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(Adnkronos) - L'incubo doping non è ancora finito, per Jannik Sinner. Il tennista azzurro è in attesa del ricorso al Tas presentato dalla Wada, con la sentenza definitiva che è attesa non prima del prossimo febbraio. "Non auguro a nessuno di passare i momenti che ho trascorso io. Ho visto il buio. Non potevo parlarne con nessuno. Non potevo sfogarmi o farmi aiutare. Mi sono sentito perso", ha detto Sinner in un'intervista a Esquire Italia, "tutte le persone che mi conoscevano e mi vedevano giocare capivano che c’era qualcosa in me che non girava bene. Ho passato notti insonni, perché anche se sei certo della tua innocenza, sai che queste vicende sono complesse". Uno dei momenti più bui, per Sinner, è arrivato durante Wimbledon, torneo dove è stato eliminato ai quarti di finale da Daniil Medvedev: "Quei giorni ero bianco come un fantasma. Entravo ad allenarmi nel circolo di Cincinnati e pensavo: come mi stanno guardando? Cosa pensano davvero di me? Lì ho capito chi mi è veramente amico". Jannik ha parlato anche di come sia cresciuto il suo gioco, specialmente nell'ultimo anno: "Il mio gioco è un misto tra solido e aggressivo. Faccio più fatica a difendere, e cerco di non andare in difesa. Un giocatore che mi ha fatto crescere tanto è Medvedev. Lo schema del serve & volley non mi appartiene, ma lui mi ha costretto a praticarlo per provare a batterlo". Proprio come Novak Djokovic: «Io sono della scuola che o si vince o si impara. A me perdere spesso con Novak Djokovic ha insegnato tanto. Fa bene, mi sveglia. Nel calcio può capitare di giocare contro Ronaldo e di capire che devi prepararti meglio. Ma quando sarà la prossima volta? Noi abbiamo più occasioni di rifarci».
(Adnkronos) - Coricelli, azienda olearia di Spoleto (Pg), abbraccia la causa di Fondazione Pangea Ets, Ente impegnato in Italia, India e Afghanistan da oltre 20 anni in progetti a favore delle donne e contro la violenza di genere. La collaborazione rientra nell’ambito delle iniziative di Corporate Social Responsibility dell’azienda olearia che, fin dalla sua fondazione, ha messo in atto una strategia che va oltre il mero successo commerciale, cercando di valorizzare la sinergia e la contaminazione tra persone, progetti e azioni. L’azienda è, infatti, impegnata da tre generazioni nel costruire una cultura d’impresa dove capacità inclusiva, rilevanza sociale, pari opportunità, impatto ambientale ed economico vanno di pari passo. Questa visione si concretizza in progetti e iniziative sociali che apportano benefici alla comunità e, in particolare modo, alle persone in difficoltà. Dalla collaborazione tra le due realtà prende vita una edizione limitata di circa 1.000 pezzi del prodotto di punta di Coricelli, Profilo d’Autore: l’olio extra vergine di oliva 100% italiano si vestirà per Pangea di un design esclusivo, grazie alle illustrazioni dell’artista Enrica Mannari. Le bottiglie saranno disponibili esclusivamente sui canali online e offline di Fondazione Pangea e il ricavato andrà a supporto dei progetti della Fondazione. “Questa collaborazione nasce dalla visione comune di due donne a favore di altre donne. Come Coricelli, vogliamo supportare le attività di Pangea, una Fondazione che agisce senza fare troppo rumore ma in modo concreto ed efficace e con cui condividiamo i valori di libertà, autonomia, pari opportunità. Goccia dopo goccia, il nostro olio ci permette di sviluppare collaborazioni preziose per progetti solidali che nascono dal desiderio di costruire un futuro migliore attraverso percorsi di rinascita e affermazione individuale”, commenta Chiara Coricelli, presidente e Ceo di Pietro Coricelli. “Tra il dire e il fare, c’è solo di mezzo il fare. E questa collaborazione con Coricelli ne è la prova. Quest’olio nasce dalla voglia e dalla determinazione di non fermarsi alle parole ma di fare qualcosa di concreto per aiutare le donne beneficiarie dei progetti di Pangea. Grazie a quest’olio Pangea potrà continuare ad aiutare e proteggere le donne, i loro bambini e bambine in Afghanistan, India e Italia. Insieme, non le stiamo lasciando sole”, dice Silvia Redigolo, responsabile Comunicazione e Raccolta Fondi di Fondazione Pangea Ets. L’edizione limitata di Profilo d’Autore, online, è disponibile sullo shop di Pangea: https://pangeaonlus.org/contribuisci/.
(Adnkronos) - "Dalla Social Sustainability Week ci aspettiamo soprattutto tanti paradossi". Così Cristina Cenci, Senior Partner Eikon Strategic Consulting Italia e presidente Reworld intervenendo all’evento di apertura della Social Sustainability Week ‘I giovani e la sostenibilità, talenti da valorizzare’, questa mattina al Palazzo dell’Informazione a Roma "Il primo - spiega - da un lato la sostenibilità sociale riguarda ognuno di noi, dall’altro è socialmente invisibile. A due livelli almeno: quando si dice sostenibilità ognuno di noi vede 'verde' (ambiente, natura, ecc...) ma non possiamo dimenticare che esiste una sostenibilità sociale. Se riusciamo a superare il 'verde', c'è un'altra associazione spontanea: la parola 'aiuto', cioè la sua declinazione come responsabilità di prendersi cura di chi ha più bisogno, una declinazione assistenzialista che è una componete ma non è l'unica e ci distoglie dal pensare la sostenibilità sociale come leva strategica di trasformazione". "Secondo paradosso: se si mette una 'S' davanti ad una serie di parole, questa ne trasforma il significato (comunicare-scomunicare, correre-scorrere, ecc...). La sostenibilità sociale nei suoi obiettivi rischia spesso di trasformarsi nel suo contrario: ci diamo un obiettivo e purtroppo ne deriva un altro; un fattore 'S' che da un lato trasforma, dall’altro inverte", continua. "Terzo paradosso: mi collego all’Agenda 2030 e alla nuova direttiva Ue che porterà migliaia di aziende a confrontarsi con la dichiarazione non finanziaria cioè con il racconto della loro azione sostenibile. Rischiamo che questa rendicontazione miri a standardizzare ciò che non può essere standardizzato: il sociale, la qualità soggettiva, l'adattamento, la trasformazione, il dinamismo. Altrimenti lo sterilizziamo. Allo stesso tempo lo dobbiamo misurare per poterci dare degli obiettivi". L'ultimo paradosso riguarda la Diversity&Inclusion. "Siamo a rischio perché per come si sta strutturando rischiamo che questa Diversity assuma le forme di un neo razzismo, identificando delle caratteristiche specifiche di una persona e trasformandole nella caratteristica unica di questa persona che poi includiamo nella nostra presunta normalità. Di tutto questo vogliamo parlare e i giovani sono uno specchio importante di questi paradossi", conclude.