dei rischi climatici: da misure di sensibilizzazione o di revisione dei piani di emergenza e di business continuity, fino a potenziali misure di adattamento delle infrastrutture e delle attività aziendali. Tra queste, la piattaforma Altitude, il nuovo strumento di analisi del rischio climatico e della biodiversità, sviluppato da Axa Altitude, parte di Axa Climate, per aiutare le aziende a identificare l’esposizione dei propri siti ai rischi climatici, valutarne i potenziali impatti finanziari e definire la strategia di adattamento proponendo le misure di mitigazione più efficaci. Per Umberto Guidoni, co-direttore generale di Ania: “La protezione dalle catastrofi naturali è un tema centrale per il Paese, soprattutto alla luce dell’elevata fragilità, dal punto di vista idrogeologico, del nostro territorio e degli effetti del cambiamento climatico in atto. Per questo, la legge che impone a tutte le imprese di assicurarsi per i danni causati dalle calamità naturali è una grande opportunità per mettere in sicurezza il tessuto produttivo italiano. Siamo entrati nella fase conclusiva del percorso di adeguamento alla norma: per le aziende di grandi e medie dimensioni l'obbligo è già in vigore. L'auspicio è che anche le piccole, alle quali è stata concessa una proroga fino al 31 dicembre 2025, comprendano il grande valore delle polizze catastrofali per la tutela della loro attività”. "A pochi mesi dalla tappa di Torino, torniamo con il ciclo di incontri sui cambiamenti climatici, giunti al loro sesto appuntamento, questa volta a Lucca in Toscana - spiega Letizia D’Abbondanza, Chief Customer External Communication Officer del Gruppo Axa Italia - L’iniziativa, che ha come obiettivo quello di diffondere maggiore consapevolezza sui rischi climatici e sulle strategie di mitigazione e prevenzione, sottolinea l’impegno di Axa nel supportare la società nella transizione climatica con un approccio a 360°. Il cambiamento climatico, che si attesta nuovamente come primo rischio percepito a livello globale secondo il nostro Future Risks Report, richiede azione immediata e collettiva e come assicuratori abbiamo un ruolo sociale fondamentale nel promuovere una cultura della prevenzione basata su dati scientifici, proporre soluzioni concrete e contribuire a costruire un percorso di sviluppo sostenibile, in una logica di collaborazione pubblico-privata”.