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(Adnkronos) - "È un 'non starter', un piano a rischio fallimento da subito, perché così com’è concede alla Russia il suo principale obiettivo: rendere l’Ucraina uno Stato debole e dunque influenzabile". Lo afferma all'Adnkronos Giampiero Massolo, senior adviser dell'Ispi ed ex segretario generale della Farnesina, commentando il presunto piano di pace su cui Washington e Mosca starebbero lavorando. Massolo spiega che il documento, nella versione trapelata sui media statunitensi, presenta due criticità decisive: "Una forza militare ucraina molto ridotta e una grande vaghezza sulle garanzie americane all’Ucraina". A queste si aggiunge il fatto che il piano "concede a Putin di impadronirsi di territori che non ha conquistato sul terreno, smilitarizzati, sotto controllo russo ma non occupabili dai militari russi": una combinazione che, osserva, "darebbe vita a un accordo tra grandi potenze che risponde all'esigenza primaria di Trump, quella di arrivare a un cessate il fuoco, preoccupandosi poco dei prezzi da pagare da parte di chi grande potenza non è". Secondo l’ambasciatore, "per far camminare questo piano, gli americani dovrebbero essere categorici, ultimativi". Un esito tutt’altro che scontato, anche perché, rileva, "da parte russa non vi sono elementi nuovi rispetto all'incontro Trump-Putin di Anchorage" di Ferragosto e "non vi sono negoziati significativi in corso". Rimane dunque incerto lo status stesso dei 28 punti del documento, che Mosca sostiene di non aver contribuito a redigere: "Bisogna capire se esista una reale paternità e se sia stato avviato, sia pure in modo riservato, un negoziato oppure no". Quanto al ruolo rivendicato dall’Unione Europea, Massolo indica due possibili linee d’azione: "Mostrarsi disponibili ad assumere crescenti responsabilità per la sicurezza dell’Ucraina e premere per mitigare eventuali derive americane, ricordando a Washington che perdere l’Ucraina - e dunque perdere l’Europa – non è un’opzione nel medio periodo". Un accordo sbilanciato, avverte, "lascerebbe l’Europa nell’instabilità e aperta a ulteriori forzature da parte di Putin", proprio mentre gli Stati Uniti intendono concentrarsi sul "vero avversario strategico", la Cina. Sul rapporto personale tra Vladimir Putin e Donald Trump, l'ambasciatore invita a guardare oltre le semplificazioni: "Nel sistema internazionale esistono due superpotenze, Stati Uniti e Cina, e una terza che superpotenza non è ma possiede l’arsenale nucleare più ampio del mondo: la Russia. A quel livello non si affondano i colpi fino in fondo". Il risultato, tuttavia, è che "a livello delle crisi, delle medie potenze e purtroppo dell’Europa, le guerre non si risolvono: le tensioni restano e si passa da un assetto all’altro senza affrontare le cause profonde, come stiamo vedendo in Ucraina". Per contrastare la convinzione del Cremlino che il tempo giochi a favore della Russia, spingendo gli europei a dividersi e demotivarsi, Trump avrebbe a disposizione due strumenti chiave, spiega Massolo: "Rendere più severe e conseguenti le sanzioni" e "fornire all’Ucraina armamenti che le consentano di colpire in profondità le retrovie russe, per far capire a Putin che il tempo non lavora necessariamente per lui". Ma, conclude, "al momento non mi sembra che stia mettendo in pratica queste direttrici. E la situazione resta quella che vediamo: uno stallo, e la difficoltà di andare verso un assetto e formulare proposte accettabili da entrambe le parti".
(Adnkronos) - “Negli ultimi anni si è parlato molto di pensioni ma si sia fatto purtroppo molto poco, soprattutto per i lavoratori con redditi medio-bassi. Il sistema contributivo ha preso il posto di quello retributivo, ma non abbiamo visto l’introduzione di una vera flessibilità. Anzi, la flessibilità concessa è stata rigida e riservata a categorie spesso più abbienti”. E' quanto ha detto Paolo Ricotti, presidente nazionale del Patronato Acli intervenuto al seminario “Previdenza Next Gen” a Roma. Da qui il richiamo di Ricotti alla necessità di un “pacchetto flessibilità”, che permetta alle persone di scegliere quando andare in pensione: “Serve consentire l’uscita tra i 63 e i 65 anni con almeno 20 anni di contributi, come in un’evoluzione della riforma Dini. Ovviamente con delle decurtazioni, ma con la possibilità per ciascuno di decidere se privilegiare più tempo libero o più reddito. Questa è la vera flessibilità, possibile nel sistema contributivo ma oggi di fatto inesistente”. Ricotti ha sottolineato come le misure sperimentali degli ultimi anni abbiano avuto un impatto minimo: “Quota 103, nel 2024, è stata utilizzata da appena 1.100 persone in Italia. Segno evidente che non si trattava di un’opzione realmente accessibile”, ha detto. Il presidente del Patronato Acli ha messo poi in guardia sulle conseguenze della scomparsa della pensione minima nel contributivo. “Quando le carriere lavorative si interrompono per lutto, malattia o infortunio, oggi vengono liquidate pensioni da 100 o 200 euro al mese: importi insostenibili. Senza una pensione minima di garanzia –ha aggiunto– non rispettiamo l’articolo 38 della Costituzione, che impone allo Stato di assicurare mezzi adeguati anche in caso di eventi avversi. Dobbiamo ripristinare un livello minimo che garantisca alle persone una vita dignitosa”.
(Adnkronos) - Un borgo di appena 52 abitanti, a 650 metri d’altitudine nell’Alta Langa piemontese, che è diventato un modello di sostenibilità e inclusione. È Bergolo, in provincia di Cuneo, guidato dal sindaco Mario Marone, tra i Comuni premiati al Cresco Award 2025 – Comuni sostenibili e Agenda 2030. «Negli ultimi cinque-sei anni – ha raccontato Marone – abbiamo recuperato terreni incolti e avviato progetti agricoli senza uso di pesticidi, grazie anche alla collaborazione con associazioni che gestiscono programmi Erasmus+ dell’Unione Europea». Ogni anno il paese ospita fino a 600 giovani da tutta Europa e dal Maghreb, coinvolti in attività di educazione ambientale e coltivazioni sostenibili. Tra le iniziative più significative, un orto didattico e nuovi terreni comunali destinati alla coltivazione biologica, per offrire opportunità di lavoro ai giovani che scelgono di restare o trasferirsi in montagna. «Vogliamo arrivare a 100 abitanti – spiega Marone – e contrastare lo spopolamento valorizzando l’ambiente e la vita a contatto con la natura. Puntiamo anche sull’apicoltura e sull’educazione ecologica: i piccoli Comuni possono essere grandi laboratori di futuro».--